Generale introduzione (edizione complanare)
   
   


VITA DELLA
PICARA
GIUSTINA
DIEZ PARTE PRIMA
 
GENERALE INTRODUZIONE
di tutta l'Opera
Scritta di mano della PICARA GIUSTINA,
ed intitolata
LA SCRIVANA SCHIFIGNOSA
ed è divisa in tre Numeri
 
LA SCHIFIGNOSA AL PELO DELLA PENNA


LIBRO DE ENTRETENIMIENTO DE LA PÍCARA JUSTINA
 
Introducción general para todos los tomos y libros escrita de mano de Justina intitulada La melindrosa escribana divídese esta introducción en tres números
Número primero
 
Del melindre al pelo de la pluma
 

Redondillas

 

Cuando comenzó Justina

a escribir su historia en suma

se pegó un pelo a su pluma

y al alma y lengua mohína.

Y con aquesta ocasión

dice símbolos del pelo,

y mil gracias muy a pelo

para hacer su introdución.

 

{E' tanto artificiosa questa introduzione, che col suo artificio capta la benevolenza appresso gl'intelligenti e discreti: e con la sua difficoltà dà combiato agl'ignoranti e goffi.}

Finge l'artificiosa Giustina che nel voler cominciar a scriver la sua vita picaresca, alla penna, che a questo effetto in man teneva, s'attaccasse un pelo; con l'occasion del quale apporta mille dilettevoli e dotti concetti, che le servono per introduzione dell'opera.

Numero Primo.

 

Redondillas

 

Cuando comenzó Justina

a escribir su historia en suma,

se pegó un pelo a su pluma,

y al alma y lengua mohína.

Y con aquesta ocasión

dice símbolos del pelo,

y mil gracias muy a pelo

para hacer su introducción

 

Un pelo ha in sé questa mia nera penna. Ah penna mia, penna mia, quanto mal'amica mi ti mostri, poiché quanto più ti maneggio, tanto più ti studi d'afferrar alcun pelo per scancellar quanto ho di già scritto. Ma non m'è nuovo il trovar in te poco amore ed amicizia essendo (come pur sei) penna d'occa {Penna d'occa simbolo di amicizia incostante.}; la quale, perch'è di natura tale che ora sta nell'acqua come pesce, ora dimora nell'asciutto come animal terrestre, ora se ne poggia all'aria come uccello volatile, fu sempre simbolo e figura dell'amicizia incostante. Se per sorte, chi scrisse il verso di sopra, non volesse inferire che tregua ha fatto con la sua penna. Insomma signor pelo voi non mi lasciate scrivere.

Un pelo tiene esta mi negra pluma. ¡Ay, pluma mía, pluma mía! ¡Cuán mala sois para amiga, pues mientras más os trato, más a pique estáis de prender en un pelo y borrarlo todo! Pero no se me hace nuevo que me hagáis poca amistad, siendo, como lo sois, pluma de pato; el cual, por ser ave que ya mora en el agua como pez, ya en la tierra como animal terrestre, ya en el aire como ave, fue siempre símbolo y figura de amistad inconstante, si ya no dicen los escribanos de el número, y aun los sin número, que con ellos han hecho treguas sus plumas. En fin, señor pelo, no me dejáis escribir.

Non bene mi so risolvere se debba gettarmi nelle braccia del tedio, oppure allentar la briglia alla voglia ch'ho di smascellarmi dalle risa, vedendo che nel primo ingresso il corpo della mia istoria s'è arrestato e che tutta questa contraria difficoltà vienmi cagionata da un semplice pelo di penna d'occa. Ma se ben considero, non ho occasione di trattenermi in modo che non mi sia lecito il passar avanti {Rallegrasi, che se le sia attraversato il pelo alla penna.}: anzi vi confesso (mia penna) che con questo vostro modo di fare m'havete posto in pensiero di fare una dolce anatomia della vostra natura; essendo che mi imagino che in questa maniera mi direte mille verità in un punto ed in una verità mille punte e intenderete il come: dando orecchio attentamente a quello che vi narrerò.

No sé si dé rienda al enojo o si saboree el freno a la gana de reírme, viendo que se ha empatado la corriente de mi historia, y que todo pende en el pelo de una pluma de pato. Mas no hay para qué empatarme; antes os confieso, pluma mía, que casi me viene a pelo el gustar de el que tenéis, porque imagino que con él me decís mil verdades de un golpe y un golpe de mil verdades. Y entenderéis el cómo si os cuento un cuento que puede ser cuento de cuentos.

{Anco le cose per se stesse mute parlano.} La prudentissima regina dona Isabella preggio e onore de' due regni di Castiglia e di Spagna desiderando di dar ad intendere al re don Ferdinando suo marito che una strada, la quale egli in certo viaggio voleva fare era tanto contro il gusto di lei, quanto poco convenevole, rivolse gli occhi in una pianta di malva, che nata frondeggiava nella via e così al re parlò:

-Ditemi in grazia vostra maestà, se la strada, ove altro non è che malva, le dovesse parlare in questa occasione, che crede ella che le direbbe?

Rispose il re dopo aver alquanto pensato:

-Io per me averei gusto che voi alla vostra proposta (signora) deste sodisfazione.

Allora la saggia regina così disse:

-Chiara cosa è che la strada, nella quale la sola malva deve servir per lingua, non saprebbe in occorrenza tale dir altro a vostra maestà fuorché mal va'.

Volse in quel punto la briglia il re e sorridendo alla sua Isabella così parlò:

-Mai (lo confesso) intesi che la malva sappi tanto a proposito parlare e così bene. {Gli errori de' re sono publicati dalle pietre.}

La prudentísima reina doña Isabel, prez y honor de los dos reinos, queriendo persuadir al rey don Fernando que cierta derrota y jornada que intentaba era tan contra su gusto, cuan contra el buen acierto, volvió los ojos a unas malvas que estaban en el camino y, mirándolas, le dijo:

-Señor, si el camino donde están malvas, y no otra cosa, nos hubiera de hablar en esta ocasión a vos y a mí, ¿de qué tratara?

Respondió el rey:

-Vos lo diréis, señora.

Entonces dijo la reina:

-Claro es que el camino donde solas las malvas sirvieran de lengua no supieran, en esta ocasión, decirnos a mí ni a vos otra cosa, sino mal vas.

Volvió la rienda el prudentísimo monarca y, sonriéndose, dijo a su Isabela:

-No entendí que las malvas sabían hablar tan a propósito y tan bien.

La reina, echando el sello a su prudentísimo discurso y catecismo, dijo:

-Non vi maravigliate signore (la regina soggiunse) in udire che la malva in tanta perfezion ragioni essendoché gli errori de' re (come quelli che sono persone publiche e communi) dalle stesse fredde pietre fatte boche loquaci per secreti che paiano, sono manifestati e dalla malva quasi a suon di tromba divolgati.

Parole degne di quella bocca che mai seppe aprirsi ad altro effetto che a proferir sentenze d'oro. {Favola notabile al proposito suddetto.} Allo stesso alludono gli poeti col fingere che per qualsivoglia luogo, per dove caminava Giove re de' Dei, sempre precedenti a se quasi lucidissimi lampi aveva il sole, la luna e le stelle tutte; accioché il mondo e gli altri Dei tanto evidentemente conoscessero i viaggi del loro capo, che non avessero occasione non solo di snodar la lingua al mormorar di lui, ma neanco pure di dar luogo al sospetto. {Gli re sono più degli altri sindicati.} E non dissimile era l'opinione di colui che in dipingendo un re in tal maniera lo disegnò che appariva da ogni parte attorniato dagli occhi de' suoi vassalli.

-No os espantéis, señor, de que las malvas hablen tan bien, porque los yerros de los reyes, como son personas tan públicas y comunes, por secretos que sean, las piedras los murmuran y las malvas los pregonan- dijo la reina por extremo bien.

Que aun allá fingió el poeta que por doquiera que caminaba Júpiter, rey de los dioses, llevaba delante de sí, como pajes de hacha, sol y luna y todas las estrellas, para que el mundo y dioses menores viesen los caminos por donde su rey andaba. Y otro pintó a un rey cargado de los ojos de sus vasallos.

{Il pelo della penna onora la scrivente.} Mirate donque, oh mia penna, quanto m'onorate e quanto vi sono tenuta, poiché per raccontare gli miei errori, per propalar i miei vizi e per far manifesta ogni mia macchia, fate lingua de' vostri peli, accioch'io forse paia persona regale, le cui imperfezioni sono dalla insensibile malva predicate. Laonde e dall'aversi attraversato questo pelo e per quello ch'è mio principal scopo, ch'è l'acquisto della superiorità picarale, vado tra me stessa conieturando che la mia penna s'è proveduta di lingue (benché di fectia(1)) per parlarmi. Certo che vuol prendersi di me giuoco vedendo che voglio farmi cronista della mia vita stessa: e, se debbo dir la verità, tal mi professo. Eppur mi son indovinato che ella mi burla. All'armi signora penna e siccome io fedelmente ho esposto quanto voi m'avete accennato, così voi per reciprocarmi nel pagamento senza fraude alcuna scrivete quanto vi dettare.

Mirad, pues, ¡oh pelos de mi pluma!, cuánto me honráis y cuánto os debo, pues, para decir mis yerros, mis tachas y mis manchas, hacéis lengua de vuestros pelos, como si fueran yerros de real persona, que las malvas los pregonan. Así que, de haberse atravesado este pelo, y de lo que yo alcanzo, por la judiciaria picaral, colijo para conmigo que mi pluma ha tomado lengua, aunque de borra, para hablarme. Sin duda, que me quiere dar matraca por ver que me hago coronista de mi misma vida. En lo cierto estoy, como si lo adivinara. Ella es matraca. Al arma, señora pluma. Aquí estoy, y resumo fielmente lo que me decís, porque en pago escribáis con fidelidad lo que yo os dijere.

{Finge che il pelo la burli: e seco ragiona.} M'offerite (ditemi vi prego) questo pelo, accioché cuopra e nascondi le macchie della mia vita o volete inferire (burlandomi) che mai saranno gli miei mancamenti coperti pur da un pelo? Restovi in infinito obbligata per l'opera buona che verso di me fate, ma non aggradisco punto la retta volontà, nemmeno la sana vostra intenzione. {Non è fuori di proposito il descrivere una vita picaresca.} Una cosa voglio che sappiate, ch'io non pretendo (come gli altri istorici hanno in uso) di empir le carte con vergognose falsitadi, per poter a questa maniera celare gli infiniti diffetti e della mia stirpe e della mia persona; anzi ho pensiero di dipingermi tale quale mi trovo, poiché tanto si vende una sozza et mostruosa pittura (mentre sia fatta artificiosamente) quanto una bella e d'ogni gratia ornata: {Simili diversi per prova di questo.} e tanto perfetta l'onnipotente Dio la bianca luna, accioché co' suoi inargentati splendori in parte bandisse le tenebre oscure della notte, quanto l'acceso sole, acciò coi dorati suoi raggi ci facesse godere della dolcissima chiarezza del giorno.

¿Ofrecéisme ese pelo para que cubra las manchas de mi vida, o decísme, a lo socarrón, que a mis manchas nunca las cubrirá pelo? Agradézcoos la buena obra, pero no la buena voluntad, ni menos la sana intención. Mas entended que no pretendo como otros historiadores manchar el papel con borrones de mentiras, para por este camino cubrir las manchas de mi linaje y persona; antes, pienso pintarme tal cual soy, que tan bien se vende una pintura fea, si es con arte, como una muy hermosa y bella; y tan bien hizo Dios la luna, con que descubrir la noche obscura, como el sol, con que se ve el claro y resplandeciente día.

Vanno anco tra i più delicati arboscelli fastose del nome di pianta le ruvide e pungenti spine; tra le stagioni ottiene e forse il miglior luogo, la non meno ardente che faticosa estate; ed in compagnia de' più bianchi armellini animali pur terrestri si chiamano le più venenose vipere et i più intossicati scorpioni. Insomma il mondo tutto, fattura delle mani di Dio, parte è bello e parte brutto. Onde per seguire il discorso dico che non sarà fuor di proposito il ritrare al naturale una picara, una libera, una pezza svelta(2), fatta dama a puro caminar di casa in casa, quasi pedina nello scacchiero; mercé, che non mi si può negare che ogni cosa o in un modo o in un altro è di profitto eccetto il grasso di mosca, che a nulla giova. Quelli che pretender hanno trattenimento, doppo che assaggiato averanno l'amaro della spesa, potranno aver il gusto di legger queste mie veritadi.

En las plantas hacen labor las espinas, en los tiempos el verano, y en el orden del universo también hacen su figura los terrestres y ponzoñosos animales; y finalmente todo lo hizo Dios hermoso y feo. Dígolo a propósito, que no será fuera de él pintar una pícara, una libre, una pieza suelta, hecha dama a puro andar de casa en casa como peón de ajedrez; que todo es de provecho, si no es el unto del moscardón. Los que pretendieren entretenimiento, tras el gasto hallarán el gusto.

{La vita picaresca si gloria delle sue macchie.} Non voglio (per finirla oh mia penna) che le vostre macchie cuoprano quelle della mia vita, perché (se deve la mia istoria esser un verace simolacro, libero dall'obligo di dovermi ritrattar delle falsitadi addotte) essendo io una picara, è forza figurarmi con macchie e lordure, con la piva e col saglio tra l'osterie e di campagna e di monte ed in conclusione farmi apparire una compita ruffiana. {Simili delle macchie della vita picaresca.} Ed avvertite cosa singolare, che le macchie della vita picaresca (poiché s'hanno da contar e cantar in canto piano) sono non dissimili a quelle de' cavalli pezzati, de' pardi, delle tigri, del porfido, della taracea e dell'iaspide, nelle quali cose quante son macchie, tante sono vaghezze e perfezioni; ed ognuna di quelle numero del valor della cosa aggiunge un zero raddoppiante. {Il pelo della penna motteggia la picara di pelata e piena di mal francese.}

No quiero, pluma mía, que vuestras manchas cubran las de mi vida, que, si es que mi historia ha de ser retrato verdadero, sin tener que retratar de lo mentido, siendo pícara, es forzoso pintarme con manchas y mechas, pico y picote, venta y monte, a uso de la mandilandinga. Y entended que las manchas de la vida picaresca, si es que se ha de contar y cantar en canto llano, son como las del pellejo de pía, onza, tigre, pórfido, taracea y jaspe, que son cosas las cuales con cada mancha añaden un cero a su valor.

Ben mi accorgo che dir mi volete (oh mia penna) che il pelo attaccato alla vostra punta è stato chiamato alla porta e condotto al cattenaccio dalle amare memorie di quella odiosa infermità che co'l farmi cader il pelo spagnuolo, mi fece diventar Francese(3). {Narrazione a questo proposito.} Mi parete a fé un tal gentiluomo spagnuolo il quale per dolersi in un colpo de' smarimenti presenti e de' danni passati della sua dama, si fece dipingere afflitto dalla pelarella con un moto, che così diceva.

 

Mas ya querréis decirme, pluma mía, que el pelo de vuestros puntos está llamando a la puerta y al cerrojo de las amargas memorias de mi pelona francesa. Parecéisme al galán que, por quejarse de un golpe de los desvíos presentes y daños pasados de su dama, hizo que le sacasen de invención, echado e un pelambre, con un mote que decía:

 

Acordaos de un olvidado,

Que por vos esta penado.

 

Acordaos de un olvidado,

que por vos está pelado.

 

Così voi con questo pelo procurate di publicar la mia miseria, avanti ch'io la scriva e conforme a questo già mi pare che commandiate che mi levi la scuffia e quasi romano lottatore mi spogli del tutto e che inanimando alla battaglia i vostri punti (vedendo loro forniti di pelo e me di quello priva) tocchiate all'armi e le facciate un discorso esortativo al non temere, fondandolo in quel detto che tanto nella battaglia del scacchiero si suol praticare, che dice

 

Quando c'ha più di te il compagno un pelo,

Con quel solo ti pela a pelo a pelo.

 

Así vos, con ese pelo, queréis publicar mi pelona antes que yo la escriba. Según eso, ya me parece, señora pluma, que me mandáis destocar y poner in puribus, como a luchador romano, y que animando vuestros puntos a la batalla, viéndolos con pelo y a mí sin él, tocáis al arma y les hacéis el parlamento, fundándolo en el que se suele practicar en la batalla del ajedrez, que dice: cuando tuvieres un pelo más que él, pelo a pelo te pela con él.

Concedovi (signora penna) e vi confesso che con quel sol pelo che vi s'è attaccato, avete (pareggiata meco) un apparente e manifesto vantaggio: e confesso di più (con questo però che per tanto confessare non mi chiamino confessa) che a comparazione de' peli che mi si veggiono, più fermi sono i vostri nelle parole, che i miei nel proprio capo; che questi che m'adornano più veramente si possono chiamar beni mobili, che radicati; {Capelli di franciosato a chi paragonati.} che sono come rosse arancie poste in arco trionfale, che adornano piante da loro non conosciute per madri, né per parenti; e finalmente sono i miei capelli di tal natura, che se tocco le cime delle treccie, temo d'intricar malamente i gangheri e di smuover le colonne alle quali stanno attaccate e ciò non tanto per vergogna (perch'essendo già tanto tempo contessa di capra non temo colpo di fronte) quanto perché portando io i capelli finti e posticci, dubito che al primo colpo il ferro acconciatore dia nel fondo e scuopri il calvo sottoposto al falso elmetto, il quale (udite gran folli) trovandosi imbrunito di sopra nero appresentata agli occhi un color violato non dissimile a quello de' pomi di spada, da muover a riso ogni persona.

Confiésoos de plano, señora pluma, que, con solo un pelo que se os ha pegado a los puntos, me lleváis conoscida ventaja; y confieso, si ya por tanto confesar no me llaman confesa, que los pelos que de ordinario traigo sobre mí, andan más sobre su palabra que sobre mi cabeza, que tienen más de bienes muebles que de raíces, que son como naranjas rojas puestas en arco triunfal, que adornan plantas que no conocen por madres, ni aun por parientas. Y que son mis cabellos de manera que, si me toco de almirante, temo barajas de postre, no tanto por el chinchón, que como ha tanto que soy condesa de Cabra no temo golpes de frente, cuanto porque mis cabellos son amovibles y borneadizos, temo que al primer tope vuelva barras al almirante y descubra el calvatrueno de mi casquete, el cual, como está bruñido sobre negro parece pavonado como pomo de espada.

Tutta dunque questa congerie di confusioni deriva e nasce da un sol pelo? Signori sì. {Conforto de' franciosati.} Concedo d'esser pelona o spellata e meschina e misera alle mille; ma che? Sarò forse io la prima che all'imbrunir della notte se ne andasse a dormire sana in Spagna ed all'apparir del giorno si ritrovasse inferma in Francia? {Definizione più che vera e naturale di una donna franciosata.} Sarò fors'io il primo pomo colorito di fuori e marcio di dentro? Sarò io il primo sepolcro vivo? Sarò il primo palazzo regio, nel quale i frontispizi maestevolmente si vedano adornati di ricchi iaspidi, di preziosi porfidi e di candidi alabastri et molti luoghi più occulti poi siano a piena misura stivati di feccie e lordure, oltre quelle fetide parti che tanto secrete sono, quanto necessarie? Sarò io la prima città pomposa per le magnifiche piazze e per le belle strade, i cui borghi siano una sentina di mille viscositadi? Sarò io la prima pianta la cui radice sia stata resa secca e marcia dal roditor caruolo? Sarò io la prima donna che in passando sopra il sterco proferisca tre verità in un colpo, {La donna quando dice tre verità in un colpo} quando nell'alzarsi a due mani le vesti dice: oh che puzza, oh che fetore? E per finirla, sarò io il primo frutto che sia soave all'odorato et acerbo al gusto? Non mi curo di ciò (signora penna) anzi pretendo di scoprire al mondo i miei mali, perché verissima cosa è che pochi saprebbono viver sani, se per esperienza non avessero conosciute le cagioni delle infirmità altrui; onde gli discreti ed intendenti cavano la norma della propria salute dal corpo d'un altro infermo: e non vi è anotomia che meno costi e più vaglia, quanto quella che vien fatta dalla notizia propria e dall'esperienza altrui. E pensa il signor pelo, ch'io di ciò mi curi?

¿Toda esta fanega de confusiones confieso que hay para ello? Digo que sí. Concedo que soy pelona docientas docenas de veces. ¿Seré yo la primera que anocheció sana en España y amaneció enferma en Francia? ¿Seré yo la primera camuesa colorada por defuera y podrida por de dentro? ¿Seré yo el primer sepulcro vivo? ¿Seré yo el primer alcázar en quien los frontispicios están adornados de ricos jaspes, pórfidos y alabastros, encubriendo muchos ocultos embutidos de tosca mampostería, y otras partes tan secretas como necesarias? ¿Seré yo la primera ciudad de limpias y hermosas plazas y calles, cuyos arrabales son una sentina de mil viscosidades? ¿Seré yo la primera planta cuya raíz secó y marchitó el roedor caracol? ¿Seré yo la primer mujer que al pasar el lodo diga las tres verdades de un golpe, cuando, enfaldándome por todos lados, diga: muy sucio está esto? En fin, ¿seré yo la primera fruta que huela bien y sepa mal? No me corro de eso, señora la de los pelos; antes pretendo descubrir mis males, porque es cosa averiguada que pocos supieran vivir sanos si no supieran de lo que otros han enfermado; que los discretos escriben el arancel de su propia salud en el cuerpo de otro enfermo, y no hay notomía que menos cueste y más valga que la que hace la noticia propia y la experiencia ajena. ¿Y piensa el dómine pelo que de eso me corro yo?

{Prova, che le conviene il manifestar le sue infirmitadi.} Misera me, se sapessero i signori confratelli picari, che mi curasi di pagar colpe oscure con pene chiare. No penna mia regina, perché di già si sa che uno stesso official è quello che taglia le ciglia e la vergogna ed in un istesso tempo col lardo delle forbici unge le guancie per dar bando alle piatole, {Gl'infranciosati perché non si vergognino d'esser visti pelati.} acciò non abbino occasione di far più scorrerie. Un chiodo caccia l'altro: e come questo è male di confusione e di vergogna, con questo si levano le confusioni e le vergogne. Onde si vede che nessun pelato procura di nascondersi e fuggire per qual si voglia fischiamento e burla che dietro le sia fatta. Tocchi pure altra chiave il signor pelo, che questa quanto più si pratica e maneggia, tanto più m'aggradisce. Anzi che in verità sarebbemi caro sapere se gli Signori confratelli publicano questo anno congregazione, {Giuramento della picara.} perché giuro da quella ch'io sono o almeno da quella ch'io fui (che l'altro giuramento colpiva invano) ch'anderei ad onorare la loro radunanza con il capo più carico di bollette impiastrate di unguenti che s'egli fosse un privilegio autenticato e quelle servissero per sigilli pendenti.

¡Dolor de mí, si supieran los señores cofrades del grillimón, que me corría yo de pagar culpas obscuras con penas claras! No, mi reina; que ya se sabe que un mismo oficial es el que tunde las cejas y la vergüenza y, de camino, con el tocino de las tijeras, unta las mejillas para desterrar el rosicler de las corridas. Un clavo saca otro. Como este mal es todo corrimientos, con él se quitan los corrimientos, y ansí se ve que ningún pelado se corre, por más que lluevan fisgas y matracas. Otra tecla toque, señor pelo, que esa, por más que se curse, nunca me sonó mal. Antes, en buena fe, que me holgase saber si hogaño los señores cofrades publican congregación, porque, como quien soy, juro, a lo menos como quien fui, que el otro juramento daba el golpe en vago, de ir, por honrar su junta, más cargada de parches por la cara, que si ella fuera privilegio rodado y ellos sellos pendientes.

Disgraziate e sventurate noi, poiché, {Gli gusti del corpo bandiscono le consolazioni dall'animo.} quando i nostri gusti diedero il possesso de' nostri corpi al dolore, fu per sempre sbandita dalle nostre alme la consolazione, come se l'alma non potesse o non sapesse dar sodisfazione a molti gusti che vengono in abito di pellegrini, mentre il corpo piange e s'affanna. Senza pelo uscii del corpo di mia madre e senza pelo in quello ritornerò: e se alcuno pensasse che io fossi nata col pelo a guisa de' figliuoli de' selvaggi, resterami (confermando la opinione di costoro) la consolazione della rana.

¡Desmelenadas, desmelenadas de nosotras, si cuando nuestros gustos dieron al dolor la tenencia de nuestros cuerpos, desterraran para siempre de nuestras almas el consuelo! Como si el alma no pudiera o no supiera dar posada a muchos gustos que vienen en hábito de peregrinos, mientras el cuerpo llora y afana. Sin pelo salí del vientre de mi madre y sin pelo tornaré a él; y si alguno pensare que nací con pelo, como hija de selvajes, terné el consuelo de la rana.

{Favola della rana con Giove} Narrano le favole (volendo dimostrare che niuno vive contento del suo stato) che la rana in realtà nacque col pelo, non con tanto però, che maggior invidia non avesse che pelo: e quelli i quali da essa furono invidiati erano il cigno e la mosca. {La mosca ed il cigno invidiati dalla rana.} Al cigno portava invidia perché nell'acqua dolcemente cantava et alla mosca, perché dormiva tutto l'inverno senza travaglio alcuno: onde e per l'uno e per l'altra dimandò supplichevolmente la rana a Giove che le volesse concedere commodità, ch'ella potesse dormire tutta la invernata e cantar l'estate. Udì Giove con benigno orecchio la di lei dimanda e con la solita sua bontà in tal forma le rispose:

-Sorella rana, quella cura che continuamente abbiamo di dar sodisfazione ad ognuno, ci spinge a concedervi quanto ricercate: ma per conseguir l'effetto che pretendete, è necessario che vi leviamo il pelo, accioché di quello vi facciamo un molle mattaraccio da dormirvi dentro l'inverno e di quello che non sarà a ciò idoneo, ne formeremo una lingua, la quale accomodaremo alla vostra bocca, a fine che l'estate potiate cantare; e se non con tanta melodia come il cigno, almeno con più gusto et miglior occasione, poich'egli canta per invitar la morte et voi canterete per tratener la vita.

Pelossi dopo questo la rana e 'l pelarsi le valse in ottenere il suo gusto e quanto bramava.

Dicen las fábulas, a propósito de que nadie hay contento con su suerte, que la rana, en realidad de verdad, nació con pelo, pero no tanto que no naciese con mucha más envidia que pelo; y de quien tuvo envidia fue del cisne y de la mosca. Del cisne, porque cantaba dulcemente en el agua, y de la mosca, porque dormía todo el invierno sin cuidado. Y así pidió a Júpiter le diese modo como ella durmiese todo el invierno y cantase todo el verano. El Júpiter oyó benignamente su petición y la dijo:

-Hermana rana, haráse lo que me pedís; mas para conseguir el efecto que pretendéis, es necesario que os pelemos, y del pelo que os quitaremos se os infundirá una almohada sobre que durmáis todo el invierno como la mosca, y del mismo pelo os haremos una lengua, de borra con que al verano cantéis, no con tanta melodía como el cisne, pero con más gusto y mejor ocasión, pues él canta para convidar a la muerte, pero vos cantaréis para entretener la vida.

Pelóse la rana, y el pelarse le valió conseguir su gusto y su petición.

Applico al nostro proposito: {Applica la favola e mostra come si consolino gli pelati.} noialtri che dalla cura noiosa del pettinarsi siamo esenti, abbiamo questo contento, che se un tempo fummo gente col pelo ed ora talmente ne siamo privi che con la palma della mano puosi pareggiar qualsivoglia parte del corpo (siane lode a Dio) potiamo dire che il pelo nostro s'è convertito in un letto per dormire e riposare, mentre gli sani stano alla messa ed alla predica, imitando le mosche e nello stesso punto s'arricciamo d'una nuova lingua, per dir male d'ogniuno senza alcun impedimento. E questo ch'ho detto, molto bene si può confermare col proverbio di quei dell'Ospital della Folga in Toledo, che dice: {Gli franciosati sono gentiluomini esenti ed uccelli stracciati e perché.} gli pelati sono gentiluomini esenti da ogni obligo ed uccelli stracciati. Cagione di simil proverbio fu il vedere che quelli della nostra fazione perdono la messa senza pena e senza vergogna giuocano miseramente la fama. {Sono ciarlatori e mormoratori.} Dicon di tutti più che gli avocati nelle cause criminali e di sé punto non curano: e se una volta spinano la botte del secreto, ne lasciano uscir fuori fini le feccie. Per ragionar del compagno sono come galeotti in galera e per far manifesti gli altrui diffetti, non dissimili sono dalle galine, che per un ovo solo che sono per fare, stordiscono tutto un vicinato.

A propósito: los pelados tenemos este consuelo, que si algún tiempo fuimos gente de pelo y ahora no le tenemos más que por la palma, Dios sea loado, podemos decir que del pelo hecimos almohada para dormir, mientras los sanos están en misa y sermón, imitando las moscas, que todo el invierno son de la cofradía de los siete dormientes; y juntamente hecimos lengua de borra para decir de todos sin empacho. Y viene esto bien con el refrán de los del hospital de la folga, en Toledo, que dice: los pelados son hidalgos eclesiásticos y pájaros harpados. Y dícenlo, porque los de nuestra factión sin pena pierden la misa y sin vergüenza la fama. Dicen de todos más que relator en sala de crimen, y aun de sí no callan; y si una vez dan barreno a la cuba del secreto, hasta las heces derrama. Para decir de los otros son como galeotes en galera, y para pregonar su caza son como gallinas ponedoras, que para un huevo atruenan un barrio.

Signor pelo sappiate che se nel discorso delle beffe di questa pelata, volemmo a suon di sole voci farvi fuggire, non ci mancherebbe la invenzione da gettarvi per la insegna dell'osteria dalla Garza verde. Troveremmo mille intricchi e che ciò ne sia facile, fattene l'argomento da questo, {Sessanta sono le specie de' bruschi.} che sessanta sono le specie de' bruschi, (e tanti anco sono gli generi della pazzia) e dall'una s'appella all'altra per via di aggravio. Il che tanto più leggiermente a me riuscirebbe, che col puro passar da una classe all'altra ho tutte queste specie traghettate: pure non è mia intenzione d'immascherar scimie, ma pretendo che si venda la cosa per quello ch'è. {Pretende d'ammaestare gli altri a suo costo.} Se voglio io, doppo essere stata ladra del tempo, predicar il dì della mia forca, chi mi può condannare, se non è alcun senz'alma e senza giudizio, il quale rifiuti il diventar cauto a costo d'altri? {Predizioni varie di vari animali.} Il cigno predice la sua morte, il cinife i danni della canicola, la rana gli ardori della estate, il carro il soverchio suo carico e 'l pericolo e l'inverno fatto banditore va con trombette et tamburi celesti predicando le pioggie e 'l nuvoloso. Se ciò è vero, (come pur è) non deve parer ingiusto né indecente che il cielo e 'l mondo permetta che sia divolgatrice de' suoi mali chi con le proprie mani se li fabricò; e col medesimo stille co 'l quale parlava, quando non sentendo cosa alcuna (o sentendo troppo) se le attaccò questa rogna, narri ora al picaro ed a chi non l'ha provata, che cosa costi l'averla patita. {Prova che convenientemente può narrar gli suoi mali e con utile.} Di maniera che a questo punto, ch'è di far noto in Ispagna quello in che ho peccato in Francia, ho di già dato sodisfazione. Ma parmi di udir dire dalla mia penna che se le offerisce un altro dubbio circa la difficultà del pelo attraversato in tal congiuntura ed è il seguente.

Sor pelo: sepa que, si en el discurso de la matraca de la pelona lo quisiéramos meter a voces, no nos faltara cómo echarlo por la venta de la zarzaparrilla. Mil escapatorias tuviéramos, que sesenta son las especies de las bubas como las de la locura, y se apela de una para otra, por vía de agravio. Y más yo, que a puro pasar clases, estoy de la otra parte de las bubas; pero no es mi desiño que salgan las monas de máscara, sino que se venda cada cosa por lo que es. Si yo quiero, después de haber sido ladrona del tiempo, predicar al pie de la horca, ¿quién me puede condenar, si no es algún sin alma, que no quiere escarmentar en cabeza ajena? El cisne canta su muerte, el cínife los daños de la canícula, la rana los ardores del verano, el carro su carga y su peligro, y el invierno pregona, con trompetas y atabales del cielo, los rayos y tempestades. Según esto, ni es injusto ni indecente que permitan el cielo y el suelo el que sea pregonera de sus males la misma que los labró por sus manos, y que con el mismo estilo con que hablaba, cuando sin sentir nada o por sentir demasiado, se le pegó esta roña, diga ahora, a lo pícaro y libre, lo que cuesta el haberlo sido. Así que, para con este artículo de retarme en España lo que pequé en Francia, ya he cumplido.

Mas paréceme que me dice mi pluma que se le ofrece otro escrúpulo, en prosecución de lo que significa el pelo atravesado a tal coyuntura, y es lo siguiente:

{Mostra che il pelo la vogli chiamar povera.} Dicemi il mio pelo che mi chiamò pelata, non per inferire al mal francese, ma alla povertà. Oh galante!

Sappiate signor pelo che questa ingiuria colpisce all'aria, né la tengo per affronto, né picara si troverà che sia di parer diverso {Povertà e picareria hanno lo stesso principio e in che siano differenti.} essendo che la povertà e la picararia da un monte stesso, da una medesima pietra furono tagliate: questa sola differenza tra di loro si ritrova, che la picararia ebbe sorte di dar in alcune buone mani d'eccellenti artefici {Picareria ben lavorata.} che l'hanno polita e posta in più frontispizi, che non sogliono mettersi i cartelli ch'invitano alle comedie. {Povertà lavorata da una vecchia come riuscisse.} E la povertà per il contrario capitò in casa d'una vedova vecchia e mal condizionata, la quale (volendola lavorare per cavarne un mortaio da salsa) ne fece una cassetta da chieder elemosina: per la qual causa (mercé ch'il sangue mai diventò acqua) in qualsivoglia luogo che s'incontrino povertà e picararia, s'abbracciano tanto strettamente che si rompono (per così dire) le coste et un sol corpo diventano: quindi è ch'io (che dal coperchio del mortaio della vecchia ho cavato più che poco) tanto son lontana dal prender disgusto mentre son chiamata pelata, che anzi è il moto che cinge il scudo della mia gloria e che adorna il quartiero della mia impresa.

Díceme mi pelo que me llamó pelona, no por bubosa, sino por pobre. ¡Oh, qué lindo! Hablara yo entre once y mona, cuando contrapuntea el cochino. Sepa, señor pelo, que viene a pospelo esa injuria, y aun no la tengo por tal, ni habrá pícara que tal sienta, porque pobreza y picardía salieron de una misma cantera, sino que la picardía tuvo dicha en caer en algunas buenas manos que la han pulido y puesto en más frontispicios que rétulos de comedias; y a la pobreza la arrimaron en la casa de una viuda vieja y triste, la cual, queriéndola labrar para sacar della un mortero para hacer salsas de viandantes, sacó della un cepo de limosna. Y por tanto, como la sangre sin fuego hierve, donde quiera que se encuentran pobreza y picardía se dan el abrazo que se descostillan. Y yo, que del ripio del mortero de la vieja cogí más que nadie, tan lejos estoy de correrme de eso y de que me llaméis pelona, que antes es el mote que ciñe el blasón de mi gloria y adorna el festón y cuartel de mis armas.

Chiamomi povera e picara (o mia penna). {Poveri sono vilipesi ingiustamente.} Gran cosa: pare che li poveri non siano della stessa natura degli altri, tanto sono vilipesi. Son fors'io sprezzata perché non ho più che un paio di pianelle e quelle rotte? {Essempi veri applicati a questo proposito.} S'è pur anco trovato un imperatore tanto dalla fortuna oppresso, che un paio solo di scarpe avea; e quando bisognava farle racconciare, se ne stava in casa divenendo follator di uva e tornitor di calamai, che sono offici e mestieri da farsi a piedi scalzi. Non son forse stimata, perché noialtri poveri mangiamo sempre cose di poco prezzo? S'è pur anco saputo ch'un capitano di gran nome fu veduto da alcuni principi suoi tributari mangiar navoni appena lavati dalla terra con tanta fretta e furia che proprissimamente parlando si poteva dire ch'era la battaglia navale. O pur nulla siamo pregiati noialtri, perché portiamo il testamento ampiamente descritto nell'ungia del dito auricolare? Leggesi pur anco d'alcuni consoli romani, che per farli portare alla sepoltura fu necessario chieder elemosina essendo morti col solo debito commune ch'è di restituir il corpo alla dura terra. Viene finalmente questa miseria, perché noi picari siamo poveri, mendichi e bisognosi? Non sapete (oh mia penna) che anco la dea Pandora fu povera talmente, che della sua necessità e miseria mossi a pietà gli dei determinarono (e ne seguì l'effetto) di darli ognuno un dono?

Llamóme pobre y pícara mi pluma, ¡gran cosa!, ¡como si los pobres no tuvieran la piamáter en su sitio! ¿Es porque no tengo más que unas jervigillas, y esas ruines? Pues emperador ha habido tan desherrado, que tenía unos zapatos solos, y para remendarlos se quedaba en casa, hecho pisador de uva o torneador de tinteros, que son oficios de a pie mondo. ¿Es porque los pícaros siempre que comemos vamos a menos? Pues capitán ha habido a quien príncipes tributarios suyos le encontraron cenando nabos pasados por agua, dando en ellos con tal prisa y furia, que se podía decir con toda propiedad que era la batalla naval. ¿Es porque los pobres traemos el testamento en la uña del meñique? Pues romanos cónsules ha habido, para cuyo entierro fue forzoso pedir limosna, sin haber muerto con otra deuda más que la del cuerpo a la dura tierra, ¿Ello es, en resolución, que los pícaros somos pobres, mendigones, menesterosos? Pues ¿no sabes, pluma mía, que la diosa Pandora fue pobre, y por serlo tuvo ventura y aun actión a que todos los dioses la contribuyesen galas, cada cual la suya?

El pobre sobre todas las haciendas tiene juros, y aun el español tiene votos, porque siempre el pobre español pide jurando y votando.

{Povertà congiunta alla superbia è cosa odiosa.} Se io con la povertà avessi congiunta la superbia, terrei per affronto grandissimo l'esser chiamata pelata, come avvenne alla sopranominata dea, la quale si tenne in estremo svergognata, quando (per esser stata povera e superba) que' medesimi dei che tanto adorna agli occhi d'ognuno l'avevano resa, doppo averle levato quanto del loro aveva, la chiamarono pelata.

{Gentiluomini poveri perché dicansi pelati.} Quindi è venuto che alcuni poveri gentiluomini che per ordinario hanno la borsa tanto piena di superbia, quanto vota di danaro (e pensano di mandar fuori l'aria per il cimiero, ma fallano) sono chiamati pelati, quasi novelle Pandore. Questi si potranno sdegnare di titolo così vile, perché pretendono la deità, ma io povera che ad ogni basso uomo mi sommetto, non tengo questo nome per ingiurioso.

Si juntamente con ser yo pobre fuera soberbia, tuviera por gran afrenta el llamarme pelona, como también la misma diosa tuvo por afrenta que se lo llamasen, cuando, por haber sido pobre y soberbia, la desplumaron y pelaron toda los mismos dioses que la habían dado sus ricas y preciosas plumas, y por afrentoso nombre la llamaron la pelona o la pelada. Y de ahí ha venido que a algunos pobres hidalgos, que de ordinario traen la bolsa tan llena de soberbia cuan vacía de moneda, y piensan que por el barreno del casco han de evaporar el aire y yerran el golpe, los llaman pelones, porque son pobres pelones como la diosa pelada. Esos se podrán correr del titulillo, pues son pandorgos pelados; pero yo, pobreta, que no hay hombre a quien no me someta, no tengo por afrentoso el nombre.

{Miseria delle picare.} Miseria grande di noi picare: se ci vantiamo d'esser ben impiumate, male se d'esser pelate; siamo allo stesso, onde elegendo de' due mali il minore, voglio più tosto esser pelata, che col pelo. Parmi ormai donque signor pelo, che non avete qui più che fare, poiché quanto m'avete voluto dire, punto non rileva. Potrei io (e con ragione) giuocar con voi al giuoco che chiamano i fanciulli, pelo al mare e farvi andare con un soffio sino alle galere; e non son fuori di pensiero di farlo, ma avanti che ciò facci, voglio in infinito ringraziarvi e darvi licenza che v'andiate vanagloriando, che senza saper che cosa faceste, m'avete fatto cavar dalla cantina una botte di retorica, {Dall'attraversar di questo pelo l'autore rende la sua introduzione conforme a' precetti retorici.} poiché (con l'attraversarvi nella mia penna e darmi materia di dire concetti del pelo e de' pelati) ho avuto occasione buonissima di dipinger la persona e qualità mie; il che è documento retorico e necessario a qual si sia persona che scrivi istoria propria od altrui, dovendosi nell'essordio mettere e descrivere il soggetto, qual egli si sia la persona e le sue qualitadi, {Esordio di un'opra quale debba essere.} e specialmente quelle che per più principal suo scoppo piglia l'istorico. In maniera tale che la mia penna (valendosi della sola attraversatura d'un pelo) ha disegnata la vita e la persona mia meglio e più brevemente che non fece colui che scrisse in così minuto carattere l'Iliade d'Omero, che si rinchiudea tra l'angusto spazio delle guscie d'una noce; né più eccellente abbreviatore fu l'ingegnoso Mimercide.

¡Tristes pícaras! Si nos preciamos de emplumadas, mal; si de peladas, también. Digo que del mal, lo menos; más quiero ser pelada que emplumada.

Paréceme, señor pelo, que no hay ya qué hacer aquí, pues, cuanto me ha querido decir, no encaja. Podría yo jugar con él al juego que llaman los niños pelos a la mar y echarle con un soplo a galeras, y no estoy muy fuera de hacerlo. Pero antes que le dé yo vaya y se vaya, le quiero hacer una fanega de mercedes, y son: que le doy licencia para que se alabe de que, sin saber lo que ha hecho, me ha hecho sacar del arca un celemín de rethórica, porque, con atravesárseme en la pluma y discurrir los símbolos de el pelo y de los pelones, he tenido buena ocasión para pintar mi persona y cualidades, lo cual es documento rethórico y necesario para cualquier persona que escribe historia suya o ajena, pues debe en el exordio poner una suma del sujeto cuya es, describiendo su persona y cualidades, en especial aquellas que más a cargo suyo toma el historiador. De manera que mi pluma, aprovechándose de sola la travesía de un pelo, ha cifrado mi vida y persona mejor y más a lo breve que el que escribió la Ilíada de Homero y la encerró debajo de una cáscara de una nuez. Ni fue mejor abreviador el artífice Mimercides.

{Riasume quanto ha detto e lo mette insieme.} Un pelo solo della mia penna ha detto ch'io son povera, picara, spogliata di ciglie e di vergogna e che per la estrema povertà ho da ridurmi a mangiar terra, accioch'io l'oblighi a non sdegnar di mangiarmi essendo ella meco adirata, che se mi striglio un'ora il capo, non vuol mangiare pure un de' miei peli; ma dubito che la penna, come quella che dà la forza alla dissoluta arroganza del discorso, non si prendi un poco più di licenza per maggiormente svergognarmi et essendomi già stati posti molti sopranomi infami {Nomi cominciati per P, dati dalla penna alla picara.} che cominciano per P, cioè picara, povera, porca, Pelona e puta, pelata, che posso io sperare, se non che avendo la penna il P in casa sua e l'affitto di già pagato, m'addossi alcun altro nome dipendente dal P, che mi facci andar accattando di porta in porta e languire sopra d'un ponte ne' più correnti passi de' passaggieri. Ma avanti che il pelo s'accorga del mio pensiero male affetto verso di lui, voglio soffiarlo via, se ben dovessi esser chiamata soffiona.

 

Sólo un pelo de mi pluma ha parlado que soy pobre, pícara, tundida de cejas y de vergüenza, y que de puro pobre he de dar en comer tierra, para tener mejor merecido que la tierra me coma a mí, que si me rasco la cabeza no me come el pelo, y según mi pluma lleva la corriente atrevida y disoluta, a poca más licencia, la tomará para ponerme de lodo, porque quien me ha dado seis nombres de P, conviene a saber: pícara, pobre, poca vergüenza, pelona y pelada, ¿qué he de esperar, sino que como la pluma tiene la P dentro de su casa y el alquiler pagado, me ponga algún otro nombre de P que me eche a puertas? Mas antes que nos pope, quiero soplarle, aunque me llamen soplona.

Moralità

 

Da quanto in questo discorso hai veduto (cristiano lettore) puoi cavare l'infelicità de' nostri tempi, ne' quali si gloriano de' propri peccati gli peccatori non altrimenti di quello che già si facessero gli scelerati abitatori di Sodoma, i quali col fuoco de' loro vizi meritarono il fuoco che gli abbruciò. Né t'hai da maravigliar di ciò, posciaché il mondo ed il demonio per fomentar la lega fatta con la carne nostra capitalissima nimica, procurano ad ogni loro potere di mettere in credito gli vizi carnali.

 

 

 

Aprovechamiento

 

De lo que has leído en este número primero, lector cristiano, colegirás que hoy día se precian de sus pecados los pecadores, como los de Sodoma, que con el fuego de sus vicios merecieron el fuego que les abrasó. Es, sin duda, que el mundo y demonio, por fomentar la liga que tienen hecha con la carne, nuestra enemiga, acreditan y honran los vicios carnales.

 

 


LA SCHIFFIGNOSA ALLA MACCHIA
 
 


Número segundo
Del melindre a la mancha

Quintillas

 

Por soplar manchó Justina

saya, tocas, dedos, palma,

y por el mal que adivina,

aunque no era tinta fìna,

le llegó la mancha al alma.

Que no hay más justo recelo,

que tener(4) manchas de lengua;

pues no hay jabón en el suelo(5),

Que si te manchan un pelo,

Te pueda sacar la mengua.

 

La picara Giustina soffia nell'inchiostro, per levar il pelo della penna. Ove a proposito delle macchie prosiegue artificiosamente l'introduzione della sua opera.

Numero Secondo.

 

Quintillas

 

Por soplar, manchó Justina

saya, tocas, dedos, palma,

y por el mal que adivina,

aunque no era tinta fina,

le llegó la mancha al alma.

Que no hay más justo recelo

que temer manchas de lengua,

pues no hay jabón en el suelo

que, si te manchan un pelo,

te pueda sacar la mengua.

 

{Si duole Giustina de' danni fattegli dall'inchiostro.} Ahi che mi sono imbrattata e tinta la palma, la lingua, il velo e le dita sol per levar via un pelo dalla mia penna. Io benissimo di già sapevo (signor inchiostro) ch'io vivo vita vedovile, è che m'è proibito per ora il maritarmi, senza che voi veniste con troppo licenziosa temerità a vistir da duolo le mie dita e farmi con la vostra tintura apparir al mondo più addolorata, che forse non sono; posciaché non mi duol tanto, quanto v'imaginate il rimembrarmi quel tempo, nel quale, s'io avessi voluto, non m'averebbono mancati molti spensierati atti a levarmi l'abito vedovile e darmi vinticinque mariti e farmi parer giovanetta, ancorché matura fussi.   

¡Ay, que me entinté palma, lengua, toca y dedo por quitar un pelo! Ya yo sabía, señora tinta, que vivo en cuaresma y con velaciones cerradas, sin que ella viniera muy aguda a echar sobre el retablo de mis dedos otro de duelos, con el guardapolvo de su luto. Pues no nos coque, que tiempo hubo en el cual, si yo quisiera, me sobraran sacrismochos que de un instante a otro me quitaran el guardapolvo y me pusieran de veinte y cinco.

{Spiega la sua primiera età e come tutto si muta.} E già passata quell'età e n'è venuta un'altra: e se non trovo ora così facilmente consorte, non la colpa mia. Attribuirò tal mancamento alla fortuna, ch'è cieca ; al tempo, ch'è pazzo; al umano arbitrio, ch'è volubile; ma se debbo dir la veritade, gran parte di colpa in ciò hanno alcuni solchetti, che mi sono venuti nella faccia, i quali da alcuni sono chiamati rughe; {Iscusa le sue rughe graziosamente e ne dice la cagione.} ma s'ingannano di grosso: perché non sono crespe queste; ma argomento infallibile della mia delicata complessione: posciaché essendo per natura di carni talmente tenere, che sembravano composte di puro latte, sciogliendomisi facilmente i capelli delle treccie, la notte mi venivano sopra 'l collo, la fronte e le guancie e col loro continuo posarsi in terreno così molle, m'hanno fatto gli solchi nella carne e m'hanno lasciato questi segnali; per il quale affronto essendomi io molto adirata e giustamente sdegnata contro capelli cotanto temerari e prosontuosi, un agosto gli segai e m'untai subito col sangue di pipistrello, acciò non mi nascessero più capelli così villani e tanto avidi d'arar terra vergine: ma se bene trovai rimedio per dar combiato a' miei capelli; {Rughe della faccia non si possono coprire.} non però finora ne ho potuto ritrovare alcuno per empire queste concavitadi e levar queste inegualità dal volto che pare appunto fatto al torno .

Pasó aquel tiempo, vino otro. No es culpa mía. Atribúyolo a la fortuna que es ciega, al tiempo que es loco, al albedrío humano que es voltario, y, para decir verdad, parte de culpa tienen unos sulquillos que me han salido a la cara, que algunos los llaman rugas; y engáñanse, no lo son, sino que mi rostro es muy blando de carona, y los cabellos soltadizos, que de noche se me han derribado por cuello, cara y frente, me sulcaron la carne y me dejaron estas señales, y yo, de puro enojada contra tan traviesos cabellos, los segué un agosto, y me unté con sangre de morciélago, porque no naciesen más cabellos tan villanos y tan amigos de arar tierra virgen. Y aunque hallé remedio para dar carta de lasto a mis cabellos, no le he descubierto para embeber estas alforzas o bregaduras del rostro, que parece hojaldrado.

Una strega mi disse, che non m'affannassi tanto per tal cosa; essendoché le rughe del volto non si scorgevano in me più di quelle della mano: e con tal consolazione m'acquietai non poco.

Orbene; passò una crespa e me ne vennero molte; ne però m'importa che si secchi la faccia; perché tenendo l'anima nel corpo molte sedie(6) col partirsi dall'una, non per questo si diminuisce in effetto ed in virtù; ma quel che toglie ad un membro o ad una parte, lo dona all'altra; e se fugge dalla faccia, ricorre alla lingua.

{Consolazione di una donna vecchia.} Consolomi, che se l'inchiostro quasi superba creatura si gonfia per lo lustro che tiene, compartitoli a forza di goma preparata, fu già anco un tempo, nel quale la mia faccia riluceva, come quella, ch'era più che mediocremente abbellita; tempo fu, nel quale il mio volto era dipinto ad oglio, faceva più mutazioni e rappresentava più figure che non fa il giuoco di primiera; esercitando più metamorfosi, che non sono quelle che descive Ovidio; mutavo più colori, che non sono quei del camaleonte; traevo il sugo dell'uve passe e votavo caraffe; {L'essere esteriore di una donna sta nelle sue stesse mani.} e finalmente fu già un tempo, nel quale era in mia mano l'esser bianca o nera, brunetta o rubiconda; allegra o melancolica; bella o brutta; giovane o attempata. {Potere e sapere fanno belle le donne.} E ben vero, che ricercandosi in ogni essercizio il sapere ed il potere, anche io in quest'arte del strisciare ed imbellettare compassavo questi due requisiti in maniera che raccomandavo il potere alla mia gioventù ed alle mie industriose mani; e fondavo e consegnavo il sapere a tre ampolle ed a due scatolette e così quando nella mia villa il giorno di sesta si facevano le radunanze io cantavo al suon della mia chitarra con dolce melodia questa picciola canzonetta(7).

 

Chi rubiconda avere

Vuol la guancia e vezzosa,

 

Qual lascivetta rosa,

 

E a gl'occhi altrui piacere,

 

Tre e due fanno cinque

Tre e due fanno cinque

 

Una bruja me dijo que no se me diese nada, que diz que las rayas de mi rostro no se me echaban de ver más que por la palma. ¡Tómame el consuelo! ¡Como si en la palma no se vieran las rayas! Ahora bien, pasé de la raya y saliéronme muchas rayas. No importa, que el alma tiene muchos agujeros y, si huye de la cara, acude a la lengua.

Consuélome con que si la tinta se entona, por lo mucho que reluce, a poder de goma preparada, tiempo hubo en el que relucía mi cara como bien acecalada; tiempo en el cual mi cara andaba al olio, mudando más figuras que juego de primera, ejercitando más metamorphosis que están escritos en el poeta de las Odas, mudando más colores que el camaleón, estrujando pasas, encalando carbón, desgerrumando redomas; en fin, tiempo en el cual estaba en mi mano ser blanca o negra, morena o rubia, alegre o triste, hermosa o fea, diosa o sin días. Verdad es que como esta arte estabularía requiere sciencia y potencia, yo lo compasaba de modo que la potencia la encomendaba a mi mocedad y a mis manos, y la sciencia a tres redomas y dos salseras. Y con esto, cuando tañían a concejo en mi villa el día de fiesta cantaba yo al son de mi bandurria tres y dos son cinco, y a Dios, que esquilan.

{Il dire io fui, io era ed oggi non sono è magro conforto.} Ma ahimè, che non si trova infelicità maggiore, quanto lo ricordarsi una persona, che sia stata ricca: di questa amarezza acerba e di memoria così lagrimevole trovomi io esser debitrice alla macchia ed alla lordura che l'inchiostro ha voluto imprimere i quelle dita, con le quali io solevo oprare le sudette meraviglie. Ma credetemi (signor inchiostro) che se bene vi dimostrate allegro e giubilante per avermi imbrattato le dita, il velo e la lingua e di più perché vedete, che la vostra macchia m'è arrivata infino all'anima; non mi potrete però negare di non aver in tal guisa qualificato la mia istoria; {Applicasi la macchia per introduzione di questa istoria.} posciaché dall'aver voi dato a conoscere, ch'io non ho paggi da camera che m'apprestino la seggia o m'aprano le cortine; ne altri signori, i quali nel solo contemplarmi abbino da lasciar in me gli occhi, chiunque leggerà questa narrazione, crederà, ch'io sia scrittora lontana dagl'interessi del mondo, disoccupata da' giovenili essercizi e che non mi volgo e rivolgo ad ogni vento o di timore o di speranza; che sono donna soda massiccia et esperta; dura di cervello; che non faccio le cose mie inconsideratamente; ma che mi muovo col piede di piombo; ne seguo l'uso di altri istorici attillati e saputi, i quali dalla sera alla mattina fanno maturare una istoria non altrimenti, che s'ella fosse un ravanello. Pure acciò non si glorii cotanto il signor inchiostro e non se ne vada fastoso, perché conosca di star bene e meritevolmente in queste mie carni peccatrici; a fé, che io lo voglio levar da esse con la saliva.

Mas ¡ay!, que no hay tanta infelicidad cuanto haber sido dichosa una persona. Este amargo trago, aquesta memoria triste debo yo a la mancha y fealdad que la tinta ha querido poner en los dedos con que yo solía hacer estas maravillas. Mas creedme, señora tinta, que aunque más ufana estéis de haber manchado mis dedos, toca y lengua, y tras esto lo estéis de que la mancha vuestra me llegó al alma, por lo menos no podréis negarme que habéis calificado mi historia, porque de haber vos dado a entender que ya no tengo sumilleres de corps, ni de cortina, ni sacrismochos despolvorantes desojados por mi contemplación, creerán que soy escritora descarnada, desocupada de mociles ejercicios, que ni me vierto ni divierto, que estoy machucha, que soy de mollera cerrada, que soy cogitabunda y pensativa, y no como otros historiadores de jaque de ponte bien que de la noche a la mañana hacen madurar una historia como si fuera rábano. Pero, porque no se alabe tanto la hermana tinta, ni se precie de manchega y de que se halla bien con estas carnes pecadoras, a fe que la he de quitar con saliva.

Ahi, ahi. Per la vita del buon Diego Diez mio padre ho tre volte bagnato le dita con la saliva a digiuno e pur non vuole andar via la macchia. {Scherza che con la saliva non può levarsi la macchia.} Il nero inchiostro realmente non è molto diverso dal demonio; pure sia ciò che si vuole, quantunque fosse un diavolo trasformato in serpente, dovrebbe di già esser morto, avendole sputato sopra tre fiate; posciaché per quanto si dice in lode del digiuno, la saliva de' digiuni uccide gli serpenti: ma parmi di vedere, che questo inchiostro quanto più vi sputo sopra, tanto più va serpendo(8) e si dilata, come se fosse di quel oglio, col quale s'accomodano e s'incorporano gli colori. Per mi fé, che va alla via di ottenere un termine perentorio ed una proroga, che gli serva per non andare al bando: ma sarebbe ben questo il canchero, se fosse più difficile il levar una macchia dalla carne, che dalle vestimenta.

¡Ay! ¡Ay! ¡Por el siglo del buen Diego Díez, mi padre, que he mojado tres veces el dedo con saliva en ayunas y no quiere salir la mancha! Demonio es la negra tinta, pues aunque fuera serpiente, hubiéramos ya aventádola y aun muértola, que, según dicen en alabanza del ayuno, la saliva en ayunas mata las serpientes. Mas, según veo, esta tinta, mientras más la escupo, cunde tanto como si fuera olio, con que asientan y se entrañan la tinta y colores. Por mi fe, que lleva camino de pedir término peremptorio y meses de plazo antes de salir a cumplir el destierro. Aun si fuese peor de sacar una mancha de las carnes que de los vestidos, sería el diablo.

{Soffiando Giustina nella penna imbratta la zimarra d'inchiostro .} Ahi che ad un inconveniente (natural corso delle cose) n'è seguito un peggiore; poiché vi giuro da donna da bene (o almeno come donna d'uomini da bene) che nel voler levar la macchia dal dito ho inchiostrato la zimarra bianca di bombacina, che mi sono vestita oggi solamente. {Simbolo del gastigo della superbia.} O cotesto è un cattivo pronostico; anzi è una archibuggiata nella mia fama. Appena irremediabile essendoché per la veste finalmente si ritrova pur del sapone, che la purga; ma non già per risarcire la menomata fama, contro la quale questa macchia arma la destra crudelle, parlando gieroglificamente e vuole che la mia stessa penna scocchi contro di me la saetta detrattrice.

Peor está que estaba. Juro como mujer de bien, a lo menos, como mujer de buenos, que por quitar la mancha del dedo, se me ha entintado la saya blanca de cotonia, puesta de hoy. Ya es esto mal pronóstico. Tiros son a mi fama, irremediable pena. Que, en fin, para el vestido hay jabón, pero no para la mengua en la fama, contra quien esta mancha arma la mamona, estando en ley jirolífica, y quiere que mi misma pluma dispare contra mí la ballestilla.

Infelice ch'io sono. Per certo, che la fortuna mi tiene per superba, poiché così mi tratta, parendole, che per umiliare la mia gonfia alteriggia siano necessarie tutte queste diligenze. O Fortuna, ammetto ben sì l'avvertimento; ma nego il presupposto e lo ributto come falso ch'egli è. {Picara non è nome altiero.} Non pensi alcuno che l'intitolarmi io picara sia un'umiltà superba o ch'io pretendi fare come alcuni, i quali mascherando il proprio nome o sotto titolo di Bucolica o d'Egloghe e Dialoghi Pastorali hanno pensiero di lusingare altri e inalzar se medesimi, rivolgendo con morbide festuccie dure manete di ferro e coprendo faccia d'uomo sotto maschera di scimia. Onde ch'ei pensasse ad intendere bene, che cosa sia il nominarmi picara per certo crederebbe, che io andassi per altra strada e che sono affatto lontana da ogni superbia e alterezza.

¡Ay de mí! Por soberbia me tiene la fortuna, pues ansí me trata, pareciéndole que para humillar mi entonación son necesarias todas estas diligencias. ¡Oh fortuna! Admito la advertencia, pero niego el presupuesto. Nadie piense que el intitularme pícara es humildad superba, o que pretendo hacer lo que algunos, los cuales, disfrazando su nombre o debajo de bucólicas églogas y diálogos pastoriles, intentan lisonjear a otros y ensalzarse a sí mismos, volviendo las trabas en sueltas, trepando con grillos de cordel y sacando caras de hombres debajo de las máscaras de monas. Que quien entendiere bien qué cosa es nombrarme la pícara, dará por creído que tomo otro rumbo y voy ajena de toda soberbia y altivez.

{Erode superbo e sua istoria.} Erode s'insuperbì talmente un giorno, che si vidde adorno di ricchissime vesti, in cui riverberando il sole cagionava una vaghezza tale, che acciecato dallo splendore el proprio manto (o per dir meglio dalla propria ignoranza) proruppe in dire ch'era Dio e come tale lo dovessero adorare. {Il cielo è nimico de' superbi.} Ma come che il cielo è nimico de' superbi (e tanto che per non poterli sofferire diede col gran peso a terra e lasciò traboccar nell'inferno la grave somma de' troppo temerari spiriti) volle confondere la di lui stolta superbia a colpi solo di buffetti e di frignoccole: poiché lo rese confuso con alcune macchie, le quali scorgendosi nel prezioso panno le trapassarono l'anima, come se appunto ogn'una di esse tenesse dentro di sé una saetta di fuoco celeste: e fu il castigo, che un giorno le mandò adosso una grande pioggia d'acqua e con essa molte spesse macchie sopra il ricco vestito; con che le diede a conoscere, che la sua nuova divinitade era affogata e passata per acqua ed insieme anco in qualche parte abbruciata, quasi che fosse passata per il fuoco.

Giusta punizione (non lo nego) e giusta pena contro chi (per essere vestito d'oro) si scorda di esser polvere e fango, come se l'oro o quanti ricchi metalli produce la natura, {Considerazione della morte.} non portassero seco la profittevole memoria della morte e della corruzione; posciaché le arene svaporate, corrotte e consumate per forza e virtù della loro corruzione si convertono in Safiri ed altre pietre e metali preziosi. La medesima rimembranza porta con se la seta essendo ella tessuta e fabricata da quel verme, {Verme della seta simbolo della morte.} il quale per una stessa strada va caminando alla morte ed al fine della sua tela.

Herodes se ensoberbeció tanto un día que se vio adornado con ricas topas de tela, reverberantes con el sol, que deslumbrado del resplandor de su vestido, o por mejor decir, de su ignorancia, dio en decir que era Dios y que como a tal le adorasen. Mas como el cielo es enemigo de soberbios, y tanto que por no poder sufrirlos dio con la carga en el suelo y aun en el infierno, quiso confundir su soberbia loca a papirotes, y aun a menos. Confundióle con manchas, las cuales, cayendo sobre la ropa, le traspasaron el alma, como si cada gota llevara una saeta de celestial fuego envuelta en sí. Y fue que un día le envió tanta agua y con ella manchas sobre su vestido rico, con que le dio a entender que su nueva divinidad era ahogadiza y pasada por agua, y aun aperdigada a ser pasada por fuego. Justo castigo, no lo niego. Justa pena contra quien, por verse vestido de oro, se olvida que es de polvo y lodo, como si el oro y cuantos ricos metales hay no trajesen consigo la memoria de la muerte y corrupción, en razón de que las arenas exhaladas, corrompidas y acabadas, en virtud de su corrupción, se convierten en saphyros y en las demás piedras y metales preciosos. Y la misma memoria traen las sedas consigo, por haberlas tejido y labrado un gusano, el cual, por unos mismos pasos va caminando a la muerte y a hacer su tela.

Ma a che proposito s'è intricata Giustina a predicar le ceneri, prima, che abbi trapassato il canesciale? Io te lo dirò amico curioso. ben si convienne, che ad un Erode pieno e gonfio di divinità posticcia le macchie dessero ad intendere, che aveva più del villano, che del Dio immortale; ma ne dal mio vestimento, ne dal nome, che mi dò in questa istoria, che superbia si può in me presumere, onde così m'abbi da umiliare la fortuna? {Mormoratori iscoprono le macchie altrui.} Al sicuro, che cagione di questa mia persecuzione sono stati gli mormoratori di questi miei scritti, i quali mi stimano tanto altiera e vanagloriosa, che hanno pregato Giove, che per umiliare la mia vanagloria non si contenti d'avermi costretto a pormi a molle(9) nella propria saliva; ma che di più ancora piovi acqua d'Etiopia sopra le vestimenta: ed affé non ne hanno occasione.

Potrebbe forse essere, che questa colpa non si ritrovasse in me; ma che fosse nella mia veste. {Giustina ragiona con la sua zimarra.} Ma per certo, che non so, che peccati possino essere i vostri (oh mia veste) che meritino pene così sproporzionate: anzi con veritade affermo, che in tutto il corso della mia vita giamai ho avuto veste, che abbi vissuto più nello stato dell'innocenza di cotesta.

Mas ¿a qué propósito se ha enfrascado Justina en el miércoles de Ceniza, no habiendo pasado Carnestolendas? Yo te lo diré, amigo preguntador. A un Herodes relleno de divinidad postiza, bien fue que la tinta le diese a entender que tenía más de manchego que de inmortal dios. Pero ni de mi vestido, ni del nombre que me doy en esta historia ¿qué soberbia se puede presumir, para que así me humille el cielo? Es, sin duda, que me tienen por tan soberbia los murmuradores de éstos mis escritos, que han pedido al cielo que, para humillar mi entono, no se contente con haberme echado en remojo a puro hacer saliva, sino que llueva agua de Guinea sobre mis vestidos. Pues, por mi fe, que no hay para qué.

Ya sería posible que esta culpa no estuviese en mí, sino en mi saya. Mas, por cierto, que no sé yo, saya mía, qué culpas sean las vuestras que merezcan tan desproporcionadas penas; antes, de verdad, afirmo que en mi vida tuve saya que más en estado de inocencia viviese.

Diedemi già quatro giorni questa zimarra un innocente di quei, che si vedono uscire innanzi la estate, con così buona intenzione e con tante riverenze (perché ebbe egli scropolo di vestir veste cotanto pura) che presi occasione di sospettar in qualche parte male di lui. Pure devomi ingannare. {Descrivesi un giovane spensierato.} Questo è ben certo, che quel pietoso, ma giovane donatore doveva menar vita molto regolata; posciaché nel darmela non mi parlò per non rompere il silenzio; {Pupille eloquenti.} se forse le pupille degli occhi suoi (come pupille eloquenti) non mi dissero un migliaio di cose e mi scopersero gli occulti suoi pensieri(10).

Diome esta saya un inocente de los que caen por verano, habrá cuatro días, con tan sana intención y con tantas reverencias, que tuve escrúpulo de vestir saya tan reverenciada y reverenda, imaginando si acaso la había rifado a alguna imagen, como el otro que azotaron porque, después de haber ganado a San Antón la moneda, le rifó todas las cochinillas que le encomendasen aquel año. Y lo mismo hizo con una Santa Lucía, a quien, después de ganado el dinero que tenía para aceite a la lámpara, le dijo:

-Señora Santa Lucía, una noche, y sin ojos, bien os podréis acostar a escuras.

Con su salsa se lo coma, que, a lo menos, si pudo rifar la moneda a estos santos, pero no los docientos amapolos que le mandaron asentar los señores inquisidores por estas insolencias y otras semejantes, que ni en burlas ni en veras es bueno partir peras con los santos, que son nuestros amos. Así que quizá este era rifasayas, como el otro era rifa cochinos. Pero débome de engañar. Sin duda fue que aquel bendito que me dio la saya había sido fraile novicio, y al dármela no me habló por no quebrar silencio, si ya no es que las niñas de sus ojos, como niñas, en fin, parleras, me parlaron un montón de cosicas.

E vero ancora che ieri, che fu il terzo giorno dopo, ch'ei me l'ha data, venne, quasi come affogato, alla riva del fiume, in quel luogo medesimo, dove prima m'aveva veduto, con l'occasione, ch'io andavo a certa osteria non molto frequentata dalle genti, per star più ritirata e mi disse due o tre ragioni o discorsi dimostrativi, ne' quali mi toccò alcune cose spettanti alla zimarra. {Le donne di mondo vogliono buona borsa e poi sprezzano.} Ma io come quella, che di già godevo il possesso di lei e ch'ero giovane di buoni costumi e di miglior gamba, scorgendo, che il giovane era debole di borsa, non lasciai d'accelerare il mio passo e rivoltami col collo torto lo rimirai con occhio tale, c'avrebbe fatto continente un verro: e da quel punto in poi restò tanto confuso il povero uomo, che non m'ha mai più detto cosa alcuna. Onde non avendo la veste commesso mancamento o peccato in ciò, non è giusto che se la colpa è mia ella ne debba pagare il fio; non essendo ora il tempo de' Sicconi, de' Pindari e de' Coloni, nel quale appiccavansi i feraiuoli e le vesti de' malfattori; {Gieroglifico dell'ingiustitia.} il che poscia da' gentili fu preso per gieroglifico dell'ingiustitia, che commettono gli giudici, quando impongono all'innocente la colpa del reo.

También es verdad que ayer, que se contaron tres días después de la data, salió, como ahogado, a la orilla del río, donde me columbró, yendo yo a una ermita de un ventero, y me dijo dos o tres razones pavonadas, en que me apuntó algo tocante a la saya. Mas como yo estaba ya ensayada y era moza de buenas costumbres y mejores pasos, y el hombre no sonaba, no dejé el portante, sino, a lo envarado, le volví a mirar con unos ojos que enfrenaran un berraco, y desde aquel punto y hora quedó tan a tapón el pobre noviciote, que no me ha dicho chus ni mus. Así que la saya no tiene la culpa, la pecadora, y no sería justo que si la culpa es mía, lo pague ella. Señora saya, que ya se pasó el tiempo de los Sicconios, Píndaros, Colonios, en el cual ahorcaban los sayos y sayas de los malhechores, lo cual, después, la gentilidad tomó por jiroblífico de la injusticia que hacen los jueces cuando imponen al inocente la culpa del malhechor.

Ma potrebbe forse essere, che alcun'altra mia veste vostra compagna (signora zimarra) v'avesse attaccato alcuna furfanteria degna di tal macchia; essendoché le cattive usanze e gli abiti viziosi s'attaccano più a chi conversa a co' ribaldi, che non fa il laccio del carnefice alle carni d'un giustitiato.

Ma perché procuro di espurgar le colpe della mia veste? non mi manca già più se non mirar nella bisaccia se ivi fosse ritirato alcun grave peccato, senza star andar cercando bracchi, che vadino usmando, quai siano que' demeriti, che gli hanno cagionato questa macchia. Ma a che fine cotanto m'affligo? perché mi consumo nel voler cercar interpretazioni ascose? {Espone che cosa vogli dire l'essersi macchiata; e questo al proposito della sua introduzione.} Che cosa può esser stato altro l'avermi macchiato prima le dita e poscia la veste, se non un pronostico di quello, che m'ha da avenire intorno il mio libro, se non m'è forse sin ora successo? Non sono le dita quelle, con le quali scrivo la mia istoria? Laonde chi dubita che l'esser esse state macchiate, non prenontij (11) le molte macchie, che hanno da imponersi a' miei scritti?

Mas ya podría ser que alguna otra saya mía, compañera vuestra, os hubiese pegado ruines mañas merecedoras destas manchas, que esto de malas mañas pégase más que frisa de verdugo a carnes de público penitente.

Mas, ¿qué hago de espulgar culpas de mi saya? Ya no me falta sino mirar si en el alforza se le ha retraído algún pecado nefando o alguna descomunión de matar candelas, según ando echándola hurones que husmeen los deméritos que la acarrearon la mácula. Mas, ¿para qué me gasto, para qué me consumo en despabilar las entendederas? ¿Qué puede haber sido el haberme manchado, lo primero los dedos, y lo segundo el vestido, sino un pronóstico y figura de lo que me ha de suceder acerca de mi libro, si ya no me ha sucedido? Los dedos, ¿no son con quien escribo mi historia? Pues ¿quién duda sino que el haber caído en ellos mancha pronostica las muchas que han de poner o imponer a mis escritos?

{Detto notabile di Aristotele.} Ricordomi d'aver letto, che prendendo una volta Aristotele la penna in mano per scriver certe cose contro Platone cadè d'alto una picciola pietra, la quale lo colpì nel dito grosso della mano, il che vedendo egli (benché non fosse superstizioso) disse.

-Dito percosso non può percuoter bene;

e lasciò per allora d'impugnar Platone.

Acuérdome haber leído que, tomando Aristóteles la pluma en la mano para escribir ciertas cosas contra Platón, cayó una china de lo alto, la cual le hirió en el pulgar y, aunque no era nada agorero, dijo:

-Dedo apedreado no puede apedrear bien.

Y cesó por entonces de impugnar a Platón.

{Applicazione di questo detto al proposito dell'autore.} A proposito. Macchiarsi le mie dita con la stessa materia che le aveva da aiutar a scrivere, è certo pronostico che vi sarà, chi darà tarra(12) o addosserà alcun diffetto o frode alle dita che averanno scritto, quanto maggiormente alla mia intenzione ed alla perfezione di quest'opera. L'avermisi poi macchiata la zimarra, con la quale io m'adorno, è indicio, che non solo nella sostanza di questa istoria porranno gli mormoratori mancamento o diffetto; ma di più ancora nel modo del dire e nell'ornato di lei; come sarebbe a dire, nelle narrazioni accessorie, nelle favole, ne' gieroglifici, nelle regole della umanitade e della retorica le voranno ascrivere più falli, che non sono nel giuoco della palla.

Ma dicano pur ciò, che le pare, ch'io poi gli chiamerò codardi e poltroni, parlando essi con chi non gli può rispondere. Mormorino pure allegramente; perché sopra le parole non v'è stato posto dazio. Mordino pure e cerchino di disfar altri per aggrandir se stessi, che non però diventeranno più grassi per il caldo sforzato, che di quel caveranno. dican pure male di me, ch'è stato detratto anco di persone più giuste assai, che non son io. Levino pur, se possono, all'opra con la loro lingua e lo splendore e l'ornamento. Sapete con che mi consolo? Con un carro di proverbi. Chi vuol dir mal d'altrui, pensi prima di lui; chi ha diffetti e non tace, ode sovente quel che gli dispiace. {Proverbi per mostrar che poco stima ciò che sarà detto di lui.} E pensino certo; che se diranno di me, altri sparlarannio di loro. perché; chi la fa, l'aspetta. Non ista bene; sciorre la bocca al sacco; ne tirar giù a campane doppie: e simil gentaglia non vorrei, che dicesse bene di me: e tale biasima altrui, che ferisce i suoi colombi: e chi si taglia il naso, s'insanguina la bocca: non sonate a doppio; che parerete calabroni in un fiasco.

A propósito: mancharse mi dedo, y con el mismo material que le había de ayudar a escribir, es cierto pronóstico de que pondrán tachas o impondrán mácula y dolo en los dedos que lo escriben, cuanto y más en la intención mía y en la perfectión desta mi obra. Y el habérseme manchado la saya con que yo me adorno es indicio de que no sólo en la substancia desta historia pondrán los murmuradores falta y dolo, pero aun en el modo del decir y en el ornato della, conviene a saber: en los cuentos accesorios, fábulas, jiroglíficos, humanidades y erudición retórica pondrán más faltas que hay en el juego de la pelota. Pero pongan, que les llamaré gallinas; murmuren, que sobre lo que se habla no están impuestos millones; dessubstancien, que no les engordará el caldo esforzado que de aquí sacaren; digan, que de Dios dijeron; deslustren, desadornen. ¿Saben con qué me consuelo? Con una carretada de refranes: arrastren la colcha para que se goce la moza; tras diez días de ayunque de herrero, duerme al son el perro; tañe el esquilón y duermen los tordos al son; al son que llora la vieja, canta el cura en la iglesia.

Fuori, fuori mormoratori, le cui lingue servirannomi per sprone della mia intenzione; e tanto maggiormente, quanto, che il tempo, quantunque nella sua instabilità rappresenti una perfetta pazzia, cura però ogni cosa; ed è cosa certissima, che non v'è medico alcuno, che più di lui dia infallibili ricette per curare un sospetto e perciò ben disse un poeta

 

¡Afuera murmuradores cuyas lenguas son acicates de mi intención!

Cuanto y más que el tiempo, aunque es todo locura, todo lo cura, y es cierto que ningún otro médico da tan infalibles recetas para curar un desengaño. Y por eso dijo bien un poeta:

Macchia non v'è che levar non si possi;

 

{Professa di non voler essere mormoratrice.} S'io maculerò la vita altrui, il lignaggio, lo stato, l'officio, la persona o se scoprirò con troppa acuta lingua alcun nocivo secreto, il cielo macchi (giusto vendicatore) l'onor mio: ma non trattando io di ciò, perché mi vogliono ammazzare?

-No hay mancha que con algo no se quite, ni detracción que el tiempo no desquite.

Si yo manchare ajenas vidas, linajes, estados, oficios o personas, o descubriere algún nocivo secreto, el cielo manche mi honor. Mas, pues no trato de eso, ¿por qué me quieren matare?

Porta qua, Marina, del sapone, ne ti dar pena del mio male; posciaché, non s'ha da temer di quella macchia, che può lavarsi con l'acqua: {Quali macchie non s'abbino da stimare.} O leggiadro inchiostro, che m'ha così bene asperso la veste. Per la vita di Diez mio padre, che questa mia zimarra tra la bianchezza naturale e l'impepatura dell'inchiostro sembra appunto una di quelle carte, che si sogliono porre sotto i zuccherini: ma non importa; {Donne avvedute possono ogni cosa.} essendoché le donne avedute da un momento all'altro sanno fare di verno estate e mutano faccia etade e casa. O che gentilezza: a questo modo io m'apparecchio per non mutar veste? Per vita mia, ch'io non parlo ora di mutar veste; ma dico bene, che quando vogliamo noialtre donne scaltre potiamo a forza di cerotti mutar natura e condizione, come fa la serpe, la cui proprietà col nome insieme è posseduta da alcune mie vicine, {Nomi vari imposti da certe donne schiffignose a diverse cose, che pareva loro, che avessero del schiffo.} le quali chiamano dame le scarpe; pironcelli o forchette, le cintole da gamba; sacchetti, le calze; lino, i loro stracci; nastro o cordelle, alle gambe; al seder, antro; ai testicoli, fegato bianco; e finalmente usano altri nomi di tal sorte, che gli devono avere ritrovati nel Calepino sterile ed infecondo dell'arabico Vergilio, dal quale credo, che sia cavata quella dottrina, che diceva; che il nome asino dovevasi scrivere con l'aspirazione: o che sapienza. Ma lasciamo da una parte l'asino e venga carta, Marina.

 

-Venga jabón, Marina, no te de pena mi mal, que como dice el refrán, no temas mancha que sale con agua.

Donosa hisopada, que así me ha salmonado la saya. ¡Vive diez, que como la saya es blanca y se ha salpimentado con tinta, parece naipe de suplicacionero! Mas no importa, que las astutas, de un momento a otro, hacemos verano y mudamos rostro, edad y casa. ¡Qué aliño para no mudar saya! ¡Vive diez! No digo yo saya, pero a poder de miel cerotera entraremos en tantas mudas que mudemos el pellejo como la culebra o ciliebra, que así la llaman unas benditas de mi barrio, que llaman a las zapatillas, daifas; a las ligas, tenedorcillos; a las calzas, taleguillas; al faldellín, cerco menor; a las piernas, listoncillas; al culantro, cilantro; a las turmas del carnero, hígado blanco, y usan otros nombres a este tono que les debieron de hallar en la catepina machorra, a quien atribuyó la otra Melibea, que decía que este nombre asno se había de escribir con equis.

Pero, dejados asnos a un lado, venga papel, Marina.

 

Moralità

 

Vizio particolare delle persone di mala vita è il non piangere gli gravissimi danni dell'anima e lamentarsi de' leggieri dispendi del corpo. Tale si dipinge qui questa donnicciuola, la quale piange la macchia d'una sua zimarra, non altrimenti, che se fosse l'ultima sua rovina; e degli enormi suoi peccati non se ne fa conto alcuno. Di tal sorte d'uomini disse il Profeta. Sono pieni di macchie da capo a piedi e non pensano punto al fine, nel quale hanno da terminare le gravissime loro sceleraggini.

      

 

 

 

 

 

Aprovechamiento

 

Especial vicio es de gente perdida no llorar los graves desastres de su alma y lamentar ligeros daños del cuerpo. Tal se pinta esta mujercilla, la cual llora la mancha de una saya como su total ruina, y de sus inormes pecados no hace caso. Deste género de gente dijo el Propheta: tienen manchas desde la cabeza a los pies, y siquiera no cuidan del fin en que vendrán a parar males tamaños.

 

 

 

 

 

 


LA SCHIFFIGNOSA ALLA SERPENTE


Número tercero
Del melindre a la culebrilla
 

Soneto, de pies agudos al medio, y al fin

 

Púsose a escribir Justina, y vio

pintada una culebra en el papel.

Espantose y llamó al Barber Miguel(13),

Diciendo: - Ay, que es culebra y me mordió.

Mas ¿si es pintada? Sí es. Mas bien sé yo,

que la culebra es símbolo cruel.

Franqueola el temor. Luchó con él.

Es cobarde el temor y amainó.

Ya que vio la figura sin temor,

discurre assí: - A caso este animal

anuncia solo mal? No. Pues ¿qué más?

Bienes. ¿Cuáles son? Fuerza y valor,

prudencia, sanidad. O pesia tal.

¿Qué me detengo? Pesar de Barrabás.

 

Giustina la nobil picara vidde un serpe nella carta impresso, intorno il quale graziosamente va scherzando; e sopra ciò apporta molti belli e leggiadri pensieri

Numero Terzo.

 

Soneto de pies agudos al medio y al fin

 

Púsose a escribir Justina, y vio

pintada una culebra en el papel;

espantóse y llamó al ángel San Miguel,

diciendo: «¡Ay, que es culebra, y me mordió!

Mas ¿si es pintada? Sí es. Mas bien sé yo

que la culebra es símbolo cruel.»

Franqueóla el temor, luchó con él;

es cobarde el temor, y amainó.

Ya que vio la figura, sin temor

discurre así: «¿Acaso este animal

anuncia sólo mal? No. Pues ¿qué más?

Bienes. ¿Cuáles son? Fuerza y valor,

prudencia, sanidad. ¡Oh pesia tal!

¿Qué me detengo, pesar de Barrabás?»

 

 

Oh Dio mio; e che m'hai qui portato, oh Marina? Sia benedetto il punto, c'ho nominato il serpente; posciaché rimiro adesso con gli occhi quello, che poco fa con la lingua ho proferito. Ma è egli un drago? M'ha forse morsicato? Chi mi sa dire, se morirò? Ahi Dio e signor mio! Mira egli al mio volto: certo deve esser un salta in viso. Ahimè e dove fuggirò? Ma che balorda e sempliciotta son io? Questa non è cosa viva; ma è serpe impressa nella carta, ch'è comunemente chiamata dal serpente. Parmi di già, che mi sia ritornata l'anima nel corpo: ne più temo cosa alcuna. {Donne si consolano con le cose dipinte; e perché.} Ma che pazzia è la mia? Oh quanto presto ci consoliamo noialtre donne con le cose dipinte: il che deve forse avvenire, perché siamo tanto amiche del dipingerci. Nulladimeno se bene ho scacciato il timore (se debbo dire la verità) non resta però, ch'io non tenga per cattivo augurio il veder espressa una serpe nella carta, nella quale io stampo gli miei concetti e specialmente mi dà travaglio l'avervi dato d'occhio in quel tempo appunto, ch'avevo preso la penna in mano.

-Jesús, mi bien! ¿Qué has traído aquí, Marina?

Buena sea la hora que nombré culebra, pues veo con mis ojos la que con la boca nombré. Mas ¿si es dragón? ¿Si me ha mordido? ¿Si me moriré? ¡Ay Dios! Al rostro me mira, debe de ser salta rostro. ¡Válgame San Miguel que venció al diablo, San Rafael que mató al pez, válgame San Jorge que mató la araña, y San Daniel que venció a los leones, válgame Santa Catalina y Santa Marina, abogadas contra las bestias fieras! ¡Ayme, dónde huiré! Mas ¡qué boba soy!, que no es cosa viva, sino culebra pintada en el papel, que llaman de culebrilla. Ya parece que se me ha tornado el alma al cuerpo; ya no tengo miedo. Mas ¡ay, qué necia! ¡Qué presto nos consolamos las mujeres con cosas pintadas! Debe de ser porque somos amigas de andarlo siempre. Mas, si va a decir verdad, por mal pronóstico tengo ver pintada culebra en el papel en quien estampo mis conceptos y, especialmente, me da pena el haberla visto al tiempo que tomé la pluma en la mano.

Tornó sobre sí Justina, y vio que la culebra era pintada en el papel.

{Si duole che la carta sia dalla serpe e non d'altro segno.} Deh perché non è stata questa carta di quella dalla mano? Posciaché con l'esser di quella mi darei a credere, che doppo aver io scritto ella mi dovesse aiutare ed accumularmi onore e profitto, facendo, ch'io fossi venduta a ragion d'un quatrino in palmo. Perché non è stata questa carta dalla mano, per ritrovar con essa quei che biastemeranno contro queste prose, per esser elle opra delle mie mani? S'essa fosse dalla mano, crederei, che dovesse esser una ragia di quell'orologio co 'l quale dipingono la speranza de' sapienti: ma essendo dalla serpe, io per me intenderò che questa sia una minaccia dell'invidia, {Impresa dell'invidia qual sia.} l'impresa della quale è una serpe che va divorando un cuore.

¡No fuera este papel de la mano! Ya siquiera, con serlo, persuadiérame a que después de escrito tuviera mano para hacerme mercedes y me acarreara honra y provecho, dándome a maravedí el palmo. ¡No fuera este papel de la mano, para ganar por ella a los que blasfemaren de éstos renglones por ser obras de las mías! Si fuera de la mano, creyera que era mostrador del reloj, con que pintan a la esperanza cuerda. Pero siendo de culebrilla, entenderé que es amenaza de la envidia, cuyas armas fueron una sierpe o culebra que va engullendo un corazón.

Ahi meschina ed infelice me. Cara mia carta già che non sete dalla mano, perché non foste di quella dal cuore, acciò nell'istoria, in cui narro alcuni casi, ne' quali malamente ho impiegato il mio cuore, foste stata così felice pronostico, come io lo desidero? ed avevate per certo necessità di cuore, per dimostrarlo nelle avversitadi, nelle quali v'avete da vedere e quando anco n'aveste due, {Pernici di Paflagonia hanno due cuori.} come le pernici di Paflagonia, non sarebbono di soverchio. Mentre un animal morto tiene dentro di se il cuore, più tardi e con maggior difficoltà vi penetra il fuoco: così voi (signora carta) se aveste il cuore (benché siate morta) non tanto facilmente vi abbrucerebbe il fuoco dell'invidia de' miei contrari, li quali ad ogni passo tenteranno d'incendervi co'l fuoco delle loro ardenti lingue: ma essendo voi dalla serpe io mi dubito, che siate trifauce can Cerbero; o c'avete da essermi traditrice e che avete da offerirvi a chiunque si vorrà di voi servire per sbarare(14) contro di me la colubrina della loro infernal lingua.

¡Ay mi Dios! Papel mío, ya que no sois de la mano, ¿por qué no fuistes del corazón, para que en la historia donde hago alarde de algunos empleos del mío fuérades tan felice pronóstico como yo deseo? Necesidad teníades de corazón para mostrarle en las adversidades en que os habéis de ver, y aun cuando tuviérades dos como las perdices de Faflagonia, no fueran de sobra. Mientras un animal muerto tiene dentro de sí el corazón, tarde y mal le penetra el fuego. Y así, si vos, aunque váis muerto, tuviérades corazón, tarde os venciera el fuego de la envidia de mis contrarios, los cuales, por momentos, intentarán alquitranaros con el fuego de sus lenguas fogosas. Pero, siendo de culebrilla, pensaré que sois el fogoso cancerbero o que habéis de ser traidor y ofreceros a quien de vos se quisiere servir para atacar contra mí la culebrina de su intención infernal.

{Qualità del dragone applicata alla carta.} Nel veder, che avete dipinto in voi una serpe od un drago mi cascano l'ale d'aquila tanto proprie dell'arrisicato mio ingegno; e parmi, che sicome è proprietà del dragone volare all'altissimo nido della real aquila, dove con il veleno, che ivi sparge, levarebbe la vita a' pulcini di lei, s'ella non si valesse della preziosa pietra Erite, chiamata communemente pietra dell'aquila (ch'è unica per aiutar le parturienti, per render chi la porta grati ed amorosi e che ha altre eccellenti proprietadi) non altrimenti penso, che quando io più m'innalzerò nella nido della altissima eloquenza, quando più sollevarò lo stile sopra le nubi della retorica; allora il vile e basso volgo metterà l'ale dell'invidia e spargerà il veleno della mormorazione, procurando (a guisa del dragone) di opprimere gli pulcini del mio intelletto, che sono gli miei concetti ed ingegnosi discorsi, li quali credo, che siano particolari per esser generati da un ragionevolaccio ingegno, cresciuti con varia lezione, aumentati con l'esperienza, accompagnati ed irrigati di dolci facezie, che (oltre l'esser senza pregiudicio d'alcuno) sono descritti in un stile molto appropriato per dar alcun refrigerio a' personaggi fiacchi dalle importunità altrui e lassi dalla istessa fiacchezza.

En ver que tenéis culebrilla o dragón pintado se me caen las alas de águila, tan propias de mi arriscado ingenio, y me parece que, así como es propiedad del dragón subirse al encumbrado nido de la real águila, donde, con el veneno que allí pone, quitara la vida a sus polluelos, si el águila no se valiera de la preciosa piedra etites, llamada comúnmente piedra del águila, que es única para malos partos, para ser gratos y amorosos, y tiene otras excelentes propriedades. Así pienso que, cuando yo más me encumbrare en el nido de la altísima elocuencia, cuando más levantare el estilo sobre las nubes de la retórica, entonces el villano y terrestre vulgo hará alas de la envidia y veneno de la murmuración, y querrá, como el dragón, oprimir los polluelos de mi entendimiento, que son mis conceptos y discursos ingeniosos, que creo son particulares, por haber sido engendrados de un ingenio razonablejonazo, crecidos con lectión varia, aumentados con la experiencia, acompañados y bañados de dulces facecias que, demás de ser sin perjuicio de nadie, van en un estilo muy aparejado para dar bohemio a los principotes, cansados de cansar y estar cansados.

Ma di che pavento? qual cosa mi fa così avvilire? Vi sarà forse, chi stimerà, ch'io sia superstiziosa ed osservatrice d'auguri; e pure tanto sono lontana dall'esser tale, come dall'andar a vivere in un deserto. {Animali e cose naturali se hanno una cattiva proprietà, ne hanno anco una buona.} E possibile, che la serpe solo annunci male; e sia solamente addittatrice di tristi accidenti? Non lo credo. Non si ritrova animale, le cui proprietà in tutto e per tutto siano tanto maligne, che in contraposto di alcune nocive non ne abbi dell'altre utili e profittevoli. La formica con la sua avidità porge cattivo essempio; e con la sua diligenza insegna. L'ape con la dolcezza del miele alletta ed invita e con l'aculeo suo intimorisce e scaccia. Il leone con la colora(15) ammazza; e con la sua nobiltà accarezza. L'aquila con la sua fierezza perseguita il dragone; ma con la sua generosità difende e protege gli figliuoli della cicogna di monte sua mezza sorella. Gli elementi co' loro eccessi uccidono e col temperamento vivificano. Le bestie velenose con quella stessa parte, con la quale arrecano danno, guariscono gli feriti. Laonde non è da credere, che si ritrovi animale, il quale non abbi alcune buone qualitadi, che servino poi per indicio di buon successo: e per tal cagione vi dovrà pur essere anco nella serpe qualche cosa di buono, che mi prometta fortunato fine. E miracolo, che non mi sovvenga ciò, ch'ella ha di propizio; non v'essendo carta ne' gieroglifichi, in quanti auttori volgari vanno intorno, ch'io non l'abbi vista, notata e posta a memoria. Dommi con la mano nella fronte per dimandare alla mia memoria, s'ella è in casa. Sì, sì. Già mi sovvengono mille eccellenze della serpe intorno il simbolo, ch'essa sia di buon augurio.

Mas ¿de qué temo? ¿Qué me acobarda? Ya pensará alguno que soy agorera, y tengo tanto de eso como de ermitaña. ¿Es posible que la culebra sólo anuncia males y sólo es tablilla de malas mensajerías? No lo creo. No hay animal cuyas propiedades, en todo y por todo, sean tan malignas que, a vueltas de algunas nocivas, no tenga otras útiles y provechosas. La hormiga con su gulosía daña y con su diligencia enseña; la abeja con su miel convida y con su aguijón atemoriza; el león con su cólera mata y con su nobleza acaricia; el águila con su fiereza persigue al dragón, mas con su realeza ampara los hijos de la cigüeña montañesa, su media hermana; los elementos con sus excesos matan y con su temperamento vivifican; los animales venenosos, con lo mismo que dañan, aprovechan a los heridos; luego no es de creer que haya animal el cual no tenga algunas buenas cualidades que sean pronósticos de algún buen suceso. Según eso, algo de bueno habrá en la culebrilla que me prometa un venturoso fin. Milagro es que no se me acuerde a mí lo bueno que significa la culebrilla, que no hay hoja en los jiroblíficos, ni en cuantos authores romancistas hay, que yo no tenga cancelada, rayada y notada. Doyme en la frente con la palma para preguntar a mi memoria si está en casa. ¡Ya, ya! Ya se me acuerdan mil primores acerca del símbolo y buen anuncio de la culebrilla.

O là Marina mia apri questa finestra; posciaché (secondo me, mi bolleno i concetti nella mente) non vi è tanta carta in casa del magnifico Francesco Christofori mercante di carta, ne inchiostro nel calamaio sufficienti per cominciar a descrivere gli allegri pronostici, che m'annuncia in questo caso la serpe, il timor della quale io ho di già totalmente discacciato con la memoria di quello che ho da scrivere qui nel mio proposito.

Veramente (se ben considero) devo stimar annoncio di gran consolazione, che la carta, in cui deposito gli miei concetti e la mia sapienza, sia dalla serpe. Prima perché chi vedrà, che gli miei scritti hanno per insegna e per impresa un serpente, {Sofia regina della sapienza convertita in serpe.} penseranno, ch'io sia una nuova Sofia regina dell'eloquenza e che m'abbi convertita in serpe, non per ingannare gli addormentati (falso presupposto e goffa invenzione di cervelli fantastichi) ma per isegnar la sapienza a' dormiglioni, che non sanno, in che mondo si vivano; come appunto della stessa Sofia cantano i favolosi poeti. Ne s'ingannerà affato chi di me averà tal pensiero: essendoché io nel corso di questo mio libro non ho intenzione di tramar frodi, come sirena; ne d'addormentar gli uomini, come Candida; ne trasformargli, come Circe o Medea; ne imbalordire, come Cecrope; ne acciecargli, come Silvia; che se ciò pretendessi, non averei disteso le reti nella piazza del mondo, ne esposto l'intrico in iscritto o in stampa. {Ciò che pretenda di fare in questo libro.} Voglio svegliare gli ignoranti oppressi dal sciocco loro letargo; ammonire ed ammaestrare gli semplici, acciò che sappino fuggire da quello stesso, che pare, ch'io persuada. Non parlo co' sciocchi; che quanto all'aver un qualificato auditorio io numero questi tali per sordi; {Non si cura d'esser grata a' sciocchi.} anziché avrei per gran felicità, se quanto al leggere fossero anco ciechi; che così pensarei che (essendo privi del vedere) mi sarebbono più care l'orazioni, che mi recitassero con gli occhi chiusi, che ad occhi aperti. Quindi per prima la serpe vi dinota la sgannatrice mia eloquenza.

Moza, abre esas ventanas, que, según me yerve de concetos esta cholla, no hay papel en casa de Anica la papelera, ni tinta en los tinteros, para comenzar a discantar los alegres pronósticos que me anuncia para en este caso la culebrilla, cuyo temor he rendido con la memoria de lo que tengo de escribir a este propósito.

Por cierto, si bien lo miro, antes tengo por anuncio de gran consuelo que el papel en quien deposito mis conceptos y mi sabiduría sea de culebrillas. Lo primero, porque quien viere que mis escritos tienen por arma y blasón una culebra, pensarán que soy otra diosa Sophía, reina de la elocuencia, y que me convertí en culebra, no para engañar al dormido Adán, como los herejes valentinianos lo afirmaron de la dicha diosa Sophía, vuelta en culebrilla, sino para enseñar sabiduría a los dormidos que no saben en qué mundo viven, según como lo canta el poético choro de la misma Sophía vuelta en culebra. Y, en parte, no se engañará quien pensare de mí aquesto, porque yo, en el discurso mi libro, no quiero engañar como sirena, ni adormecer como Cándida, ni transformar como Circe o Medea, ni deslumbrar como Silvia, que si esto pretendiera no pusiera las redes en la plaza del mundo ni las marañas por escrito y de molde. Quiero despertar amodorridos ignorantes, amonestar y enseñar a los simples para que sepan huir de lo mismo que al parecer persuado. No hablo con los necios, que para ser oidores de mi sala, a los tales cuéntolos por sordos, y aun ternía a gran merced si para en caso de leer fuesen ciegos, que desta suerte pensaría que, siéndolo, me serían más aceptas las oraciones que me rezasen a cierra ojos, que con ellos. Así que, lo primero, la culebrilla os significa desengañadora elocuencia mía.

{Aristotele come fosse dipinto da gli antichi.} Dipingono Aristotele gli antichi in atto, che cava gli suoi scritti dal cuore d'una serpe, per esser ella simbolo della prudenza, dell'astuzia e della sapienza: onde devo congetturare, chi è di gran giovamento alla mia auttoritade, che la carta, nella quale scrivo, sia dalla serpe; imperoché da ciò caveranno li miei amici (se n'averanno gusto) e gli nimici (benché le sia grave) che ho preso assai cose di quelle, che ho qui detto, dallo stesso originale, dal quale Aristotele pigliò la scienza, che illumina tutto l'universo.

Pintan a Aristóteles como que traslada sus escritos del corazón de una culebra, por ser ella símbolo de la prudencia, astucia y sabiduría. Y así debo entender e el papel que a mi authoridad importa que el papel en quien yo escribo sea de culebrilla, porque de aquí colegirán mis devotos, si gustaren, y mis enemigos aunque les pese, que mucho de lo que aquí dije lo trasladé del mismo original, de quien Aristóteles trasladó la sciencia con que se alumbra el orbe.

{Esculapio ha per impresa un serpente inargentato: e perché.} Esculapio Dio della medicina ebbe per impresa un serpente inargentato in memoria delle cure miracolose, ch'ei in figura di serpe fece in Sicionia e specialmente in materia degli occhi. Ciò mi casca molto a proposito; perché la serpe mi promette ed io m'assicuro di dover con gli miei scritti curare e risanare molti ciechi; cioè madri spensierate, padri sciocchi, fanciulle semplici, giovanetti vagabondi, contadini grossolani, scolari sbarbati, vecchi pazzi, vedove facili e giudici tardi: e per consequenza mi si doverà la gloria della seconda Esculapia; posciaché l'opere mie dipingono e perfezionano quello, che dalla serpe viene abbozzato. E se non vi sarà alcuno, che mi dica pure un amen; potrò almeno dire, che una donna scrivente ha predicato gran bene delle cose mie e ciò sarà verità così certa, come che è vero, che io sono nata e che ho la bocca.

Esculapio, dios de la medicina, tuvo por armas y blasón una culebrilla argentada, en memoria de que en figura de culebra hizo en Sicionia milagrosas curas, en especial en materia de ojos. Esto me viene muy a propósito, porque la culebrilla me promete, y yo me prometo, que con mis escritos he de curar y desengañar muchos ciegos; conviene, a saber: madres descuidadas, padres necios, inocentes niñas, errados mancebos, labradores tochos, estudiantes bocirrubios, viejos locos, viudas fáciles, jueces tardos. Y debérseme ha el blasón de segunda Esculapia, pues lo que la culebra rasguña, mis obras lo dibujan; y si faltare quien me diga un amén, por lo menos, podré decir que una escritora ha dicho gran bien de mis cosas, y será tanta verdad como que yo soy nacida y tengo boca.

{Mercurio aveva per impresa la serpe.} Il Dio Mercurio era Dio de' discreti, de' faceti, de' graziosi e degli eloquenti e questi teneva per arma una bella serpe intortigliata ad una verga d'oro. Secondo questo in buonora v'ho veduto, o mia cara serpe, tessuta nella carta, sopra la quale io ho riposato il mio cuore e le mie mani: posciaché da questo intenderanno quelli che vedrano in voi le mie opere, che non sono per darle pena; ma ben si buoni annunzi, come soleva fare il Dio Mercurio. {Professa di voler essere dolce e saputa in questa opera.} Scorgeranno, ch'io le parlo con galanteria e grazia e senza interesse del terzo. Vedranno, che se con lusinghe e con qualche adulazione procuro di ungere la guscia alle cose mie, non sono almeno unte senza sale. Scorgeranno, che se fingo di dare, non però offendo; se narro, non però infatidisco; se levo un pelo(16) dalla fama ad alcuno, le restituisco in quel cambio un cavallo. Mireranno, che con li discreti parlo soda e saggiamente; e con li pazzi ragiono stoltamente, acciò m'intendano. Infine tutte son grazie di Mercurio. E se per sorte apporto ad alcuno qualche picciolo disgusto, ciò faccio con una verga d'oro, ch'è appunto, come una sbacchettata da mano di dama, che ne offende, ne uccide.

El dios Mercurio era el dios de los discretos, de los facetos, de los graciosos y bien hablantes, y este tenía por armas una hermosa culebra enroscada en un báculo de oro. Según eso, norabuena os vea yo, culebrilla mía, enroscada en el papel sobre quien yo recliné mi corazón y mis manos. Pues con esto entenderán los que en vos vieren mis obras, que no les quiero dar pena, sino buenas nuevas, como el dios Mercurio; que les hablo con donaire y gracia y sin daño de barras; que, si con lisonjas unto el casco, por lo menos no es unto sin sal; que, si amago, no ofendo; que, si cuento, no canso; que, si una liendre hurto a la fama de alguno, le restituyo un caballo; que con los discretos hablo bien, y con los necios hablo en necio para que me entiendan. En fin, todas son gracias de Mercurio, y si doy algún disgustillo, es con palo de oro, que es como palos de dama, que ni dañan ni matan.

Ma già, che mi sovengono tante cose in utile del prossimo, {Galeotti, loro detto.} vorrei pure con alcuna dar anco in proposito delle mie dita per non esser della fazione de' galeotti, che dicono, che non è stato praticato per loro il proverbio, che dice, che più tocca la camiscia, che non fa il giuppone(17). O bene, o bene. {Proprietà della serpe per fuggir la morte.} La serpe per non lasciar libero alla morte il posto dell'udito, per donde l'incantatore procura d'introdurla, abbassa ed unisce l'una dell'orecchie con la terra e l'altra la tura con la coda, acciò trovando le porte chiuse, se ne torni indietro confusa la morte ed il diavolo insieme. O serpe amica mia cara, quanto utile m'apporta e quanto mi si conviene il mirarmi nel specchio, che dalla vostra istruzione mi viene appresentato ed a prendere e da lui e da noi il modo col quale m'ho da difendere da quelli, che sotto apparenza di melate lusinghe mi vituperano. {All'adulazione, come si abbi da resistere.} Ben so, che di queste Sirene immascherate n'usciranno fuori a cantare ed a latrare unitamente. Alcuni mi diranno, è buona la picara e d'opera degna d'una dotta mano; altri dirà, oh gentil picareria; altri, che picaresco libro; altri diranno, buona è realmente questa giustinata; altri, bello è il concetto ed acuto è il pensiero e per certo, ch'ella di gran lunga supera e la Celestina ed il Picaro. Meschina me, se non sapessi, che queste sono detrazioni palliate con una unzione superficiale, {Scusa dell'autore circa l'aver dato alla stampa questo libro.} e detti poco onesti e maligni rivolti in una coperta d'adulazione ed insomma invidie ricoperte con lodevoli attributi, oh galentuomeni.

Pero ya que tantas cosas se me acuerdan en pro del prójimo, querría dar con alguna en derecho de mi dedo, por no ser del bando de los galeotes, que dicen no se haber ensillado para ellos el refrán que dice: más cerca está la camisa que el sayo.

¡Ya! ¡Ya! ¡Una boa! La culebra, para no dar a la muerte franco el postigo de los oídos, por donde el encantador la guía, cose el un oído con el suelo, y el otro zúrcele con la cola, para que, a puerta cerrada, se torne la muerte y aun el diablo. ¡Oh culebrilla, amiga mía, y qué bien me está remirarme en el espejo que me aclara vuestro catecismo, y aprender en él y en vos cómo me he de defender de los que, so capa de melosas lisonjas, me baldonan! Bien sé que de éstos sirenos enmascarados me han de salir a cantar y ladrar juntamente.

-Buena está la picarada, señor licenciado.

Otro dirá:

-Gentil picardía.

Otro:

-¡Oh qué pícaro libro!

Otro dirá:

-Buena está la justinada.

Otros:

-Bueno es el concetillo, agudo pensamiento, gánasela a Celestina y al Pícaro.

¡Dolor de mí, si yo no supiera que hay mordiladas insertas en unción de casco y pullas envueltas en lisonjas, y aun envidias enroscadas en alabanzas! Hermanitos, a otro perro.

Mille anni sono, ch'io ho composto questa operetta: per quel tempo era assai e s non fossero stati alcuni garzoncelli, che per pura compassione non m'hanno lasciato votar questa conserva, già questo libretto e dodeci altri appresso sarebbono dal speciale. Dicevanomi, ch'è molto buonoil libretto picaresco e che prenderebbono gran gusto da lui. Vattene in buonora, libretto mio, che forse vi sarà chi ti compri, posciaché non vi manchi chi compri anco delle carte da giuocare, che costsano più e vagliono meno. Se questo libro è buono, bon pro li faccia; e s'è cattivo, abbino pazienza, perché mal si possono purgar senza qualche discomodo gl'infermi ed io ora m'accingo a purgar la picara. Ma che dich'io, perché parlo in genere masculino? Ahi, che mi scordavo ch'ero una donna e che mi chiamo Giustina. Vadano con Dio di grazia, che m'hanno intronato il capo mentre stavo parlando con la signora carta dalla serpe.

Mil años ha que hice esta obrecilla. Para aquel tiempo, sobraba, y si no fueran mocitos, que de lástima no me han dejado vaciar esta conserva, ya hubiera este librito ídose por su pie a la especería. Dícenme que está muy bueno el librito picarero, y que se holgarán con él. Vayáis norabuena, librito mío, que más cuestan los naipes y valen menos. Si ello el libro está bueno, buen provecho les haga, y si malo, perdonen, que mal se pueden purgar bien los enfermos si yo me pongo ahora muy de espacio a purgar la pícara. Mas ¡ay!, que se me olvidaba que ero mujer y me llamo Justina. Vayan con Dios, que estábamos hablando yo y el señor don papel de culebrilla.

Signora carta (per ritornare al nostro ragionamento) se alcuno di questi uomini canini vi verrà a cantar innanzi ed a mordervi di dietro, non abbiate paura, che (avendo con voi un serpente) giuocarete di denti con quelli che vi latraranno; con quelli poi, che con lusinghe e con adulationi vi canteranno e loderanno, farete quello stesso che suol fare la serpe, otturando l'una orecchia con l'appressarla alla terra dell'umiltà e l'altra con la coda della licenzia.

{Il volgo è comparato a' cani da villa e perché.} Il volgo ignorante è di razza di cani da villa, i quali vezzeggiano i villani mal vestiti e latrano e mordono il cavaliero ben adorno che passa per la strada, non avendo altra causa del loro errore, fuorché la propria naturale ignoranza e 'l non aver ordinario commercio con uomini di simigliante abito. Non altrimenti 'l volgo ignorante, come quello che non conosce, né sa che cosa sia una descrezione in abito pelegrino, subito che vede alcun'opra, abbaia alla fama dell'autore e se puote anco morsicare, si ciba a crepa pancia. Avete con voi una serpe, oh mia carta, difendetevi. Se perderanno per fortuna il rispetto al grave che tenete, fischiate ed adoperate la serpe ch'avete e profittatevi dell'esser picaresco che in voi risiede e dell'esser io una picara; e se pur perfidiosamente vi perseguitaranno, mordete allegramente, che i denti non sono stati fatti per metter serviziali. Solo vi chiedo che se capiterà quivi Perez di Gusmano il buono, vi rendiate alla di lui grandezza accompagnata all'illustre sua intenzione ed al nobile procedere, che né per chiamarsi Perez terrà pigrizia nel farvi del bene, né per essere Gusmano le sarà nuovo l'usar cortesia. {Si sottomette l'autore al giudizio altrui e di chi.} Generalmente poi voglio che vi sottoponiate e soggettiate ad ogni nobile lettore che con bontà volgerà gli occhi a' vostri sani consegli vestiti con un zaino di burle e grazie picaresche, che finalmente avete con voi la serpe ed è vostro officio l'andar col petto per terra.

Señor don papel: como digo de mi cuento, si alguno de estos hombriperros o perrihombres os saliere a cantar por delante y a morder por detrás, no tengáis pena, que, teniendo culebrilla, con los que os ladraren, jugaréis de diente, y con los que os cantaren con lisonja o sin lisonja, haréis lo que la culebra, cosiendo el un oído con el suelo de humildad y el otro con la cola de despedida.

El ignorante vulgo es de casta de perro de aldea, que halaga al saphio mal vestido, y ladra y muerde al caballero bien ataviado que pasa de camino, no teniendo otra causa mal acierto que su natural ignorancia y el no tener trato ordinario con los de hábito semejante. Así el vulgo ignorante, como no conoce ni sabe qué cosa es una discreción en hábito peregrino, a vulto ladra a la fama del autor, y aun si puede morder, se ceba asaz.

Culebra tenéis, papel mío; defendeos. Si a lo grave que tenéis os perdieren el respecto, silbades, y aprovechaos de que tenéis culebra, y tenéis de pícaro lo que yo de pícara. Y si prohidiaren, morded, que los dientes no se hicieron para echar melecinas. Sólo os pido que si llegare un Pérez de Guzmán el Bueno, os rindáis a su grandeza, acompañada de su hidalga intención y noble proceder, que ni por Pérez tendrá pereza en haceros bien, ni por Guzmán le será nuevo el usar de cortesía. Y generalmente quiero que os rindáis y sujetéis al noble lector que con bondad pasare los ojos por vuestros sanos consejos, vestidos con el zurrón de chistes y gracias picarescas, que, en fin, tenéis culebra, y es vuestro oficio andar pecho por tierra.

Orsù, mal o bene preparata ch'io sia, ormai prendo la carta senza timore ed ho le dita senza macchia e la penna senza pelo. Sono di già posta in atto di scriver, né mi manca altro, se non che ancor voi signor calamaio v'insuperbiste in maniera che fosse di mestieri far altrettanti scongiuri quanti finora fatto abbiamo. {Sofferenza di chi sia propria.} Pure mi fido più che mediocremente in voi, perché essendo proprio de' cornuti la sofferenza ed essendo voi di puro corno (sia detto senza ingiuria) sarete forzato a sofferire che le stoccate della mia penna vi cavino inchiostro invece di sangue; nel che abbiate tanta pazienza quanta suole avere una pignata da sanguinacci, nella quale, come dice Cisnero, si deve grandemente ponderare che sebbene è combattuta ordinariamente da mescole di ferro, non però giamai si rompe, né scoppia, né si sparse gocciola, non altrimente che se tali pentole fossero incantate. Lasciatemi scrivere che ho tutto apprestato e comincia ora l'istoria.

 

Ahora bien, mal o bien preparado, ya tengo papel sin temor, dedo sin mancha y pluma sin pelos. Puesta estoy a figura para escribir. No me faltaba sino que vos, señor tintero, os entonásedes y hubiésemos menester haceros otros tantos conjuros. Mas yo os fío que, siendo tan proprio de cornudos el sufrir, siendo vos de puro cuerno, por bien lo nombremos, forzoso será que sufráis estocadas de pluma que os saquen sangre tinta, y tengáis tanta paciencia cuanta suele tener una olla de mondonguera o malcocinada, en la cual, según decía Cisneros, es mucho de ponderar que, aunque tan de ordinario es combatida de esmerilazos de cuchar herrera, jamás quebró, ni estalló, ni hendió por los lados más que si las tales ollas fueran encantadas.

¡Agua va! Desvíense, que lo tengo todo a punto, y va de historia.

 

Moralità

 

La vera sapienza è una luce che non solo manifesta e scuopre il suo oggetto, ma insieme communica se stessa a chi la possiede in maniera che non v'è alcuno che sappi ciò che sa o che non sa più di quello in cui è riposta la scienza; e per il contrario la prima ignoranza che ha l'ignorante, è il non sapere d'esser tale. Quindi con ragione l'autore dipinge questa donnicciuola tanto vana e fastosa per quatro gieroglifici che letto aveva in alcun libretto; raccontati da lei, mentre si seccavan i panni o che le portavano il quartiero da misurar l'orzo che le pare che non via sia savio della Grecia che non debba cedere o uomo che non invidi la di lei dottrinam ed eloquenza.      

 

 

 

 

 

 

Aprovechamiento

 

La verdadera sabiduría es luz que no sólo descubre su objecto, pero a sí misma se manifiesta a quien la posee, de manera que nadie hay que mejor sepa lo que sabe o lo que ignora que aquel en quien la sciencia está. Y, por el contrario, el ignorante la primera ignorancia que tiene es de que es ignorante. De aquí es que con razón pinta el author esta mujercilla tan hueca de cuatro jiroblíficos que leyó en cualque romancero, en el entretanto que se le secaban los paños o traían el medio para medir cebada, que le parece que no hay sabio de Grecia a quien no la gane, ni hombre que no envidie su sabiduría y elocuencia.