Libro II, capitolo II (edizione complanare)
   
   


Della sfacciataggine guidonesca schernita
Capitolo Secondo
 

DELLA TRATTENITRICE AVVEDUTA
 
 


Capítulo segundo
 
De la bigornia burlada
 
Número primero
 
De la entretenedora astuta
 

Rima doppia spagnuola

 

Después que la carretta(1) apresurada

quedó enboscada(2), y lejos de la gente,

la Bigornia insolente, alborozada

saltó en una llanada, y su regente

quedó muy prepotente en la enboscada.

Viose Justina apretada, y de repente

pensó tan conveniente modo y traza

que el carro le servió(3) de red de caza.

 

Un grande ammiraglio de' picari credendo trapolare la picara Giustina, rimase egli da lei trapolato. Num. I.

 

Rima doble

 

Después que la carreta apresurada

Quedó emboscada y lejos de la gente,

La Bigornia insolente alborozada

Saltó en una llanada, y su regente

Quedó muy prepotente en la emboscada.

Vióse Justina apretada, y de repente

Pensó tan conveniente modo y traza,

Que el carro le sirvió de red de caza.

 

{Descrive la velocità ed il modo col quale fu menata via.} Doppo ch'io mi partii o per meglio dire, che mi condussero per mare in carretta, anzi in seggiola per l'aria con molta mia soavità e delicatezza, come s'io fussi stata in un guazzettino o potacchio di fegatelli, con piedi, budella e durelli di polli; nel che tanto più godevo, perché la notte aveva posto al sole la maschera, accioché la polvere o la neve non offendesse la mia bella faccia e ch'io prendendo riposo e dormendo, mi trasferissi come soldato di ronda o birro di guardia a visitare gli antipodi, lasciando a Delio il carico di luogotenente, {Dove si fermarono con la carretta.} si fermarono in una pianura che quivi poco innanzi si trovava, in faccia di un bosco che a noi serviva di trincera e d'imboscata.

Después que salí, o, por mejor decir, me llevaron por mar en carreta, metida como carne de pepitoria entre cabezas y pies, y ya después que la noche puso al sol el papahígo para que, o durmiese, o fuese de ronda a visitar los antípodas, dejando a Delio su tenencia, pararon en una llanada que estaba poco más adelante de un bosque que les servía de trinchea y emboscada.

Nel fermarsi, io sentei abbondantemente a piovere una voce che diceva: sta, sta, sta, sta sopra la mula; sicché a ciascuno s'amulì l'animo e s'immulirono i corpi loro, perloché io temevo molto che verso di me non rivolgessero gli sta, sta, sta della mula, con il duro delle loro persone. In questo punto comparve la insolente sfacciataggine guidonesca che altri direbbe uomini sfrenati, vagabondi o smargiassi, quasi tenaglia grossa da fabbro, con strepito, romore e fracasso o come Mori ch'escono strepitando e gridando dall'imboscata e tutti ad una voce dicendo: - Viva, viva la virtuosa Giustina, gran segretaria del signor cavaliero don Pietro Grullo, che poi s'appellò don ravaniglio di alfarace ammiraglio del Perù e primo luogotenente di don Cocumero di Siviglia. Et per più riscaldarmi ed infuocarmi col signor don Ravaniglio Grullo mi lasciarono con lui.

Al parar, vieras llover tanto del jo sobre las mulas, que se te amulara el alma. ¡Dolor de quien temía que querían desquitar los jos de la mula con los artes de su persona! Tras esto, saltó en la llanada la insolente Bigornia con gran alborozo y algazara, diciendo todos: -¡Víctor la secretaria del señor obispo!

Y para aperdigarme para el oficio, me dejaron sola con el obispote.

{Giustina resta sola con don Ravaniglio e qual ella fosse in quel punto.} Veggasi in che positura lasciarono una povera giovane di diciotto anni, ch'era fanciulla semplice, tutta buona, senza veruna malizia (e quella poca ch'ella aveva, l'aveva in corpo) e che giamai si vidde in steccato tale. Mi tremavano le carni e mi bolliva il sangue di paura ed erano i miei timori comem tremoli di bandiera in tempo di combattere: e veggendomi egli tutta rosseggiante per la timidità, si trattenne in sé e dissemi:

- Signora Giustina, di che temete? Non sono io qui con voi? Non sete voi qui meco? Non temete, che qui sta tutta la forza della gran bravura castigliana che fa tremare il mondo tutto dall'uno all'altro polo. Non conoscete il vostro don Ravaniglio Grullo d'Alfarache sivigliano? Deponete il timore e convertitelo in ardor d'amore, che qui avete persona che vi dona il cuore.

Miren qué aliño para una pobre dieciochena, que era niña y manceba y nunca en tal se vio. Temblábanme las carnes de miedo, y aunque para él eran mis temores trémoles de bandera en coyuntura de asalto, con todo eso, se detuvo y dijo:

-Justina, ¿de qué temes? ¿Aquí no estoy yo? ¿No estás conmigo?

Ahimè, lettore gentile, mira con chi sono e se io posso consolarmi col sentirmi dire: non sono io qui con voi? {A persona graduata non si convengono le leggierezze.} A persona di carico e di governo ciò non istà bene, non certo, né per il buono essempio si conviene. Un governatore di popoli mettersi in così periglioso scandalo? È pur vero che dal capo putisce il pesce; e che un neo nella faccia di un grande, è macchia non piccola e tanto più è apparente e mostruosa, quanto ch'ella è in persona qualificata. Ma io ero in quel punto qual sorice nelle zampe del gatto o qual coniglio in bocca al lupo; io ero nelle mani del maggiordomo di don Sanchio, capitano di tutta la vigliaccheria, perché chiunque dà cattivo essempio, se li può veramente dire che un tal uomo sia luogotenente generale di tutti i picari vigliacchi. Amico mio, vuoi tu titolo onorato? Vivi ed opera onorata e virtuosamente e da un vero e vecchio cristiano.

¡Ay, hermano letor, mira con quién, para consolarme con decir: no estás conmigo! ¡Qué Faltiel para Muchol! ¡Qué Absalón en guarda de Tamar, sino un obispo de la Bigornia y capataz de la bellacada!

Imperò, ben si dice, che il frangente e strettezza, nella quale si riduce un uomo qualificato, è la ruota sopra la quale si raccoglie e rivolge il sottil filo dell'onore: così io povera e tremante Giustina veggendomi in questo ristretto di Magaglianes, incomincia a dare nel punto di tutte le difficoltadi ed il primo nel quale io mi rivolsi, fu il trattenere con gentil avvedutezza tutta quella notte il signor sivigliano, accioché non corresse la carriera de' suoi gusti in pregiudizio e danno mio, con tutto ch'egli si credesse di poter saldare e finire i conti e d'essere padrone di dentro e di fuori del mio corpo; ma nel moltiplicare, summare e sottrare de' numeri non gli tornò il conto.

Pero bien dicen que la apretura y estrecheza en que se ve un entendimiento es la rueda en que cobra filos, pues en viéndome en este nuevo estrecho de Magallanes, comencé a dar en el punto de la dificultad, y lo primero en que me resolví fue en entretener agudamente toda aquella noche el obispote, para que no corriesen sus gustos por mi cuenta, dado que él pensaba rematar cuentas del pie a la mano.

Giovommi molto il mio vivace ingegno. Importa molto il conoscere il melo dal pesco, il merlo dagli stornelli, i bufali dalle oche e gli asini da' buoi. Ci vuole buon giudizio a saper mutare i piedi alle mosche e gli occhi alle gatte: ma il mio signor don Ravaniglio grullo, ancorché in alti affari non poco valesse, ne' negozi con damigelle era più grosso che il brodo di macheroni. Io le sono molto obligata che per cagione della sua melensa castroneria il mio corpo rimase imbalsamato e libero da corruzione e dal potere di quella dura e soda fantasima Grulla Ravanigliesca e dall'incendioso fuoco che già mi teneva a poco a poco arrostita e poco men che cotta da lasciarmi mangiare e ingiottirmi tutta tutta. Nulladimeno non ci perdei, perché chiunque acquista riputazione, acquista robba; ella mi valse da' tre a' quattro, che (come vedrai) le spoglie della mia vittoria furono cappe, cappelli, legaccie e cintole si seta e molte altre cose con che averei potuto metter in campagna, incappellati, legati, cinti, incappati ed inferaruolati, altri otto studenti della buona lega; e così grandi vigliacchi com'erano questi, che pensarono in così breve tempo di dare alla costante e incorrotta Giustina il titolo e sopranome di Barca Rotta.

Valióme mi ingenio; a él le doy gracias, que por su industria embalsamé mi cuerpo y le libré de corrupción y del poder de aquella fantasma eclesiástíca y del incendio que ya me tenía tan socarrada como socarretada. Demás de que mi ganancia no fue de las de tres al cuarto, pues, como verás, de los despojos de mi victoria quedé tan aforrada de capas, sombreros, ligas, ceñidores etc., que pudiera poner en campaña sombrerados, ligados, ceñidos y capados otros ocho capigorrones tan grandes bellacos como éstos, que quisieron en tan breve tiempo dar a la enterísima Justina el ditado de Barca Rota.

Veggano il modo e la maniera mia di procedere con simile gentaglia, che altro non hanno che il vagliame Dios; perché gli hidalghi sono e procedono da hidalghi, mirino con attenzione la vittoria conquistata da una invincibile principiante, che ancora non ha fatto professione nelle scuole del mondo, non con più soldatesca, che con la sua avveduta imaginazione, né con più forze che con le sue traccie e stratagemi improvisi e con sì nobile maniera che forse, se alcune le porranno in uso, conservaranno il loro buon nome ed aummentaranno la loro buona fama.

Oyan, pues, mi traza; escuchen la victoria alcanzada de una invencible novicia, no con más soldados que sus pensamientos ni con más fuerza que sus trazas, y con tan buen modo, que quizá si algunas le usaran, sonaran menos sus voces y más su fama.

Il mio don Grullo Ravaniglio ardeva ed abbruciava ed il suo ardore ed abbruciamento punto non consumava me: in quella guisa appunto, che avvenne al gran duca Francesco Sforza duca di Milano, principe illustrissimo ed egregio del suo tempo, il quale in quell'età fu essempio singolare di leale continenza e notabilissimo essempio di peregrine virtù(4).

{Avvertimento notabile.} Essendo egli Capitano Generale de' Fiorentini ed avendo preso per forza il Castello di Casanuova, successe che alcuni soldati conducevano prigioniera una graziosissima donna, la quale stridendo a piena bocca gridava ch'ella fusse condotta alla presenza del Capitano Generale. Collà fu condotta e chiedendole Francesco Sforza perché ella avesse bramato con tanta ansietà d'esser alla sua presenza appresentata, con ogni umile riverenza li rispose: non ad altro fine che per compiacere alla volontà sua, purch'ella fusse preservata e da lui salvata dalla sfrenata ingiuria de' soldati.

Francesco Sforza, veggendo in lei qualitadi più che peregrine e scorgendola nel fiore della sua giovanezza, condizioni qualificate e singolari, giudicò che conveniva dare l'assalto a questa fortezza, perché d'ogni buon boccone la gola è pelosa(5) e far con essa vita dolce e consolar l'appetito e star quanto più si può sulle gentilezze e caricare l'orza, accioché la barca velleggiasse con più prestezza e meglio. Insomma la condusse a dormir seco quella notte: dove volendo accostarsele ed accarezzarla, la bile gentildonna, tutta colma di lagrime e con quel più lagrimante e riverente affetto ch'ella puote, si rivoltò ad una imagine della Madre di Dio ch'era attaccata a capo della lettiera, alla quale lo Sforza portava singolar riverenza ed umile divozione e singhiozzando a piene lagrime disse:

 

- Signore, io vi supplico che per amore di quella santissima vergine e madre di Dio e per quel rispetto ch'è pubblica fama che voi portate a ciascuna onorata donna, che non mi vogliate torre l'onor mio e la virginità mia, donata conforme alla legge di Dio e di Santa Chiesa al marito mio, il quale si ritrova prigione con gli altri prigionieri.

E quindi isfogando e sboccando rivi di compassionevoli lagrime lo supplicò a non toccarla. {Atto generoso dello Sforza.} Tanto grande fu la misericordia d'Iddio, che infuse nel cuore del conte Francesco una tale continenza, che ancorché egli avesse in sua potestà, dentro del suo letto, donna così bella e qualificata ed ignuda, non osò però pure toccarla; anzi subito saltò fuori dal letto e disse: madonna riposatevi, ch'io riposerò altrove.

Giunta la mattina si fece venir innanzi il marito di quella bella giovane, la quale a lui publicamente restituì, certificandolo, ch'era stata custodita con tutti quegli onori e rispetti che a matrona d'onore si conviene e come se sorella le fusse stata e soggiunse che all'uno ed all'altro, donava libertà: onde egli in un medesimo tempo, non solamente imitò Scipione, ma ancora lo trapassò, per esser giunto in una età molto più viziosa e corrotta. Aggiungendovisi massimamente questo: che sendo quella di nobile sangue e vivendo Scipione in città libera, {Il Sforza fece atto più notabile che non fu quello di Scipione e perché.} sarebbe egli stato punito d'aver tolto l'onore a fanciulla tale, di ciò potea ragionevolmente dubitare. Ma nel Sforza non v'era cosa alcuna che quando avesse egli voluto, senza verun sospetto poteva sodisfare al suo appetito.

Ma io con le mie accortezze e meno parole e più fatti, mi seppi liberare da' lacci libidinosi del Ravanigliano, che certissimo non averebbe imitato né Scipione, né lo Sforza, se avesse potuto usar verso di me la sua forza; ma non valse il suo ardente potere ove la virtù superò la forza e perciò nel fine ne rimase non con Dio, ma col diavolo(6).

Subito dunque ch'io mi viddi sola e posta nel seno della mia carretta e tutta fiacca ritrovandomi, con una mano sostenevo come con un puntello il mio corpo o come palo suole sostentar la vite, che carica del frutto sta per cadersi; comperai una libra di certi aromati, per darmi in preda al pianto, all'affanno ed al dolore e con questi composti, talmente mi ritrovai intenerita che mi diedi in poter del pianto e percuotendomi la faccia, divenni più rosseggiante del sole: onde il pianto e 'l rossore uniti insieme rendevano la mia faccia di tal maniera, che averei impaurito il tremebondo Almanzor re de' Mori, s'egli fusse stato sulla carretta e con tuonante e chiara voce così parlai: {Parole di Giustina a don Ravaniglio.}

Luego que me vi a solas con este sireno de carreta y vi que con la una mano me tenía echado un puntal al cuerpo, como hacen al árbol cuya fruta está a pique de caerse, compré una libra de Roldán por dos arrobas de dolor de estómago, y con ella desleída en lágrimas, jalbegué mi cara, la cual quedó tan arroldanada, que hiciera temer al mismo Almanzor si estuviera en la carreta, y con buen tono, fablé así:

- Ahi vigliaccone, ahi don Picarone di buona marca, di fina lega, certo che non avete ben misurato i punti dell'umore ch'io calcio. Non avete penetrato a conoscere il mio genio, che per ben conoscerlo, ancorché fuste Belzebù, non sareste sufficiente ad ispiare il mio intrinseco. Amansi insieme il trottare ed il trattare; ma il modo, che ora usate meco, è da usarsi con quelli che non conoscono un pulice da un cane e non sanno quanti para(7) siano tre buoi, menando la mano uguale tanto a grandi, come a mezani e piccioli. Con pari mie non avete da trattare in questa maniera, perché non mi sento così goffa che non sappi fare d'una mano un pugno e d'una faccia quattro e sei, secondo che mi bisogna; ed in caso di visita so ben dar al picciolo del signore, al mezano dell'illustre, a' maggiori dell'illustrissimo, dell'eccellenza, dell'altezza e più alto se fa di mestieri, senza punto abbandonarli di vista.

-Ea, picarón de sobremarca, obispo de trasgos y trasgo de obispos; él no debe de haber medido los puntos del humor que calzo, no me ha pergeniado, que a pergeniarme bien aún fuera Bercebú. Amanse el trote y el trato, que el que por ahora usa es para motolitas que no saben de carro y toda broza, que las de mi calimbo saben hacer de una cara, dos, y en caso de visita, saben dar a un obispo cardenales que le acompañen sin perderle de vista.

Quando il furbachione ammiraglio Grullo udì ch'io le parlavo come s'io fussi ad una finestra e vide che m'ero posta in maestà e che non lo secondavo nel suo picante o peccante umore, ne sentì un poco disgusto interno, sebbene nell'esteriore non lo dimostrava, vedendo che non potea ultimare gli suoi fini e finire questa lite con sentenza a suo favore, in così breve tempo com'egli credea. Tuttavia il gagliofone avea speranza di vittoria ed allegro se ne stava come uccellino che va cantando, tenendo per fermo d'aver trovato scarpa per porvi dentro la sua forma. Ma quando finalmente udì da me in buon tenore, che la mia scarpa, ch'era morbida, bella e fatta all'italiana(8), la serbavo per me e che a niuno volevo prestarla, si disfecero i bei visi, le carezze andarono in fumo e mirandomi con altri occhi, con meno rispetto e manco vergogna, disse: {Ragionamento di don ravaniglio a Giustina.}

Como el bellacón oyó que yo le hablaba a lo de venta y monte, y que yo había tomado el adobo de la lampa que él practicaba en parte le pesó, por ver que no podía sentenciarse de remate su pleito en tan breve término como él pensaba, y en parte se le alegró la pajarilla, viendo que había encontrado horma de su zapato. Con esto, deshizo la mamona, y mirándome de otra guisa, con más respecto y menos vergüenza, me dijo:

- Picarona, adesso m'avete da rispondere pel verso e per il diritto, che io bramo ed intendo, altrimente dimattina farovi una disciplina, che restarete supina nella carretta. Per mia fé, vogliate o non, che uniremo la vostra con la mia volontà, bella filatoia al discoperto, così conviene e si ricerca che facciate nella mia casa e vi sarà ciò di non poco profitto; e vi do parola, che per le buone qualitadi che ho iscoperto in voi, voglio procurare che siate eletta per ammiraglia del picaresimo. Ditemi faccia che non ha viso e viso che non ha faccia, poiché già la mia sentenza è data contra di voi, guardate se vi è appelazione per poter allegare o supplicare, altrimente pigliarà la possessione che trovò la esecuzione.

-Picarona, si es que me había de responder al uso de la mandilandinga, hablara yo para la mañana de San Junco. Por Dios, que me encaja. Hermosa hilaza ha descubierto. Así la quieren en su casa y así será de provecho, y yo la doy palabra que, por las buenas partes que ha descubierto, la he de hacer obispa de la Picaranzona. Dígame, rostro, atento que mi sentencia está dada contra ella, la cual sentencia es la suprema por ser dada en consejo de Rota, mire si tiene que alegar o suplicar, porque donde no, tomará la posesión quien trabó la ejecución.

Quando mi sentei toccar nel vivo, mi ravivai ardentemente tutta e stridendo co' denti e gettando fiammeggianti scintille dal naso, dalle orecchie e dagli occhi gli risposi: {Risposta di Giustina.}

Como me quiso tocar en lo vivo, avivé y, rechinando como centella, le respondí:

- Questo no, babbo picarone, per non dirvi signor vigliacone (e tutto ad un tempo diedegli un buon boffettone) della sentenzia io m'appello: o almeno supplico la tua insolenza, che ella sia trasferita dal tribunale della tua giustizia a quello della tua clemenza.

Ditemi di grazia, vi pare che la mia integrità, custodita per lo spazio di diciotto anni, sia bene ch'ella si consummi a fumo morto e rimanghi qui tra due tavole della carretta, come s'io fussi un fogliaccio di libraccio vecchio, che non serve ad altro che a cose da niente, sporche, brutte e di mal odore e che pure, se viene abbruciato, il vento se lo porta in aria? Non voglio allegar in mia difesa le leggi de' Gentili, che davano alle giovani donne tempo e termine da piangere la verginità, ma già che ciò non volete fare poiché siete il principale della nobiltà picaresca non vogliate almeno permettere che in un paese tale e tra cristiani vecchi e nuovi rimanghi estinta e muora affatto una tale e tanta integrità così di subito.

-Eso no. ¡Tate, señor picarón!- y dile un muy buen golpe en los dedos. Yo apelo, a lo menos, suplico del tribunal de su injusticia al de su clemencia. Pero no; aguarde; oya, oyámonos. Escuche escuche. Dígame, muy infame, ¿parécele que mi entereza, guardada por espacio de dieciocho años, que tantos hago a las primeras yerbas es bien que se consuma a humo muerto y se quede aquí entre dos costeras de carro, como si fuera hoja seca de carrasco viejo, que después de vendida la leña se queda en la lastre de la carreta? No quiero alegar en mi abono las leyes gentílicas que dan término para llorar la virginidad, pero a lo menos, no permita que entre cristianos muera una entereza tan de súpito.

Ditemi qual picaro di ospitale si trova mai, che spiri l'anima sua senza lume. E voi volete che qui niente ne abbiamo? Con strepito di campane accompagnati sono ed onorati i morti e qui ora non udiamo se non disonori che ci accompagnino? Li più indegni ed empi sono sepolti nella oscurità della notte, ma la mia virginità non essendo di tal condizione, non voglio, né intendo, che se le dia sepoltura sopra una carretta, senza lumi e quel ch'è peggio senza coperta alcuna.

Dígame, ¿qué pícaro de hospital muere sin más luz que ahora tenemos, sin más ruido de campanas que el que ahora nos acompaña? Los descomulgados van a la sepultura a lo sordo, pero, pues no lo está mi entereza, no quiera que tan sin solemnidad se le dé sepultura de carreta a cencerros atapados. Y cuando yo y mi entereza hubiéramos incurrido en descomunión alguna por delictos, que nunca faltan, para eso es el obispo, para absolverme dellos y dar orden que mi entereza sea honrosamente sepultada.

Signor ammiraglio sapete quello che avete da fare? Sapete quello ch'io vi voglio comandare? Che posciaché di vostra propria volontà mi avete eletta ammiraglia, cosa giusta è che vicendevolmente comandiamo, chiamate la camerata, accioché almeno alla presenza di così bella compagnia beviamo in cerchio all'uso della nobiltà di montagna e specialmente della mia villa e dinanzi all'insigne picaresca guidoneria si faccia un festino ed a me si lascino fare quattro paia di balletti, con i miei gesti ed atti più gustosi della fessagna, accioché si vegga che mi duole il decapitar un pulcino che ha tanti anni e che si nudrì ed allevò per la tavola del signor ammiraglio.

¿Sabe lo que ha de hacer? ¿Sabe lo que quiero mandarle? Que pues yo soy obispa, justo es mandemos a veces, que llame la camarada y, por lo menos, de antemano bebamos la corrobla, como dicen los montañeses de mi tierra, y delante de la insigne Bigornia se ordene un festín, y me deje hacer cuatro pares de melindres, siquiera porque vean que me duele el degollar un pollo que ha tantos años que crío par, su mesa episcopal.

Et similmente sappia il mio signor amiraglio don Azemilo (che tanto val a dire mulo da soma) ch'io stimo e pregio molto, che mi diate parola, che quando eserciterò il mio onorato carico di ammiraglia, mi sia dato da bere (che quanto al mangiare, già so ch'è un domandare pera al lupo, perché so che mai ne averete né per voi, né per me, se non mangiassimo delle zucche o cocuzze, ch'è la magior rendita che abbia il vostro gran magistrato dell'ammiragliato e ch'è entrata più certa che sia in tutta la Castiglia) se questo partito le piace, consento; se non, camini e corra: dico che camini e corra la carretta, che se per forza va, ella sa che le donne sanno presto mutar gli gusti in disgusti e che val più un poco di catrato in pace, che un capone in guerra e chi la pace non vuole, abbia la guerra. Mi creda, ch'io le dico la verità.

Y también sepa, señor don Acémilo, que me estimo y quiero que delante dellos me dé palabra, aunque no sea sino por bien parecer, que cuando sea cura me dará de beber, que lo que es de comer, ya sé que es pedir peras al lobo, pues no lo ha de tener jamás, ni para sí ni para mí, si no es que comamos las calabazas que tiene de renta, pagadas por mano de obispo cada cuatro témporas un tercio, sin algunos que están caídos, que es la renta más cierta que hay en Castilla. Y si esto le está muy a cuento, consiento; si no, pique. Digo, pique el carro, que si por fuerza va, ya sabe que las mujeres sabemos malograr los gustos. Más vale carnero en paz, que no pollo con agraz, créame. Amén, que le digo la verdad.

{Cosa forzata non è mai buona.} Persona sforzata, ancorché serva in galera, è cosa cattiva, per esser ufficio odioso quello del far fare cosa per forza: sebbene spesso si fa per forza quello che si niega per cortesia, ma cosa fatta per forza, non vale una scorza.

Come potrà una forzata a servire far grazie e favori, sendo ciò ufficio di gente volontaria e libera?

Persona forzada, aun para servir en galera es mala, con ser oficio aquel de por fuerza, ¿cuánto menos podrá una forzada servir de hacer favores, siendo oficio de gente voluntaria y gustosa?

E se queste ragioni non vi contentano, chiamate a consiglio e vedrete ed udirete quello che diranno sopra questo usar la forza(9).

Y si esta razón no le contenta, llame a consejo y verá lo que le dicen sobre esto de las fuerzas.

Créanme o no me crean, sabe Dios que en esta ocasión me encomendé con todo corazón a Santa Lucía, de quien dicen que es abogada de los que la invocan en peligros semejantes. Vayan conmigo: mi intento era apellidar por compañía para dar largas con untura de almacén y entretener el tiempo, aunque el motolito, con toda su Bigornia en el cuerpo, creyó que el llamar compañía era para hacerle la salsa al plato o para tañer de mancomún al conjuro de la bruja que decía: "Allá vayas, piedra, do la virginidad se destierra."

{Ottone IV imperatore e sua generosa azione.} Et voglio che sappiate che Ottone IV, imperatore essendo in Italia nella città di Fiorenza, tra molte bellissime e nobilissime gentildonne che s'erano radunate a una festa, una ne vide che oltre a modo le piacque: e lodolla grandemente, il che udendo il padre di lei, che quivi era, si offerse all'imperatore che s'ella pur tanto gli piaceva, egli averebbe fatto che sua maestà l'avrebbe baciata.

Ciò vedendo la figliuola, rispose che non occorreva ch'egli facesse questa offerta, perch'essa giamai si avrebbe lasciata baciare, se non da chi fusse stato suo marito. Piacque tanto quel atto all'imperatore, che si recò a vergogna non usar cortesia a così nobile donzella sdegnando di usar la forza, come volete far voi: onde perciò la diede in moglie ad un nobilissimo cavagliere e donò loro in dote la contea del Casentino in quel d'Arezzo.

Questo veramente fu un atto nobile e generoso e un tale ne vorrei veder in voi; o seppur non volete far tanto, concedetemi almeno ch'io perda il mio onore senza esser prima onorata da vostri compagni e salutata futura ammiraglia al suono di brindisi(10).

Udito il mio parlare il cavaliero, volendo mostrare di desiderar il mio gusto, ristrinse il suo dentro al corpo e si determinò di chiamar la camerata per far il funerale alla mia virginità. Mio intento era di farle chiamar gli compagni per farle passar quei furori e per dar destramente tempo al tempo: ma egli credo che s'imaginasse che ciò facessi per condire gli suoi gusti con una saporita salsa. O quanto s'ingannava!

Quando io viddi che il mio ammiraglio suspese il suo desio e che se non palesemente, almeno copertamente contracambiava al mio volere e viddi che il gentil gusto ed il piacevole zefiro delle mie dolci e graziose parole, piagavano il suo cuore ed inalboravano l'arbore della sua nave a veleggiare e che attento e ammirato mi mirava e con espressi e significanti segni e cenni approvava il mio detto, anzi il mio conseglio e cassava il suo e di tutto punto dirizzava questo negozio nel suo cuore conforme alla tariffa della mia intenzione e richiesta; subito ebbi per tanto stabilito il mio volere, quanto perlevato affatto ogni suo pensiero.

Cuando yo vi que mi obispete suspendía el auto y me oía de aután, y vi que el gustosillo y blando céfiro de mis regaladas y airosas palabras borneaban su cabeza de porra de llaves y su cuello de tarasca, y hacía ademanes de aprobar mi consejo y llevar este negocio de gobierno conforme al arancel de mi petición, luego di por tan hechas mis chazas como sus faltas.

{Ali dell'aquila e loro proprietà.} Si dice che quando alle ali di qualsisia uccello di rapina si congiungono quelle dell'aquila, con il potere e virtù di quelle dell'aquila si vanno pelando e distrugendo quelle degli altri uccelli ed animali specialmente quelle della grue e della feroce pantera.

Così né più, né meno veggendo io che l'ali de' desegni di questo uccellaccio di rapina si congiungevano con quelle del mio pensiero (ch'erano ali d'aquila sublime e regina di tutte le picare) tenni per certo di scemare il suo intento e distruggere li startagemi de' suoi vani desideri con la mia astuzia: e specialmente mi fece grande animo il vedere ch'aveva smarrita e perduta la prima occasione, {Non bisogna perder la prima occasione.} perché è regola certa ed infallibile, che chi perde il primo punto, perde molto; e che per un chiodo si perde un ferro da cavallo e per un ferro si guasta e ruvina un cavallo e per un cavallo si scompiglia e perde un cavagliero; e che il sarto che non fa il groppo, perde il punto; e che si perde molto per esser stolto; ed insomma il perdere fa cattivo sangue, così il vincere fa sempre lodabil cosa, ma molto maggiore è il vincere se stesso. Ciò ebbi per buon pronostico e conobbi che il vento era in mio favore, avendo veduto che'egli aveva perduto il suo primo punto: ben lo sa chiunque giuoca alla bassetta, giuoco invero da esser fuggito e bandito, più che non sono gli archibugetti nel veneziano.

Dicen que cuando las alas de cualquier ave de rapiña se juntan a las del águila, con el poder y virtud de las del águila, se van pelando y consumiendo las de las otras aves en especial las de las pantheras y las grullas. Así, ni más ni menos, viendo yo que las trazas avechucho y grullo, que así se llamaba, se juntaban con las mías, tuve por cierto el apocar sus intentos y destruir sus estratagemas con mis astucias. En especial me animó el ver que había perdido la primera ocasión, porque es regla cierta que, quien pierde el primer punto, pierde mucho, y no tuve mejor pronóstico de que la fortuna estaba en mi favor, que el ver que se le había escapado el primer lance de fortuna.

{Favola dell'amore e dell'occasione.} Ricordomi a questo proposito di un bello e gentil pensiero di un poeta, che finse che amore andò un giorno a caccia, conducendo in sua compagnia il conseglio. Fu sua buona ventura e valse molto.

Era il disegno dell'amore dar la caccia ad una fiera chiamata la buona occasione. caminando con diligenza per ispiare le vestigie di così gustosa caccia, giunsero ad un folto monte, nella cima della cui altezza e sopra d'una precipitosa rupe v'era l'occasione tutta ritirata e racolta in se stessa.

Acuérdome de un galán pensamiento de un poeta que fingió que el Amor salió un día a caza llevando en su compañía al Consejo. Era el desiño del Amor cazar una fiera llamada Buena Ocasión. Yendo, pues en prosecución de tan gustosa caza, llegaron a un espeso monte en el cual estaba la Ocasión encovada en el cabezo de un alto y casi inaccesible risco.

Subito che l'amore vide la desiata preda, addimandò aiuto al conseglio. Aiutollo. Giunsero al luogo con tanta leggierezza ed astuzia, che il conseglio gli diede la occasione nelle mani, così che l'amore la puote pigliare. Poi che l'amore ebbe la preda in suo potere voltossi a quella parte dove stava il conseglio suo compagno e dissegli:

Luego que el Amor vio la presa deseada, pidió ayuda al Consejo. Ayudóle. Llegaron al puesto tan ligera y astutamente, que el Consejo le puso la Ocasión en las manos, de modo que el Amor la pudo asir. Ya que el Amor tuvo la presa en las manos, volvió el rostro hacia donde estaba su compañero el Consejo, y díjole muy de espacio:

- Amico fate portar qui una gabbia, che porremo in sicuro l'occasione e viva conservandola, la portaremo con noi per non faticarci più tanto, come ora abbiamo fatto in cercarla. Mentre l'amore voltò la faccia ed il corpo per dire queste poche parole al conseglio, se ne fuggì l'occasione a tutta briglia, lasciando l'amore burlato o disonorato.

Querelossi l'amore del poco aiuto del conseglio, il quale rispondendoli gli disse:

-Amigo, haced traer una jaula en que enjaulemos y llevemos viva la Ocasión, que tan perdidos nos ha traído.

Mientras el Amor volvió el rostro y cuerpo a decir estas razones al Consejo, huyó la Ocasión a vuelta de cabeza, y dejó al Amor burlado y aun afrentado. Quejóse el Amor de la poca ayuda del Consejo, mas el Consejo le respondió, diciendo:

- Amico amore, io non accompagno se non alla caccia e non aiuto ad imprigionare alcuno, sicché tua è la colpa, che avendo la preda nelle mani ed arme alla cintura non avevi più bisogno del mio aiuto. {Non s'ha da esser tardi nel pigliar l'occasione.} Non sai che mentre il cane piscia, la lepre se ne va? Bisogna pigliar le venture quando Iddio le manda. Quando il pesce viene a riva, chi nol piglia ei scappa via. Non sempre si dee aspettare la palla al balzo. Chi non fa quando può, non può far quando vuole.

-Amigo Amor, yo no acompaño más que hasta cazar, pero no hasta enjaular. Y así, tuya es la culpa, que teniendo la caza en la mano y armas en la cinta, no era necesaria mi ayuda.

Così con molto fondamento io rimasi consolata in vedere che l'ammiraglio si poneva con ansia a dimandar conseglio in tempo, ch'egli avea la preda e l'occasione nelle mani. Con le ragioni ch'io le dissi egli s'acquetò e si dimostrò ubbidientissimo a' miei comandamenti, più che se io fussi stata il re.

Así que, con mucho fundamento, me consoló el ver que se ponía a tomar consejo el obispo en el tiempo que tenía la ocasión en la mano.

Con las razones que le dije al obispote, puse su señoría de cera y más obediente a mi mandato que si yo fuera la papesa.

{Chiama li suoi compagni e come venissero. Simili.} Cercando poi di mettere in esecuzione li miei ordini, subito diede un fischio tuonante a guisa di cacciatore o di ladrone per chiamare o dar alcun segno che renda poco utile altrui; che dell'uno e dell'altro avea buon garbo, al cui zimbellante ciuffulare venne in aiuto la sua guidoneria, pensando ch'io avessi, come un ladrone, nascosto alcun furto o, come cacciatore, ucciso la mesta tortorella presa nella rete che eglino tesa lasciarono.

Queriendo, pues, poner en ejecución mis ordenanzas, dio un silbo como de cazador o ladrón, que todo lo era y de todo tenía gesto, y al reclamo acudió la Bigornia, pensando que ya había, como ladrón embolsado el hurto, y, como cazador, degollado a la pobre tortolilla cogida en la red que ellos dejaron armada.

Ovvero come gli soldati che dopo che veggono smantellare le muraglie, che già assediate avevano, sen'entrarono con strepito turchesco a pigliare il possesso della fortezza o città conquistata, gridando a piena voce: "Viva, viva, viva!" Così questi malvaggi picaroni, con voci e strepitosi stridi venivano dicendo: viva il signor ammiraglio del Perù con la sua picarante guidoneria! Ma un picarazzo o per meglio dire, un furbaccio, ch'aveva una voce asinina, disse, con un basso arrogante e temerario:

- Viva il signor ammiraglio rimediatore ed aiutatore delle povere orfane.

Y como los soldados, después que ven desmantelado el muro que han sitiado, se entran con algazara a tomar posesión del castillo conquistado, diciendo a voces: "¡Viva España y su rey!", así ellos, con voces y alaridos, venían diciendo:

-¡Viva el obispo y su Bigornia!

Y otro picarazo, que tenía una voz rocinable, dijo con un bajo temerario:

-¡Viva el señor obispo, remediador de huérfanas!

Io, ch'era più vigliacca di loro per guadagnarmi il loro volere, secondo il mio intento dissi con voce interotta: così è, così è, con un attitudine di vita molto attilata, accompagnata con scherzi e movimenti di corpo non dissimili da quelli che sogliono fare gli colombini quando stanno sopra il limitare d'una finestra. Usano tutti questi tratti per vestirmi del colore della caccia, il che fu cagione in buona parte, che la medesima carretta, ch'eglino avevano ordinato per il loro trionfo, a me servisse di vivaio per far buona pescaggione, come appresso ne' due seguenti numeri con molto tuo gusto intenderai.

Yo, por les ganar la boca para mis intentos, dije a bulto un amén, y tras él, dos de mudanzas con tres castañetas en seco en el poco sitio que me cabía en el carro, donde íbamos como palominos de venta. Usaba de todas estas trazas por vestirme del color de la caza, lo cual fue parte para que el mismo carro que ellos ordenaron para su triunfo, me sirviese a mí de vivar donde cazarlos, como más larga y gustosamente lo verás en los dos números que se siguen.

Questo, che io ho riferito, seguì tra due lumi, l'uno dell'estinguimento della notte e l'altro dell'apparimento dell'alba; ed in quel punto ridevo tra me stessa e tanto più, quanto più contemplavo la burla che io disegnavo di fare al signor ammiraglio o per meglio dire al signor don Villano.

 

Esto que he referido era entre dos luces, cuando se reía el alba, y tanto más se reía, cuanto más de cerca iba contemplando la burla que yo pensaba hacer al villadino o, por mejor decir, al villadino.

 

Moralità

 

Oltre che Dio permette che gli uomini grandi e posti in alta dignità non conseguiscano i loro gusti che nel pensiero han fabricato, ordina ancora e vuole, ch'eglino siano instrumenti delle angoscie e pene loro e carnefici della propria persona. Et siccome non v'è grano senza paglia, né vino senza feccia, né rosa senza spina, così non v'è guato senza disgusto, né allegrezza senza pianto, né riso senza doglia, né uomo senza difetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aprovechamiento

 

Permite Dios que el pecador no sólo no consiga los gustos que pretende con sus quimeras, pero ordena y quiere que ellas sean instrumentos de sus penas y verdugos de su persona.

 

 

 

 

 

 

DEL PAZZO E STOLTISSIMO
chiacchieramento sensuale
 
 
 


Número segundo
 
Del parlamento loco
 

Estancias de gonsonancia(11) doble en un mismo verso

 

Hizo sceptro de un garrote el viscote(12),

y a guisa del rey Mono, hizo su trono.

Y para mas abono, dijo en tono:

- Amigos, cese el cote y ande el trote.

Hoy se casa el monarca con su marca,

no quiede(13) pollo a vida, ni comida,

con que no sea servida mi querida,

llamalda en la comarca polliparca.

Traed tocín(14), y bon vin, de don(15) Martín,

pan, leña, assadores, tenedores,

frutas, sal, tajadores los mayores.

Presto, que el dios Machín pretende el fin.

Acabada esta razón, dijo el moscón:

- Marchad luego, ola(16), sin parola.

Fuéronse con tabaola, y quedó sola

Justina en conversación con su guidón(17).

Justina entretenía, y suspendía,

de modo que pudieron los que fueron

hurtar lo que quisieron, y volvieron

con lo que pedía su señoría.

Venidos, se assentaron, y brindaron.

El guidón don Pero se hizo un cuero,

luego el carretero cargó muy delantero.

Mas que si mucho peccaron, más penaron.

 

Vuole don Ravaniglio far un solenne convitto per festeggiar le nozze che pretendeva di fare con Giustina; onde manda gli suoi concameranti a proveder del tutto. Ubbidiscono essi prontamente e dopo avere commesso diversi furti mangiano insieme e s'ubbriacano, senza però toccar la giovane. Num. II.

 

Estancias de consonancia doble en un mismo verso

 

Hizo sceptro de un garrote el obispote

Y a guisa de rey Mono, hizo su trono,

para más abono, dijo en tono:

Amigos, cese el cote y ande el trote.

Hoy se casa el monarca con su marca,

No quede pollo a vida, ni comida,

Con que no sea servida mi querida.

Llamalda en la comarca, polliparca.

Traed tocino y bon vin de San Martín,

Pan, leña, asadores, tenedores,

Frutas, sal, tajadores los mayores,

Presto, que el dios Machín pretende el fin.

Acabada esta razón, dijo el moscón:

Marchad luego, bola, sin parola

Fuéronse con tabaola, y quedó sola

Justina en conversación con su obispón.

Justina entretenía y suspendía,

De modo que pudieron los que fueron

Hurtar lo que quisieron, y volvieron

Con lo que pedía su señoría.

Venidos, se asentaron y brindaron,

El obispo don Pero se hizo un cuero,

Luego el carretero cargó muy delantero;

Mas que, si mucho pecaron, más penaron.

 

Giunta era la di lui guidonesca corte al cenno e tuono del fischiare e subito quei vigliacchi circondarono la carretta ed il signor governator della guidoneria risiedeva nel mezo di loro; e parendogli che non era bene, né meno conveniva, che un cavaliero posto in alta dignità s'ammogliasse come constumano di fare i cavalieri moreschi (che tale doveva forsi essere anch'egli) quindi per potersi maritare rinunziò la cavaleria (che venne a dire ch'ei rinunziasse la croce impresa dell'abito suo) e da se stesso si fece re, {Don Grullo si fa re da sua posta.} pigliando per suo scettro un pezzo di bastone storto, che serviva da stringere le some alle mule; e fece con la cappa il baldacchino, che servì anco per suo trono imperiale, ponendoli per seggia reale due smisurate corna, che pareva per appunto un re de' Scimmiotti.

Ya que estaba el carro atacado de bellacos y el gobernador de la Bigornia en medio dellos, pareciéndole que no venía bien el ser obispo casado, no siendo obispo griego, aunque andaba cerca de serlo, renunció los hábitos y hízose rey. Tomó un garrote en la mano en forma de sceptro, hizo de las capas un trono imperial, poniendo por respaldar dos desaforados cuernos. Parecía rey Mono puramente.

Con questo modo di fare captò appresso tutti molta benevolenza. Dimandò attenzione e gli uditori stavano a bocca aperta. {Proverbio.} Parlò Enea: ed era ascoltato. Grande uomo era questo a farsi da se stesso re e re della carnale guidoneria. Che peggio si può veder in un nato nobile, quanto darsi in potere del senso e de' vituperi. Fu ascoltato il ragionamento, con molta attenzione, perch'egli disse assai male, perché non parlò di cose buone. {Chi è cattivo non può parlar di cose buone.} O come bene lo disse il proverbiatore spagnuolo: En consejo de bellacos, razonamiento de trapos. Et un italiano disse: Ne' ragionamenti de' furfanti, non si ragiona de' santi, perché ogni simile appetisce il suo simile ed i servidori sono simili ai padroni.

Captó la benevolencia, pidió atención; estaban boquiabiertos. Dijo Eneas, y escuchaba Dido el parlamento muy atenta por su mal. ¡Oh, qué bien dijo el refranista español!: "En consejo de bellacos, razonamiento de trapos",

Questo al sicuro volevano dire gli antichi, quando per disegnare una compagnias di somiglianti briganti (che tanto vale a dire furfanti) governati da un simile a loro, {Gieroglifico delle compagnie di uomini viziosi.} dipinsero una volpe incoronata con una resta d'aglio, che discorreva dentro un paniere agli scimmiotti e gatti mammoni: mercé che gli tali piuttosto si devono chiamar gente bestiale, che uomini ragionevoli e che facciano stima d'onore; ma udiamo per cortesia il nostro scavalerato cavaliere ammiraglio, che così disse: {Ragionamento del re Grullo a' suoi compagni.}

lo cual quisieron sin duda decir los antiguos, cuando para pintar una tropa de semejantes bergantes gobernados por otro tal, pintaron una zorra coronada de restas de ajos, predicando en un cesto a las monas y a los gatos.

Pero vaya de parlamento episcopal:

- Cari gentiluomini miei, per tali conosciuti in questa nostra campestre e selvatica regione, per le prodezze vostre, tanto chiare ed illustri che rilucono e risplendono di notte più che non fanno gli occhi di gatto, onde perciò sono e chiamar si devono prodezze gattesche (idest furfantesche). Famosi per le vostre imprese, impiegate in fatti poco meno che eroici, dentro a buone taverne, nelle quali oggi in speciale vi averete d'avanzare, per complimento e segno d'allegrezza de' miei gusti e contenti; e ciò sarà il primo atto delle vostre azioni campestri.

-Charos infanzones míos, conocidos en nuestra región campesina por vuestras hazañas, tan claras, que de noche relucen más que ojos de gato, por lo cual son hazañas gatunas. Famosos por vuestras prendas, nunca empeñadas, si no es en buena taberna. Lo primero, hoy cese el cote, pues no hay para mí fiesta cumplida sin cumplirse mis deseos. Lo segundo, quiero que andéis al trote, que es el paso de mis cuidados.

Per il secondo voglio che caminate di trotto, perché tale è anco il passo de' miei desideri. Di più vi avviso ch'io vi ho accettato e dato luogo in questo mio carro trionfale, accioché come di un altro Scipione incoroniate di gloriosa palma la mia nobil testa, non già per la vittoria ch'io m'abbi acquistata, ma bensì per quella ch'io spero di conseguire. Oltre di ciò vi avvertisco che conviene al mio servizio ed all'onore della onorata guidoneria nostra e delle vostre tenaci tenaglie ed alla nobile pudicizia della nobile signora Giustina nostra sorella, tanto cara, quanto che poco mi costa, che poiché posso dire che oggi sono nato del ventre della fortuna, con gusto ed allegrezza festeggiate l'illustre mio odierno nascimento.

Demás desto, os aviso que os he juntado en este mi carro triunfal para que, como a otro Scipión, coronéis de gloriosa palma mi cabeza, no por la victoria que he alcanzado, sino, por la que espero. Demás desto, os advierto que conviene a mi servicio y a vuestra honra bigornial y a la virginal Justina, nuestra hermana, tan cara cuan barata, que, pues puedo decir que hoy nació del vientre de la fortuna, vea yo que con gusto festejáis mi nacimiento claro.

Le circostanze del tempo e de' pianeti (se desiderate saperlo) mi danno ad intendere ch'io son nato sotto la protezione e felice auspicio della stella di Venere, che perciò m'ha da esser favorevole il Dio d'amore suo figliuolo e felicissima l'alba e dolcissima l'aurora della mia soavissima Giustina. Cantarete con tuonante e sonora voce, quando che 'l cielo tutto pieno di felicità onorerà la mia testa con la perpetuità del verde e frondoso lauro; e direte ch'io rinasco come la fenice dalle ceneri che la signora Giustina ha fatto del mio cuore, doppo di aver abbruciato le di lui virtù, con l'immortal fuoco del suo rigore.

La circunstancia del tiempo, si queréis mirarlo, me da a entender que, pues nació debajo del amparo de la estrella de Venus, me ha de ser propicio el dios de amor, su hijo, y el alba de mi Justina. Cantaréis a voz en grito, cuando el piadoso cielo honrare mi cabeza con su lauro, y diréis que renazco como el ave fénix de las cenizas que ha hecho Justina en mi alma, después de haber quemado las potencias della con el inmortal fuego de su rigor.

State attenti. Ella è nello stato della purità, come sua madre la partorì (qui sospirò e rimase ammirato l'auditorio) ma in questa ora penso che 'l mio veloce vascello entrarà in porto ed imprimerà nella sua purità il non plus ultra. Dico chiaro che dentro di un'ora pretendo che la caccia di questa palombina a me sia piatto de' gusti miei.

Atención ella está entera como su madre la parió, y aquí suspiró el auditorio, mas en esta hora piensa tomar puerto mi presuroso bajel y estampar en su entereza el non plus ultra asido de mis dos columnas. Digo, claro, que pretendo que dentro de una hora fatal la caza desta rara ave haga plato al gusto mío.

Questo giorno a me sarà per mai sempre solennissimo ed a voi doverà anco esser tale, poiché il vostro monarca si marita con la sua Giustina. Per tanto vi comando e voglio, che tutti voi compartitamente andiate per questa regione e suoi confini, che sono grandi e molti e la spogliate di tutti i polli, palombini ed uccellami domestici e salvatici in pena della vita. Et perciò voglio che la signora Giustina in questo giorno sia appellata la signora Polliparca, perché intendo e così voglio, ch'ella sia la Parca che acceleri la morte a tutti i polli.

Este es el día mayor de marca en que vuestro monarca se casa con su marca, por tanto, mando y quiero que os extendáis por los lugares desta región comarcana, que son muchos y muy cercanos, y no dejéis pollo, ni ganso, ni palomino a vida. Llámese mi Justina la polliparca, porque quiero que ella sea hoy la parca que acelere la muerte a todo pollo.

Non vi dimenticate le frutta, né il formaggio, né il buon vino di Don Martino, né tutte le sorte di pasticci, di confetture ed ogni condimento, accioché siano le nozze regalate, quanto più far si possa. E perché non v'è principale senza accessorio, recate per mio servigio schidoni per arrostire le vivande ed un cuoco con li suoi soliti guarnimenti; un trinciante bravo, ch'abbia i coltelli taglienti; tovaglie e tovaglioli sottilissimi e bianchissimi; piatti e tondi d'argento e taglieri di legno; coltelli, forchette e cucchiari d'argento; inghistarre di vetro fin0o e bicchieri di cristallo e tutte quelle cose che a regali nozze si ricercano e convengono, in tutta eccellenza.

No quede fruta, ni queso, ni bon vin de san Martín ni cosa de las de pasagaznate que no adjudiquéis para mi cámara. Y porque no hay principal sin accesorios, traed para mí servicio asadores, tenedores, tajadores grandes de madera, que son los platos de las bodas de los labradores; manteles, sal, cuchillos y todo buen recado de pieza y suela.

Non si lasci cosa che non sia tributaria di questo mio solenne giorno ed offerta a' piedi della gentilezza e nobiltà della mia signora Giustina, alla quale giustamente io mi sono soggiogato e resomi per vinto alle di lei dolcissime forze e prostrato alla sua gran beltà riverente, a cui con ogni sommissione m'inchino.

No quede cosa que no sea tributaria de mi solemne día, ofreciéndola a los pies de mi Justina, a quien justamente estoy rendido.

Nel vostro ritorno non cessate di fare continue e perpetue dimostrazioni di allegrezza, perché in voialtri risiedono le mie speranze, poiché sapete che fino alle cicogne con molti altri volatili si congiungono insieme a festeggiare in varie soavi maniere i dolci himenei, quali sono questi con la mia lieta signora Giustina. All'andare signori, che il Dio d'amore tiene ale e non può sofferire dilazione alcuna; e specialmente il mio, ch'è più veloce nel volo di qual si sia uccello. o là! Amici cari, manco parole e più ubbidienza, perché le speranze de' miei piaceri non mi danno più lungo tempo, che di un'ora e però non è giusti ch'io vi dia maggior tempo per esequire quanto vi ho ordinato e commesso.

A vueltas desto, no cesaréis de hacer perpetua demonstración de la alegría que en vosotros causan mis esperanzas, pues os consta que aun las cigüeñas se juntan a hacer fiesta el día que alguna se casa. Ea, amigos, que el dios de amor tiene alas y no sufre dilaciones en especial el mío, que es más volandero que la garza de Valdovinos. ¡Hola, amigos, menos parola y más obediencia! Que pues las esperanzas de mi placer no dan más larga que una hora, no es justo que os dé yo más de plazo para cumplir lo que tengo ordenado y dispuesto.

Non ebbe tantosto finito di dire il nuovo Eliogabalo, che quel branco di persone della sua fazione. con una mescolanza di voci e quali pecore, asini e becchi, l'uno doppo l'altro saltarono un largo fosso e più veloci e presti che galeotti al remo, si occuparono in ubbidire il gran principotto della guidoneria. Allora ebbi per vera la favola del volpone, {Volpone e sua favola.} il quale per andarsene presto alla caccia di una sua amata volpicella, pose le ali di un griffio ad un porcelletto giovane gagliardo e si trovò tanto per servito, che giamai fu fatta alcuna caccia con più prestezza e velocità quanto fu questa.

No hubo bien dicho esto el nuevo Heliogábalo, cuando los de su factión, con gran tabaola, saltaron un barranco que nos dividía con la presteza que los galeotes saltan un remo, ocupándose en obedecer al principote de la Bigornia. Entonces tuve por verdadera la fábula del zorro el cual, para ir a caza de una querida zorra, puso a un cochino alas de grifo, y se halló mejor con este modo de cetrería que con otra ninguna.

Così questo branco di guidoni picareschi andarono sopra d'una carretta più veloci che porci alati, con un animo ardente di vedere il fine di questa caccia. In questa cacciagione avenne al guidonaccio don Grullo, che sebbene la caccia fu di carne, non gli successe quello ch'egli si credeva. Rimango attonita della prontezza e prestezza con che parlarono coloro, ma se porci andarono da volponi tornarono, ch' è quello che mi dà più maraviglia.

Así éstos, aunque como cochinos iban hacinados en una carreta, pero este zorro, con ánimo de cazarme, les puso alas de grifo. Sólo hay que, aunque cazó carne, pero no la que él quiso. De la presteza con que parló me espanto, mas si cochinos mandados de zorra vuelan, ¿qué me admiro de la ligereza de éstos?

Cosa graziosa il vedere quanto di buona voglia ubbidiscono questi vigliacchi a chi governa provincie, il più scellerato di tutti costoro, il che rende un mal odore a' suoi legitimi superiori, che ancorché non sia, pare però ch'eglino consentino a tante loro ribalderie. Amico mio non te ne maravigliare, perché simili semenze non mancarono mai, germogliano più che non fa la gramigna. Vuoi tu udirne alcuni picareschi esempi: stami attento(18).

Cosa donosa es ver cuán de gana obedecen los bellacos a quien gobierna su bellacada, y cuán de mala a sus legítimos superiores.

{Manfredo figliuolo di Federico imperatore occupa il regno di Napoli e come.} Manfredo figliuolo bastardo di Federico II imperatore e da lui fatto principe di Taranto avanzò in questi studi molti altri: percioché egli soffocò il padre vecchio ammalato, mettendogli un guanciale sulla bocca, per occuparsi, com'ei fece il regno di Napoli. A molti, che hanno le coscienze picare piace e con male arti usurpano l'altrui.

Io non so se fu minore picaraggine {Don Sanchio re di castiglia e sua azione verso il padre.} quella di don Sanchio IV re di Castiglia contra Alfonso X re di Castiglia suo padre: percioché essendo morto don ferrando, ch'era il figliuolo maggiore d'alfonso, la successione per ragione e per consentimento de' popoli toccava al figliuolo di Ferrando, che ancora esso aveva nome Alfonso della Cerda. Ma Alfonso il vecchio trasferì la successione dal nipote a don Sanchio suo figliuolo minore. Ma avendo poi gli elettori creato Alfonso il vecchio imperatore ed essendo egli perciò andato in Avignone a ritrovar il papa, stimò che fusse meglio cedere il titolo imperiale, che combatterlo con l'armi con gli avversari.

Onde ritornando poi in Spagna, fu escluso da don Sanchio, a cui partendo egli aveva raccomandato il regno; e così trovandosi privo del regno e dell'imperio morì in Siviglia. Chiunque la fa, la trova: perché tutto il torto va in scheggie. Ascoltami, che maggior picareria di questa non averai udito.

{Picareria indegna.} Un tal cavaliero, per dimostrarsi buon servitore del suo principe, tese le più insidiose reti e le più malvagie operazioni per distruggere ed opprimere una principalissima città, ch'è la più fedele, la più cattolica e sublime, che sia in Europa; ma Iddio benedetto, che giamai abbandona i giusti e veraci fedeli cristiani, fece iscoprire una tanto ribalda sceleraggine con notabile confusione di quel tale, anzi di tutti coloro che aspiravano e cospiravano ad una tanta iniquità: alcuni de' quali ricevettero il premio infame delle lor picaresche vigliaccherie. Perciò non ti maravigliare se vedi un ammiraglio a darsi in preda alle ribalderie per conseguire il suo libidinoso intento, che se ben bene mirarai sotto questa scorza, anco peggio di ciò iscoprirai. Ognuno guardi il suo e molto più tu, che operi male, guarda l'anima tua(19).

Addimandò un gentiluomo ad un principalissimo cavaliero, dicendogli: {Perché uno pagasse mal volontieri gli suoi debiti essendo per altro liberale.}

- Signore, perché pagate così mal volontieri i vostri creditori, essendo in ogni altra azione generosissimo e quasi prodigo con persone alle quali niente dovete?

Rispose il cavaliero:

Preguntó uno a un caballero:

-Señor, ¿por qué pagáis tan mal a vuestros acreedores, siendo tan franco y pródigo con las personas a quien no debéis nada?

Respondió el caballero:

- Perché il pagare per obligo è azione mercantile, ma il dare non essendo debitore, è cosa signorile. Non mi voglio trattenere in discorrenze sopra questo punto, che ben si vede chiaro che errò questo liberale pazzo, che anzi il prodigo così facendo paga tributo alla imprudenza ed al volgo ed a quel che di lui dirà tutto il mondo; e per il contrario, quello che paga i suoi creditori dimostra gran nobiltà,

-Porque el pagar con obligación es de pecheros, y el dar sin deber es de nobles.

No me quiero detener ahora en calificar este dicho, que bien se echó de ver que erró este franco necio, que antes el pródigo paga pecho a la imprudencia y al vulgo y al qué dirán y a todo el mundo, y, por el contrario el que paga a su acreedor muestra gran nobleza;

l'uno in disobligarsi da quella soggezione, l'altro in essercitare la virtù più nobile e più signorile, ch'è la giustizia, che in ciò supera tutte le altre virtudi, le quali ad altro non mirano che al profitto del suo signore e padrone; ma la giustizia e tutti quelli che si coniungono a essa, non riguardano se non al giusto, ch'è il profitto del terzo; e questo atto è molto nobile e davvero gentiluomo e tanto più nobile si dimostra sodisfacendo il maggiore al minore s'è suo creditore: ergo, etc.

lo uno en desechar sujeciones; lo otro en ejercer la virtud más hidalga, que es la justicia, la cual hace una ventaja a las demás, que las demás sólo miran el provecho de su dueño, pero ella y las que a ella se llegan no miran sino el provecho del tercero, que es más nobleza e hidalguía. Y también porque ella es tan noble e hidalga, que iguala al mayor, si debe, con el menor, si es acreedor.

ma lasciamo questo peso a' signori catedranti di Salamanca, sotos frescos, gallos briotos(20) e peñas fuertes, che noi diressimo a' boschi giovani, a' galli vivaci o a' detti pronti e mordaci ed a' rupe o monte altissimo, forte e gagliardo; cioè ad uomini saggi ingegnosi e forti, ch'essi decidano questo punto: però concludo a mio proposito, con dirti: avvertisci e considera, come questi vigliacconi tenevano per bene ubbidire in cose brutte al lor signore, con signolar prestezza e senza alcun riguardo (perché tale e il lor costume) anzi furono tanto veloci e presti, come i raggi del sole, che in uscendo d'oriente appar subito in occidente, che maggior prontezza non poterono dimostrare questi demoni al loro belzebù. Disse un portoghese: "volpe mia, trama ci è, gatto ci cova".

Pero dejado esto para los sotos frescos, para los gallos briosos y para las peñas fuertes, que son los floridos de nuestra Salamanca, concluyo a mi propósito con decirte adviertas cómo estos bellacones no tenían por bien obedecer a su verdadero obispo el cual les traía sobre ojo; empero, a su obispo soñado le obedecían, y con la presteza que el rayo sale de Oriente y aparece luego en Occidente, con tanta y aun con mayor obedecían estos demonios a su Belcebub.

Lasciaronmi col nuovo re, senza me: tanto sola, quanto mal accompagnata, tanto di malavoglia, quanto dissimulata e finta. {Giustina è di nuovo lasciata sola col nuovo re e ciò che facesse.} Cominciomi a dire molte canzonette brevi e secondo il suo intento, gentilmente mi pizzicava e con paroline dolci m'invitava a dirgli che cosa pensavo o quello farei, quando insieme conquistassimo la goletta e nel mezo della fortezza egli piantasse lo stendardo. Io nel principio gli rispondevo per il verso, ma vedendo ch'egli si metteva in punto per disegnare, gettai via la penna e chiusi e ben serrai il calamaio.

Dejáronme con él y sin mí, tan sola cuan mal acompañada, tan triste cuan disimulada. Comenzóme a decir muchas chanzonetas, y de travesía me daba algunas puntadas para que le dijese lo que pensaba yo hacer cuando tomásemos la Goleta. Yo, al principio, comencé a responderle a son, mas, ya que vi que se metía a tantos dibujos eché por otro rumbo. Comencé a contar cuentos, los más de risa que se me ofrecieron, para divertirle la sangre.

Cominciai a raccontargli diverse cose ridicolose, per divertir il concorso del sangue. Gli narrai molte belle prodezze di don Floriselo di Niquea o per meglio dire, al neque ea, che al don Floriselo e che quegli che aspettavano frutti, avevano se non fiori.

Contéle medio libro de don Florisel de Niquea, que entonces corría tanta sangre como yo peligro, mas a éstos me respondía que para entonces más se atenía a el Niquea, o por mejor decir, al neque ea, que al don Florisel, y que para quien esperaba fruta eran muchas flores.

Gli diedi alcuni sorsi di Celestina, mi diceva egli, che non era gustosa, perché le parole sono femine ed i fatti sono maschi; e che le parole e ciancie non empiono il corpo, né dan gusto al bramante; ed ove bisognano fatti, non s'hanno a far parole; e che dal dire non cavava quello che desiderava. Però già che non mi valevano le ragioni della mia signora madre Celestina, mi valsero non poco i suoi consigli. Del beffeggiare ed attiggiare un popoco: ma il beffeggiato disse, no, no, cotesto non ricerco.

Dile algunos sorbos de Celestina, mas decía que tenía espinancia y que no podía tragar nada de aquello; pero ya que no me valieron los cuentos de mi señora madre Celestina, valiéronme sus consejos. Del Momo, un poquito, mas dijo al Momo, no, no.

Dell'alleggerimento de' viandanti dissi quanto importava e ciò per alleggerirmi nel mio camino della pesante carica ch'io portavo; ma egli in niuna cosa sentiva allegerimento. Questo è ben verità, che tutto quello ch'io gli dicevo, lo approvava per bene e tutto gli sodisfaceva, ancorché fusse in modo tale, che molto chiaro dava ad intendere, che in me non conosceva padrona, se non nella lingua e nell'ombra mia; {Proverbi.} tutto il resto correva borasca e chi si può salvare si salva, perché ogni legno ha il suo tarlo; ogni bilancia ha il suo contrapeso. Fratello, armati a tor questo cristiero, che alla fine i guai sono buoni col pane; e se io ho al collo un sonaglio, tu v'hai un campanello; e sappi certo che chi altri tribola, se stesso non riposa; e chi asino caccia e puttane mena, non esce mai di guai, né di pena: insomma l'oro s'affina nel fuoco e l'uomo ne' travagli; ed ognuno sappia certo che chi piglia i travagli per travagli, entra in un mare di travagli.

De Alivio de caminantes dije lo que importó para aliviar mi camino de la carga que tenía, mas él en nada sentía alivio. Bien es verdad que todo cuanto yo le decía lo sabía bien, y todo lo aprobaba, aunque era con tal modo, que daba bien a entender que como no me tenía a mí toda, sino sola mi lengua y sombra, no las tenía todas consigo.

{Descrizione del nascere del sole.} In questo mentre comparve il biondo Apolo, frettolosamente correndo per la cima de' monti e de' colli ad iscoprire e conoscere la nobiltà e la scelerataggine e dov'elleno alloggiate fussero per compiutamente conoscere i furti, i ladroni(21), le imboscate, gl'inganni e gli agguatti loro, de' quali egli fu sempre notabile inimico. Ma ritrovandosi stracco il bellissimo e rilucente Apolo, per il molto correre ch'egli aveva fatto, si trattenne a riposarsi presso un monte vestito di vari e bellissimi arbori e di belle erbucine intreciate con vaghi ed odoriferi fiori, che parea dicessero: "Deh fermati gentilissimo Apolo, che anche quivi riposandoti iscoprirai nuove maraviglie di un gran scavaliero e nuovo re".

En esta sazón venía ya el hermoso Apolo corriendo presurosamente por los altos de un cerro, siguiendo el alcance de los alojados infanzones para descubrir los hurtos y emboscadas de que siempre fue tan enemigo. Mas cansado el bellísimo joven luciente de correr tras los nuevos Jonatases, parece que se detuvo y descansó tras un espeso monte de encinas,

{Vengono con furti gli sudditi del re Grullo.} Eccoti che in un istante comparvero alla presenza dell'ammiraglio don Grullo, fattosi nuovo re di coppo (ed io era una di esse, con la quale credeva trarsi l'ardente sete) con la prestezza e provisione, come ch'eglino fussero l'aquila cacciatrice che portò via Paleologo il rustico.

y ellos llegaron ante el tribunal de su antiguo obispote y nuevo rey de copas, y yo era una de ellas, con la presteza y provisión que si ellos fueran el águila de caza que tuvo Paleólogo el rústico.

Uno recava pollami, un altro palombini, altri pane, altri piatti, altri panche da sedere, che avendo da servire per nozze di picara e picaro ed essendo fatte per mani di picari, quasi ogni cosa cominciava in P. e la robba, che rubbarono costoro, non per un paio di nozze, ma per sei averebbe servito. Mira, mira oh Apolo, se mai vedesti ministri di personaggio a rubbare in tanta eccellenza, come cotesti picari di trenta caratti: cotesta è virtù loro.

Unos traían pollos; otros, palominos; otros, patos; otros, pan; otros, platos. Que como era boda de pícara y pícaro y hecha por mano de pícaros, casi todo cuanto despescaron empezaba en P. Pues ¿instrumentos de platos y asadores, cazos, asartenes? Pudieran alhajar dos novias con lo hurtado.

{Vari e diversi latrocinii e come fossero fatti.} Uno portò un sacco di pane caldo caldo, con giuramento che lo aveva tratto fuori di un forno a tradimento, per le spalle, ch'ei teneva rivolte sulla strada e conobbe che 'l pane era ben cotto, perché gli favellò con la lingua del calore e dell'odore, molto ben noto ad ogni buon picaro.

Uno trajo un costal de pan caliente, con juramento que se lo habían sacado a traición a un horno por las espaldas, que tenía vueltas a la calle, dejando por lengua que lo parló el calor y olor tan conocido.

Un altro per non star ozioso e tenere le man alla cintola rubbò dieci candelieri a lume d'una casa, per fare nelle mie nozze l'estremo di tutti i fiammeggianti lumi.

Un altro rubbò con maestrevole maniera un tapeto fino ad alcuni che dopo il giuocare alle carte s'erano addormentati e ciò fece con tanta leggiadria, che niuno di quegli lo sentì. Et il caso fu, che lo studente camariero picaro del re don Grullo come vidde li giuocatori bene addormentati, ad uno faceva carezze con la mano alla faccia e con l'altra caminava al suo intento di cavare una borsa della scarsella di colui; ma perché non avea maniera di accarezzare o perché non distese ben le dita della mano, perciò l'addormentato alquanto si risvegliò e tanto più, quanto sentì sopra di sé le ruote, anzi le mani di un nuovo orologio, che non caminava agiustatamente nella sua saccocccia (non per dare, ma per pigliare) onde cominciò a strepitare e strepitando a dar voci; era il nostro fin picaro tanto scaltrito ed accorto, che senza perdere la misura ed il tempo della battuta, né dimostrare turbazione alcuna, gli disse con graziosa gravità:

Otro, por no venir mano sobre mano, hurtó diez candiles de un mesón para hacer en mi boda el entremés de la Encandiladora. Otro trajo una sobremesa de unos que se habían quedado dormidos, después de haber jugado sobre ella a los naipes, y aun dijo el estudiantico bigornio que, como vio los jugadores dormidos, hizo al uno la mamona hacia la faltriquera. Parece ser que no traía bien los dedos, por lo cual recordó el dormido, y como sintió sobre sí la mano del nuevo reloj, que apuntaba a su faltriquera, no para dar, sino para tomar, se alborotó y comenzó a dar voces. Era el estudiantico bello bellaco, y sin perder compás ni mostrar turbación, le dijo con mucho sosiego y contento:

- Signor mio, siccome io sono studente, sono anco amico di burle e se io fussi alcun ladrone di quelli che oggidì caminano per il mondo, non avrei usato queste mie nobili piacevolezze; mala maniera di negoziare avete ed il sonno turbato e non punto sicuro: non dubbiti, si quieti e dorma Vostra Signoria allegramente, che siamo buoni amici ed amici cari, ch'io intanto servirovi di sentinella e vegga l'effetto che come tale, con molta carità io vi copro.

-Hermano mío, si como soy estudiante burlón fuera algún ladrón de los que andan hoy día por el mundo, mala manera de negociar teníades y muy peligroso era el sueño; pero amigos somos, duerma, galán, y mire que por hacerle caridad y buena obra le arropo.

E nello stesso tempo che ciò gli diceva, gli coperse la faccia col capello e specialmente glielo tirò bene sopra gli occhi, non tanto per coprirlo, quanto per porre a coperto il tapeto, che già avea disegnato di levar via senza esser veduto dal suo nuovo amico, col quale giuocando alla cieca e facendo la gattamorta, con un zelo volpinesco (proprio del picaresimo) bello bello si partì.

Tras esto, le atestó el sombrero sobre los ojos, no tanto por arroparle, cuanto por arroparse con la carpeta o sobremesa sin que lo columbrase el labrador, a quien dejaba hecho pita ciega, y tan ciega, que pensó que de pura charidad duranga y celo gatuno le dejara casquiatestado. La sobremesa era galana; por señas, que una poyata se la había prestado a la mesa sobre su palabra y el estudiantico la tomó sobre su conciencia y debajo de sus brazos.

Il tapeto era tutto di seta ed oro, fato in Persia, con colori vivi e molto più vivaci, erano le vaghe figurine d'animaletti, di uccellami, di fiori e tanto naturali che parevano vivi, vivi, insomma era cosa da re, perché uno dei dormienti sopra la sua parola l'ebbe in prestito da una nobile matrona; ed il nostro picaro studente, ch'era un fin picarone tinti di grandissima picaresca, lo pigliò sopra la sua coscienza e sotto il braccio seco via lo portò.

{La robba è di chi la gode.} La robba non è di chi la fa, ma di chi la gode e vi è persona che la fa e chi la disfa e chi la trova fatta: {Oggidì ella è fuor di modo stimata.} affé, che oggidì specialmente colui ch'è senza robba, è un castrone senza lana: anzi la robba è il primo sangue, onde un poeta disse:

 

Est sanguis, atque spiritus pecunia,

Mortalibus, que nulla cui sit copia,

Vivos pererrat inter umbra mortui.

 

{Ognuno cerca di levar l'altrui.} Per far dell'altrui sua cosa propria si tolerano gran cose. Quanti degli antichi regi hanno perturbato la quiete altrui, non per altro che per usurpare a questo ed a quello il loro; è tanto è caminato innanzi, che da cento anni in qua ne rende veritiera testimonianza il Mondo Nuovo, col cui oro in più parti dell'Europa sono state tentate varie, diverse, inusitate e non imaginabili azioni e fallaci imprese, notate a perpetua memoria da' celebri scrittori.

{Chi l'intende, l'intende.} Un altro picaro addottorato per esser solennissimo vigliaccone, quivi se ne venne con un tizzone ardente, onde ciò veggendo mi fece star con grande ammirazione, perché non faceva altro che soffiare in esso ed a poco a poco appressatomici, sempre più gagliardamente soffiava e rideva, dicendo:

- Rossa ed infiammata è la bella dama.

Otro trajo un tizón de lumbre. Quemado él sea con él, que éste me desatentó, que no hacía sino soplarle y alumbrarme a la cara y reírse, diciendo:

-Colorada va la dama.

Non finirei così presto s'io minutamente volessi narrare le cose tante che fecero costoro e che quivi recarono questi furbacchioni. Non mi maraviglio se non d'una cosa: come non portassero di tutto punto le castella, li villagi intieri, con le muraglie, palaggi e case, come stavano o come fece Giove, quando scese del cielo a pigliare il suo caro Ganimede, che per onorarlo di più lo fece suo coppiere e coppier maggiore. Udite come(22).

No acabara, si contara por menudo las cosas de comer y el recado que trajeron. No me espantó sino cómo no sacaron de cuajo las aldeas y de cimientos los muros y casas de villas, según y como lo hizo Júpiter cuando vino a las bodas de su querido.

Finge Ovidio ed altri poeti esser stato violentemente rapito da un'aquila, {Libro VI e X Metamorfosi delle sue favole de' dei degli antichi.} e portato in cielo, perch'egli servisse da coppiere a Giove, in luogo di Ebe, figliuola di Giunone.

Fu Ganimede figliuolo di Tros, che per altro nome si chiamò Laomedonte, re terzo di Troia. Onde essendo egli in quei tempi d'ammirabile e non più udita bellezza fu trasferito in cielo, accioché servisse a Giove, {Iliade XX.} come dice Omero.

{Libro III Argonauti.} Altri, come Apollonio, dicono che non fu collà portato accioché fusse paggio o coppiere di Giove, ma solo perché godesse quella deità e conversasse co' dei. Fu egli rubbato in un monte della Frigia, nominato Ida nell'andare alla cima del monte, {Libro V Eneide} come dice Virgilio ne' quattro versi che comiciano:

Intextusque puer, etc.

Altri dicono ch'ei fu rubbato nel promontorio Dardanio. {Libro XIV Geografia.} Strabone dice che ne' campi o campagne Priapee. Altri affermano che Giove convertito in aquila lo portò in cielo. Altri, che né da Giove, né dall'aquila, né da altri dei fu rubbato Ganimede, ma bensì da Tantalo re della Frisia.

Per questa favola vollero i savi dipingere un uomo prudente. Addattando che Ganimede amato da Giove, è un dire che l'uomo prudente è amato da Dio. E questo solo è quello che arriva con la sapienza, l'uomo savio l'imita, essendo virtuoso.

Dissero che Ganimede fu bellissimo, perché l'anima dell'uomo prudente, che non è punto macchiata con le sporcizie umane, è bellissima nella presenza di Dio: ed essendo tale facilmente è rubbato dalla divina bontà.

L'essere rubbato Ganimede, è accioché sappiamo che Iddio priva il mondo delle cose che più gli piacciono e ch'egli più istima come che sia indegno di esse.

Di Ebe in altro luogo a suo proposito diremo la istoria e la sua moralità. Ritorniamo a me, povera picara Giustina(23).

Già tutti si unirono. Vedetimi quivi, con tutto il picaresco consiglio congregato per decretare a danno della povera Giustina, che in questa occasione era il bersaglio o la quintana di tanti cervelli pazzi, pazzi. Ma io che non ero pazza, come loro, andavo sempre più rinforzando le mie traccie ed aggiustando vieppiù i miei dissegni e rinvigorendo il mio gran coraggio, come ardita ed animosa capitana e tutta la mia intenzione intorno a ciò era contra lo scavallerato cavalliero ed ammiraglio don Grullo, il quale tanto fisso mi tenea la faccia e gli occhi adosso, che neanco potevo muovere le labra della bocca, ch'egli non se ne accorgesse talmente, che confiscato m'avea la bocca, la lingua e l'udito.

Ya se juntaron todos. Vesme aquí con todo el conciábulo congregado para decretar a costa de la pobre Justina, que en esta ocasión era blanco de tantos necios; mas yo tenía reforzadas mis trazas y un ánimo como una capitana. Mi inquina era toda contra aquel Holofernes eclesiástico que aun reír no me dejaba, según que con los ojos me tenía confiscados boca, lengua y sentidos.

{La levarono di peso giù della carretta.} Giunti ed uniti che furono insieme mi levarono giù della carretta e portaronmi sopra le loro spalle, come un contradittore di catedra o per meglio dire, come catedra d'un contradittore. Lo scavalerato ammiraglio con maestevole e castigliana gravità, attentamente guardava se ad alcuno de' portatori gli si sdrucciolava la mano per toccarmi o abbasso o a mezo o ad alto. Mira fin dove arriva il diavolo(24)!

En llegando, me sacaron del carro a hombros como a opositor de cátedra, por mejor decir, como a cátedra de opositor, y el obispo don Pero Grullo miraba a las manos de los apeadores por si acaso alguno se le deslizaba alguna mano al tiempo del trasladarme del carro al suelo.

Finalmente mi posero presso il mio re. Io, con l'autorità ch'avevo, ordinai che fusse narrato con bella maniera qualche ingegnosa e nobile azione, per gustevole trattenimento, infintantoché la mensa si andava ponendo all'ordine. Altri fanno le ricreazioni, dopo d'aver ricreato il corpo, per ricreare poscia lo spirito; ma io volli prima animare, inanimare e ricreare con più vivacità lo spirito, per sempre più prolongare il tempo, che veramente era un più tirare l'acqua al mio molino: e perciò ordinai, come regina ch'io ero a quel punto, che al re don Grullo mio signore ed a me la muy illustre signora Giustina rappresentassero alcuna azione eroica,

{Comanda che si rappresenti alcuna azione di virtù.} e singolare di quelle degli antichi Greci; al che fare due di loro in un istante s'accinsero e saltarono alla presenza nostra, pigliando per soggetto il giudizio dell'arme d'Achille, se ad Aiace o ad Ulisse i greci dar le dovevano, rappresentando in quest'azione l'audacia d'un Aiace castigliano e la prudente sapienza di un Ulisse italiano. Quello che rappresentava la persona d'Aiace, fatto silenzio e postosi in abito corrispondente, così prese a dire(25):

 

Le notabili azioni di Aiace ed Ulisse rapresentate innanzi al nuovo re de' picari don Grullo ed alla regina Giustina Diez la gran picara.

 

Oh Giove, o baroni greci, sapete pure come io fui il primo a prendere porto in questo lito e come Ettore ne venne incontro, il quale poscia ch'ebbe fatto de' nostri miserabile stragge, volle porre il fuoco nella nostra armata: onde io con le forze del mio robusto corpo me gli opposi e tanto lo strinsi, costrinsi ed astrinsi combattendo, che in quel giorno schiffammo gran pericoli, a beneficio della patria nostra. Dimandatene a' governatori delle nostre navi. Onde però Dares troiano nelle guerre avezzo osava dire che mai Ettore ebbe da fare con un sol uomo che tanto lo stringesse quanto Aiace.

O Giove, o baroni greci, sapete pure come io fui il primo a prender porto in questo lito e come Ettore ne venne incontro, il quale poscia ch'ebbe fatto dei nostri miserabile uccisione, volle porre il fuoco nella nostra armata; onde io corporalmente me gli opposi e tanto lo strinsi combattendo, che questo giorno schivammo così gran pericolo. Domandatene le nostre navi. E però Dares troiano nelle guerre avezzo osava dire che mai Ettore ebbe da fare con un sol uomo che tanto lo strignesse quanto Aiace.

E che ciò sia vero, voi vedeste quanto durò la meschia fra di noi, che solo per l'oscurità della notte si divise; onde Ettore veduta la mia fortezza, volendosi da me partire, con parole piacevoli mi addimandò della mia condizione ed io lo satisfeci, dove egli come m'ebbe conosciuto mi donò un'arme ed io donai a lui un gioiello che portavo al collo a una cinta attaccato: adunque poiché dal valor mio la vostra armata fu salva oh signori Greci, gratamente conceder mi dovete queste meritevoli armi.

E che sia vero, voi vedeste quanto durò la meschia fra di noi, che solo per l'oscurità della notte si divise; onde Ettore veduta la mia fortezza, volendosi da me partire, con parole piacevoli mi addomandò della mia condizione ed io lo satisfeci, dove egli come m'ebbe conosciuto mi donò un'arme ed io donai a lui un gioiello ch'i portava al collo a una cinta attaccato: adunque poiché dal valor mio la vostra armata fu salva o signori Greci, gratamente conceder mi dovete queste meritevol armi.

E salo Giove quanto mi dolga che m'abbiate ridotto a contender con Ulisse, il quale altro non va ricercando che combattere con parole: percioché nel vero io confesso ch'egli di tanto avanza me nel parlare, quant'io avanzo lui d'ardire e di possanza; onde, siccome l'operar è la mia professione, quella d'Ulisse è l'orare e saper favellare a tempo. Nondimeno oh signori, rileverà poco che io de' fatti miei vi favelli, perché ogni dì avete veduto le opere mie; dove che di Ulisse non averete altro da udire, poiché egli a guisa di quegli uccelli che hanno in odio il sole, tutti i suoi ingegni adopra nelle tenebre della notte.

E sasselo Giove quanto mi dolga che m'abbiate ridutto a contender con Ulisse, il quale altro non va ricercando che combatter con parole: percioché nel vero io confesso che egli di tanto avanza me nel parlare, quant'io avanzo lui d'ardire e di possanza; onde siccome l'operar è la mia professione, quella d'Ulisse è l'orare e saper favellare a tempo. Nondimeno o signori, rileverà poco che io de' fatti miei vi favelli, perché ogni dì avete veduto l'opere mie: dove che di Ulisse non avrete altro da dire, poiché egli a guisa di quegli uccelli che hanno in odio il sole, tutti i suoi ingegni adopra nelle tenebre della notte.

Ma quando pur v'andasse per l'animo, ch'io per l'opere mie, queste arme non meritasi, almeno non me le dovete negare per la mia nobiltà: conciosiaché io sono figliuolo di Telamone, il quale sotto la condotta di Ercole prese già Troia e per premio gli fu concessa Esiona, che fu mia madre. E perché mio padre fu figliuolo di Eaco, che nacque di Giove, però io sono da Giove la terza generazione, dove che Ulisse nacque di Sisifo ladro, il quale è dannato all'inferno da Eaco mio avo, che lo fa continuamente rotolare un sasso nella sommità d'un altissimo precipizio, dove poscia che egli s'è precipitato insieme co 'l sasso, ritorna a precipitarsi senza mai cessare.

Ma quando pur v'andasse per l'animo, me, per l'opere mie, queste arme non meritare, almeno non me le dovete negare per la mia nobiltà: conciosiaché io sono figliuolo di Telamone, il quale sotto il ducato d'Ercole prese già Troia e per premio gli fu concessa Esiona, che fu mia madre. E perché mio padre fu figliuolo di Eaco, che nacque di Giove, però io sono da Giove la terza generazione, dove che Ulisse nacque di Sisifo ladro, il quale è dannato all'inferno da Eaco mio avo, che lo fa continuamente rotolare un sasso nella sommità d'uno altissimo precipizio, dove poscia che egli s'è precipitato insieme co 'l sasso, ritorna a precipitarsi senza mai cessare.

Oltra di questo Anticlia madre d'Ulisse sendo gravida di Sisifo ladro, n'andò a marito a Laerte padre d'Ulisse, onde egli è nato di adulterio: però non mi dovete negar quest'arme. Ma se neanche me le volete conceder per la virtù e nobiltà mia, concedetemele almeno per la parentela ch'io tengo con Achille, il quale è d'un medesimo sangue con meco, percioché Eaco ebbe tre figliuoli, Foco, Peleo e Telamone: di Telamone nacqui io e di Pelleo nacque Achille, onde esso Achille viene ad esser mio primo cugino; né però si vergogna Ulisse nato d'un ladro e d'una adultera domandar l'arme d'un mio cugino.

Oltra di questo Anticlia madre d'Ulisse sendo gravida di Sisifo ladro, n'andò a marito a Laerte padre d'Ulisse, onde egli è nato di adulterio: però non mi dovete negar quest'arme. Ma se neanche me le volete conceder per la virtù e nobiltà mia, concedetemele almeno per la parentela ch'io tengo con Achille, il quale è di un medesimo sangue con meco, percioché Eaco ebbe tre figliuoli, Foco, Peleo e Telamone: di Telamone nacqui io e di Pelleo nacque Achille, onde esso Achille viene ad esser mio fratello; né però si vergogna Ulisse nato d'un ladro e d'una adultera domandar l'arme d'un mio fratello.

Le quali certo che dar non gliele dovete, perché egli non voleva venire a questa impresa, se non ci fusse stato condotto per forza: conciocisaché lui simulando d'esser divenuto stolto, giungeva all'aratro due dispari animali e seminava del sale; ma Palamede, che s'accorse della sua cattiveria, mentre che arrava gli pose davanti Telemaco suo figlio di picciola età, il quale fu da lui schivato e perciò scoperta la sua simulazione; onde è chiara cosa è, che Ulisse venne a questa contesa per forza, dove io volontieri e con buon animo vi venni.

Le quali certo che dargliele dovete, perché egli non volea venire a questa impresa, se non ci fusse stato condotto per forza: conciocisaché lui simulando d'esser divenuto stolto, giungeva all'aratro due dispari animali e seminava del sale; ma Palamede, che s'accorse della sua cattiveria, dimentre che arava gli pose davanti Telemaco suo figlio di picciola età, il quale fu da lui schivato e perciò scoperta la sua simulazione; onde è chiara cosa è, che Ulisse venne a questa armata per forza dov'io volentieri e con buon animo vi venni.

Così avesse piaciuto a' dei che fusse rimasto a casa stolto, perché non sarebbe rimaso ne' boschi Filottete e fecelo giurare che a persona del mondo mai manifesterebbe né la sua morte, né la sepoltura. Ma volendo venire i Greci alla espugnazion di Troia, ebbero dall'oracolo che non avrebbero vittoria de' Troiani se non recavano con loro queste saette; e perché sapevano come Filottete di Toante figliuolo era stato servo d'Ercole, tanto fecero, che l'ebbero nelle mani e per forza di tormenti lo costrinsero a palesare la sepoltura d'Ercole avvisandosi che quivi potessero ancora esser sepolte le saette. Andò co' Greci Filottete al luogo, né volendo rompere il giuramento, senza dir parola diede de' piedi in terra, onde eglino compresero il monumento: ma non però ritrovarono le saette, le quali Filottete allora confessò avere appresso di sé, per la cui cagione loro vollero ch'egli venisse co' l greco esercito.

Così avesse piaciuto a Dio che fusse rimasto a casa stolto, perché non sarebbe rimaso ne' boschi Filottete servo d'Ercole, con le freccie di esso Ercole, il quale nella sua morte lasciò l'arco e le saette a Filottete e fecelo giurare che a persona del mondo mai manifesterebbe né la sua morte, né la sepultura. Ma volendo venire i Greci alla espugnazion di Troia ebbero dallo oracolo che non avrebbero vittoria de' Troiani se non recavano con loro queste saette; e perché sapeano come Filottete di Toante figliuolo era stato servo d'Ercole, tanto fecero, che l'ebbero nelle mani e per forza di tormenti lo costrinsero a palesare d'Ercole la sepoltura, avvisandosi che quivi potessero ancora esser sepulte le saette. Andò co' Greci Filottete al luogo, né volendo rompere il giuramento, senza dir parola diede de' piedi in terra, onde eglino compresero il monumento: ma non però ritrovarono le saette, le quali Filottete allora confessò avere appresso di sé, per la cui cagione loro vollero ch'egli venisse co' l greco esercito.

A questi sendo caduta una delle saette nello entrare in nave sopra d'un piede, lo ferì di forte(26), che ogni dì più crescendo la ferita menava gran puzzore e perciò era di gran tormento a Greci: i quali per parere di Ulisse lo lasciarono sopra un'isola deserta, dove è una profonda selva, in cui egli dimorando si pasce degli uccelli che ammazza con l'arco e delle lor piume si veste.

Al quale sendo caduta una delle saette nello entrare in nave sopra d'un piede, lo ferì di forte, che ogni dì più crescendo la ferita menava gran putore e perciò era di gran tormento a' Greci: i quali per parere dell'ottimo e pietoso Ulisse, lo lasciarono sopra un'isola deserta, dove è una profonda selva, in cui egli dimorando si pasce degli uccelli che ammazza con l'arco e delle lor piume si veste.

Nondimeno vivo ben sicuro che ciò sia accaduto pel meglio, perché se fusse venuto con noi, Ulisse l'avrebbe fatto uccidere, sì come fece uccider Palamede, perché fu cagione che lui quivi suo malgrado ne venisse; onde sempre li portò odio, il quale in lui si fece maggiore, quando esso Palamede recò infinite sorti di biade della Tracia, dove era perciò dianzi andato Ulisse senza recarne di sorta alcuna a fine che si desistesse dalla impresa. Per la qual cagione fece Ulisse lettere contrafatte a Palamede, come se venissero dal re Priamo, il tenor delle quali era che per certa somma d'oro pareva {Palamede tradito da Ulisse e come.} che esso Palamede intendesse a tradigione e le pose nel petto a un troiano fatto prigione, il quale fece ammazzare da' suoi famigli.

Nondimeno vivo ben sicuro che ciò sia accaduto pel meglio, perché se fusse venuto con noi, Ulisse l'avrebbe fatto uccidere, sì come fece uccider Palamede, perché fu cagione che lui quinci suo malgrado ne venisse, onde sempre li portò odio, il quale in lui si fece maggiore, quando esso Palamede recò infinite sorti di biade della Tracia, dove era perciò dianzi andato Ulisse senza recarne di sorte alcuna a fine che si desistesse dalla impresa. Per la qual cagione fece Ulisse lettere contrafatte a Palamede, come se venissero dal re Priamo, il tenor delle quali era che per certa somma d'oro parea che esso Palamede intendesse a tradigione; e le pose nel petto a un troiano fatto prigione, il quale fece ammazzare da' suoi famigli.

Indi dimostrando fintamente voler provedere ad alcune cose importanti per l'assedio, condusse Agamennone dove era il corpo morto di costui, a cui dando a credere che potesse essere qualche esploratore, lo fece maliziosamente ricercare e ritrovate queste false lettere, ritornarono addietro: e convocati i Principali del campo, furono alla presenza di Palamede, il quale tutto affrontato di tal novità, si scusava di ciò non sapere alcuna cosa; ma il buono Ulisse dimostrandosi amico di colui che tradiva, disse: veggasi prima che si venga al giudizio, se Palamede ha avuto l'oro che per le lettere si comprende.

Indi dimostrando fintamente voler provedere ad alcune cose importanti per l'assedio, condusse Agamennone dove era il corpo morto di costui, a cui dando a credere che potesse essere qualche esploratore, lo fece maliziosamente ricercare e ritrovate queste false lettere, ritornarono adrieto: e convocati i Priori del campo, furon lette alla presenza di Palamede; il quale tutto affrontato di tal novità, si scusava di ciò non sapere alcuna cosa; ma il buono Ulisse dimostrandosi amico di colui che tradiva, disse: veggasi prima che si venga al giudizio, se Palamede ha avuto l'oro che per le lettere si comprende.

Fu ritrovato la quantità dell'oro nel suo alloggiamento, perché di nascosto velo avea fatto porre Ulisse da un suo servo, a cui avea dato poscia la morte per premio: onde il povero Palamede a furor di populo fu innocentemente lapidato. Vedete adunque signori, con quanto inganno Ulisse fece morire uomo di così grande autorità: e con tutto questo, ei non si vergogna per questi suoi notabili misfatti domandar l'arme che si deveno a me per tutte le ragioni.

Fu ritrovato la quantità dell'oro nel suo alloggiamento, perché di nascosto velo avea fatto porre Ulisse da un suo servo, a cui avea dato poscia la morte per premio: onde il povero Palamede a furor di populo fu innocentemente lapidato. Vedete adunque signori, con quanto inganno Ulisse fece morire uomo di così grande autorità: e con tutto questo ei non si vergogna per questi suoi notabili esercizi domandar l'arme che si deveno a me per tutte le ragioni.

Tuttavia io v'ho detto come egli è facondo e sa molto bene ed ornatamente porgere le sue ragioni, quello che non so fare io: però non potrà mai tanto fare con questa sua facondia, che non confessi che fusse una gran viltà la sua lasciare il vecchio Nestore nella battaglia abbattuto, come fece, quantunque li domandasse aita, dove io fui quello e lo sa Diomede, che lo rimisi a cavallo, sì come più d'una fiata v'ho rimesso lui e maggiormente (come è a ciascuno manifesto) sendo stato gettato in terra con una picciola botta da un povero saccomanno. Ma che occorre dir queste dicerie, oh signori greci?

Tuttavia io v'ho detto come egli è facondo et sa molto bene ed ornatamente porgere le sue ragioni, quello che non so fare io: però non potrà mai tanto fare con questa sua facondia, che non fusse una gran viltà la sua lasciare il vecchio Nestore nella battaglia abbattuto, come fece quantunque li domandasse aita, dove io fui quello; e lo sa Diomede, che lo rimisi a cavallo, sì come più d'una fiata v'ho rimesso lui e maggiormente (come è a ciascuno manifesto) sendo stato gettato in terra con una picciola botta da un povero saccomanno. Ma che a queste dicerie o signori greci?

Perché non più presto ci lasciate andare soli in quel luogo dove io gli feci questo beneficio, con l'arme della nostra differenza e quivi colui se l'abbia che se le saprà guadagnare? La qual cosa vi prometto non è per voler fare Ulisse, perché egli non è solito di pari fronte far prova del valor suo se non vi corre inganno o tradimento: e che ciò sia, quantunque lui fusse aiutato da me, nondimeno veggendomi una fiata circondato da molti con pericolo della vita, mi lasciò solo e fuggisene, rendendomi tal premio del ricevuto beneficio e dimostrando la sua codardia.

Perché non più presto ci lasciate andare soli in quel luogo, dove io gli feci questo beneficio, con l'arme della nostra differenza e quivi colui sol abbia che se le saprà guadagnare? La qual cosa vi prometto non è per voler fare Ulisse, perché egli non è solito di pari fronte far prova del valor suo, se non vi corre inganno, o tradigione: e che ciò sia, quantunque lui fusse aitato da me, nondimeno veggendomi una fiata circondato da molti con pericolo della vita, mi lasciò solo e fuggisene, rendendomi tal premio del ricevuto beneficio e dimostrando la sua codardia.

Oltra di ciò, essendo io con alcuni nobili a certo provedimento del campo, sopravenne Ettore, onde Ulisse, che era con noi, da tanta viltà e timore fu preso, che si pose in assetto per levar il campo: ma io discesi da cavallo e rattenni la furia di Ettore con molto mio onore. Voi sapete ancora, che esso Ettore, pochi dì innanzi la sua morte venne al campo domandando battaglia con uno uguale a sé, dove io, pregato da tutti voi, venni a singolar battaglia seco, il quale se da me non fu vinto, né io similmente rimasi vinto da lui.

Oltra di ciò essendo io con alcuni nobili a certo provedimento del campo, sopravenne Ettore, onde Ulisse che era con noi, da tanta viltà e codardia fu preso, che si pose in assetto per levar campo: ma io discesi da cavallo e rattenni la furia di Ettore. Voi sapete ancora, che esso Ettore, pochi dì innanzi la sua morte venne al campo domandando battaglia con uno uguale a sé, dove io, pregato da tutti voi, venni a singular battaglia con seco, il quale se da me non fu vinto, né io similmente rimasi vinto da lui.

Ma quest'ultima fiata che fu posto il fuoco nelle nostre navi, dovreste pur avere a mente se fu Ulisse che le salvò con la sua retorica o Aiace con la sua possanza. Adunque per i nostri navili, unica speranza da ritornare nelle nostre contrade, dalla virtù mia due fiate salvati, piacciavi di donarmi quest'arme; le quali (se però è a me lecito dirlo) riceveranno maggior gloria vestendo la mia persona, che quella di costui, avvenga che egli mi pare che voglia dire d'avere ucciso Reso re di Tracia e Dolone: ma dicavi egli in che guisa per accrescer gloria alla sua fama.

Ma quest'ultima fiata che fu posto il fuoco nelle nostre navi, dovreste pur avere a mente se fu Ulisse che le salvò con la sua retorica, o Aiace con la sua possanza. Adunque per i nostri navili, unica speranza da ritornare nelle nostre contrade, dalla virtù mia due fiate salvati, piacciavi di donarmi quest'arme: le quali (se però è a me lecito dirlo) riceveranno maggior gloria vestendo la mia persona, che quella di costui, avvenga che egli mi pare che voglia dire sé avere ucciso Reso re di Tracia e Dolone: ma dicavi egli in che guisa per accrescer gloria alla sua fama.

Prese di notte Dolone e domandandoli de' fatti de' troiani, egli le promisse di dirli tutto se l'assicurava della vita; assicurollo Ulisse, onde egli raccontò come i troiani avevano preso qualche buona speranza, perché Reso con certi cavalli bianchi era venuto in loro soccorso; i quali cavalli, se potevano bere dell'acque del fiume Xanto, era fatato Troia non poter esser presa.

Prese di notte Dolone e domandandoli de' fatti de' troiani, il quale promesse di dirli tutto se l'assicurava della vita; assicurollo Ulisse, onde egli raccontò come i troiani aveano preso qualche buona speranza, perché Reso con certi cavai bianchi era venuto in lor soccorso; i quai cavalli, se poteano bere della acqua del fiume Xanto era fatato Troia non poter esser presa.

Ma come Dolone ciò ebbe detto subito lo uccise, mantenendoli in simil guisa la fede; poscia nel tempo di notte, in compagnia di Diomede, perché solo non averebbe avuto tanto ardire, andarono nelle tende di Reso, però che i troiani non l'avevano voluto ricever dentro per sospetto di qualche inganno e quivi mentre ch'egli dormiva, Ulisse l'ammazzò menandone i cavalli nell'essercito greco.

Ma come Dolone ebbe così detto subito lo uccise, mantenendoli in simil guisa la fede; poscia nel tempo di notte, in compagnia di Diomede, perché solo non arebbe avuto tanto ardire, andarono nelle tende di Reso (però che i troiani non l'aveano voluto ricever dentro per sospetto di qualche inganno) e quivi mentre che egli dormiva, Ulisse l'ammazzò menandone i cavalli nell'oste greco.

Et queste sono le sue prodezze, alle quali so certo che è per aggiugnere come egli per opera di Antenore, il quale ricevé Diomede e lui in casa sua vestiti da pellegrini nella città di Troia, ne riportò il palladio, ingannando Eleno sacerdote, figliuolo del re Priamo, il quale, disse dopoi Ulisse, non averlo voluto uccidere per esser stato sempre autore della pace e di far restituire Elena. Ma tutte queste cose, che egli potrà dire d'aver fato a beneficio de' Greci, tutte le ha fatte in compagnia di Diomede: però se di quest'arme lo riputate degno, la maggior parte (e siavi a mente) si deve a Diomede, perché più di lui se le ha meritate.

E queste sono le sue prodezze, alle quali so certo che è per aggiugnere, come egli per opera di Antenore, il quale ricevè Diomede e lui in casa sua vestiti da pellegrini nella città di Troia, ne riportò il palladio, ingannando Eleno sacerdote, figliuolo del re Priamo, il quale, disse dopoi Ulisse, non averlo voluto uccidere per esser stato sempre autore della pace e di far ristituire Elena. Ma tutte queste cose, che egli potrà dire d'aver fatto a beneficio de' Greci, tutte l'ha fatte in compagnia di Diomede: però se di quest'arme lo riputate degno, la maggior parte (e siavi a mente) si deve a Diomede, perché più di lui se l'ha meritate.

E tanto più, come meglio di me vedete, che a Ulisse non fa d'arme mestiero, per esser tutto il suo esercizio di notte e con inganni: non gliele dovete dare ancora, se non amate che sia subito dagli nimici preso, perché sopra l'elmo d'Achille v'è una cresta d'oro che riluce fortemente, onde non andando egli se non di notte, sarà veduto e sicuramente preso.

E tanto più, come meglio di me vedete, che a Ulisse non fa d'arme mestiero, per esser tutto il suo esercizio di notte e con inganni: né gliele dovete dare ancora, se non amate che sia subito dagli nimici preso, perché sopra l'elmo d'Achille v'è una cresta d'oro, che riluce fortemente, onde non andando egli se non di notte, sarà veduto e preso di colta.

Oltra che, se voi gliele date, il soverchio peso di quelle l'ucciderà: percioché, come potrà egli mai portare sopra la debol testa elmo così grave e nelle deboli mani asta così grossa? Come potrà il debole Ulisse giamai portare quello scudo di dieci cuoi coperto, sopra cui è scolpita la imagine del mondo? Certo se altro non gliene accade, i troiani veggendo così nobil arme l'uccideranno per furarsele, onde egli e se stesso sarà cagione di morte. Ma perché volete dare l'arme a costui che ha anche lo scudo che recò da casa, sano e salvo, dove che sendo il mio tutto fracassato e rotto, le merito più di lui? Ora signori miei per non tenervi più a tedio, poiché la volontà vostra mi ha ridotto a contender con parole, con le quali so dover rimaner vinto da costui, questo solo per grazia vi dimando: che mandiate quest'arme vicino alle porte di Troia e colui se l'abbia che se le saprà guadagnare con virtù propria.

Oltra che se voi gliele date, il soverchio peso di quelle l'ucciderà: percioché, come potrà egli mai portare sopra la debol testa elmo così grave e nelle debol mani asta così grossa? Come potrà il debole Ulisse giamai portare quello scudo di dieci cuoi coperto, sopra cui è scolpita la immagine del mondo? Certo se altro non gliene accade, i troiani veggendo così nobil arme l'uccideranno per furarsele, onde egli a se stesso sarà cagione di morte. Ma perché volete dare l'arme a costui che ha anche lo scudo che recò da casa, sano e salvo, dove che sendo il mio tutto fracassato e rotto, le merito più di lui. Ora signori miei per non tenervi più a tedio, poiché la fortuna e la voluntà vostra m'hanno ridotto a contender con parole, con le quali so dover rimaner vinto da costui, questo solo per grazia vi domando: che mandiate quest'arme vicino alle porte di Troia e colui se l'abbia che se le saprà guadagnare con virtù propria.

Dopo questo l'altro che rappresentava la persona d'Ulisse, levatosi in piede a guisa d'uomo grave e sapiente, pose gli occhi in terra, poscia levatogli con modo dimesso riguardò pietosamente tutti i circostanti senza formar parola, per accattar benevolenza, indi con acconcie parole così prese a dire.

Doppo questo, l'altro che rappresentava la persona d'Ulisse, levatosi in piede a guisa d'uomo grave e sapiente, pose gli occhi in terra, poscia levatogli con modo dimesso riguardò pietosamente tutti i circostanti senza formar parola, per accattar benivolenza, indi con acconce parole così prese a dire.

Se il nostro Achille, o miei signori, fusse vivo, come tutti desideriamo, non accaderebbe fare altra contesa all'arme sue, perché, siccome egli le possederebbe, noi ancora possederemmo lui. (E qui fece sembiante di singhiozzare e pianger forte, per accattare maggior benevolenza)

Se il nostro Achille, o miei signori fusse vivo, come tutti desideriamo, non accaderebbe fare altra contesa all'arme sue, perché, siccome egli le possederebbe, noi ancora possederemmo lui. E qui fece sembiante di singhiozzare e pianger forte, per accattare maggior benivolenza,

Poscia così seguitò:

- Ma perché l'iniqua sorte n'ha spogliato della sua gran possanza, che è adunque che più debba succedere ad Achille, di colui che quivi condusse Achille? Però signori miei prego che vi piaccia che il rozzo parlare e la grossezza e goffezza della lingua che aiace stesso confessa, non li sia giovevole:

poscia così seguitò. Ma perché l'iniqua sorte n'ha spogliato della sua gran possanza, chi è adunque che più debba succedere ad Achille, di colui che quinci condusse Achille? Però signori miei prego che vi piaccia che il rozzo parlare e la grossezza e grossezza della lingua che Aiace stesso confessa, non li sia giovevole:

perché il popolo suol molte volte porgere aita a coloro che non sanno così bene esprimere i loro concetti. E similmente se alcuna facondia è in me, fate che mi giovi sì come a tutti voi ha tante fiate giovato: la quale, se dalla altezza de' benigni dei m'è stata concessa, non la debbo dispreggiare e negli opportuni tempi mi deve esser giovevole.

perché il popolo suol molte volte porgere aita a coloro che non sanno così bene esprimere i lor concetti. E similmente se alcuna facondia è in me, fate che mi giovi, sì come a tutti voi ha tante fiate giovato: la quale, se dalla altezza de' benigni dei m'è stata concessa, non la debbo dispregiare, anzi come di cosa mia me ne debbo gloriare e negli oportuni tempi mi debbe esser giovevole.

Sebbene dispreggiar si devono quelle cose che nostre non sono, come i meriti degli avi e de' proavi, de' quali tanto si pregia Aiace, pensando di colmarsi d'una eterna lode, con dire d'esser sceso da Giove, che se questo fusse bastevole, ancora io nacqui di Laerte, che nacque d'Arcesio figliuol di Giove. Oltra di ciò de' miei niuno fu mai bandito dalla patria come Telamone padre d'Aiace e Peleo suo zio, perché uccisero Foco loro fratello.

Sebbene dispregiar si deeno quelle cose che nostre non sono, come i meriti degli avi e de' proavi, de' quali tanto si pregia Aiace, pensando di colmarsi d'una eterna lode, con dire sé esser terzo da Giove, che se questo fusse bastevole, ancora io nacqui di Laerte, che nacque d'Arcesio figliuol di Giove. Oltra di ciò de' miei niuno fu mai bandito dalla patria come Telamone padre d'Aiace e Peleo suo barba, perché uccisero Foco lor fratello.

E per madre ancora sono più nobil d'Aiace, perché Anticlia mia madre nacque di Mercurio; ma io non dimando l'arme per questi, che non sono nostri meriti: solo vi prego che sottilmente riguardiate chi di noi due ha fatto maggior beneficio alla republica ed a colui le doniate. Ne s'abbia similmente riguardo che Aiace sia cugino di Achille e che perciò come per erededità pervenghino l'arme a lui: perché quando ancora s'avessero a dare per eredità piuttosto a Peleo padre di Achille ovvero a Pirro suo figliuolo si dovrebbero. Ma perché non le dimanda Teucro fratello d'Aiace, ch'è similmente cugino d'Achille?

E per madre ancora son più nobil d'Aiace, perché Anticlia mia madre nacque di Mercurio; ma io non domando l'arme per questi, che non sono nostri meriti. Solo vi prego che sottilmente riguardiate cui di noi due ha fatto maggior beneficio alla republica ed a colui le doniate. Ne s'abbia similmente riguardo che Aiace sia cugino di Achille e che perciò come per redaggio pervenghino l'arme a lui: perché quando ancora s'evessero a dar per redaggio, piuttosto a Peleo padre di Achille, o a Pirro suo figliuolo si dovrebbero. Ma perché non le domanda Teucro fratel d'Aiace, ch'è similmente cugino d'Achille?

Perché è assai più savio d'Aiace, sapendo che quest'arme non si deveno dare se non a colui che per i suoi propri meriti n'è degno e non per affinità o nobiltà della schiatta. E s'egli è chiara cosa, ch'io ho fatto assaissime cose per il bene publico, in guisa che raccontarle tutte sarebbe opera di più giorni, nondimeno ve ne anderò pur raccontando alcuna, come intenderete. Voi sapete signori, che Tetis madre d'Achille conobbe che esso Achille doveva morire sotto a Troia e perciò mentre che dormiva lo trafugò vestito da femina e lo nascose nell'isola di Sciro fra le figliuole di Licomede, dove non era possibile ritrovarlo, se io con la mia industria non l'avessi ritrovato;

Perché è assai più savio d'Aiace, sapendo che quest'arme non si deveno dare se non a colui che per i suoi propri meriti n'è degno e non per affinità, o nobiltà della schiatta. Laonde egli è chiara cosa, ch'io ho fatto assaissime cose per il ben publico, in guisa che raccontarle tutte sarebbe opera di più giorni, nondimeno ve ne anderò pur raccontando alcuna, come intenderete. Voi sapete signori, che Tetis madre d'Achille conobbe che esso Achille dovea morire sotto a Troia e perciò mentre che dormiva lo trafugò vestito da femina e nell'isola di Sciro fra le figliuole di Licomede, dove non era possibile ritrovarlo, se io con la mia industria non l'avessi ritrovato;

però sendo premonito dall'oracolo dove dimorava Achille e dubitando, come fu, ch'egli in abito feminile non fusse fra queste figliuole di Licomede nascosto, a guisa di mercadante quivi mi condussi co 'l mio Diomede, avendo recato con meco molte cose da donne e similmente arme di più sorti sotto pretesto di volerle barattare. E fatto sapere a queste donzelle come un mercadante aveva desio di mostrare loro molte cose belle, fui chiamato e distesa la mia mercanzia, tutte ne vennero da me, che erano cinque, per vederla, con le quali vi venne finalmente Achille in forma di donzella.

però sendo premonito dall'oracolo dove dimorava Achille e dubitando, come fu, che egli in abito feminile non fusse fra queste figliuole di Licomede nascosto, a guisa di mercadante quivi mi condussi co 'l mio Diomede, avendo recato con meco molte cose da donne e similmente arme di più sorti sotto pretesto di volerle barattare. E fatto sapere a queste donzelle come un mercadante aveva disio di mostrar loro molte cose belle, fui chiamato e distesa la mia mercanzia, tutte ne vennero da me, che erano cinque, per vederla, con le quali vi venne similmente Achille in forma di donzella.

Onde tutte cominciarono qual a torre un specchio, quale un pettine e somiglianti; solo Achille maneggiava l'arme: ma perché egli amava Deidamia figliuola di Licomede: però se lui maneggiava l'arme, ella le maneggiava altresì e per questo io non sapeva ben discernere qual de' due fusse Achille.

Onde tutte cominciarono qual a torre un specchio, quale un pettine e somiglianti: solo Achille maneggiava l'arme. Ma perché egli amava Deidamia figliuola di Licomede: però se lui maneggiava l'arme ella le maneggiava altresì e per questo io non sapeva ben discernere cui de' due fusse Achille.

Allora mandai per un trombetta e gli ordinai che come fusse giunto da noi suonasse quanto sapeva più forte, come fece: per la cui cagione tutte queste donzelle fatte paurose fuggirono, solo Achille intrepido rimase; a cui seppi così ben dire, improverandoli come in simile abito offuscava la virtù sua e de' suoi progenitori, che lo condussi meco a Troia, dove ha fatto tante prove maravigliose, le quali non averebbe fatto altrimenti, se io non velo avessi condotto.

Allora mandai per un trombetto e gli ordinai che come fusse giunto da noi suonasse quanto sapea più forte, come fece: per la cui cagione tutte queste donzelle fatte paurose fuggirono, solo Achille intrepido rimase; a cui seppi così ben dire, improverandoli come in simil abito offuscava la virtù sua e de' suoi progenitori, che lo condussi meco a Troia, dove ha fatto tante prove marevigliose, le quali non avrebbe fatte altrimenti, se io non velo avessi condotto.

E che ciò sia, Achille ha morto Ettore, che era di Troia il fondamento e la fermezza che morto non l'averebbe s'io non vi avessi donato Achille; però donatemi le sue arme per tanto beneficio fatto alla republica o almeno non me le negate in ricompensa delle mie, ch'io gli diedi la prima fiata che arme si vestì.

E che ciò sia, Achille ha morto Ettore, che era di Troia il fondamento e la fermezza che morto non l'avrebbe s'io non vi avessi donato Achille; però donatemi le sue arme per tanto beneficio fatto alla republica, o almeno non me le negate in ricompensa delle mie, ch'io gli diedi la prima fiata che arme si vestì.

Oltra di questo dovete pur ricordarvi, come dovendo voi venire a Troia, non potevamo aver venti opportuni per la partita e dallo oracolo fatti certi che per aver venti bisognava placar la dea Diana co 'l sangue di Ifigenia figliuola di Agamennone, perciò che la dea era sdegnata con esso Agamennone, perché egli le aveva uccisa la sua cerva: onde io tanto feci, che lui fu contento donarmi la figlia, ma poscia (e qui fu tutta la difficoltà) la cavai delle tenere mani della madre, sotto colore di dovernela mandare a marito ad uno de' più prestanti eroi di tutta la Grecia e così fu sacrificata, onde soffiarono i venti in nostro favore che ne condussero qui, dove tanto ci siamo adoperati che Troia non può più durare, però tutte queste si possano dir opere mie, poiché per il mio solo operare siete quivi arrivati.

Oltra di questo dovete pur ricordarvi, come dovendo noi venire a Troia, non potevamo aver venti opportuni per la partita e dallo oracolo fatti certi che per avere venti bisognava placar la dea Diana co 'l sangue di Ifigenia figliuola di Agamennone: perciò che la dea era sdegnata con esso Agamennone, perché egli le avea uccisa la sua cerva: ond'io tanto feci, che lui fu contento donarmi la figlia; ma poscia (e qui fu tutta la difficultà) la cavai delle tenere mani della madre, sotto colore di dovernela mandare a marito a uno de' più prestanti eroi di tutta la Grecia e così fu sacrificata, onde soffiarono i venti in nostro favor, che ne condussero qui, dove tanto ci siamo adoperati che Troia non può più durare; però tutte queste si possano dir opere mie, poiché per il mio solo operare siete quivi arrivati.

Sapete ancora come andai intrepidamente nella città di Troia dinanzi al re Priamo ed accusando Paris del violato ospizio dimandai che Elena mi fusse restituita insiema con la preda, protestandoli che non lo facendo gliene incontrerebbe male; e passai tanto avanti nel dire, che Paris co' fratelli mi assalirono, dove se non mi fusse giovato il saper dir bene le mie ragioni, m'averebbero ucciso e lo sa Menelao, che si ritrovò presente a tanto pericolo. Che accade adunque, che io rinovelli ciò che io ho fatto a utilità della republica?

Sapete ancora come andai intrepidamente nella città di Troia dinanzi al re Priamo ed accusando Paris del violato ospizio domandai che Elena mi fusse restituita insiema con la preda, protestandoli che non lo facendo gliene incontrerebbe male; e passai tanto avanti nel dire, che Paris co' fratelli mi assalirono, dove se non mi fusse giovato il saper dir bene le mie ragioni, m'averebbero ucciso e lo sa Menelao, che si ritrovò presente a tanto pericolo. Che accade adunque ch'io rinovelli ciò ch'io ho fatto a utilità della republica?

Nondimeno se così giudicate far a proposito, ricordatevi signori, che il primo anno non conoscendo i troiani interamente le nostre forze, ci diedero assai che fare, per esser freschi e noi affaticati: però se allora Aiace combatteva e noi similmente combattevamo, ma poscia che si rinchiusero dentro né ha avuto più luogo il combattere, dicavi per gli Dei ciò che egli ha fatto? Dove che io col saper mio pongo insidie agli nimici o faccio cavar fosse e far ripari a danno loro o conforto i soldati a sofferir pazientemente i lunghi incomodi della guerra o conduco biade al campo, in guisa che per voi giorno e notte sono stato e tuttavia sono vigile e desto.

Nondimeno se così giudicate far a proposito, ricordatevi signori, che il primo anno non conoscendo i troiani interamente le nostre forze, ci diedero assai che fare, per esser freschi e noi affaticati; però se allora Aiace combattea e noi similmente combattevamo, ma poscia che si rinchiusero dentro né ha avuto più luogo il combattere, dicavi per gli Dei ciò che egli ha fatto? Dove che io col saper mio pongo insidie agli nimici, o faccio cavar fosse e far ripari a danno loro, o conforto i soldati a soffrir pazientemente i longhi incomodi della guerra, o conduco biade al campo, in guisa che per voi giorno e notte sono vigile e desto.

Oltra di ciò Agamennone qui presente se ne voleva ritornare in Grecia, perché Giove in sogno gli aveva predetto cattiva fortuna perseverando in questo assedio ed Aiace non solo non cercò dissuaderli tal pensiero, anzi fu il primo ad apparecchiar le navi per la partita, dove io dimostrando ad Agamennone altro che vergogna non dover riportare con noi dopo dieci anni partendoci e maggiormente avendo quasi Troia guadagnata, tanto feci, ch'egli raunato il parlamento, confortò ciascuno a perseverare nello assedio;

Oltra di ciò Agamennone qui presente se ne volea ritornare in Grecia, perché Giove in sogno gli aveva promessa cattiva fortuna perseverando in questo assedio e Aiace non solo non cercò dissuaderli tal pensiero, anzi fu il primo a adattar le navi per la partita, dove io dimostrando ad Agamennone altro che vergogna non dover riportar con noi doppo diec'anni partendoci e maggiormente avendo quasi Troia guadagnata, tanto feci , che egli raunato il parlamento, confortò ciascuno a perseverare nello assedio;

solo Aiace fu quello che disponeva i compagni alla partita, sì come faceva Tersite ancora, uomo di bassa sorte, a chi sapete bene la penitenza che gliene diedi: onde se da indi in qua s'è adoperato cosa alcuna utile a noi, si deve ascrivere a me tutta la lode, perché io fui cagione che niuno si partì da questa impresa. Ma non avete udito come Aiace mi riprende, perch'io vado co 'l saggio e valoroso Diomede figliuolo di Ideo re di Calidonia?

solo Aiace fu quello che disponea i compagni alla partita, sì come facea Tersite ancora, uomo di bassa sorte, a chi sapete ben la penitenza che gliene diedi: onde se da indi in qua s'è adoperato cosa alcuna utile a noi, si deve ascrivere a me tutta la lode, perché io fui cagione che niuno si partì da questa impresa. Ma non avete udito come Aiace mi riprende, perch'io vado co 'l saggio e valoroso Diomede figliuolo di Ideo re di Calidonia?

Considerate adunque quanta lode ed ornamento m'arrechi questa sua riprensione: primamente Diomede si degna ricevermi per compagno e per amico, poscia comunichiamo insieme tutti i nostri pensieri, la qual cosa non può esser più suave, né più cara, dove che Aiace si riman da per sé solo con la sua superbia, in guisa che non ritrova alcuno che voglia amicizia seco.

Considerate adunque quanta lode e ornamento m'arrechi questa sua riprensione. Primamente Diomede si degna ricevermi per compagno e per amico, poscia comunichiamo insieme tutti i nostri pensieri, la qual cosa non puole esser più suave, né più cara: dove che Aiace si riman da per sé solo con la sua superbia, in guisa che non ritruova alcuno che voglia amicizia con seco.

Mi riprende ancora per maggior scorno, che io vado di notte, né conosce egli il miserello, che alle difficili e gloriose imprese, maggior terrore e maggior pericolo soprasta la notte che il giorno: ma dicavi se quando andai per esplorare i fatti de' troiani, s'io non andai per sorte come lui o pur volontariamente?

Mi riprende ancora per maggiore scorno, ch'io vado di notte, né conosce egli il miserello, che alle difficili e gloriose imprese, maggior terrore e maggior pericolo soprasta la notte, che il giorno: ma dicavi se quando andai per esplorare i fatti de' troiani, s'io n'andai per sorte come lui, o pur voluntariamente?

Né cessa di riprendermi perché uccisi Dolone troiano, ma non dice egli che io lo uccisi per utilità publica, posciaché io l'ebbi ascoltato: perché quantunque io me ne fussi potuto ritornare, bastandomi di avere inteso da lui i segreti de' troiani, nondimeno per vostra maggior sicurezza andai nelle tende di Reso e quivi poi che ebbi ucciso esso Reso, presi i suoi cavalli avanti che avessero gustato i pascoli di Troia e bevuto dell'acqua del fiume Xanto, le quai due cose se avessero potuto fare era impossibil prender Troia: e quelli giunti al suo carro, me ne ritornai a guisa di trionfante.

Né cessa di riprendermi perché uccisi Dolone troiano: ma non dice egli che io lo uccisi per utilità publica, poscia che io l'ebbi ascoltato: perché, quantunque io me ne fussi potuto ritornare, bastandomi di avere inteso da lui i segreti de' troiani, nondimeno per vostra maggior sicurezza andai nelle tende di Reso e quivi poi che ebbi ucciso esso Reso, presi i suoi cavalli avanti che avessero gustato i pascoli di Troia e bevuto dell'acqua del fiume Xanto, le quai due cose se avessero potuto fare era impossibil prender Troia: e quelli giunti al suo carro, me ne ritornai a guisa di trionfante.

Come adunque mi potete negar queste arme? Che direte ancora di Serpedone e d'altri re e signori morti dalle mie mani? Onde egli è pur segno, ch'io non son fuggitivo, di che fanno anche fede le fresche piaghe ch'io porto nel petto, il che non potrò dire Aiace, il quale in tutto questo assedio non ha versato una goccia di sangue: però mi duole che egli attribuisca a sé tante lodi e maggiormente d'aver salvato le nostre navi, poiché tutti sappiamo che al lor soccorso si trovò Patroclo non più di due milia.

Come adunque mi potete negar queste arme? Che direte ancora di Serpedone e d'altri re e signori morti dalle mie mani? Onde egli è pur segno ch'io non son fuggitivo, di che fanno anche fede le fresche piaghe ch'io porto nel petto, il che non potrà dire Aiace, il quale in tutto questo assedio non ha versato una goccia di sangue: però mi duole che egli attribuisca a sé tante lodi e maggiormente d'aver salvato le nostre navi, poiché tutti sappiamo che al lor soccorso si trovò Patroclo non più di due milia.

Oltra di questo egli dice (e negar non si puote) che combattè con Ettore: ma non dice però che vi andasse per sorte, percioché eravamo nove imbossolati, che avevamo solo cura di contrastare alla persona d'Ettore, fra quali vi sarei andato io ancora se la sorte m'avesse dato, sì come andò lui senza recarne cosa di guadagno, essendosi distaccato da Ettore senza farli offesa alcuna.

Oltra di questo egli dice (e negar non si puote) che combattè con Ettore: ma non dice però che vi andasse per sorte, percioché eravamo nove imbussolati che avevamo solo cura di contrastare alla persona d'Ettore, fra quali vi sarei andato io ancora se la sorte m'avesse dato, sì come andò lui senza recarne cosa di guadagno essendosi distaccato da Ettore senza farli offesa alcuna.

Inoltre Aiace non si vergogna dire che io non potrei portar l'arme d'Achille, con tutto che egli sappia che quando esso Achille viveva (della cui morte mai mi ricordo senza lagrime) fu una fiata molto stretto da una troppa calca di nimici, dove io lo soccorsi e recatomelo sulle spalle a buon salvamento lo condussi: e queste non sono menzogne, poiché anco vivono di quelli che vi si ritrovarono presenti.

Co tutto questo Aiace non si vergogna dire che io non potrei portar l'arme d'Achille, con tutto che egli sappia che quando esso Achille vivea (della cui morte mai mi ricordo senza lagrime) fu una fiata molto stretto da una troppa calca di nimici, dove io lo soccorsi e recatomelo sulle spalle a buon salvamento lo condussi: e queste non sono menzogne, poiché ancor vivono di quelli che vi si ritrovarono presenti.

Dello scudo ancora, volete voi che la dea Tetis madre del nostro valoroso Achille lo facesse fare e vi facesse sculpir dentro la imagine di tutto il mondo, accioché lo portasse Aiace, il quale non conosce niuna di quelle cose che dentro vi sono scolpite? Perché adunque dimanda egli l'arme che non conosce? Mi riprende ancora Aiace, ch'io non volevo venire allo esercito e ne riprende anche Achille, il quale non vi voleva similmente venire, stando con le figliuole di Licomede:

Dello scudo ancora, volete voi che la dea Tetis madre del nostro valoroso Achille lo facesse fare e vi facesse sculpir dentro la imagine di tutto il mondo, accioché lo portasse Aiace, il quale non conosce niuna di quelle cose che dentro vi sono sculpite? Perché adunque domanda egli l'arme che non conosce? Mi riprende ancora Aiace, ch'i non volea venire allo esercito e ne riprende anche Achille, il quale non vi volea similmente venire, stando con le figliuole di Licomede:

ma la nostra simulazione merita iscusa, perché la madre teneva Achille ed io era tenuto da Penelope mia mogliere, del cui amore ero sommamente preso e però mi dilettava allora di dimorar seco, con pensiero, come il mio appetito si fusse rallentato alquanto, di venir subito all'esercito, onde questo biasimo è comune fra me ed Achille.

ma la nostra simulazione merita scusa, perché la madre tenea Achille ed io era tenuto da Penelope mia mogliere, del cui amore era sommamente preso e però mi dilettava allora di dimorar con seco, con pensiero che come il mio appitito si fusse rallentato alquanto, di venir subito allo esercito: onde questo biasimo è comune fra me e Achille.

Né vi maravigliate signori, che costui improperi me solo, solo perché impropera tutti voi dicendo che io acciufai falsamente Palamede, perché ne segue che voi ancora falsamente lo condannaste. Similmente egli mi accusa di Filottete e n'accusa similmente voi, poiché senza la vostra disposizione non fu esposto nell'isola di Lenno, eppur vedete quanto sia stato utile questo mio consiglio:

Né vi maravigliate signori, che costui improperi me solo, perché impropera tutti voi dicendo che io accusai falsamente Palamede, perché ne segue che voi ancora falsamente lo condannaste. Similmente egli mi accusa di Filottete e n'accusa similmente voi, poiché senza la vostra disposizione non fu esposto nell'isola di Lenno eppur vedete quanto sia stato utile questo mio consiglio:

conciosiaché Filottete in nave sarebbe morto, dove che al presente sendo vivo, dell'opera sua c'è necessità più che bisogno, essendo stati premoniti dall'oracolo che lo dobbiamo condurre all'esercito; però sarà bene che Aiace vada per esso e faccia prova sé con la sua lingua grossa (la quale allora sarà di giovamento a' Greci, quando il fiume Simoente correrà a rovescio e la selva d'Ida nella primavera vedrassi senza fronde) saprà tanto umiliar Filottete corrucciato con tutti i Greci e particolarmente meco che lo conduca a noi.

conciosiaché Filottete in nave sarebbe morto, dove che al presente sendo vivo, dell'opera sua c'è necessità più che bisogno essendo stati premoniti dall'oracolo che lo dobbiamo condurre allo esercito; però sarà bene che Aiace vada per esso e faccia prova sé con la sua lingua grossa (la quale allora sarà di giovamento a' Greci, quando il fiume Simoente correrà a rovescia e la selva d'Ida nella primavera vedrassi senza fronde) saprà tanto umiliar Filottete crucciato con tutti i Greci e particolarmente con meco, che lo conduca a noi.

Dove che a me dà il cuore di condurlovi non altrimenti ch'io vi recassi il Palladio di Troia, tolto del cuore de' nemici; e similmente le ceneri del corpo di Laomedonte, le quai due cose doppo la morte di Ettore se si preservavano in Troia, come sapete, non era possibile prender Troia, dove che se si prende, io sono che la prendo, poscia ch'io l'ho ridotta in guisa che vincer si puote, riserbando però sempre la metà di queste lodi al mio Diomede, il quale, se non sentisse che il sapere si deve all'arme preporre, egli ancora avrebbe dimandato queste arme d'Achille, sì come avrebbe fatto Menelao e Teucro fratel d'Aiace, di lui assai più moderato e molti altri dei nostri in arme gloriosi, che hanno ceduto al mio consiglio. Venga adunque Aiace a far paragone della virtù sua con meco.

Dove che a me mi dà il cuore di condurlovi non altrimenti ch'i vi recassi il Palladio di Troia, tolto del cuore de' nimici; e similmente le cenere del corpo di Laomedonte, le quai due cose doppo la morte di Ettore se si preservavano in Troia, come sapete, non era possibile prender Troia, dove che le si prende, io sono che la prendo, poscia ch'io l'ho ridutta in guisa che vincer si puote, riserbando però sempre la metà di queste lodi al mio Diomede, il quale se non sentisse che il sapere si deve all'arme preporre egli ancora avrebbe domandato queste arme d'Achille, sì come averebbe fatto Menelao e Teucro fratel d'Aiace, di lui assai più moderato e molti altri dei nostri in arme gloriosi, che hanno ceduto al mio consiglio. Venga adunque Aiace a far paragone della virtù sua con meco.

Nondimeno non si può negare che egli non sia nelle battaglie fortissimo, ma questa sua fortezza gli riuscirebbe meglio se fosse temperata con parte del mio sapere, percioché lui combatte col corpo e io con la descrizione(27) e prevedendo con l'animo e provedendo sempre ove bisogna e però di tanto avanzo lui di quanto il capitano è da più del soldato.

Nondimeno non si può negare che egli non sia nelle battaglie fortissimo, ma questa sua fortezza gli riuscirebbe meglio se fusse temperata con parte del mio sapere, percioché lui combatte col corpo e io con la discrizione e con l'animo, provedendo sempre ove bisogna e però di tanto avanzo lui di quanto il capitano è da più del cavalliero.

Per le quai cose, o signori Greci, donate quest'arme al vostro Ulisse e per merito di tante altre fatiche, che ha sofferito qui tanti anni per voi, in guisa che siamo certi ormai d'aver vinto, avend'io tolto ai Troiani tutte quelle cose che potevano impedirci la vittoria. E così detto mostrò la fatata immagine di Pallade, detta Palladio e tacque.

Per le quai cose, o signor Greci, donate quest'arme al vostro Ulisse e per merito di tante altre fatiche, che ha sofferto qui tanti anni per voi, in guisa che siamo certi ormai d'aver vinto, avend'io tolto a' Troiani tutte quelle cose che poteano impedirci la vittoria. E così detto mostrò la fatata immagine di Pallade, detta Palladio e tacque.

 

Questa lunga filateria, che altri meglio direbbe diceria, non solo mi piacque, ma anzi gran diletto mi diede, perché considerando le azioni di costoro, io viddi un Aiace che presumeva vestirsi delle glorie altrui, usando la bravura per offuscare la mente soda e salda dell'Ulisse italiano, che con somma prudenza e con una flemma veramente italianissima e con la ragionevole e retta equità gli fece conoscere che qual è madre, tal è la figliuola e che tal minaccia, che ha paura.

Così fecero questi baroni di Campo di Fiore, di lega fina, per farmi vedere che erano calcanti eccellentissimi e che sapevano dar il filo ad un coltello, acciocché ben tagliasse e dicendo a chi tocca, tocca.

Affé che i manigoldi sono manigoldi e che gli uomini savi fanno le savie cose e sovente è prudenza singolare saper esser savio e pazzo a tempo e come ben si suol dire, commette al savio e lascia far a lui: perché, chi non lo sa, lo sappia, che con poco cervello si governo il mondo, ma quel poco dee esser pieno di rettitudine onorata e non come quello di costoro che furarono e furano tutto quello che potero e possono per servircene contra di me poco, anzi non poco accorta Giustina;

tuttavia gli feci vedere, che meglio di me non gliela poteva fare un dipintore e la ridussi fatta a pennello, perché nelle cose ardue e negli affari più importanti, alle volte conviene saper fare i piedi a' moscioni(28); e come dicea quello che quando bisognasse e'(29) farebbe gli occhi alle gatte: buona è la forza, ma meglio è l'ingegno, per operare qual si sia cosa, ma non già ad ruinas, ad rapinas, ad destructiones, che con questo vento non si conducono i passaggieri ove desiderano, perché il iusto vento distrugge le malvagità, come distrusse quelle del mio re don Grullo, che si preparava a sradicare tutto l'onor mio(30).

Ma io ch'ero favorita dal cielo, dissi che fusse con diligenza e subito apparecchiato il desinare, al che fare tutti furono ubbidientissimi, perché, ove si tratta di mangiare, ognuno corre, benché sregolati e senza niun ordine; ma questi furono regolatissimi e con ogni prestezza, atteggiando e scherzando che facevano quanto volevamo e che volevano loro. In ogni cosa mi ubbidivano, eccetto che nell'andar via, che indurgli a partirsi giamai potei farlo.

Di orden cómo se guisase de comer. Hiciéronlo, aunque sin orden, pero con tanta presteza que parece que de mohatra se les hacía cuanto querían. En todo me obedecían, si no es en irse poco a poco, que esto no se podía acabar con ellos.

Per assicurare adunque il mio dissegno, a poco, a poco e pian piano, se condo i passi e le occasioni (mentre mangiavamo) spesso gli dicevo:

- Amici, bevete allegramente, bevete, ch'è buono affé.

In ciò mi ubbidirono i traditori ben bene. Io, con occhi ridenti miravo il mio ammiraglioscavaliero re de' Guidoni e facevo che bevesse con un vaso nobile di corno indorato, ma di buona tenuta e dicevogli:

Para entablar mi juego, de trecho en trecho, y bien a menudo, les decía:

-Amigos, beban, y así lo llueven las viñas.

Yo, mirando al obispote, hacía que bebía con un vaso de cuerno, y decía:

- Mio signore, brindesi!

Ed in ciò lo solecitavo non poco, facendogli tre e quattro brindesi l'uno appresso all'altro. Lo signor scavaliero Grullo s'iscusava di bere con una grazia ch'era sua special continenza naturale ed era un dire:

-Brindis quoties. Beba el obispo y vaya arreo.

El obispo se excusaba de beber con una gracia que contenía mucho de naturaleza, y era decir:

- Facciami vostra signoria bere poco, perché io sono uno de' Grandi di Gierusalemme (e credo ch'egli non errasse).

Ma con tutto ch' e' non volesse, per compiacermi sempre bevea o poco o assai; bastarono questi molti pochi a fare unum satis, che gli offuscò il cervello di così fatta maniera, ch'egli aggiunse silabe all'abecedario della sua furbesca guidoneria; e così seguitando il gioco si ridusse ad aver trentauno, con il re in mano. Di un tanto favore sia reso grazie ad un pugno di sale, ch'io gettai nel boccale del suo vino.

Dicevami il vigliaccone:

-De vino, poco, que soy patriarcha de Jerusalén.

Mas, aunque le amargaba, todavía por mi contemplación bebió unos polvillos, los que bastaron para añublársele el celebro y aun para añadir algunas erres al abecedario de su Bigornia. El que menos, ya estaba a treinta y uno con rey; ello, las gracias sean dadas a ciertos puños de sal que eché en el jarro. Decíame el obispo don Pero:

- Ahi Giustina mia, che mi sento nello stomaco una gran massa si sale, perché tutto è molto salato.

Et io tra me stessa dicevo:

-¡Ay, mi Justina, que en todo eres un terrón de sal!

Decía yo para conmigo:

- affé ch'ei dice la verità.

Ma rispondendogli dissi:

- Non può essere signore, eppure vossignoria dice la verità, che anche il vino pare del sapore della carne salata, le vivande sono troppo saporite.

-Verdad dice éste, pues aun el vino, a pura sal está echado en cecina.

Insomma vi so dire che ognuno era ben acconcio e di tutto punto; anzi, per meglio acconciarsi accrescevano il condimento regalandosi l'uno con l'altro ed a garra servendosi di coppiere e di tal maniera che non uomini, ma leoni parevano; solo il mio re don Grullo inghiottiva più sorsi di saliva, che d'ogni altra cosa e credo che nel guardarmi solamente ei consumasse una libra d'occhi e nel dirgli che presto s'ispedissero, un'altra di lingua ed ad ogni boccone ne tranguggiavano altri tanti e più di finissima guidoneria e sì fattamente, che le loro furberie multiplicavano più di cento per cento;

Ya que todo estaba guisado y a punto, hizo señal el señor bigornio mayor, y todos escanciaron y comieron como unos leones; sólo mi obispo tragaba más bocados de saliva que de otra cosa, y pienso que en mirarme gastó una libra de ojos y en decirles que se diesen priesa otra de lengua. No dudo sino que tras cada bocado que ensilaban los de la Bigornia le daba su reloj las ciento;

ma eglino (come della festa che si faceva non avevano da trasporvi altra cosa che ne' solchi delle loro pancie, umetandole col vino, perché nel di fuori stati erano rinfrescati dalla copiosa rugiada della notte, onde erano per appunto e dentro e fuori, come cembali ben bagnati) andavano prolungando il tempo; per il che io ne sentivo tanto più gusto, quanto maggior pena e rabbia aveva il signor ammiraglio re de' Briconi; e tra le burle ed i giuochi, che cotesti suoi guidoni facevano, sempre io fui sollecita in farle bere molte e molte volte, il che egli fece così spesso, che invece di dire alli suoi cortesani, ispeditevi presto fratelli, gli diceva:

- Spellate esto raratelli du don erante.

mas ellos, como de la fiesta no habían de sacar otra cosa que entremesar a las panzas, y como las traían húmedas del rocío y humedad de la noche, y daban de sí como panderos mojados, iban dando alargas al tiempo, de lo cual recibía yo tanto gusto como el obispo pena y rabia. Entre burlas y juego, siempre yo muy cuidadosa con que bebiese el obispo y fuese arreo. Hízolo el obispo a tan buen son, que ya, por decirles daos mucha prisa, hermanos, decía:

-Daos murria perra, hernandos.

Già ch'ebbero fatte, rifatte e ritornate a far le cazze e molto bene datto il maneggio a' boccalli, gli allegri giovanotti si misero a dire molte cosarelle tonde e ritonde e senza verun ordine e non trascorsero molto, che perderono l'r, troncavano le parole di sì fatta maniera, che né loro, né io sapevamo ciò che dire volessero, per il che sentivami morire dalle gran risa che io facevo, essendoché in me non v'era più timore, perché aveva egli pagato l'affitto e se n'era andato in Barberia: volli dire in Bevagnaria.

Ya que tuvieron rehechas las chazas y hechas las rechazas, los buenos de los mozalbetes decían donaires. No metían letra, y si alguna metían era ces y erres. Hacíanme quebrar el cuerpo de risa, que ya el miedo había pagado el alquiler de la casa y ídose a Berbería.

{Azioni diverse degli studenti ubbriachi.} Uno che non aveva saliera nelle mani, gettò quantità grande si sale in terra e quivi salmorizavasi carne di castrato che giuzzava e guzzava sopra l'erba, che sendo sopra un prato, pareva castrato verde e per esser sopra la terra pareva negro e tutto insieme era verdenegro.

Uno, que no tenía salero a la mano echó cantidad de sal en el suelo, y allí mojaba el carnero que, por ser sobre yerba, salía carnero verde, y por ser sobre tierra, negro, y por todo salía verdinegro.

Un altro faceva suppa nel vino con fette sottili di carne salata e per non isporcarsi o bagnarsi si serviva d'alcune ossa invece di dita, di forcina o di cucchiaro.

Otro hacía sopas de vino con briznas de cecina y sacábalas usando de huesos como de cuchara.

Altri bevevano in una scarpa, troppo nobil cosa sarebbe stata per simil gente, anzi in una ciabatta, perché questi scapestrati, se non al primo, al secondo rompevano i bicchieri, non già di vetro, né di cristallo, ma bensì di legno poco odorifero.

Otros bebían con un zapato, porque, a segunda vuelta, voltearon las copas. Era hacienda hurtada, que se logra poco.

{Nobiltà di montagna quale.} Cotesta è una nobiltade di montagna, la più nobile che sia in tutte queste parti che per eccellenza di grandezza usano di bere, come fanno gli asini nelle secchie o conche di legno. Tutti sono hidalghi, cioè ben nati, cittadini e gentiluomini; sono come le dita delle mani, le parole non pagano dazio, ognuno s'aiuti co' suoi ferri. Et tanto s'aiutarono costoro nell'ubbidire al lor signore, che senza coscienza e verun rispetto usurparono le robbe altrui, come se sue fussero state: e non è maraviglia se scialacquavano e bagordavano con sì poco timore, riverenza ed onore, che peggio fare non potevano. Era robba rubbata, che presto va e poco si gode.

{Niuno s'ubbriaca del vino di casa.} Et vedendo il lor smisurato consumare e la ritiratezza civile del mio re don Grullo, che poco aveva bevuto, ancorché molto ubbriaco, posi silenzio generale, dicendo:

- Caen, caen, invece di dire callen callen; ch'è a dire, cadete cadete, invece di dirgli, tacete, tacete (aggiungasi questa voce al vocabolario di Bargas, ch'è bella). Poteva ben dire, botte mia, vita mia ed è pur vero che niuno si ubbriaca mai del vin di casa; l'altrui è quello che fa gran danno. Averebbono bevuto Arno e Cinciglione, se d'acqua fusse divenuto vino. {Ogni grano d'uva ha tre vinacciuoli e che cosa siano.} Ma non sapevano eglino che ogni grano di uva ha tre vinacciuoli, uno di sanità, uno d'allegrezza ed uno di ubbriachezza.

Ya viendo sus demasías el enfrenado y compuesto Pero Grullo, menos bebido, aunque más beodo, puso general silencio, diciendo:

-¡Carren! ¡Carren!

Por decir callen, callen. Averigüe Vargas el vocabulario.

Cotesti scapestrati vigliachi, come quelli ch'erano fitti e confitti nella terra di Babilonia, anzi nella loro istessa confusione, nulla rispondevano, perché non s'intendevano tra essi, né essi intendevano lui, né lui intendeva loro. Si poteva giuocare a chi più mal intende e peggio risponde: ciascuno di loro poteva ben dire io ti odo, ma non t'intendo. In simili linguaggi non vi trovarebbe il bandolo Vaquàtù. Cotesta era una matassa talmente intricata, che peggio era di un lamberinto: ma eglino erano più intricati che un pulcino nella stoppa.

Los mozuelos, como estaban metidos en la erre de Babilonia y su confusión, no le respondían, porque ni se entendían ni le entendían.

Allora il mio re, divenuto monarca, divenne molto più colerico ed adirato; alzò una mano in alto (che tra loro e nella lor favella, era un parlar furbesco e muy picaresco ed era un indizio d'imperativo modo, un modo di comandare con autorità suprema) {Vanno sul carro così ubbriachi.} onde tutti ubbidientissimi s'aviarono verso il carro mio, non però dirittamente, ma bensì circolarmente a piombin perché facevano digressioni di testa, parentesi di corpo e non mai punto fermo co' piedi.

Entonces el monarca, muy enojado, alzó una mano, que entre ellos y en su habla jacarandina era indicio de imperativo modo en la manera de mandar, y con esto se recogieron todos derechamente al carro, aunque no tan derechamente ni tan por nivel, que no hicieran algunas digresiones de cabeza, paréntesis de cuerpo y equis de pies.

Finalmente giunsero e salirono sopra il carro ubbriaco o gli ubbriachi sul carro.

Ya entraron todos, con que el carro quedó en cueros, o los cueros en el carro.

Quello di che molto temei, che il carrettiero non gli precipitasse giù della carretta, perché anch'egli era molto ben acconcio e non meno di loro.

Lo que yo temí mucho fue que el carretero los había de despeñar, porque había cargado la mano más que todos, y aun la cabeza, y iba atacado hasta la gola.

Egli così caminante e mobile de' piedi, che una ruota di mulino non va così presto come egli veloce andava e mutava gli piedi suoi: dava tali rivolgimenti e così presti che il vento è men veloce di lui e se urtava in alcuna cosa o cadeva per terra, era con tanto strepito e fracasso, che tanto non ne faceva Rodomonte combattendo:

El obispo me escudereaba y llevaba de la mano al carro, aunque no tenía él poca necesidad de quien se la diese, para reparo de los muchos traspiés que a cada paso daba. No he visto pies de goznes, si aquellos no. Daba vueltas, como mona en fin, y una vez dio una que pensé se despuntara las narices, que las tenía sobresalientes un poco, y aun un mucho.

Il mio ammiraglio re don Grullo con molta gentilezza mi voleva servire di scudiero, accioché in andando alla carretta mi appoggiassi a lui; {Descrizione del re Grullo ubbriaco.} ma egli aveva molto più bisogno d'appoggio, che non avevo io, perché nel caminare andava un passo avanti, uno e mezo di traverso e due adietro, che pareva un argento vivo che mai stava saldo con la persona e manco co' piedi e sovente sospirava come un tedesco, molto rutantemente.

El obispo me escudereaba y llevaba de la mano al carro, aunque no tenía él poca necesidad de quien se la diese, para reparo de los muchos traspiés que a cada paso daba. No he visto pies de goznes, si aquellos no. Daba vueltas, como mona en fin, y una vez dio una que pensé se despuntara las narices, que las tenía sobresalientes un poco, y aun un mucho.

e una volta tra le molte diede così gran caduta con la faccia nella terra, ch'io credei che egli si fusse rimaso senza naso e che la testa fosse andata in mille pezzi; e dopo alquanto malamente, anzi ubbriacamente rizzandosi diritto, ma non fermo sui piedi diceva:

- Ahi mia signora, ch'io ballo e salto per vostro amore; ed in un medesimo punto ricadeva e nel levarsi in piedi ritornava a cadere e cadendo diceva:

- O vel salasso o vella calderola.

In luogo di dire: "O bel salto o bella cavriola".

Si vedeva ben egli che le sue cadute erano di giusto peso e ch'era per l'ubbriachezza tutto sosopra e per iscusare la sua debolezza, il povero ammiraglio diceva:

- Porti rason.

Ed io gli risposi:

El bien vía que eran caídas de más de a marca, que era beodo reflejo, que son los peores, mas por excusar su flaqueza, decía el pobre obispote:

-Justina, por ti ranso.

Respondíale yo:

- Veggo signore, che per amor mio danzate, ma quel ch'io vorrei, che vostra signoria non mi facesse tante riverenze di capo, piegature di ginocchia e trastagliature di piedi, accioché non vi si ponesse la corona regale guernita di sonagli in capo, perché mi dispiacerebbe che si dicesse che il vino ha mutato la frasca e non la frasca il vino: percioché dopo il dolce viene l'amaro e dietro al fumo vien la fiamma, così va che li più savi men sanno.

-Ya veo que por mí danza su señoría, sino que no quisiera yo que hiciera tantas reverencias ni que llevara los cascabeles en la cabeza y corona.

A me per dire il vero, mercé alla diligenza ed accortezza mia, tutte le burle che gli feci, passarono bene e non furono di poca considerazione per effettuare i miei disegni. Quando lo vidi che a misura colma aveva preso l'orso e non andava innanzi, ma caminava all'indietro come fanno i gambari, mi posi a dargli tali urtoni e spinte, che lo ridussi alla carretta; e perché le mie spinte erano spesse e gagliarde, si querelava meco balbutendo con la doppia lingua, che maledetta quella parola che io potessi intendere mai.

Yo, para decir verdad, mis ciertas mamonas le armé hacia los pies, y no fueron de poco efeto, que maldita la que me salió en vano. Cuando se caía hacía mí, dábale un envioncito hacia el otro lado, diciendo unas veces:

-Ox, que no pica,

Y otras:

-Allá darás rayo, que este lado es de ladina.

Finalmente quando piacque a Dio salì sulla carretta tutto franto e con più sonno che amore: ma prima ch'egli vi montasse sopra, cadette molte volte dando percosse crudeli in terra. Eccolo sul carro lungo disteso ed acciò più presto e meglio dormisse, lo copersi con il suo mantello. La bertuccia dorme, alta e profondamente. Vedeteli qui tutti, non più uomini, ma guidoni e scimmiotti ubbriachissimi;

Con estas estaciones y revelladas llegó al carro hecho pedazos, con más sueño que amor. Para subirle al carro le di de pie tres veces, y él otras tantas de cabeza, y cada vez que se levantaba, decía:

-¡Upa, que desta entro!

Ya de pura lástima hice a mi maña que le sirviese de grúa y metíle en el carro, y yo tras él, tan sin miedo cuan sin tardanza y sin peligro. Reclinéle sobre las capas, sobre las cuales comenzó a dormir la mona alta y profundamente.

Veslos aquí; todos duermen en Zamora;

sola la figlia di Diego Diez è in cervello e tutta vigilante, però non senza profitto, perché se nel carro (come appresso vederai) chiapparono il gatto, affé che pagarono l'occa.

 

sola la hija de Diego Díez velando. Pero no sin provecho, pues, según ya verás en el carro que cogieron el gato, pagaron el pato.

 

Moralità

 

Gli uomini cattivi, pieni e colmi di vizi, senza punto porvi pensiero ubbidiscono al demonio e più di biona voglia si sottopongono a' suoi sateliti e diabolici ministri, che agli uomini dabbene, a' veri cristiani ed a' ministri di Dio. Quel è il padrone, a cui servono, tali sono i premi che tirano. Sappiasi che non ha il palio chi non corre: e non s'incoronase non chi combatte virtuosamente.

 

 

 

 

 

 

Aprovechamiento

 

Los malos, como tienen dada la obediencia al demonio, sujétanse de mejor gana a sus ministros que a los de Dios, mas cual es el dueño a quien sirven, tales son los gajes que tiran.

 

 

 

 

 

 

DEGLI UBBRIACHI GUIDONI BURLATI
 
 
 


Número tercero
 
De los beodos burlados
 

Octava de consonantes hinchados, y difficiles

 

La fama con sonora y clara trompa

publique por princesa de la trampa

la gran Justina Diez, que con gran pompa

vuelve su rebenque en sceptro(31): y le estampa,

la que usa del rebenque como trompa,

la que llueve azotes, y no escampa

la que de su carreta hace palenque

y sceptro lanza y trompa del rebenque.

O fama cuyo accento el orbe encampa

tu sombrío clarín(32) no se interrompa,

hasta ver la picaresca estampa,

(no digo en papel puesta do(33) se rompa,

o en letra de escribano que haga trampa.

Sino en peña, en quien no se corrompa)

Memoria de un triumfo tan illustre

Con el siguiente mote por mas lustre.

 

Mote.

 

Justina triumfó de ocho beodos,

echándolos del carro a azotes todos.

 

Giustina vedendo il re don Grullo con la sua camerata sepolto nell'ubbriachezza si vale dell'occasione e con leggiadra maniera facendoli fuggire tutti si libera dalle loro mani. Num. III.

 

Octava de consonantes hinchados y difíciles

 

La fama, con sonora y clara trompa,

Publique por princesa de la trampa

La gran Justina Díez, que con gran pompa

Vuelve su rebenque en sceptro y le estampa.

La que usa del rebenque como trompa,

La que llueve azotes y no escampa,

La que de su carreta hace palenque,

Y sceptro, lanza y trompa del rebenque.

¡Oh fama, cuyo acento el orbe en campa!

Tu sombrío clarín no se interrumpa

Hasta ver la picaresca estampa,

No digo en papel puesta, do se rompa,

O en letra de escribano, que haga trampa,

Sino en peña en quien no se corrompa

Memoria de un triunfo tan ilustre,

Con el siguiente mote por más lustre:

 

Mote

 

Justina triunfó de ocho beodos,

Echándolos del carro a azotes todos.

 

Quando le necessitadi sono improvise e quasi che repentine e subite, la megliore risoluzione, {Donne uniche nel consigliare d'improviso.} il più sano rimedio ed i megliori consigli sono quegli che danno le donne. Et siccome l'uso della ragione è più pronto e presto così le nostre deliberazioni sono più mature, vivaci e risolute. Mille volte vederai in gravissimi affari offerirsi accidenti ed occasioni improvise e subite, a cui per ritrovargli il vero e presto rimedio, uniche ed illustri sono le donne.

Cuando las necesidades son repentinas, las mejores trazas y remedios son los que las mujeres damos, ca así como el uso de la razón en nosotras es más temprano, así nuestras trazas son las que más presto maduran. Mil veces verás en los entremeses ofrecerse necesidad de trazas repentinas y, por la mayor parte, las dan mujeres, que son únicas para de repens.

{Simili.} Il discorso perfetto e le risoluzioni subite delle donne sono come il presto corso del coniglio, che nel principio è velocissimo; o come i rondoni o meglio, come la soldatesca francese, che ne' suoi primi assalti è presta ed invincibile. {Come dipinsero gli antichi la prima donna.}

Es el discurso y traza de la mujer como carrera de conejo, que la primera es velocísima, o como envión de francés, que el primero es invencible.

Tutto ciò vollero dire gli antichi, quando dipinsero sopra il capo della prima donna una viola, il qual fiore è il primo che nella primavera appaia sopra la terra. Diceva un gentil ingegno: {Perché le donne parlino presto e con voce sottile e scrivono tardi e grossamente.}

Esto quisieron decir los antiguos cuando pintaron sobre la cabeza de la primer mujer un almendro, cuyas flores son las más tempranas.

Decía un discreto:

- Le donne, perché pensate che parlino presto e con voce sottile e scrivono grossamente, tardi e male? Io ve lo dirò. Ciò avviene perché quello che parlano, è improviso e nelle cose improvise e repentine sono elleno acute e sottili. Per questo hanno la loro pronunzia piacevole, dolce e sottile.

Ma perché nel considerare e pensare sono tarde nelle risoluzioni, perciò divengono incapaci nell'esplicare i loro concetti e nel prendere partito irresolute e massimamente quando s'ha da porre in carta, ch'è azione da considerarsi molto: e per questo scrivono pian piano, malamente e con noia.

-¿Las mujeres, por qué pensáis que hablan delgado y sutil y escriben gordo, tarde y malo? Yo os lo diré: es porque lo que se habla es de repente y, para de repente, son agudas y subtiles, por esto es su voz apacible, sutil y delgada. Mas porque de pensado son tardas, broncas e ignorantes, y el escribir es cosa de pensado, por eso escriben tardo, malo y pesado.

Dico questo a proposito, perché io ebbi due occasioni per appigliarmi alla riuscita de' miei disegni: l'una fu il fuggirmene con ogni prestezza; e l'altra il vedermi ridotta ad uno estremo termine di strettezza e vaglia la verità, ad un sicuro porto e traccia di fare i fatti miei conforme al mio desio.

Digo esto a propósito que tuve dos ocasiones para dar una galana traza: la una el cogerme de repente, y la otra el verme tan apretada; mas a la verdad, la mayor fue el ver que tan a mi salvo podía trazar.

Laonde veggendo costoro tutti ubbriacchi marzi ed il carrettiere più di ogni altro, il primo colpo ch'io feci, fu il dargli due mostaccioni tremendi, perché lo viddi che tanto s'aveva egli scordato di me, quanto via più di se stesso. Con questi due colpi di diritto e di rovescio, gli scaturì dallo stomaco un ruscello di vino, con tanto impeto, fettore e furore, che pose gran spavento alle mie povere mule.

Viéndolos todos beodos, y al carretero más que a todos, lo primero que hice fue darle un torniscón por verle tan fuera de mí como de sí. Con el golpe arrojó una espadañada de vino que espantó a las mulas.

Subito gli rapii dalle mani il nervo e le redini con le quali governava le mule e battendolo fortemente con esso gettai giù del carro a terra lo stolto ubbriaco: ed il colpo fu così spaventevole, ch'egli restò privo della parola ed io senza alcun travaglio. Sentirono di ciò le mule grandissimo alleggierimento e consolazione, ma a me s'accrebbe il travaglio.

Toméle el rebenque o látigo con que gobernaba las mulas y con él derribé mi carretero en el duro suelo. El golpe fue grande, con el cual quedó sin habla y yo sin pena. Sintieron las mulas notable alivio. Volaban, pero más mis pensamientos.

{Ubbriachi sono fuggiti sin dalle bestie.} Il viaggio che il malvaggio carrettiere aveva preso sin allora, era stato (per mia ventura) tale che mi trovai vicina meza lega alla mia terra; e ciò sapevo, perché alcune volte sin collà ero stata insieme con mia madre: e similmente non potevo errare, perché le mule sapevano meglio di me il camino e credo ch'elleno per ricondurmi a casa, da lor posta mi vi condussero.

El camino que el carretero había traído hasta allí no iba apartado del de mi pueblo más que sola media legua, y yo le sabía, porque algunas veces le había andado viniendo con mi madre, y también la una mula sabía el camino.

Veggendomi così vicina, cominciai, facendo il carrettiere, a bastonare le mule, le quali non essendo pigre, la strada buona e piacevole e sollecitandole con il nervo, caminarono così bene, che in meno di meza ora entrai nella mia terra con la carretta carica con quegli ubbriachi otri di vino, senza mai punto moversi, come se incastrati od inchiodati fussero stati nella stessa carretta. Quando io mi viddi nella mia terra cominciai a pensare quello ch'io dovevo fare; e molto più a quello ch'io dovevo dire nell'entrare con essi pel mezo di tutto quel popolo.

Piquéla, y como las mulas no eran nada lerdas el camino apacible el azote menudo el cuidado grande, caminaron de modo que en espacio de dos horas pude meter por mi pueblo esta carretada de odres, sin más sentido ni movimiento que si fueran insertos en la misma carreta.

Se mi offerse nella mente, se dire io dovessi: guarda la volpe, guarda, guarda la volpe; io te lo dico perché chi non mira a' fatti suoi, mira a' fatti d'altri e chi non vuol goder libertà, gode schiavitudine, se tu hai il coltello pel manico, tienlo saldo, non ti fidar al consiglio altrui a prenderlo pel filo, che affé tu ti taglierai le dita ed il danno sarà il tuo.

Questo mio pensiero non mi sodisfaceva e però giudicavo che meglio fusse il dire: chi v'è che voglia comperare otri pieni di vino? {Perro Grullo, cioè cane abbaiante.} O se meglio fusse il dire: ora entra tutta la guidoneria picaresca, con il picaro don Pietro Grullo (per altro nome nominato anche l'ammiraglio scavalierato). Ma per maggiormente ispaventargli e tanto più vendicarmi, nell'entrare io mi risolsi fortemente gridando dire: {Invenzione di Giustina per vendicarsi de' suoi rapitori.}

Yo comencé a pensar cómo diría al entrar con ellos por medio de mi pueblo. Ofrecióseme si diría: ¡Guarda las zorras! O si diría: ¿Quién compra cueros? O si diría: ¡Fuera, que entra la Bigornia y Pero Grullo! Mas para espantarlos bien y vengarme mejor, me resolví en entrar dando voces y diciendo:

- Corra, corra, venga, venga qui la giustizia, che costoro sono ladroni ch'hanno rubbato le mule e la carretta in Areniglia!

Et quanto dicevo era più che vero, essendo eglino picari vigliacchi della lega più fina della doppia spagnuola. gridai tanto forte e con una voce tanto risuonante, che potevo essere udita sono nel consiglio reale di Zamora.

-¡Aquí de la justicia, que estos bellacos robaron la mula y el carro en Arenillas!

Y era así verdad, como lo viste. Hícelo así, y con tales voces que las pudieran oír en el real de Zamora.

Gli ubbriachi al suono rimbombante della mia strepitosa voce si risvegliarono tremanti e paurosi e tanto più veggendosi nel mezo della piazza di Mansiglia; onde come pecore e senza alcun riguardo anzi con grandissima furia si gettavano giù dalla carretta. Questo fu il primo atto della ubbriacante canaglia, a me di sommo gusto, perché nel gettarsi dalla carretta davano in mezo al fango stramazzoni orribili e dopo il primo cadette il secondo con così fiero colpo, che non solo s'isporcò come un porco, ma per essere il fango liquido diede al primo una risciacquata tale, che tutto lo dipinse e rinfrescò sì fattamente che l'un l'altro assomigliavano al picaro Gusmano, quando il signor Porco lo portò e precipitò in un lago di tenero fango dentro di Roma(34); ed a ciascun di loro avenne lo stesso, anzi pel desiderio che eglino avevano di fuggirsi dai miei rigorosi gridi e nervate, ricadendo e risciacquandosi davano così risuonanti e tuonanti cadute l'uno presso l'altro, che facevano un armonioso concerto;

Los beodos, con mis grandes voces, despertaron despavoridos, y como reconocieron que estaban en medio de la plaza de Mansilla, castigados por mi mano y aun por la de Dios, como los de Senacherib, acudían a derribarse del carro a toda furia. Esta era la primera estación, y no poco gustosa, porque al echarse del carro, daban temerarios zarpazos y sonaban a cueros que se enjaguan, y los más dellos chocaban por salir con toda prisa y huir de mis rigores.

{Diletto bestiale, ma ridicolo d'una gaza.} come far soleva una piacevole gaza, la quale veggiendo inghistarre o bicchieri di vetro o pentoline di terra cotta, con gentil destrezza giù della credenza o della mensa rotolandoli cader li faceva in terra e con attenzione e diletto stava ad udire il suono e risuono delle cadute cose, poscia per il molto gusto ch'ella aveva, si dava così graziosamente a ridere, che induceva uomini sensati a smascellarsi dalle risa: così io, che a forza di gagliarde bastonate li facevo rotolare giù della carretta, stavo poi attenta ed intenta ad udire il risuonante suono e tuono delle cadute loro; e ciò avveniva loro, perché ancora non avevano digerito il vino.

Como los cuervos mansos y traviesos suelen derribar un vidrio, vaso o copa y volver el oído para percebir con gusto el sonido, así yo, aunque a rebencazos los derribaba, volvía el oído a percebir el sonido del golpe.

Insomma a bene ed onoratamente vivere ci fa mestiero di porre studio di usare la modestia in tutte le azioni: se non vuoi salir ancor tu, lettor mio, come fecero questi vigliacchi, sopra la mia carretta ed essere spettacolo di riso a tutte le genti e se brami di fuggire da tanto biasimo, apprendi questi miei ammaestramenti, che qui ti pongo, che se gli osserverai, non sarai giuocolare de' fanciulli, come furono costoro. (35)

 

Di quanto danno e disonore sia il soverchio bere vino; e l'astenersi di quanto giovamento sia.   

 

Per bene ed onestamente conversare con gli uomini vale molto l'astenersi dalla copia del vino. {Utilità che apporta il vino e ciò come.} Se temperatamente il vino si beve, augumenta il calor nativo, assottiglia l'ingegno, fa penetrar il cibo, rallegra il cuore, conforta lo stomaco e ristaura le forze: {Danni che apporta la ubbriachezza.} ma se smoderatamente è bevutto a chi s'avezza debilita il capo, lega la mente, ottenebra la vista, rilassa i nervi, stempera il fegato, genera spasimo, abbatte i sensi, corrompe il fiato, muove il vomito, intrica la lingua e toglie la memoria.

A bene ed onestamente usare con gli uomini vale molto l'astenersi dalla copia del vino. Se temperatamente il vino si beve, augumenta 'l calor nativo, assotiglia l'ingegno, fa penetrar il cibo, rallegra il cuore, conforta lo stomaco e ristaura le forze. {Quanto è biasimevole e dannosa l'ubbriachezza.} Ma se smoderatamente è bevuto a chi vi s'avezza debilita il capo, lega la mente, ottenebra la vista, rilassa i nervi, stempera il fegato, genera spasimo, abbatte i sensi, corrompe il fiato, muove il vomito, intrica la lingua e toglie la memoria.

Quinci le frenesie, le vertigini, le smanie e le repentine morti derivano. Guai a voi, che siete gagliardi nel bere e forti ad ubbriacarvi. Pazzia volontaria è l'ubbriachezza, perciò di doppio gastigo si puniva colui che ubbriaco commetteva qualche errore, l'uno per l'aver bevuto troppo, l'altro per lo misfatto che n'era seguito. Niuna cosa più laida ed indegna si può vedere d'un ubbriaco.

Quinci le frenesie, le vertigini, le smanie e le repentine morti derivano. Guai a voi, che siete gagliardi nel bere e forti ad inebbriarvi, grida Esaia. Pazzia volontaria è l'ubbriachezza, perciò di doppio gastigo si puniva colui che inebbriato commettea qualche errore, l'uno per l'aver bevuto troppo, l'altro per lo misfatto che n'era seguitato. Niuna cosa più laida ed indegna si può vedere d'un ubbriaco.

{Spartani nimici della ubbriachezza.} Li spartani solevano a' loro figliuoli presentar quegli ch'erano vinti dal vino, accioché con sì diforme esempio se n'astenessero. Non vogliate ubbriacarvi di vino, nel quale è la lussuria della carne. Considerate che quanto il vino moderatamente bevuto dimestica e mitiga gli animi austeri e rigidi, tanto più bevuto oltremodo a furoti, a stragi ed a pazzie i mortali precipita. O quanto è dannosa la vinosità, posciaché più vili delle bestie ci rende.

Li spartani soleano a lor figliuoli presentar quegli ch'erano vinti dal vino, accioché con sì deforme essempio se n'astenessero. Non vogliate imbriacarvi di vino, nel quale è la lussuria della carne, dice l'Apostolo. Considerate che quanto il vino moderatamente bevuto dimestica e mitiga gli animi austeri e rigidi, tanto bevuto oltremodo a furor, a stragi ed a pazzia i mortali precipita. O quanto è dannosa la vinosità, posciaché più vili delle bestie ci rende.

{Bacco, come finto da' poeti.} Finsero i poeti Bacco con le corna condotto da tigri per la bestiale ferocità e per li temerari atti, ai quali l'ubbriachezza conduce gli uomini. {Il vino è specchio dell'animo.} Nel vino, come in uno specchio, si veggono le loro nature: essendo quello specchio dell'animo, come il cristalo è specchio del corpo. {Ubbriachi impotenti al generare.} Questi bevitori hanno il seme loro debole, a guisa di vino sciapito, sfiatato e disutile per esser molto difettoso e refrigerato; e seppur generano, dal lor seme nascono creature stupide, bambine di stucco ed insensate; che de' maschi per la tardità e poca copia di spiriti grazia non hanno. Tutti quegli accidenti che a' congelati avvengono, sogliono avvenir agli ubbriachi, percioché essi tremano, impallidiscono, balbettano, si muovono ponderosi e spesso risoluti e paralitici stramazzano.

Finsero i poeti Bacco con le corna condotto da tigri per la bestiale ferocità e per li temerari atti, ai quali l'ubbriachezza conduce gli uomini. Nel vino, come in uno specchio, si veggion le lor nature: essendo quello specchio dell'animo, come il cristallo è specchio del corpo. Questi beoni hanno il seme loro debole, a guisa di vin cercone, sfiatato e disutile per esser molto difettoso e refrigerato; {Ebbri impotenti al generare.} e seppur generano, dal lor seme nascono creature stupide, bambine di stucco et insensate; che de' maschi per la tardità e poca copia di spiriti grazia non hanno. Tutti quegli accidenti che a congelati avengono, sogliono avenir agli ebbri, percioché essi tremano, impallidiscono, balbettano, si muovono ponderosi e spesso risoluti e paralitici stramazzano.

Sciocco ed importuno è il parlar dell'ubbriaco, un suon di parole senza mente, un cianciume da nulla, un garrir insipido e confuso, un furor ed un'insania ridicola. Il fine suo è il far villania, il parlar disonesto, il soperchiare ed il sonacchiare: cose tutte lontane dalle grazie e dalle muse. Un sorso delle lor acque e non i molti che si fanno di vino, infonde lo spirito poetico. Se Bacco non è inacquato dalle ninfe del sacro monte, non poco nuoce: ferisce egli e percuote ed imperversa gli animi. Che danni non ha dato l'ubriachezza? Ella ha condotto al macello genti bellicose ed invitte. Ella ha abbattuto le mura pertinacemente per molti anni difese. Ella ha posto i più contumaci ed indomiti popoli sotto l'altrui mani. Ella finalmente ha debellato gli eserciti più feroci. Che più?

Sciocco, importuno e fatuo è il parlar dell'ebbro, un suon di parole senza mente, un cianciume da nulla, un garrir insipido e confuso, un furor ed un'insania ridicola. Il fine suo è il far villania, il parlar disonesto, il soperchiare ed il sonnacchiare: cose tutte lontane dalle grazie e dalle muse. Un sorso delle lor acque e non i molti che si fanno di vino, infonde lo spirito poetico. Se Bacco non è inacquato dalle ninfe del sagro monte, non poco nuoce. Ferisce egli e percuote ed imperversa gli animi. Che danni non ha dato l'ubbriachezza? Ella ha condotto al macello genti bellicose ed invitte. Ella ha sbarrato le mura pertinacemente per molti anni difese. Ella ha posto i più contumaci ed indomiti popoli sotto l'altrui mani. Ella finalmente ha debellato gli esserciti più feroci. Che più?

{Alessandro Magno fu vinto dal vino.} Colui che né per scabrosità di monti, né per difficoltà di passi, né per rigor di verno, né per assalto di nemici, né per malvagità di tempo, né per rapidezza di fiume, né finalmente per tempesta di mare mai potette esser vinto, dopo l'aver acquistato nome di Magno tra i Greci, fu da quella sua favorita erculea tazza e fatale atterrato. Non picciolo scorno colui si acquista, che vince gli uomini e poi si lascia vincer dalla bote. Qual altra cosa corrupe Marc'Antonio quel triumviro ch'ebbe sì nobil natura e sì grand'animo? Quale dico lo sviò dalla romana frugalità, se non l'amor del vino?

{Alessandro Magno fu vinoso.} Colui che né per scabrosità di monti, né per difficoltà di passi, né per rigor di verno, né per assalto di nemici, né per malvagità di temporale, né per rapidezza di fiume, né finalmente per tempesta di mare mai potette esser vinto, dopo l'aver acquistato nome di Magno tra greci, fu da quella sua favorita erculea tazza e fatale atterrato. Non picciolo scorno colui si acquista, che vince gli uomini e poi si lascia vincer dalla botte. Qual altra cosa corruppe Marc'antonio quel triumviro ch'ebbe sì nobil natura e sì grand'animo? Quale dico lo sviò dalla romana frugalità, se non l'amor del vino?

Non lo alterò tanto Cleopatra, quanto il perverso suo costume di ubbriacarsi. L'ubbriachezza il fece nemico della republica sua; quella lo soggiogò a' nemici; quella istessa l'incrudelì in maniera che tutto che fusse pieno di vino e satollo essendogli presentate le teste dei primi della città, mentre era a tavola fra le delicatissime vivande e regali delizie, nel riconoscer le faccie de' poscritti, si mostrò tutto sitibondo di sangue. Se avesse sobrio commesse queste cose, intolerabil sarebbe, quanto men tolerabile facendole egli ubbriaco?

Non lo alterò tanto Cleopatra, quanto il perverso suo costume d'imbriacarsi. L'ubbriachezza il fece nemico della republica sua; quella lo soggiogò a nemici; quella istessa l'incrudelì in maniera, che tutto che fusse pieno di vino et satollo essendogli presentate le teste de' primi della città, mentr'era a tavola fra le dilicatissime vivande e regali delizie, nel riconoscer le faccie de' poscritti, si mostrò tutto sitibondo di sangue. Se avesse sobrio commesse queste cose, intolerabil sarebbe, quanto men tolerabile facendole egli ubbriaco?

{Accidenti degli ebbri.} S'imbizzarriscono gli animi nella bibacità, divengono audaci e come ferini. Legata è la mente, i piedi vacillano, la lingua si ingrossa e le mani brillano di far qualche insulto. Vedete che insani accidenti son questi. Alla fonte di Parnasso e non alle boti del vin dolce finsero i poeti che s'acquistasse lo spirito poetico. Col fuoco l'oro e col vino l'animo umano si prova e conosce. Se alcuno non desidera di diventar pazzo perché si accatta la pazzia col bicchier in mano? Se i governatori delle castella e delle città, se i nocchieri, se i maestri di campo, di casa o de' giovani s'empiono il capo di vino, ogni cosa cade, si scompiglia e confonde. Non infestano sì fieramente Aquilone ed Ostro il mar della Libia, come il vino oltremodo bevuto conturba l'animo umano.

{Accidenti degli ebbri.} S'imbizarriscono gli animi nella bibacità, divengono audaci e come ferini. Legata è la mente, i piedi vacillano, la lingua s'ingrossa e le mani brillano di far qualche insulto. Vedete che insani accidenti son questi. Alla fonte di Parnasso e non alle botti del vin dolce finsero i poeti che s'acquistasse lo spirito poetico. Col fuoco l'oro e col vino l'animo umano si prova e conosce. Se alcuno non desidera di diventar pazzo, perché si accatta la pazzia col bicchier in mano? Se i governatori delle castella e delle città, se i nocchieri, se i maestri di campo, di casa, o de' giovani s'empion il capo di vino, ogni cosa cade, si scompiglia e confonde. Non infestan sì fieramente Aquilone ed Ostro il mar della Libia, come il vino oltremodo bevuto conturba l'animo umano.

Ciro il Vecchio essendo alloggiato in casa d'un certo suo amico, dimandato che cosa gli sarebbe piaciuta per cena, il pane solo (rispose) mi basta ed il sedere lungo un ruscello d'acqua limpida e fresca. Il vino (solea egli dire) è nemico d'ogni buon'opera, quando è fuor di misura bevuto. Alfonso re d'Aragona dimandato perché non avesse vino e bevendone, lo bevesse molto inacquato contra il costume di tutti i cortegiani e prencipi rispose:

- Il vino toglie il senno, senza il quale ragionevolmente non si può conservare il re e perciò non mi si conviene il dilettarmene.

Ciro il Vecchio essendo alloggiato in casa d'un certo suo amico, dimandato che cosa gli sarebbe piacciuta per cena, il pane solo (rispose) mi basta ed il sedere lungo un ruscello d'acqua limpida e fresca. Il vino (solea egli dire) è nemico d'ogni buon'opera, quando è fuor di misura bevuto. Alfonso re d'Aragona dimandato perché non bevesse vino e bevendone, lo bevesse molto inacquato contra 'l costume di tutti i cortegiani e prencipi, rispose:

- Il vino toglie il senno, senza 'l qual ragionevolmente non si può conservar il titolo di re; e perciò non mi si conviene il dilettarmene.

Ulderico di Casa Nuova, barone di Boemia ed il primo di quel regno d'auttorità e di ricchezze, non sì tosto che i suoi figliuoli avevano lasciato il latte, gli avezzò a bere vino: e non dava loro vini piccioli e leggieri, ma de' maggiori e de' più possenti, come Malvagie, Greco e simili. Onde essendo egli una volta dimandato dall'imperatore Federico perché ciò facesse, gli rispose: i miei figliuoli, quando saranno grandi, per essersi con loro gusto avvezzi a buonora al vino, sicuramente beranno quanto ne voranno, che non gli potrò nuocere, né far loro mal veruno. Tu l'intendi, disse l'imperatore; questo medesimo fece anco Mitridate: ma s'io avrò mai un figliuolo, s'egli non vorrà male al vino, io vorrò male a lui, perché il soverchio bere fa perdere la riputazione a ciuascuno e molto più a' principi.

Qual difetto scemò più la gloria del grande Alessandro, che l'essere disordinato bevitore ed amico del vino? Per quello uccise il più caro amico e fedele ch'egli avesse. Qual cosa cagionò la sanguinosa rissa de' Lapithi e de' Centauri? Quale (per tralasciar il favoloso essempio) ruppe il collo ad Elpenore? Quale fece precipitare Filostrato? Quale accelerò la morte ad Archesilao? Quale fece diventar pazzo Cleomene re de' Spartani? Quale fece perder il vigore a Lacide filosofo? Quale acciecò la vista a Dionigi il minore?(36) Sono alcuni che si vantano d'essere non meno strenui bevitori di Tiberio, di Cicerone il Giovane, che fu detto Tricongio e di Bonoso, del quale diceva Aureliano che non per vincere, ma per bevere era nato: ma che importa se vinti o trenta coppe di vino passino per la loro vesica? Insomma è un sacco questo nostro corpo.

Qual difetto scemò più la gloria del grand'Alessandro, che l'essere disordinato bevitore ed amico del vino? Per quello uccise il più caro amico e fedele, ch'egli si avesse. Qual cosa cagionò la sanguinosa rissa de' Lapithi e de' Centauri? Quale (per tralasciar il favoloso essempio) ruppe 'l collo ad Elpenore? Quale fece precipitar Filostrato? Quale accelerò la morte ad Archesilao? Quale fece diventar pazzo Cleomene re de' Spartani? Quale fece perder il vigore a Lacide filosofo? Quale acciecò la vista a Dionigi il minore? Quale fece decollar Giovanni Battista? Certo l'ubbrichezza. Son alcuni che si vantano d'essere non meno strenui bevitori di Tiberio, di Cicerone il Giovane, che fu detto Tricongio e di Bonoso, del quale dicea Aureliano che non per vivere, ma per bevere era nato. Ma che importa se vinti o trenta coppe di vino passino per la lor vesica? Insomma è un sacco questo nostro corpo.

Arrigo conte di Gorizia, essendo fuor di casa il canevaio, si mise a dare de' calci nell'uscio della cantina, di che riprendendolo Febo conte della Torre, che allevato s'era seco e pregandolo che gli lasciasse levare la serratura, gli disse: sta' cheto, che son io che ho sete e bramo di bere e non tu.

Leonardo Felsechio era ito a Lips, città di studio: dimandando di lui un suo cugino ad un studente s'egli aveva fatto buon profitto nelle scienze, colui gli rispose: Leonardo sta bene ed è riuscito un gran valent'uomo, percioché fra mille e settecento scolari che siamo in quel studio, esso porta il vanto di bere. Pensò di dargli una buonissima nuova, perché i Tedeschi di Sassonia hanno per costume, quando si ragunano insieme, di mettere a sedere nel primo luogo coloro che più bevono e questi tali sono i più onorati tra loro. Il senno poco vale, ove abbonda il vino.

Il vino fu dato da Dio per essilarar l'animo, non per inebbriarlo: per uso non per abuso, consciosiaché il berne sconciamente infama la conversazione, disonora la vita ed avilisce la dignità. Male va quando i prencipi si caricano di vino, percioché abbandonano il governo de' regni loro e si dimenticano della giustizia. {Quanto nociva sia la vinosità a' maestrati e sacerdoti.} Ai ministri del Tabernacolo del Tempio si Salomone era interdetto il bever vino a fine che per sì vergognosa colpa la memoria e l'intelletto in loro non vacillasse e meglio il culto divino osservassero. Oggi molti uomini di magistrato e di grado diventandone bevitori solenni, col lor essempio allargano il freno alla licenziosa lascivia de' giovani.

Il vino fu dato da Dio per essilarar l'animo, non per inebbriarlo: per uso, non per abuso, consciosiaché il berne sconciamente infama la conversazione, disonora la vita ed avilisce la dignità. Male va quand'i prencipi si carican di vino; percioché abbandonan il governo de' regni loro e domini e si dimenticano della giustizia. {Quanto sia nociva la vinosità a' maestrati e sacerdoti.} Ai ministri del Tabernacolo del Tempio di Salomone era interdetto il bever vino a' fine che per sì vergognosa colpa la memoria e l'intelletto in loro non vacillasse e meglio il culto divino osservassero. Oggi molti uomini di maestrato e di grado diventandone bevitori solenni, col lor essempio allargano il freno alla licenziosa lascivia de' giovani.

Tanto i vecchi bever ne dovrebbono, quanto basta a conservar il vigor della mente e non più, inebbriandosi essi più agevolmente de' giovani, colpa delle lor opilazioni e disseccamenti de' naturali meati. Questa vinosa licenza offende ogniuno: ma molto più chi non ha robusto il calor nativo. Perché non avendo le donne molto gagliarda la digestiva per l'imbecillità della loro innata caldezza e perché stimavano gli antichi e sobri romani, che di poco stimolo elle avessero bisogno per cader nell'impudicizia, l'uso del vino fu gran tempo alle loro matrone interdetto, onde era punita non meno quella che ne beveva, che l'adultera. Di che fece motto il poeta toscano Dante, dove dice:

 

Tanto i vecchi bever ne dovrebbono, quanto basta a conservar il vigor della mente e non più, inebbriandosi essi più agevolmente de' giovani, colpa delle lor opilazioni e disseccamenti de' naturali meati. Questa vinosa licenza offende ogniuno: ma molto più chi non ha robusto il calor nativo. Perché non avendo le donne molto gagliarda la digestiva per l'imbecillità della loro innata caldezza e perché stimavano gli antichi e sobri romani, che di poco stimolo elle avesser bisogno per cader nell'impudicizia, l'uso del vino fu gran tempo alle loro matrone interdetto. Ond'era punita non meno quella che ne bevea, che l'adultera. Di che fece motto Dante, dove dice:

 

Et le Romane antiche per lor bere

Contente furon d'acqua; e Daniello

Dispregiò cibo et acquistò sapere. (37)

 

Et le Romane antiche per lor bere

Contente furon d'acqua; e Daniello

Dispregiò cibo et acquistò sapere.

 

Gneo Domizio Romano, perché parve che la sua donna avesse bevuto più vino di quello che a lei per ristorarsi dell'infermità sua conveniva, le fece perder la dote. Et una gran matrona fu condannata a morir di fame per aver schiavato l'uscio della cantina. Tanto ebbero i Romani antichi in odio i vinosi, che per indegni dei publici onori e gradi li riputavano. Leggesi che a que' severi tempi Metello ruppe il capo alla donna sua con un bastone per aver ella bevuto vino. Il che conobbe dal fiato baciandola secondo l'uso permesso a' mariti e parenti, accioché sentissero se olivano di vino. Et pur non trovò chi lo riprendesse, nonché l'accusasse in giudizio.

Gneo Domizio Romano, perché parve che la sua donna avesse bevuto più vino di quello che a lei per ristorarsi dell'infermità sua conveniva, le fece perder la dote. Et una gran matrona fu condannata a morir di fame per aver schiavato l'uscio della cantina. Tanto ebbero i Romani antichi in odio i vinosi, che per indegni de' publici onori e gradi li riputavano. Leggesi ch'a que' severi tempi Metello ruppe 'l capo alla donna sua con un bastone per aver ella bevuto vino. Il che conobbe dal fiato baciandola secondo l'uso permesso a' mariti e parenti, accioché sentissero se olivan di vino. Et pur non trovò chi lo riprendesse, nonché chi l'accusasse in giudizio. {Donna che molto beve, cade in disonestà.}

Non ebbe la più forte machina Nicandro Scauro per espugnar il casto proponimento della sua Silvia, che per fortuna di mare gli era capitata, che la mescolanza di vini diversi e la dolcezza de' beveraggi, dalla quale tirata e presone più di quello che ad onesta giovane si richiedeva poco dopo ballando tutta riscaldata senza alcun ritegno di vergogna seco si giacque: ed anco

 

Non ebbe la più forte machina Nicandro Scauro per espugnar il casto proponimento della sua Silvia, che per fortuna di mare gli era capitata, che la mescolanza di vini diversi e la dolcezza da' beveraggi, dalla quale tirata e presone più di quello ch'ad onesta giovane si richiedeva poco dopo ballando tutta riscaldata senza alcun ritegno di vergogna seco si giacque ed anco

 

Infra i soavi e dilicati cibi,

Et le gran tazze d'or colme di vino

D'Enea s'innamorò la bella Dido.

 

Infra i soavi e dilicati cibi,

E le gran tazze d'or colme di vino

D'Enea s'innamorò la bella Dido.

 

Per questa ragione i persi, quando voleano pasteggiar e bever profusamente, non intromettean le lor donne, ma solo le meretrici. Nel celebrar il loro natale interdicevano il vino, come se fusse una gran scelerataggine il beverne. {Essempi di popoli intorno alla sobrietà.} I Candiotti ancora, li Spartani ed i Cartaginesi vietarono il vino a' soldati, accioché non avezzassero gli efferati animi loro all'insolenza. Et Platone fu di parere che alcuno, mentre durasse in magistrato, non ne bevesse. La qual colpa gli Ateniesi in un principe con la morte soleano punire. Più discreti furono gli Egizi, i quali usavano per legge di dare al loro re per ogni pasto una limitata misura di vino e niente più. Rigoroso fu il re Seleuco, al quale tanto dispiacque il vino, che lo vietava anco a gl'infermi v'era pena capitale ordinata da lui a chi ne bevea.

Per questa ragione i Persi, quando voleano pasteggiar e bever profusamente, non intromettean le lor donne, ma solo le meretrici. Nel celebrar il lor natale interdicevan il vino, come se fusse una gran sceleraggine il beverne. I Candiotti ancora, li Spartani ed i Cartaginesi vietarono il vino a' soldati, accioché non avezzassero gli efferati animi loro all'insolenza. {Essempi di popoli intorno alla sobrietà.} Et Platone fu di parere che alcuno, mentre durasse in maeistrato, non ne bevesse. La qual colpa gli Ateniesi in un prencipe con la morte soleano punire. Più discreti furono gli Egizi, i quali usavano per legge di dare al loro re per ogni pasto una limitata misura di vino e niente più. Rigoroso fu il re Seleuco, al quale tanto dispiacque il vino, che lo vietava anco a gl'infermi, come i Certosini oggi la carne e v'era pena capitale ordinata da lui a chi ne bevea.

La milizia de' Persi più acqua, che vino usava, perché furibonda e precipitevole non fusse. I Greci non aborrirono tanto il vino, che ne' convitti inghirlandati di frondi abondevolmente non ne bevessero e s'invitassero a gara (come oggi costumano i Tedeschi, i Poloni, i Moscoviti ed i Transilvani e più che mai gli Italiani e le altre nazioni non mondano nespole) invocando il favor degli Iddii, degli eroi e degli amici. Anzi quando di cose importanti della guerra volevano deliberare, allora con ampissime tazze colme di spumante e finissimo vino si ricreavano. Non erano però cotanto intemperati, che ne' venerei piaceri, come i Traci, dopo l'aver bevuto s'abbandonassero. Con tutto ciò dal vino, come da nemico domestico, guardar si dee, non essendo cosa che più faccia impazzire del troppo bere.

La milizia de' Persi più acqua, che vino usava, perché furibonda e precipitevole non fusse. I Greci non aborrirono tanto il vino, che ne' conviti inghirlandati di frondi abondevolmente non ne bevessero e s'invitassero a gara (come oggi costumano i Tedeschi, i Poloni, i Moscoviti ed i Transilvani e più che mai gli Italiani) invocando il favor degli Iddii, degli eroi e degli amici. Anzi quando di cose importanti della guerra voleano deliberare, allora con ampissime tazze colme di spumante e finissimo vino si ricreavano. Non erano però cotanto intemperati, che ne' venerei piaceri, com'i Traci, dopo l'aver bevuto s'abbandonassero. Con tutto ciò dal vino, come da nemico domestico, guardar si dee, non essendo cosa che più faccia impazzare del troppo berne.

Non può esser uomo dabbene colui che speso s'inebbria (diceva Zenone stoico) e perciò non è sicuro chi gli affida secreto; ma non però sempre chi s'inebbria rivela i secreti. S'inebbriarono Pisone e Cosso governatori di Roma, eppur mai non si lasciarono uscir di bocca cosa che Augusto e Tiberio a loro accomodata in secreto avessero. Ma questo fu (si può dire) miracolo. L'animo non è in suo potere quando è soperchiato dal vino. Come una bote piena di mosto, se non ha come essalare, scoppia e tutto quello che tien di riposto dentro si spalanca e divulga. Come non ponno ritener il cibo quegli che caricato s'hanno di vino, così non ponno serbare secreti che non gli communichino.

Non può esser uomo da bene colui che spesso s'inebbra (dicea Zenone stoico) e perciò non è sicuro chi gli affida segreto, ma non però sempre chi s'inebbra rivela i segreti. S'inebbriarono Pisone e Cosso governatori di Roma eppur mai non si lasciarono uscir di bocca cosa che Augusto e Tiberio a loro accommandata in segreto avessero. Ma questo fu (si può dire) miracolo. L'animo non è in suo potere quando è soperchiato dal vino. Come un doglio pieno di mosto, se non ha come essalare, scoppia e tutto quel che in fondo giace, dalla forza del caldo bollendo è cacciato al di sopra, così quando il vino nelle viscere d'alcuno bolle e vapora, tutto quel che tien di riposto dentro, si spalanca e divulga. Come ponno ritener 'l cibo quegli che caricato s'hanno di vino, così non ponno serbare segreti che non gli communichino.

Ogni uomo ordinariamente buono, nonché il perfetto savio, lo schifa, bastandogliene tanto che possa estinguer la sete e benché talvolta ne' convitti che durano in lungo, si mostra più giolivo ed ilare dell'usato, nondimeno non ne rimane ebbro. Infame cosa è che alcuno non considerando la virtù dello stomaco, beva tanto che inebbriato faccia cose delle quali sobrio s'arrossisca.

Ogni uomo ordinariamente buono, nonché il perfetto savio, lo schifa, bastandogliene tanto che possa estinguer la sete e benché talvolta ne' conviti che durano in lungo, si mostra più giolivo ed ilare dell'usato, nondimeno non ne riman ebbro. Infame cosa è che alcuno non considerando la virtù dello stomaco suo, beva tanto che inebbriato faccia cose delle quali sobrio arrossisca.

{Che cosa faccia il soverchio bere.} Il vino soverchio rende sfacciati, furiosi e pazzi gli uomini. Non è vizio così dissimulato e nascoso che il calor del vino non lo palesi.

Laonde maraviglia non è se le femine, che per vergogna si rimangono di peccare, quanto prima sono tocche dal vino, senza un rossore al mondo si spogliano della propria onestà. Né perciò cosa si può veder più sozza d'una femina ubbriaca. Cresce nel bere la superbia all'insolente e la violenza al crudele, la libidine all'impudico, la malignità all'invidioso ed al maledico la mordacità. Onde non senza cagione la mensa fu addimandata martorio, facendo più cose confessar il vino, che la fune(38).

{Che cosa faccia il soverchio bere.} Il vino soverchio rende sfacciati, furiosi e pazzi gli uomini. Non è vizio così dissimulato e nascoso, che 'l calor del vino non lo palesi. Laonde maraviglia non è, se le femmine che per vergogna si rimangono di peccare, quanto prima son tocche dal vino, senza un rossore al mondo si spogliano della propria onestà. Né perciò cosa si può veder più sozza d'una femina ubbriaca. Cresce nel bere la superbia all'insolente, la violenza al crudele, la libidine all'impudico, la malignità all'invidioso ed al maledico la mordacità. Onde non senza cagione la mensa fu addimandata martorio, facendo più cose confessar il vino, che la fune. Onde un certo poeta disse:

 

L'uomo che spesso il vin nel ventre ingorga,

Si desta al canto, al riso, al ballo, al gioco,

E dice quel che il non averlo detto

Fora assai meglio. Ond'a periglio tale

Trabocca, ch'a gran pena salvo n'esce.

 

Et è ben vero quell'antico proverbio, che ciò che ha il sobrio di riposto nel cuore, l'ebbro l'ha sulla lingua. Quale scemo di cervello tacque mai fra le tazze? disse Biante. Chi troppo beve diventa loquace e scuopritor di secreti. Qual cosa più svergognata e stomacosa si può vedere, che la umana mente dalla vinolenza affogata? Che brutto spettacolo è il vedere quegli che bevendo e ribevendo trattenuti si sono fin a meza notte alle tavole e dopo corcati a sol alto spirano ancor il vino indigesto, come se di fresco bevuto l'avessero, non sono essi più miserabili de' morti?

Et è ben vero quell'antico proverbio, che ciò che ha il sobrio di riposto nel cuore, l'ebbro l'ha sulla lingua. Quale scemo di cervello tacque mai fra le tazze? disse Biante. Chi troppo beve diventa loquace e scopritor di segreti. Qual cosa più svergognata e stomacosa si può vedere, che la umana mente dalla vinolenza affogata? Che brutto spettacolo è il veder quegli che bevendo e ribevendo trattenuti si sono fin a meza notte alle tavole e dopo corcati a sol alto spirano ancor il vino indigesto, come se di fresco bevuto l'avessero, non son essi più miserabili de' morti?

{Descrizione degl'ebbri.} Se parli con esso loro, non odono, non intendono e rispondono fuor di proposito. Et quando pur vogliono far alcuna cosa, non la sanno fare: non conoscono se stessi, il loro parlar è interrotto, confuso, mirano stortamente, non si ponno fermar sulle gambe, ogni cosa par loro che vada in giro e che siano portati col letto dove distesi si stanno, attorno, come se in un una correntissima ruota legati fussero. Ansiano i cattivelli e vanno carchi di vino voltandosi finché li purghi il vomito ovvero che il lungo e profondo sonno li soccorra. Intanto, come insensibili a crudo stomaco anelano e si lamentano. Qual sano di mente non vorrebbe anzi mille volte morire, che viver un giorno ebbro?

{Descrizione degli ebbri.} Se parli con essoloro, non odono: o se odono, non intendono e rispondono fuor di proposito. Et quando pur voglion far alcuna cosa, non la san fare. Non si conoscon se stessi. Il loro parlar è interrotto, confuso. Mirano stortamente. Non si pon fermar sulle gambe. Ogni cosa par loro che vadia in giro e che siano portati col letto dove prostesi si stanno, attorno, come se in un una correntissima ruota legati fussero. Ansiano i cattivelli e vanno carchi di vino voltolandosi finché li purghi il vomito, over che un lungo e profondo sonno li soccorra. Intanto, come insensibili a crudo stomaco anelano e si lamentano. Qual sano di mente non vorrebbe anzi mille volte morire, che viver un giorno ebbro?

Quando si scarica l'ubbriaco, ogni cosa pute di vino, il misero sghignazza, ciarla empie l'aria di rutti e con molti scoppi divenuto(39) puzzolente l'ammorba. S'addormenta alla fine a guisa di porco russando si fa sentire e quando pur si sveglia e smaltito n'ha l'imbriacatura facendo del giorno notte, perduto quel diletto che prima tracanando sentiva, sente a mormorare i famigliari di casa; la moglie confusa dolersi del disonor suo, gli amici che lo riprendono, i nemici che se ne ridono.

Quando si scarica l'ubbriaco, ogni cosa pute di vino, il misero sghignazza, ciarla empie l'aria di rutti e con molti scoppi di vento puzzolente l'ammorba. Se s'addormenta alla fine, a guisa di porco russando si fa sentire e quando pur si sveglia e smaltito n'ha l'imbriacatura facendo del giorno notte, perduto quel diletto che prima tracannando sentiva, sente a mormorare i famigliari di casa, la moglie confusa dolersi del disonor suo, gli amici che lo riprendono, i nemici che se ne ridono.

Qual vita mi si può mostrare più miserabile ed infelice di questa? L'essere beffato il giorno ed all'imbrunir della sera seguente ricadere nel medesimo fallo, parvi che sia un'insania d'ogni castigo degna? Madre degli adulterii e delle fornicazioni è l'ubbriachezza, ignominia de' convitti, danno de' poveri, ministra del demonio, tempesta del corpo, fanciullezza de' vecchi bevoni, naufraggio della vergogna, torbidezza de' sensi e fomento dell'ira e della crudeltà Non è cosa più turpe dell'ebbro, ridicolo ai servi, ridicolo ai nemici, miserabile agli amici, vituperabile appresso di tutti, piuttosto bestia che uomo è chi s'inebbria.

Qual vita mi si può mostrare più miserevole ed infelice di questa? L'esser beffato il giorno ed all'imbrunir della sera seguente ricader nel medesimo fallo, parvi che sia un'insania d'ogni gastigo degna? Madre degli adulterii e delle fornicazioni è l'ubbriachezza, ignominia de' conviti, danno de' poveri, ministra del demonio, tempesta del corpo, fanciullezza de' vecchi beoni, naufragio della vergogna, torbidezza de' sensi e fomento dell'ira e della crudeltà. Non è cosa più turpe dell'ebbro, ridicolo ai servi, ridicolo ai nemici, miserabile agli amici, vituperevole appresso di tutti. Piuttosto bestia che uomo è chi s'inebbra.

{Dissuasione dell'ubbriachezza.} A che fine col fumo e con la nebbia dei vapori del vino intenebrar la luce della mente? Indegni di perdono sono gli ebbri, posciaché a bell'opra perdono il dono dell'intelletto e della ragione, gravano il capo e cattivano l'anima. Un cane, un asino è miglior assai dell'ubbriaco e più tollerabile.

{Dissuasione dall'ebbrezza.} A che fine col fumo e con la nebbia de' vapori del vino intenebrar la luce della mente? Indegni di perdono sono gli ebbri, posciaché a bell'opra perdono il dono dell'intelletto e della ragione, gravano il capo e cattivano l'anima. Un cane, un asino è miglior assai dell'ubbriaco e più tolerabile.

Noè veggendosi in una orribile solitudine dopo il diluvio lasciato con la famiglia e coprendosi a lui la terra, fatta sepoltura commune di cadaveri di uomini e di bestie, tutta ignuda, squalida e disertata dall'acque tutto dolente mosso a pietà dell'altrui miserie, si andava divisando come potesse in una sì grande aflizione consolarsi alquanto. Perché datosi alla coltura de' campi, piantò la vigna e prendendo de' grappi dell'uva ne trasse il vino, l'uso del quale ancora conosciuto non era, avvegna che fin da principio creata fosse la vite da Dio e ne bevè, ma non sapendo con che misura bevere si dovesse, essendone egli il primo bevitore, per ignoranza s'inebriò.

Noè veggendosi in una orribile solitudine dopo 'l diluvio lasciato con la famiglia e scoprendosi a lui la terra fatta sepoltura commune de' cadaveri d'uomini e di bestie, tutta ignuda, squallida e disertata dall'acque, tutto dolente mosso a pietà dell'altrui miserie, si andava divisando come potesse in una sì grande aflizzione consolarsi alquanto. Perché datosi alla coltura de' campi, piantò la vigna e prendendo de' grappi dell'uva ne trasse il vino (l'uso del quale ancora conosciuto non era, avvegna che fin da principio creata fusse la vite da Dio) e ne bevve: ma non sappiendo con che misura bevere si dovesse essendone egli il primo bevitore, per ignoranza s'innebbriò.

Et pur fu giusta ed escusabile la ebbriezza sua, come quella di Loth, allora che non sapendo con le figliuole gravato dal vino si giacque; peroché per divina disposizione fu la gravidanza loro permessa. Et per certo quei peccati ci condannano, i quali conoscendo e volendo facciamo gravissimo peccato ed inescusabile è inebriarsi: conoscendo noi la virtù del vino, il quale di soverchio bevuto mette in servitù l'uomo creato signore di tutte le altre creature e di ragionevole ed operatore di bene quasi morto e peggio che morto lo lascia.

Et pur fu giusto ed escusabile fu l'ebbrezza sua, come quella di Loth, allora che non sappiendo con le figliuole gravato dal vino si giacque; peroché per divina disperazione fu la gravidanza loro permessa. Et per certo que' peccati ci condannan, i quali conoscendo e volendo facciamo. Gravissimo peccato ed inescusabile è l'inebbriarsi: conoscendo noi la virtù del vino, il quale di soverchio bevuto mette in servitù l'uomo creato signore di tutte l'altre creature e di ragionevole ed operatore di bene quasi morto e peggio che morto lo lascia.

I morti non ponno operare né ben, né male, gli ebbri solamente sogliono operare male. Non si trovano trattati sì sconciamente quelli che piegati dalla battaglia all'alloggiamento portati sono, come l'ubbriaco. Ognuno lo biasima, ognuno lo schernisce e lo maledice, chi pecora e chi buffalo, chi di viver indegno e chi escremento di natura lo chiama. Et perciò disse il savio: il principio della vita dell'uomo è l'acqua, il pane, la veste, la casa e per difenderlo non solo dalle ingiurie del cielo, ma per riparo di chi s'inebria, accioché non vada fuori e come svergognato istrione presentatosi in scena sia beffato dal mondo, ma da' suoi sia ritenuto ed all'altrui vista nascosto.

I morti non ponno operar né ben né male, gli ebbri solamente sogliono operar male. Non si trovan trattati sì sconciamente quegli che piagati dalla battaglia all'alloggiamento portati sono, come l'ubbriaco. Ognun lo biasima, ognun lo schernisce e lo maledice. Chi pecora, chi buffalo, chi di viver indegno e chi escremento di natura lo chiama. Et perciò disse il savio: il principio della vita dell'uomo è l'acqua, il pane, la veste e la casa per difenderlo non sol dalle ingiurie del cielo, ma per riparo di chi s'inebbra, accioché non vadia fuori e come svergognato istrione presentatosi in scena sia beffato dal mondo; ma da' suoi sia ritenuto ed all'altrui vista nascosto.

Il vino è opera di Dio, ma l'ubbriachezza è opera del diavolo: non sa l'uomo come diventare più vile e sordido delle bestie se con l'inondar del vino le viscere non seguita l'ubbriachezza, fonte ed origine di tutti i mali. Non sa egli che i viziosi ed ebbri non possederanno il regno di Dio. O vituperevole costume de' cristiani, posciaché ne' più sontuosi e regali convitti non chi meglio tace o meglio parla, ma chi più beve, più glorioso si parte e massimamente quando più coppe votate di vino indomiti dal vino si partono.

Il vino è opra di Dio; ma l'ubbriachezza è opera del diavolo. Non sa l'uomo come diventar più vile e sordido delle bestie, se con l'inondar di vino le viscere non seguita l'ubbriachezza fonte ed origine di tutti i mali. Non sa egli che i vinosi ed ebbri non possederanno il regno di Dio? O vituperevole costume di cristiani, posciaché ne' più sontuosi e regali conviti non chi meglio tace o meglio parla, ma chi più beve, più glorioso si parte e massimamente quando più coppe votate di vino indomiti dal vino si partono.

Confessano Cristo i Tedeschi ed i Boemi e lo ingiuriano molti di loro stramegiando col vino, del quale sono tanto vaghi. Ma peggio è, che l'Italia altre volte frugale e sobria va imitando il costume barbaro con lo sfidarsi a bere altrettanto. A me pare che non uomini, ma piuttosto bigoncie di vino siano. Essi quanto più bevono, tanto più s'infiammano e cresce a loro la sete; anzi per più adescarla sogliono ai salsumi ricorrere; ma dietro al diletto segue il supplizio, l'infermità del corpo, la cecità dell'animo, l'ignominia e l'offesa di Dio.

Confessano Cristo i Tedeschi ed i Boemi e lo ingiuriano molti di loro stramegiando col vino, del quale son tanto vaghi. Ma peggio è, che l'Italia altre volte frugale e sobria va imitando il costume barbaro con lo sfidarsi a ber altrettanto. A me pare che non uomini, ma piuttosto bigoncie di vino siano. Essi quanto più bevono, tanto più s'infiammano e cresce a loro la sete; anzi per più adescarla sogliono ai salsumi ricorrere; ma dietro al diletto segue il supplizio, l'infermità del corpo, la cecità dell'animo, l'ignominia e l'offesa di Dio.

Se tanto nuoce l'inebbriarsi e non ci toglie la ingorda sete, se così brutto, se così dannoso è questo abuso, perché non rimanersene? Se senza danno reiterar mille volte i beveraggi a lor voglia potessero alcuni, credo che bramerebbono che i fiumi corressero tutti di vino: ma non guasterebbono e consumerebbono essi ogni cosa? E data la convenevol misura del bevere e del mangiare e perché costoro, che servono al ventre, rotto il serraglio della naturale modestia si lasciano tiranneggiar dal vino? Soleva dire Pitagora, che nella vite nascono tre grappi, de' quali il primo reca piacere, il secondo inebbria ed il terzo è ingiurioso.

Se tanto nuoce l'inebbriarsi e non ci toglie l'ingorda sete, se così brutto, se così dannoso è questo abuso, perché non rimanersene? Se senza danno reiterar mille volte i beveraggi a lor voglia potessero alcuni, credo che bramerebbono ch'i fiumi corresser tutti di vino, ma non guasterebbono e consumerebbono essi ogni cosa. E data la convenevol misura del bever e del mangiare. E perché costoro che servono al ventre, rotto 'l serraglio della naturale modestia si lasciano tiranneggiar dal vino? Solea dir Pitagora, che nella vite nascono tre grappi, de' quali il primo reca piacere, il secondo inebbra ed il terzo è ingiurioso.

Platone essortava i discepoli suoi a specchiarsi quando erano ebbri, a fine che veggendosi la faccia simile a furibondo et a frenetico, si guardassero sì brutto vizio. Racconta un dotto grave(40), che la balia di sua madre, la quale sì per li buoni costumi, sì per la vecchiaia, sì per la cura che teneva di quelle e d'una fante giovane, era in venerazione tenuta, non solo non permetteva che bevessero vino fuori dell'ore che alla mensa del padre si mangiava, ma neanco che bevessero acqua per sete che avessero; e ciò faceva per non avezzarle a mal uso.

Platone essortava i discepoli suoi a specchiarsi quand'erano ebbri, a fine che veggendosi la faccia simile a furibondo et a frenetico, si guardassero da sì brutto vizio? Racconta il padre Agostino che la balia di sua madre, la quale sì per li buoni costumi, sì per la vecchiaia, sì per la cura che tenea di quella e d'una fante giovane era in venerazione tenuta, non solo non permettea che bevesser vino fuori dell'ore ch'alla mensa del padre si mangiava; ma neanco che bevesser acqua per sete che avessero; e ciò facea per non avezzarle a mal uso.

Onde la buona vecchia soleva dire loro: voi bevete ora dell'acqua, perché non potete a vostra voglia bever del vino: ma quando anderete a marito, fatte padrone delle cantine e delle guardarobbe, l'acqua vi punirà e l'usanza di berne rimarrà. Così frenava l'avidità di quella tenera età e moderava la sete delle giovanette a fine che quel che non è lecito, a loro non piacesse. Allora che una tale era fanciulla, beveva della coppa de' parenti: ma venendo grandicella et vino a vino aggiungendo crebbe il bere, perché caduta dopo in questo mal uso, beveva le coppe colme di vino troppo avidamente.

Onde la buona vecchia solva dire loro: voi bevete ora dell'acqua, perché non potete a vostra voglia bever del vino. Ma quando anderete a marito, fatte padrone delle cantine e delle guardarobbe, l'acqua non vi putirà e l'usanza di berne rimarrà. Così frenava l'avidità di quella tenera età e moderava la sete delle giovanette a fine che quel che non è lecito, a loro non piacesse. Allora la madre d'Agostino, ch'era fanciulla, bevea della coppa de' parenti: ma venendo grandicella et vino a vino aggiungendo crebbe il bere, perché caduta doppo in questo mal uso, bevea le coppe colme di vino troppo avidamente.

Onde venendo la fante seco a contesa, la chiamò bevona, dal qual rimprovero trafitta considerò la sconvenevole bruttezza del vizio suo; e da indi in poi fu sempre sobrissima e parca. Allevar si vogliono i figliuoli nella sobrietà, non convenendo a bere vino a' garzoni e giovanette e bevendone lo bevano ben inacquato, sì per avezzarli alla sobrietà, sì per non offender il loro cervello, che ancor'è debole.

Onde venendo la fante seco a contesa, la chiamò beona, dal qual rimprovero trafitta considerò la sconvenevole bruttezza del vizio suo; e da indi in poi fu sempre sobrissima e parca. Allevar si voglion i figliuoli nella sobrietà, non convenendo a ber vino a' garzoni e giovanette e bevendone lo deono bere molto inacquato, sì per avezzarli alla sobrietà, sì per non offender il lor cervello, che ancora è debole.

Si legge che Federico imperatore studiosissimo osservatore della temperanza et della sobrietà intendendo che Leonora sua consorte, la quale mai nella paterna casa non aveva gustato vino, averebbe agevolmente figliato, se nella Germania così freddo paese si fusse avezzata a beverne, disse che voleva aver piuttosto una moglie sterile, che vinosa.

Si legge che Federico imperadore studiosissimo osservator della temperanza et della sobrietà intendendo che Lionora sua consorte, la quale mai nella paterna casa non avea gustato vino averebbe agevolmente figliato, se nella Germania così freddo paese si fusse avezzata a berne, disse che volea aver piuttosto una moglie sterile, che vinosa.

Un gentiluomo promettendo vin dolce racente al signor Giovanni dalla Frata, accioché venisse con seco a cena, rispose:

- A che proposito questo, poiché più se ne consumerà e cosa mi potrebbe far dire che ad onesto giovane disdirebbe?

Risposta per certo degna di viril animo e non punto delizioso. Il ventre che bolle per molto vino di leggiero trascende a libidine. Ho pensato nel cuor mio (dice il savio) di raffrenar la mia carne dal vino a fine di applicar l'animo alla dottrina. Essendo dunque la sobrietà così unita con la sapienza e con stretto legame congiunta, non è cosa convenevole a studiosi il darsi a gareggiare con le tazze in mano.

Un gentiluomo promettendo vin dolce e racente al signor Giovanni dalla Fratta, accioché venisse con seco a cena, rispose:

- A che proposito questo, poiché più se ne consumerà e cosa mi potrebbe far dire che ad onesto giovane disdirebbe?

Risposta per certo degna di virile animo e non punto delizioso. Il ventre che bolle per molto vino di leggiero trascende a libidine. Ho pensato nel cuor mio (dice il savio) di raffrenar la mia carne dal vino a fine di applicar l'animo alla dottrina. Essendo dunque la sobrietà così unita con la sapienza e con sì stretto legame congiunta, non è cosa convenevole a studiosi il darsi a gareggiar con le tazze in mano.

Se i garzoni si caricano di vino, divengono rozzi d'ingegno e pigri e crescono meno. Ma se il vino smisuratamente bevuto confonde la memoria, volge sossopra la ragione, offusca l'intelletto, conduce l'errore e reca seco l'ignoranza, perché non beverlo moderatamente? Mi ricorda che un gentiluomo d'acutissimo ingegno in un tal modo scrisse ad un suo amico, che lasciato lo studio, si era dato alle taverne. Io ho compassione di te, che posposto avevi ogni cosa a' studi; ora attendi a spender in banchetti li scudi. Tu servivi a' libri, ora compiacci ai labbri. Lo scrivere in bevere hai tramutato. Ora hai fama di valente bevitore, dove tu l'avevi d'acutissimo disputatore. Più studi ora ne' calici, che ne' codici, più dai opera ai ghiotti bocconi, che non solevi alle dotte lezioni. Mi pesa molto il dirti queste parole: ma son costretto per l'amor che ti porto a dirloti.

Se i gaarzoni si carican di vino, divengono rozzi d'ingegno e pigri e crescono meno. Ma se il vino smisuratamente bevuto confonde la memoria, volge sossopra la ragione, infosca l'intelletto, conduce l'errore e reca seco l'ignoranza, perché non beverlo moderatamente? Mi ricorda che un gentiluomo d'acutissimo ingegno in un tal modo scrisse ad un suo amico, che lasciato lo studio, si era dato alle taverne. Io ho compassione di te, che posposto avevi ogni cosa alli studi; or attendi a spender in banchetti li scudi. Tu servivi ai libri, ora compiaci ai labri. Lo scrivere in bevere hai tramutato. Ora hai fama di valente bevitore, dove tu l'avevi d'acutissimo disputatore. Più studi ora ne' calici, che ne' codici, più dai opera ai ghiotti bocconi, che non solevi alle dotte lezioni. Mi pesa molto il dirti queste parole: ma son costretto per l'amor che ti porto a dirloti.

Non sai che la via che tu tieni, è materia di colpe, radice de' vizi, naufragio dell'intelletto, infamia dell'onestà e corruttela de' buoni costumi? E se lo sai, perché non te ne guardi? Perché non ritorni alla diritta via? Cotale fu la lettera sua. Come la terra, quando per le grandi e continuose piogge diventa fangosa, male coltivare si può, così la nostra carne e le viscere nostre, quando sono immerse nel vino, male ponno applicarsi alla spiritale coltura. Per la qual cosa, come si desidera convenevole ed opportuna pioggia ne' campi per poter coltivarli e trarne frutto, così in questo corporeo campo tanto vino solamente doveressimo infondere, quanto, quando e in quel modo, che ci fa di mestiere, a fine che per la soverchia ed importuna vinosità converso in palude non produca piuttosto vermi di vizi, che frutti d'opere buone; conciosiaché tutti i bevoni e vinolenti sono come lagune acconcie piuttosto a generar pestifere e velenose serpi ne' loro depravati costumi, che cosa che conferisca al viver umano e civile.

Non sai che la via che tu tieni, è materia di colpe, radice de' vizi, naufragio dell'intelletto, infamia dell'onestà e corrottela de' buoni costumi? E se lo sai, perché non te ne guardi? Perché non ritorni alla diritta via? Cotale fu la lettera sua. Come la terra, quando per le grandi e continove piogge diventa fangosa, male coltivare si può; così la nostra carne e le viscere nostre quando sono immerse nel vino, male ponno applicarsi alla spiritale coltura. Per la qual cosa, come si desidera convenevole ed opportuna pioggia ne' campi per poter coltivarli e trarne frutto, così in questo corporeo campo tanto vino solamente doveressimo infondere, quanto, quando et in quel modo, che ci fa dimestiero, a fine che per la soverchia ed importuna vinosità converso in palude non produca piuttosto vermi di vizi, che frutti d'opere buone; conciosiaché tutti i beoni e vinolenti sono come lagune acconcie piuttosto a generar pestifere e velenose serpi ne' lor depravati costumi, che cosa che conferisca al viver umano e civile.

Le bestie non bevono, se non cacciate dalla sete e noi, che uomini siamo, saremo forse così intemperati, che senza sete tratti dalla dolcezza del vino ne beveremo? Noi siamo così irragionevoli, che senza alcun bisogno stimiamo più il piacer del gusto bevendo, che quello dell'animo intendendo? Tolga Iddio che imitiamo il coloro abuso i quali in altro non studiano, che di assaggiare diverse maniere di vini e potenti, né sanno bere se non pongono mano sempre a vini forzati, dolci e picanti; onde si guastano lo stomaco, mentre il palato lusingano.

Le bestie non bevono, se non cacciate dalla sete e noi, che uomini siamo, saremo forse così intemperati, che senza sete tratti dalla dolcezza del vino ne beveremo? Noi siamo così irragionevoli, che senza alcun bisogno stimiamo più il piacer del gusto bevendo, che quello dell'animo intendendo. Tolga Iddio che imitiamo il coloro abuso i quali in altro non studiano, che di assaggiare diverse maniere vini e potenti, né san bere se non pongono man sempre a vini forzati, dolci e picanti. Onde si guastan lo stomaco, mentre il palato lusingano.

Dice Hieronimo Conforto medico eruditissimo molte ragioni in un suo trattato già rese all'illustrissimo Palavicino. Quel vino che provoca a bere chi non ha sete, schiffar si deve, disse Socrate. Come vinosi furono Anacreonte ed Omero biasimati e ripresi.

 

Di che Hieronimo Conforto medico eruditissimo molte ragioni in un suo trattato già rese all'illustrissimo Palavicino. Quel vino che provoca a bere chi non ha sete, schifar si dee, disse Socrate. Come vinosi furono Anacreonte ed Omero biasimati e ripresi.

 

Ennio a cantar mai non si pose l'armi

Di Scipio, se non quando avea bevuto.

 

Ennio a cantar mai non si pose l'armi

Di Scipio, se non quando avea bevuto.

 

Ma conceder si può che i vecchi ed i poeti, gli uni per sostenere e rifocillar la debolezza del loro calore e gli altri per generar copia di spiriti e rallegrar il cuore (nascendo i versi d'animo lieto e sereno) bevano vino ottimo e spiritoso: ma non però tanto che per la soverchia copia contrario effetto ne segua(41).

Ma conceder si può ch'i vecchi ed i poeti, gli uni per sostenere e rifocillar la debolezza del lor calore e gli altri per generar copia di spiriti e rallegrar il cuore (nascendo i versi d'animo lieto e sereno) bevano vino ottimo e spirituoso; ma non però tanto che per la soverchia copia contrario effetto ne segua. Il che il lirico venusino espresse dove dice:

 

Ma perché alcuno mal non usi il dono,

Oltremodo bevendo, di Lieo,

La rissa de' centauri ebbri, che osaro

Rapir le donne de' Lapiti essempio

Ci porge, come ancor de' Traci il vezzo,

Quand'a capriccio lor caldi di vino

Del ben, del mal fanno giudizio storto.

Non io, malgrado tuo sincero Dio,

Destar ti voglio ed irritarti e fuori

Al vulgo discoprir mobile e sciocco

I reconditi tuoi sacri misteri.

Tu de' timpani dunque frena 'l suono

Col corno della Dea di Berecinto;

Ch'i tuoi seguaci son l'amar se stesso

Più che non lece, l'arroganza e 'l cieco

Giudizio, ch'a le proprie cose intorno

Gode fastoso e 'l non coprir segreto,

Più che purpurea rosa un chiaro vetro.

 

Essorta e lauda questa moderanza nel bere, dove ancor dice:

 

Soglion i Traci con le coppe in mano,

Che in uso son sol per recarci gioia,

Combatter ebbri. Il barbaro costume

Tolgasi dunque e 'l vergognoso Bacco

Da l'aspre crude e sanguinose risse

Stea pur lontano.

 

Catone il minore soleva col vino dar bando alle molestie de' pensier gravi: ma non già come i Tartari caricarsene. Sangue della terra fu detto il vino, il quale agl'intemperati è come la cicuta velenoso; oltre che la notte con orrende e strane visioni e sogni li molesta. Più che tre volte non usarono i Romani ne' famigliari convitti di bere. I Greci furono più profusi e dopo pasto solevano sfidarsi e necessitarsi a votar bicchieri. Onde un lacedemone disse: si costringono forse qui anco gli uomini a mangiare?

Catone il minore soleva col vino dar bando alle molestie de' pensier gravi; ma non già come i Tartari caricarsene. Sangue della terra fu detto il vino, il quale agl'intemperati è come la cicuta velenoso, oltre che la notte con orrende e stranie visioni e insogni li molesta. Più che tre volte non usarono i Romani ne' famigliari conviti di bere. I Greci furono più profusi e dopo pasto solevano sfidarsi e necessitarsi a votar bicchieri. Onde un lacedemone disse: si costringono forse qui anco gli uomini a mangiare?

Non parendo a lui men disdicevole lo sforzar uno a bere, che sete non abbia, che stringerlo a mangiare, quando non ha fame. Quando meschiavano il vino puro invocavano Giove conservatore, perché li preservasse dall'ubbriachezza; e questo facevano la prima volta, l'altre l'inacquavano. Ma non mancano a nostri tempi che ne beve le secchie, le mezaruole, le anfore e gli otri in un dì, nonché gli orciuoli ed i fiaschi.

Non parendo a lui men disdicevole lo sforzar uno a bere, che sete non abbia, che stringerlo a mangiare, quando non ha fame. Quando mescievan il vin puro invocavano Giove conservatore, perché li preservasse dall'ubbriachezza; e questo facean la prima volta, l'altre l'inacquavano. Ma non mancano a nostri tempi chi ne beve le secchie, le mezaruole, le amfore e gli otri in un dì, nonché gli orciuoli ed i fiaschi.

Aristippo discepolo di Socrate disse ad un certo taverniere che si vantava di bever molto e non inebbriarsi: gran fatto non mi conti, poiché i muli fanno il medesimo. Quanto fusse biasimevole il vizio della vinosità fra Romani, {Moti diversi contro gli bevitori.} lo mostrò Cicerone con un arguto motto, percioché essendogli portato acqua a bere, mentre egli spasseggiava in piazza e veggendo Lucio Cotta censore, ch'era vinoso, disse: copritemi di grazia, accioché non mi veggia a bever acqua il censore e per ragione del suo sindicato non mi privi d'entrar in Senato.

Aristippo discepolo di Socrate disse ad un certo taverniere che si vantava di bever molto et non inebbriarsi: gran fatto non mi conti, poiché i muli fan il medesimo. Quanto fusse biasimevole il vizio della vinosità fra Romani, lo mostrò Cicerone con un arguto motto, percioché essendogli portato acqua a bere, mentre egli spasseggiava in piazza e veggendo Lucio Cotta censore, ch'era vinoso, disse: copritemi di grazia, accioché non mi veggia a ber acqua il censore e per ragione del suo sindicato mi privi d'entrar a Senato.

Filocrate ed Eschine mandati ambasciatori a Filippo re di Macedonia in compagnia d'alcuni altri, come furono a casa ritornati, lodarono molto il re dell'aver egli succhiato molte tazze di vino. Onde Demostene così a loro disse: e non è gran maraviglia, posciaché anco le spongie hanno questa virtù.

Giocoso ed arguto fu il motto di Diogene Cinico, il quale nel veder casa da vendere, sopra l'uscio d'un prodigo bevone, disse: io sapeva bene che quell'ebbro del suo padrone vomitata l'avrebbe.

Filocrate ed Eschine mandati ambasciatori al re di Macedonia Filippo in compagnia d'alcuni altri, come furono a casa ritornati, lodarono molto il re dell'aver egli succhiato molte tazze di vino. Onde Demostene così a loro disse: e non è gran maraviglia, posciaché anco le spongie hanno questa virtù. Giocoso ed arguto fu il motto di Diogene Cinico, il quale nel veder casa da vendere, sopra l'uscio d'un prodigo beone, disse: io sapea bene che quell'ebbro di suo padrone vomitata l'avrebbe.

Li Spartani sobrissimi furono e dimandato un di loro perché bevessero sì poco, rispose: perché non ci convenga gir per consiglio ad altri. Mostruoso spettacolo in Roma furono i Baccanali, ne' quali gridando ed a guisa di fere urlando di pampani(42) coronati uomini e donne scapigliate di notte tempo commetter solevano ogni disonestà. Tra queste brigate v'erano alcune divote di Bacco dette Menadi, le quali come inspiritate (tanto erano cacciate dalla vinosa licenza) correvano con certi torsi di edera e di vite e furiavano.

Li Spartani sobriissimi furono e dimandato un di loro perché bevesser sì poco, rispose: perché non ci convenga gir per consiglio ad altri. Monstruoso spettacolo in Roma furono i Baccanali, ne' quali gridand ed a guisa di fere urlando di pampani coronati uomini e donne scapigliate di notte tempo commetter solevano ogni disonestà. Tra queste brigate v'erano alcune divote di Bacco dette Menadi, le quali come inspiritate (tanto erano cacciate dalla vinosa licenza) correvano con certi torsi di edera e di vite e furiavano.

Catone nel Senato in arringo disse tanti e tali cose contra questa scelerata usanza per molti anni invecchiata, che la scancellò affatto. Sofocle tenne per vizioso Eschine non per altro se non perché inebbritato scriveva. Et se pur scrive bene (diceva egli) questo avien a caso e non perch'egli conosca allora che scriva bene.

Catone nel Senato in arringo disse tante e tali cose contra questa scelerata usanza per molti anni invecchiata, che la scancellò affatto. Sofocle tenne per vizioso Eschine non per altro se non perché inebbritato scrivea. Et se pur scrive bene (dicea egli) questo avien a caso e non perch'egli conosca allora che scriva bene.

Dimandato Pitagora come un vinoso si potesse astenere dall'inebbriarsi, rispose:

- Se spesso quelle cose considera e volge nell'animo che ha commesso mentre era ebbro.

Non è cosa che più ci rimova e distragga dall'ubbriachezza (disse Anacarside) del veder le pazzie degli ubbriachi. Ma sono molti i quali allettati dalla soavità del bere trascendono i prescritti confini della ragione e vanno a bell'opera accattando non quale vino conforti e giovi allo stomaco: ma quale sia più gustevole e provocativo al gusto, per berne copia maggiore.

Dimandato Pitagora come un vinoso si potesse astenere dall'inebbriarsi, rispose:

- Se spesso quelle cose considera e volge nell'animo che ha commesso mentre era ebbro.

Non è cosa che più ci rimova e distragga dall'ubbriachezza (disse Anacarside) del veder le pazzie degli ubbriachi. Ma sono molti i quali allettati dalla soavità del bere trascendono i prescritti confini della ragione e vanno a bell'opra accattando non quale vino conforti e giovi lo stomaco: ma quale sia più gustevole e provocativo al gusto, per berne copia maggiore.

Onde non alli studi, non a civili e cristiani ragionamenti ed operazioni: ma solo alle lascivie, all'insolenze ed alle sceleratezze si donano. Et per il lungo abuso alla fine divengono smemorati, vertiginosi, attratti, apopletici, di brevissima vita, nonché vista. Et per cotal errore anco le femine vinose s'ammalano di podagra, come che ne' tempi antichi per la loro sobrietà ne fussero esenti.

Onde non alli studi, non a civili e cristiani ragionamenti ed operazioni: ma solo alle lascivie, all'insolenze ed alle sceleratezze si donano. Et per il lungo abuso alla fine divengono smemorati, vertiginosi, attratti, apoplettici, di brevissima vita, nonché vista. Et per cotal errore anco le femmine vinose s'ammalano di podagra, come che ne' tempi antichi per la loro sobrietà ne fussero esenti.

Insomma porta colui il fuoco in seno che ha sempre l'animo alle romanie, ai grechi, alle malvasie ed agli altri generosi vini d'oltre mare, nonché ai nostrani(43). Fuggano quegli che aspirano all'alto grado della virtù, la coloro pazzia che empiendosi le vene di vino, si sotterrano vivi ed a Dio non vivendo si muoiono di perpetua morte; ma piuttosto ebbri del sangue dell'Agnello di Dio s'essercitino a gloria sua(44).

 

Insomma porta colui il fuoco in seno chi ha sempre l'animo alle romanie, ai grechi, alle malvasie ed agli altri generosi vini d'oltre mare, nonché ai nostrani. Emmi paruto che prima dell'ubbriachezza e dello smoderato bere parlar si dovesse che della crapula: ritrovandosi questo abuso più commune ed universale, in maniera che per signorile costume nelle gran corti e specialmente de' barbari è tenuto il bever molto e trionfare de' bevitori. Fuggano quegli dunque che aspirano all'alto grado della virtù, la color pazzia che empiendosi le vene di vino, si sotterran vivi ed a Dio non vivendo si muoiono di perpetua morte; ma piuttosto ebbri del sangue dell'Agnello di Dio s'essercitino a gloria sua.

 

Ma torniamo un poco all'ubbriacante e picara gentaglia, la quale tutta infangata s'era messa a tutta briglia correre, come se fussero stati cani che alla coda attaccato avessero raggi di fuoco, fatti con polvere d'archibugio. Ma stracchi e lassi dal correre, ritornando alquanto in se, consideravano se alcuna cosa gli mancava e veggendosi senza ferariuolo, capello, colaro, cinta, legaccie ed altre cose simili, facendo forza a se stessi ritornavano verso la carretta per pigliare le robbe loro.

La segunda estación era huir con tal prisa, que parecía llevaban cohetes en los posteriores. Mas ya que habían huido algún tanto y tornado sobre sí algo echaban de ver que iban sin sombreros, sin capas, sin cuellos, sin ligas, sin ceñidores.

Io li lasciavo accostare ben bene e salirvi sopra e allora vibrando la mia nervosa sferza gli davo bastonate crudeli ed orribili; e le mule a quel strepito si mettevano furiosamente a correre, onde i meschini erano forzati a precipitarsi giù dalla carretta e risciacquarsi di nuovo nel fango.

Asomaban a querer tornar al carro a sacar su hacienda, yo les dejaba acercar en buen compás, y en viendo que estaban a mi mano, tremolaba el azote de las mulas y dábales el rebencazo zurcido, que les aturdía.

Brava fui in difendere la mia fortezza anzi la mia carretta incantata, o per meglio dire, in liberarmi dalla picara ubbriachezza di questa impertinente canaglia. Dalla mia destra abbondantemente fioriva odore che recava timore, escaturivano rivoli di sferzate, che atterriti e posti in iscompiglio avrebbono quanti Rodomonti furono mai al mondo. Percioché per tenermegli lontani la mia nervosa sferza mi serviva di lancia; per appressarmegli mi serviva come di tromba di elefante; per rizzarli in piedi adoperavo le nervate e sedendo la sferza mi serviva di scettro.

Bravas suertes hice defendiendo mi carro encantado, o, por mejor decir encantarado. Jugaba de rebenque floridamente, porque para de lejos, me servía de lanza; para de cerca, de trompa de elefante; para en pie, de azote, y para asentado, de sceptro.

Con queste mie levate ed esercizi picareschi e soldateschi alla moresca si spaventarono di forte, che senza ferariuolo, capello, colaro, cinta e cinte ed altre cose molte (che Dio sa donde avute le avevano) si fuggirono volando, non per la via corrente, temendo di qualche aguatto, ma per i campi attraverso per giuocar più di sicuro, che parevano per appunto tante volpi col fuoco alla coda.

Con estas mis levadas se atemorizaron de modo que, sin capa, ceñidor, liga, sombrero, ni cuello, ni otras muchas cosas suyas, aunque habidas de por amor del diablo, se fueron huyendo por entre los sembrados, que parecían puramente las zorras de Sansón con cuelmos encendidos en las colas.

A questo rumore corsero le genti, ma più degli altri fanciulli, i quali con gridi e voci sovratonanti di terrore li posero in discordia che non fu possibile poter riunire l'esercito loro, sicché squinternati e bastonati col sodo nervo di tal sorte si trovarono gli ubbriaconi ed accompagnati da strepitose fischiate e stridi, che fuggirono senza punto guardarsi adietro. Et se alcuno mi guardava ancorché di lontano, io allora davo una girata con la mia regal nervosa frusta e gli facevo tremare le budella nel corpo e sudare da capo a piedi ancorché di lontano.

Todo el pueblo y muchachos se llegó al ruido, y todos les silbaban y gritaban, y si alguno me miraba de lejos, tornaba a tremolar el azote.

Gran confusione era per loro, ma grandissima consolazione e gusto era per me. Questi furono volpi, anzi furono spiriti d'Averno, che per quindici e venti giorni, gli uni, con gli altri non si potevano dar pace; ma un giorno di mercato s'unirono in quel di Vigliada, luogo dove si radunavano questi picari vigliacchi a far il loro solito consiglio volponesco(45); ch'è di tor l'altrui con ogni sorte d'astuzie e diabolici inganni: agnelletta sorella guardati. Consolati, che ben spesso avviene che chi cerca d'ingannar resta ingannato.

¡Qué confusión para ellos y qué gusto para mí! Estos fueron zorros estos fueron diablos, que desde ahí a más de dieciocho o veinte días no se pudieron dar alcance unos a otros, hasta que un día de mercado se juntaron en el de Villada, que era donde ellos solían hacer sus conciliábulos zorreros.

 

Sebbene questa è una consolazione che poco serve per noi misere donne, le quali per la nostra fragilità (dirò meglio) per la nostra leggierezza e vanità siamo tanto soggette agl'inganni, che di rado si trovano delle Giustine che la scappino: ed acciò che ti sia più facile il fuggir dalle loro reti e che possi imparar a spese d'altri, non ti sia grave di leggere la seguente favola e cavarne non la pele sola, ma il grasso ancora e la più intima midola con il più acuto della considerazione(46).

 

Novella favolosa, piacevole ed essemplare dell'inganno che fece il picaro Giove ad Alcmena e ad Anfitrione suo marito.

 

Credettero gli antichi savi della Grecia esser stato padre e principio della nobiltà loro Perseo figliuolo di Giove e di danae figliuola d'Acrisio. Di questo Perseo e di Andromeda sua consorte, nacque Gorgofonte e di Gorgofonte nacque Elettrione e di Elettrione nacque Eugrilio ed Alcmena, la quale fu madre d'Ercole il glorioso. Avendo adunque i Tebani grandissima guerra con certi popoli nominati Teleboici, perché avevano loro rubbato molte navi e fatto altri danni, fecero un grande apparecchio e mandarono loro adosso questo Eugrilio nobilissimo e fortissimo fra tutti i Tebani, capitano e duce della lor gente; il quale come come volse la trista sorte, nella espugnazione di certo presidio fu miseramente morto.

Credettero gli antichi savi della Grecia esser stato padre e principio della nobiltà loro, Perseo figliuolo di Giove e di Danae figliuola d'Acrisio. Di questo Perseo e di Andromeda sua consorte, nacque Gorgofonte e di Gorgofonte nacque Elettrione e di Elettrione nacque Eugrilio ed Alcmena, la quale fu madre d'Ercole il glorioso. Avendo adunque i Tebani grandissima guerra con certi populi nominati Teleboici, perché aveano loro rubbato molte navi e fatto altri danni, fecero un grande apparecchio e mandarono loro adosso questo Eugrilio nobilissimo e fortissimo fra tutti i Tebani, capitano e duce della lor gente; il quale come come volse la trista sorte, nella espugnazione di certo presidio fu miseramente morto.

Della cui morte pervenuta la novella in Tebe, tutto il populo ne dimostrò infinito dolore e principalmente la bellissima Alcmena; la quale come si vidde orbata del suo unico fratello, subito sendo ella oltra modo ricchissima e valorosa, si diede a pensare comunque potesse far vendetta della sua morte. Et pensando le sovvenne come poco lontano da Tebe era un giovane detto Anfitrione, bello, ben composto e nell'arme più presto superiore, che uguale a' più valorosi uomini del suo tempo, che discendea similmente da questo Perseo: però, avutone prima consiglio co' parenti e co 'l supremo magistrato di Tebe, si dispose torlo per marito.

Della cui morte pervenuta la novella in Tebe, tutto il populo ne dimostrò infinito dolore e principalmente la bellissima Alcmena; la quale come si vidde orbata del suo unico fratello, subito sendo ella oltra modo ricchissima e valorosa, si diede a pensare comunque potesse far vendetta della sua morte. E pensando le sovvenne come poco lontano da Tebe era un giovane detto Anfitrione, bello, ben composto e nell'arme più presto superiore, che uguale a' più valorosi uomini del suo tempo, che discendea similmente da questo Perseo: però, avutone prima consiglio co' parenti e co 'l supremo magistrato di Tebe, si dispose torlo per marito.

Et messo il negozio in pratica, presto si venne allo effetto, percioché Alcmena, come s'è detto, era ricchissima e fra le belle bellissima e per grazia particulare e grandezza d'animo e per quanti altri doni possano dare natura ed arte, era sopra ogni altra compiuta e formata e pennello. Dove che Anfitrione era di ricchezze bisognoso, per esser liberalissimo, avenga che per questa sua liberalità avesse gran seguito e benivolenza fra le armigere genti; però piacendoli sommamente il partito, questa fu la conclusione: che Alcmena fu contenta riceverlo per consorte, dove che egli prima le promettesse vendicare e con effetto vendicasse, per quanto potea distendersi il suo valore, la morte del fratello. Alla qual cosa fare di buona voglia condescese Anfitrione, per esser capitano di potente signoria e seguito da molte genti e per vedersi con questo parar davanti occasione di poter dimostrare quell'arte, della quale faceva professione.

Et messo il negozio in pratica, presto si venne allo effetto, percioché Alcmena, come s'è detto era ricchissima e fra le belle bellissima e per grazia particulare e grandezza d'animo e per quanti altri doni possano dare natura ed arte era sopra ogni altra compiuta e formata e pennello. Dove che Anfitrione era di ricchezze bisognoso, per esser liberalissimo, avenga che per questa sua liberalità avesse gran seguito e benivolenza fra le armigere genti; però piacendoli sommamente il partito, questa fu la conclusione: che Alcmena fu contenta riceverlo per consorte, dove che egli prima le promettesse vendicare e con effetto vendicasse, per quanto potea distendersi il suo valore, la morte del fratello. Alla qual cosa fare di buona voglia condescese Anfitrione, per esser capitano di potente signoria e seguito da molte genti e per vedersi con questo parar davanti occasione di poter dimostrar quell'arte, della quale facea professione.

Furono adunque celebrate le nozze con poca festa per la recente morte d'Eugrilio: ma posciaché, sì come de' novelli sposi è usanza, furono per alquanti giorni dimorati in dilettevoli trastulli, Anfitrione, con buona grazia de' signori Tebani, si partì con un forte e numeroso esercito. Et passato un braccio di mare, andò adosso a questi Teleboici, i quali erano molto potenti ed avevano uno animoso signore detto Terella, onde seguirono fra di loro molte battaglie e crudelissime uccisioni. Finalmente combattendo un giorno avvenne che Anfitrione uccise Terella e perciò i Teleboici in fuga posti, si riserrarono nella città e poco poscia s'arresero con patti orrevoli, satisfacendo tutti i danni a' Tebani e fecero ricchi doni ad Anfitrione, fra quali fu una coppa d'oro per erte mirabile, la quale egli ricevé come cosa più di ogni altra carissima, con pensiero di farne dono ad Alcmena sua moglie.

Furono adunque celebrate le nozze con poca festa per la recente morte d'Eugrilio: ma posciaché, sì come de' novelli sposi è usanza, furono per alquanti giorni dimorati in dilettevol trastulli, Anfitrione, con buona grazia dei signori Tebani, si partì con un forte e numeroso esercito. E passato un braccio di mare, andò adosso a questi Teleboici, i quali erano molto potenti ed avevano uno animoso signore detto Terella, onde seguirono fra di loro molte battaglie e crudelissime uccisioni. Finalmente combattendo un giorno avvenne che Anfitrione uccise Terella e perciò i Teleboici in fuga posti, si riserrarono nella città e poco poscia s'arresero con patti orrevoli, satisfacendo tutti i danni a' Tebani e fecero ricchi doni ad Anfitrione, fra quali fu una coppa d'oro per arte mirabile, la quale egli ricevè come cosa più di ogni altra carissima, con pensiero di farne dono ad Alcmena sua moglie.

Lasciati adunque in buona concordia questi Teleboici da lui soggiogati in nome de' Tebani, se ne ritornò Anfitrione verso Tebe, dove prese porto cinque miglia lontano dala città una sera sul tardi, con animo la vegnente mattina di voler fare una entrata trionfale, secondo il costume de' vittoriosi capitani che hanno fatto gran beneficio alla republica. Et con questa intenzione mandò un suo fedelissimo servo per nome Sosia a dar di sé nuova alla moglie: della cui divina bellezza di già Giove ardendo, come di tutti questi maneggi consapevole, prima che il vero Sosia giungesse a casa, prese forma d'Anfitrione e commutato Mercurio in Sosia se ne venne in Tebe ed entrato celatamente in casa d'Anfitrione, fu ricevuto da Alcmena con ogni possibile allegrezza.

Lasciati adonque in buona concordia questi Teleboici da lui suggiugati in nome de' Tebani, se ne ritornò Anfitrione verso Tebe, dove prese porto cinque miglia lontano dala città una sera sul tardi, con animo la vegnente mattina di voler fare una entrata trionfale, secondo la costuma de' vittoriosi capitani che hanno fatto gran beneficio alla republica. E con questa intenzione mandò un suo fedelissimo servo per nome Sosia a dar di sé nuova alla moglie: della cui divina bellezza di già Giove ardendo, come di tutti questi maneggi consapevole, prima che il vero Sosia giungesse a casa, prese forma d'Anfitrione e commutato Mercurio in Sosia se ne venne in Tebe ed entrato celatamente in casa d'Anfitrione, fu ricevuto da Alcmena con ogni possibile allegrezza.

Doppo la quale egli le narrò della vittoria e come per venir da lei aveva lasciato l'esercito nel porto, con animo di quivi ritornare la mattina avanti giorno, accioché niuno avesse contezza della sua partita; sì per non dare a credere, se da troppo amor sospinto aver lasciato l'esercito, sì ancora per far la sua entrata più reale e magnifica, a fine che il populo Tebano fusse più certo della virtù sua, veggendo come avesse saputo ben reggere e tirar a fine impresa sì difficile.

Doppo la quale egli le narrò della vittoria e come per venir da lei avea lasciato l'esercito nel porto, con animo di quivi ritornare la mattina avanti giorno, accioché niuno avesse contezza della sua partita; sì per non dare a credere, se da troppo amor sospinto aver lasciato l'essercito, sì ancora per far la sua entrata più reale e magnifica, a fine che il popul Tebano fusse più certo della virtù sua, veggendo come avesse saputo ben reggere e tirar a fine impresa sì difficile.

Cenarono adunque lieti e dopo cena andarono a letto, dove con simile inganno Giove colse i frutti desiati e cari. Intanto il finto Sosia co' talari a piedi volò invisibilmente nel porto e rubbata la mirabil tazza che i Teleboici avevano donato ad Anfitrione, ritornò in Tebe e posesi sulla porta d'Alcmena ed eccoti venire il vero Sosia così fra sé favellando:

Cenarono adunque lieti e dopo cena andarono a letto, dove con simile inganno Giove colse i frutti desiati e cari. Intanto il finto Sosia co' talari a piedi volò invisibilmente nel porto e rubbato la mirabil tazza che i Teleboici aveano donato ad Anfitrione, ritornò in Tebe e posesi sulla porta d'Alcmena ed eccoti venire il vero Sosia così fra sé favellando:

- Oh quanta festa mi farà la mia padrona, so che ella mi vestirà tutto di nuovo e darammi il beveraggio.

E così dicendo giunse sulla porta, dove il finto Sosia li disse:

- Oh là, chi sei tu, che vai cercando?

Et egli:

- Io son Sosia non lo vedi?

A cui Mercurio:

- Tu di' le bugie, perché io son Sosia. No 'l vedi tu?

- Oh quanta festa mi farà la mia padrona, so che ella mi vestirà tutto di nuovo e darammi il beveraggio.

E così dicendo gionse sulla porta, dove il finto Sosia li disse:

- Oh là, chi sei tu, che vai cercando?

Et egli:

- Io son Sosia non lo vedi?

A cui Mercurio:

- Tu di' le bugie, perché io son Sosia, no 'l vedi tu?

Riguardollo sottilmente allora il vero Sosia, poscia cominciarono fra di loro una gran contesa, giurando ed affermando ciascuno sé esser Sosia. Finalmente Mercurio gli dette di molte pugna, per il che parendo al vero Sosia d'essere male arrivato, disse a costui:

- Tu che dici d'esser Sosia, dimmi per gli Dei, ciò che facesti all'ultima battaglia?

Avvisandosi con questo di poterlo corre in bugia.

- Io, rispose Mercurio, andai al vascello del mio signor e quivi bevei una gran tazza di vino.

Riguardollo sottilmente allora il vero Sosia, poscia cominciarono fra di loro una gran contesa, giurando ed affermando ciascuno sé esser Sosia. Finalmente Mercurio gli dette di molte pugna, per il che parendo al vero Sosia d'esser male arrivato, disse a costui:

- Tu che dici d'esser Sosia, dimmi per gli Dei, ciò che facesti nell'ultima battaglia?

Avvisandosi con questo di poterlo corre in bugia.

- Io, rispose Mercurio, andai al vascello del mio signor e quivi bevvi una gran tazza di vino.

Parve questa al vero Sosia una tal maraviglia, che lo pose in dubbio di sé stesso; però come se fusse uscito da' gangheri, si rimirava tutto e parendoli pur d'esser Sosia diceva in fra sé: questa è pur la casa del mio padrone, questa è pur la contrada. Che vorrà adunque dir questo fatto? Et di nuovo avvisandosi di poter corre il finto Sosia in bugia, li disse:

Parve questa al vero Sosia una tal mareviglia, che lo pose in dubbio di sé stesso; però come se fusse uscito de' gangheri, si rimirava tutto e parendoli pur d'esser Sosia dicea in fra sé: questa è pur la casa del mio padrone, questa è pur la contrada. Che vorrà adunque dir questo fatto? Et di nuovo avvisandosi di poter corre il finto Sosia in bugia, li disse:

- Se tu mi sai dire quello che ultimamente fusse donato da' Teleboici al mio padrone e ciò che gliene fece, mi darò a creder che tu possi esser Sosia.

A cui Mercurio:

- Poi che il mio signore fu uscito della terra e ritornato al padiglione, i Teleboici li mandarono ricchissimi doni, fra quali, uno che era vestito di verde, li presentò una bella coppa d'oro, la quale egli la diede a me ed io la riposi in una cassa che lui indi serrò e sigillò co 'l proprio anello.

Il vero Sosia allora non sapendo ove si fusse, disse:

- Egli è forza che tu sii Sosia; però io me ne ritornerò al mio padrone e dirogli che madonna ha saputo il tutto da un altro Sosia.

E senza più ritornatosene al porto, raccontò quanto gli era accaduto ad Anfitrione, il quale credendolo ubbriacone lo mandò a dormire, dopo una lunga contesa seguita fra loro.

- Se tu mi sai dire quello che ultimamente fusse donato da' Teleboici al mio padrone e ciò che gliene fece, mi darò a creder che tu possi esser Sosia.

A cui Mercurio:

- Poi che il mio signore fu uscito della terra e ritornato al padiglione, i Teleboici li mandarono ricchissimi doni, fra quali, uno che era vestito di verde, li presentò una bella coppa d'oro, la quale egli la diede a me ed io la riposi in una cassa che lui indi serrò e sigillò co 'l proprio anello.

Il vero Sosia allora non sapendo ove si fusse, disse:

- Egli è forza che tu sii Sosia, però io me ne ritornerò dal mio padrone e dirogli che madonna ha saputo il tutto da un altro Sosia.

E senza più ritornatosene al porto, raccontò quanto gli era accaduto ad Anfitrione, il quale credendolo ubbriaco ne lo mandò a dormire, doppo una lunga contesa seguita fra loro.

Non era anche apparito il giorno dopo la lunga e duplicata notte, quando Giove uscito del letto, si fece dar da Mercurio la coppa tolta ad Anfitrione e ad Alcmena la donò, poscia prese partenza da lei, la quale rimase gravida del magnanimo Alcide, avvenga che fusse prima gravida del marito. Ora quando fu il tempo, il vero Anfitrione venne trionfante in Tebe, dove fu da ciascuno con maravigliosa festa ricevuto; poscia andatosene a casa, Alcmena non si mosse altrimente per girli incontro, parendole di aver fatto ogni suo debito compitamente nella passata notte, di che egli si prese non picciolo sdegno e maraviglia, onde non poté tanto contenersi che così non le dicesse:

Non era anche apparito il giorno doppo la lunga e duplicata notte, quando Giove uscito del letto, si fece dar da Mercurio la coppa tolta ad Anfitrione e ad Alcmena la donò, poscia prese partenza da lei, la quale rimase gravida del magnanimo Alcide, avvenga che fusse prima gravida del marito. Ora quando fu il tempo, il vero Anfitrione venne trionfante in Tebe, dove fu da ciascuno con marevigliosa festa ricevuto: poscia andatosene a casa, Alcmena non si mosse altrimente per girli incontro, parendole di aver fatto ogni suo debito compitamente nella passata notte, di che egli si prese non picciolo sdegno e mareviglia, onde non poté tanto contenersi che così non le dicesse:

- Ahi donna, è tanto tempo ch'io sono stato da te lontano a vendicare la morte di tuo fratello ed al presente fai del mio ritorno così poca stima?

- E come, rispose elle, non t'ho io festeggiato assai questa passata notte.

- Ohimè, disse Anfitrione tutto smarito, me non hai tu festeggiato: però che iersera cenai con Naucrate tuo parente e questa notte non mi sono mai partito del porto, come adunque puoi tu dir questo?

- Ahi donna, è tanto tempo ch'io sono stato da te lontano a vendicare la morte di tuo fratello ed al presente fai del mio ritorno così poca stima?

- E come, rispose ella, non t'ho io festeggiato assai questa passata notte.

- Ohimè, disse Anfitrione tutto smarrito, me non hai tu festeggiato: però che iersera cenai con Naucrate tuo parente e questa notte non mi sono mai partito del porto, come adunque puoi tu dir questo?

Sopra le quali parole dal sì al no vi fu da contendere assai, finalmente Alcmena così disse:

- E come puoi tu dir non essere stato con meco, posciaché questa mattina avanti giorno donasti la coppa d'oro che a te fu donata da' Teleboici e mi raccontasti tutti i particolari della guerra e similmente il modo con che uccidesti Terella?

- Oh Dei e come può esser questo, soggiunse Anfitrione.

E fatto quivi chiamar Sosia li fa recar la cassetta ove era la tazza riposta e vedela serrata e suggellata.

Sopra le quali parole dal sì al no vi fu da contendere assai, finalmente Alcmena così disse:

- E come puoi tu dir non essere stato con meco, posciaché questa mattina avanti giorno mi donasti la coppa d'oro che a te fu donata da' Teleboici e mi raccontasti tutti i particulari della guerra e similmente il modo con che uccidesti Terella?

- Oh Dei e come può esser questo, soggiunse Anfitrione; e fatto quivi chiamar Sosia li fa recar la cassetta ove era la tazza riposta e vedela serrata e suggellata.

Dall'altra parte Alcmena, per Tessala sua donzella fa recar la coppa che credeva da Anfitrione esserle stata donata. Vede la coppa Anfitrione e tutto smarito apre la cassa e nulla ritrovandoci dice:

Dall'altra parte Alcmena, per Tessala sua donzella fa recar la coppa che credea da Anfitrione esserle stata donata. Vede la coppa Anfitrione e tutto smarrito apre la cascia e nulla ritrovandoci dice:

- Per certo Alcmena o tu sei incantatrice o tu hai domestichezza di qualche incantatrice, onde mi vien fatta questa novella: nondimeno poco o niun conto tenendo della coppa, torna di nuovo a dire: che di' tu ch'io feci questa passata notte?

Ed ella:

- Non sai tu?

- Per certo Alcmena, o tu sei incantatrice, o tu hai dimestichezza di qualche incantatrice, onde mi vien fatta questa novella: nondimeno poco, o niun conto tenendo della coppa, torna di nuovo a dire:

- Che di' tu ch'i feci questa passata notte?

Ed ella:

- Non lo sai tu?

Ma e' fu di bisogno che lei raccontasse particolarmente ogni successo: di che Anfitrione rimase oltramodo dolente e sospeso, in guisa che non sapeva immaginarsi questo fatto, percioché gli andava pur per l'animo che se Alcmena avesse operato con inganno, non si sarebbe da per sé palesata: nondimeno questo intendere ella essersi ben sollazzata la notte adietro, lo fece tanto trapassare i termini, che si diede a improperarla di adulterio. Onde conoscendo Alcmena che la cosa non andava da scherzo, si cominciò a dolere, facendo i maggior scongiuri del mondo, che non s'era con altro uomo sollazzata che seco: come fusse ben certa di dire il vero. Ma replicando pur Anfitrione ch'egli non era stato, amendue ebbero grandissimo dispiacere.

Ma e' fu di bisogno che lei raccontasse particularmente ogni successo: di che Anfitrione rimase oltramodo dolente e sospeso, in guisa che non sapea immaginarsi questo fatto, percioché gli andava pur per l'animo che se Alcmena avesse operato con inganno, non si sarebbe da per sé palesata: nondimeno questo intender ella essersi ben sollazzata la notte adrieto, lo fece tanto trapassare i termini, che si diede a improperarla di adulterio. Onde conoscendo Alcmena che la cosa non andava da scherzo, si cominciò a dolere, facendo i maggior sagramenti del mondo, sé non essersi con altr'uomo sollazzata che seco: come fusse ben certa di dire il vero. Ma replicando pur Anfitrione sé non esser stato, amendue ebbero grandissimo dispiacere.

Finalmente fecero un poco di tregua, durante la quale ciascuno promise di giustificarsi con vere ragioni. Tuttavia conoscendo pur Anfitrione che gli era stata fraccata, non venendo pur Alcmena ad alcuna giustificazione che bona fusse, di nuovo tutto di mal talento ripieno, così le prese a dire:

Finalmente fecero un poco di tregua, durante la quale ciascuno promise di giustificarsi con vere ragioni. Tuttavia conoscendo pur Anfitrione che gli era stata fregata, non venendo Alcmena ad alcuna giustificazione che bona fusse, di nuovo tutto di mal talento ripieno, così le prese a dire:

- Egli è pur forza che tu conoscessi cului che si giacque con teco, perché io t'assicuro che non fui quell'esso: né ti dare a credere che io voglia che la cosa passi così di leggiero, perché se tu non me la racconti amorevolmente, io farò richiamo al magistrato, senza riguardo alcuno della ricca dote che mi desti e farotti castigare per adultera.

- Egli è pur forza che tu conoscessi colui che si giacque con teco, perché io t'assicuro che non fui quell'esso: né ti dare a credere ch'i voglia che la cosa passi così di leggiero, perché se tu non me la racconti amorevolmente, io farò richiamo al magistrato, senza riguardo alcuno della ricca dote che mi desti e farotti castigare per adultera.

Quantunque Alcmena si ritrovase la più scontenta donna del mondo, nondimeno confidandosi nella sua innocenza (peroché innocentissima si teneva) senza punto perdersi d'animo, così rispose:

Quantunque Alcmena si ritrovase la più scontenta donna del mondo, nondimeno confidandosi nella sua innocenza (peroché innocentissima si tenea) senza punto perdersi d'animo, così rispose:

- Io sono onesta e pudica donna in guisa che mai rivolsi solamente il pensiero ad altro uomo fuor di te: e vanne dove ti pare, perché ogni tuo detto prenderò da scherzo, avvisandoti che dicendo di me cosa disonesta, tutta la vergogna sarà tua, perché a guisa di reo ti farò mentire. Né ti dare a credere che la mia robba sia stata la dote ch'io t'ho data: percioché il timore degli Dei, l'amor dei parenti, la concordia de' cognati, l'ubbidienza verso te, la liberalità verso i buoni, l'avere scacciato da me ogni illecito amore e finalmente l'onestà mia sono la vera dote ch'io m'ho recato meco.

- Io sono onesta e pudica donna in guisa che mai rivolsi solamente il pensiero ad altr'uomo fuor di te e vanne dove ti pare, perché ogni tuo detto prenderò da scherzo, avvisandoti che dicendo di me cosa disonesta, tutta la vergogna sarà tua, perché a guisa di reo ti farò mentire. Né ti dare a credere che la mia robba sia stata la dote ch'io t'ho data: percioché il timore degli Dei, l'amor dei parenti, la concordia de' cognati, l'ubbidienza verso te, la liberalità verso i buoni, l'avere scacciato da me ogni illicito amore e finalmente l'onestà mia sono la vera dote ch'io m'ho recato meco.

Fece Anfitrione diversi pensieri udendo queste parole e finalmente a questo si attenne, di far morire Alcmena, posciaché avesse parturito: onde tenendo il cattivo animo celato, cominciò ogni dì più a dimostrarsi men turbato ed a farle carezze e festa: nondimeno ella neppur si degnava d'ascoltarlo per il grave sdegno in sé concetto. Ora essendo Alcmena vicina al parto, parve a Giove di doverla visitare e rimediare alla cosa: però tolto di nuovo forma d'Anfitrione, il qual era pur allora con Sosia andato fuori per sue bisogne e menato seco Mercurio come dianzi mutato in forma di Sosia, con ridicoloso modo s'appresentò ad Alcmena, facendo la più bella e serena fronte che fusse possibile per piacerle: ma ella da sé ributtandolo, egli così le prese a dire:

Fece Anfitrione diversi pensieri udendo queste parole e finalmente a questo si attenne, di far morire Alcmena, posciaché avesse parturito: onde tenendo il cattivo animo celato, cominciò ogni dì più a dimostrarsi men turbato ed a farle carezze e festa: nondimeno ella neppur si degnava d'ascoltarlo per il grave sdegno in sé concetto. Ora essendo Alcmena vicina al parto, parve a Giove di doverla visitare e rimediar alla cosa: però tolto di nuovo forma d'Anfitrione, il qual era pur allora con Sosia andato fuore per sue bisogne e menato seco Mercurio come dianzi mutato in forma di Sosia, con ridiculoso modo sé appresentò ad Alcmena, facendo la più bella e serena fronte che fusse possibile per piacerle: ma ella da sé ributtandolo egli così le prese a dire:

- Alcmena cara, io ho fatto questo solamente per far prova dell'onestà tua intanto che assai mi duole il dispiacere che te n'hai preso: però essendo tu vicina al parto, ho deliberato di non lasciarti in questa amaritudine.

- Alcmena cara, io ho fatto questo solamente per far prova dell'onestà tua intanto che assai mi duole il dispiacere che te n'hai preso: però essendo tu vicina al parto, ho deliberato di non lasciarti in questa amaritudine.

E così detto con mille dolci modi gli addimandò perdono dell'improperato adulterio, il qual perdono subito conciò il giuoco e fu fatta la pace. Allora Giove le domandò che dovesse apparecchiare i vasi per sacrificare e rendere i voti, ch'egli diceva aver fatti per conseguir la vittoria, affermando non avergli satisfatti prima, per lo sdegno avuto seco.

E così detto con mille dolci modi gli addomandò perdono dello improperato adulterio, il qual perdono subito conciò il giuoco e fu fatta la pace. Allora Giove le domandò che dovesse apparecchiare i vasi per sacrificare e rendere i voti, ch'egli dicea aver fatti per conseguir la vittoria, affermando non avergli satisfatti prima, per lo sdegno avuto seco.

Fu adunque fatto il sacrificio, dopo il quale amendue entrarono in camera e raddopiarono la pace: indi sendo in assetto il desinare, Giove chiamò il finto Sosia e dissegli che andasse per Blestaro (qual era padrone del navilio sopra cui il vero Anfitrione ara ritornato dalla guerra) che venisse seco a desinare. Ritornò Mercurio in un baleno e disse fingendo che Blestaro aveva che fare; però soli desinarono Giove ed Alcmena. Alla quale dopo desinare sopravennero le pene del parto, onde tutta la casa andò sossopra: però recatosi Giove sulla porta, eccoti il vero Anfitrione e 'l vero Sosia e volendo entrare in casa, Giove prende pel braccio Anfitrione e:

Fu adunque fatto il sagrificio, doppo il quale amendue entrarono in camera e raddoppiarono la pace: indi sendo in assetto il desinare, Giove chiamò il finto Sosia e dissegli che andasse per Blestaro (qual era padron del navilio sopra cui il vero Anfitrione ara ritornato dalla guerra) che venisse seco a desinare. Ritornò Mercurio in un baleno e disse fingendo che Blestaro aveva che fare; però soli desinarono Giove ed Alcmena. Alla quale doppo desinare sopravennero le pene del parto, onde tutta la casa andò sossopra: però recatosi Giove sulla porta eccoti il vero Anfitrione e 'l vero Sosia e volendo entrare in casa, Giove prende pel braccio Anfitrione e:

- Fermati, gli dice.

E:

- Dove vai?

- Dove vado? rispose Anfitrione, in casa mia vado.

- In casa tua? rispose Giove, tu mi pari uscito di cervello, perché questa casa è mia, qua dentro è la mia moglie e tutte l'altre robbe mie.

- Questa è la tua casa? soggiunse Anfitrione.

E volendo seguir più oltre sopravenne Blestaro per desinare, sendo stato chiamato dal vero Sosia, a cui il vero Anfitrione così disse:

- Fermati, gli dice.

E:

- Dove vai?

- Dove vado? rispose Anfitrione, in casa mia vado.

- In casa tua? rispose Giove, tu mi pari uscito di cervello, perché questa casa è mia, qua dentro è la mia moglie e tutte l'altre robbe mie.

- Questa è la tua casa? soggiunse Anfitrione.

E volendo seguir più oltre sopravenne Blestaro per desinare, sendo stato chiamato dal vero Sosia, a cui il vero Anfitrione così disse:

- Che ti pare o Blestaro di costui che dice esser me? E che la mia moglie, la mia casa e le mie robbe sono sue? Però, poiché tu sai ch'io sono, aitami ti prego contra questo uomo di Tessaglia, madre degl'incantamenti!

Dall'altra parte Giove racconta a Blestaro cose che altri che Anfitrione e lui non le sapevano, il quale non cessava di dire a esso Blestaro che non credesse a costui che non era Anfitrione.

- Che ti pare o Blestaro di costui che dice esser me? E che la mia moglie, la mia casa e le mie robbe son sua? Però, poiché tu sai ch'io sono, aitami ti prego contra questo uomo di Tessaglia, madre degli incantamenti!

Dall'altra parte Giove racconta a Blestaro cose che altri che Anfitrione e lui non le sapeano, il quale non cessava di dire a esso Blestaro che non credesse a costui che non era Anfitrione.

La questione era grande e Blestaro mirando e rimirando or questo or quello, amendue Anfitrione affermava e come se si sognasse non sapeva che si fare: alla fine al vero Anfitrione rivoltosi disse:

- Tu mi richiedi ch'io debba porgerti aita, ma quando riguardo ognuno di voi, non so ch'io mi debba aitare; però io ho fame e da fare altre facende, terminate da voi le vostre liti e partissi.

La quistione era grande e Blestaro mirando e rimirando or questo, or quello, amendue Anfitrione affermava e come se si sognasse non sapea che si fare: alla fine al vero Anfitrione rivoltosi disse:

- Tu mi richiedi ch'i debba porgerti aita, ma quando riguardo ognuno di voi, non so ch'i mi debba aitare; però io ho fame e da fare altre facende, terminate da voi le vostre liti e partissi.

Giove allora entra in casa e serra la porta; Anfitrione picchia e fa grande istanza che gli sia aperto. Mercurio fattosi Sosia si fa alla finestra e come se fusse stolto con parole spiacevoli lo scaccia. Anfitrione si morde le labbia e tutto si dibatte minacciando e Sosia con un vaso d'acqua da capo a piedi tutto lo bagna. Il vero Sosia, che dal finto era stato battuto si sta di nascosto a vedere dicendo fra sé: tu mi tenevi imbriaco ed al presente vedi pure che non solamente un altro Sosia è in casa, ma un altro Anfitrione ancora, oh che bella festa! Nondimeno egli si tace dicendo, s'io mi scuopro crederassi me esser quello che l'abbia bagnato ed ucciderami.

Giove allora entra in casa e serra la porta, Anfitrione picchia e fa grande istanza che gli sia aperto. Mercurio fatto Sosia si fa alla finestra e come se fusse stolto con parole spiacevoli lo scaccia. Anfitrione si morde le labbia e tutto si dibatte minacciando e Sosia con un vaso d'acqua da capo a piedi tutto lo immolla. Il vero Sosia che dal finto era stato battuto si sta di nascosto a vedere dicendo fra sé: tu mi tenevi imbriaco ed al presente vedi pure che non solamente un altro Sosia è in casa, ma un altro Anfitrione ancora, oh che bella festa! Nondimeno egli si tace dicendo, s'io mi scuopro crederassi me esser quello che l'abbia immollato ed ucciderammi.

In su questo essendosi il vero Anfitrione deliberato romper la porta per entrare in casa ed uccidere chiunque vi ritrovasse, fu dato negli strumenti e terminata la ridiculosa festa: la quale co 'l giudizio dell'arme d'Achille fu rappresentata in guisa che satisfece a chiunque vi si ritrovò presente, come mi fu raccontato dal frate; sì per essere i senesi perlopiù di felicissimo ingegno, sì perché quivi non mancarono abigliamenti, musiche ed altre cose necessarie, come per essere stata cosa fatta alla sprovista, senza altra arte o industria fuor che la naturale; percioché il voler dimostrar l'arte e uno intento studio, leva bene spesso la grazia a tutte le cose.

Poscia tutti di brigata se ne andarono a un fiumicello quivi vicino, dove, mentre che i deputati pescavano, le donne in compagnia de' gentiluomini, or lentamente caminando, or posandosi sopra teneri fiori a' piedi di qualche arbuscello, onestamente scherzavano, intertenendosi con ogni modo piacevole ed onesto. Nel qual tempo considerando messer Francesco che questa merenda avrebbe nome di cena, per essersi consummato tempo assai in recitare queste due favole e che perciò bisognava pensar di pascer tanta brigata con altro che co' pesci di questo fiumicello, diede ordine che fusse posta in assetto quanto prima una suntuosissima cena, come fu fatto. Però quando fu il tempo, dato l'acqua alle mani, se ne andarono a tavola, sotto una ben composta pergola del suo giardino, dove cenarono lietamente; ma poscia, levate le tavole, messer Francesco così prese a dire:

- Io rendo a Dio le grazie possibili, che mi fa vedere così nobilissima brigata aver preso diletto venire oggi a far festa con noi nelle nostre case; ma perché non può quasi essere altrimenti, senonché la più parte sia rimasa con desiderio di sapere il rimanente della favola di Giove con Alcmena e il nascimento di Ercole così acconciamente rappresentata dalle bellissime e valorose madonne qui presenti; però, accioché niuno ne rimanga mal satisfatto, mi compiaccio di tutto il rimanente raccontarvi, prima per levar di quest'obligo esse madonne e scemar lor fatica, indi per dar materia di seguir più oltre ragionando sino a ora di andarsene a riposare.

E questo detto così seguitò:

In su questo essendosi il vero Anfitrione deliberato romper la porta per entrare in casa ed uccidere chiunque vi ritrovasse(47), Alcmena gionse alle strette del parto; però come conviensi imprecò Giove che volesse porgerle aita. Laonde subito s'udì una voce, che disse:

- Non temer donna, ch'io sono qui presente.

E dopo la voce sopravenne un grandissimo splendore, con un grandissimo ribombo in guisa che quanti erano in casa, caddero a terra mezi morti, fra quali cadde similmente Anfitrione, che era stato lasciato entrare in su questo punto dal finto Sosia; e finalmente per non tediarvi con questo miracolo, Alcmena partorì due figliuoli, il primo del marito e l'altro di Giove, che fu Ercole nominato, onde esso Giove datosi a conoscere accordò la cosa, ringraziandolo di tutto Anfitrione, fuorché dell'essersi giaciuto con Alcmena e via disparve.

Essendosi adunque il vero Anfitrione deliberato romper la porta per entrare in casa, Alcmena gionse alle strette del parto; però come conviensi imprecò Giove che volesse porgerle aita. Laonde subito s'udì una voce, che disse:

- Non temer donna, ch'io sono qui presente.

E doppo la voce sopravenne un grandissimo splendore, con un grandissimo ribombo in guisa che quanti erano in casa, caddero a terra mezi morti, fra quali cadde similmente Anfitrione, che era stato lasciato entrare in su questo punto dal finto Sosia; e finalmente per non tediarvi con questo miracolo, Alcmena parturì due figliuoli, il primo del marito e l'altro di Giove, che fu Ercole nominato, onde esso Giove datosi a conoscere accordò la cosa, ringraziandolo di tutto Anfitrione, fuorché dell'essersi ghiaciuto con Alcmena e via disparve.

Ora essendo Anfitrione ritornato con la moglie in buona pace, perché egli era ambizioso, pose ogni suo particolare pensiero in far nutrire Ercole avendo avuto da Giove, che i suoi miracolosi fatti renderebbero immortale e chiara la sua fama. Ma non potendo ritrovare tanto latte che fusse bastevole, di carni macinate di cinghiari, orsi e buoi lo nutriva. Essendo pervenuto nell'età d'anni quindici, per umana forza e sublime intelletto avanzava tutti gli uomini del suo tempo: percioché egli era ottimo grammatico, eccellente filosofo e perfettissimo astrologo. Et avenga che di tutte queste scienze si dilettasse, nondimeno più li piaceva adoperar le forze del corpo, nelle quali pari alcuno non ritrovava.

Ora essendo Anfitrione ritornato con la moglie in buona pace, perché egli era ambizioso, pose ogni suo particular pensiero in far nutrire Ercole avendo avuto da Giove, che i suoi miracolosi fatti renderebbero immortale e chiara la sua fama. Ma non potendo ritrovare tanto latte che fusse bastevole, di carni macinate di cinghiari, orsi e buoi lo nutriva. Essendo pervenuto nell'età d'anni quindici, per umana forza e divino intelletto avanzava tutti gli uomini del suo tempo: percioché egli era ottimo grammatico eccellente filosofo e perfettissimo astrologo. Et avenga che di tutte queste scienze si dilettasse, nondimeno più li piaceva adoperar le forze del corpo, nelle quali pari alcuno non ritornava.

Onde il più del tempo nelle selve e dove animali di maggior forza e fierezza s'avvisava poter ritrovare, più da suo particolar desiderio, che da altra cupidigia sedutto, si essercitava. Et quando accadeva che dimostrasse nella città (percioché egli era potentissimo di ricchezza, bellissimo di persona, acutissimo d'intelletto e secretissimo in tutti i suoi affari) facilmente a sé tirava gli animi di più di una amorosa donna, godendo de' loro abbracciamenti.

Onde il più del tempo nelle selve e dove animali di maggior forza e fierezza s'avvisava poter ritrovare, più da suo particular desiderio, che da altra cupidigia sedutto, si essercitava. E quando accadea che dimostrasse nella città (percioché egli era potentissimo di ricchezza, bellissimo di persona, acutissimo di intelletto e secretissimo in tutti i suoi affari) facilmente a sé tirava gli animi di più d'una amorosa donna, godendo de' loro abbracciamenti.

Ora accadde che essendosi un giorno in Tebe a onor di Bacco celebrato una solennissima festa, la vegnente notte Ercole fu raccolto da una nobilissima giovane ad amoroso trastullo: e la mattina poi, egli, come d'ogni riposo nimico, con bellissima compagnia di giovani uscì della città per andare a piacere. E perché ciascuno più volontieri segue quello che più li diletta e piace, però i suoi compagni presero quello esercizio che più andò loro per l'animo. Ma essendo comparsa a Ercole davanti una bellissima cerva, egli si pose a seguirla e cacciatala da un boschetto quivi vicino la ridusse al piano e dal piano al monte intanto che dietro a questo monte per lungo spazio seguendola soletta l'uccise.

Ora accadde che essendosi un giorno in Tebe a onor di Bacco celebrato una solennissima festa, la vegnente notte Ercole fu raccolto da una nobilissima giovane ad amoroso trastullo: e la mattina poi egli, come d'ogni riposo nimico, con bellissima compagnia di giovani uscì della città per andare a piacere. E perché ciascuno più volontier segue quello che più li diletta e piace, però i suoi compagni presero quello esercizio che più andò loro per l'animo. Ma essendo comparsa a Ercole davanti una bellissima cerva egli si pose a seguirla e cacciatala da un boschetto quivi vicino la ridusse al piano e dal piano al monte intanto che drieto a questo monte per lungo spazio seguendola soletta l'uccise.

Poscia postosi a sedere sopra d'un sasso per prendere alquanto di riposo s'avvisò che mai l'uomo valoroso debbe perdere il tempo invano: però, acciò che l'ozio l'animo suo non occupasse, si diede a pensare e pensando li sovenne che in tre maniere il tempo dispensar si deve, cioè, ricordarsi delle cose passate, disponere le presenti e provedere alle future: onde e standoli fisso nella mente il singular piacere avuto nella passata notte ed altresì assai e maggior diletti e trastulli, ne ricevea singolar gioia e contento.

Poscia postosi a seder sopra d'un sasso per prendere alquanto di riposo s'avvisò che mai l'uomo valoroso debbe perdere il tempo invano: però, acciò che l'ozio l'animo suo non occupasse, si diede a pensare e pensando li sovenne, che in tre maniere il tempo dispensar si deve, cioè, ricordarsi delle cose passate, disponere le presenti e provedere alle future: onde e standoli fisso nella mente il singular piacere avuto nella passata notte ed altresì assai e maggior diletti e trastulli, ne ricevea singolar gioia e contento.

Indi considerava l'orrevole affanno avuto questo giorno e l'onorata preda della cerva insieme con altre sue simil fatiche, le quali li recavano somma lode e lo preponevano a' principali della città. E fra questi due pensieri ne sorgeva il terzo assai più degno della virtù sua e del suo valoroso intelletto: però dicea fra sé: certo che il viver nella città fra delicati conviti, con belle e pellegrine dame, in vezzosi giuochi e trastulli, lontano da ogni pericolo ornatamente vestito, pare una gran beatitudine in vita.

Indi considerava l'orrevole affanno avuto questo giorno e l'onorata preda della cerva insieme con altre sue simil fatiche, le quali li recavano somma lode e lo preponevano a' principali della città. E fra questi due pensieri ne surgeva il terzo assai più degno della virtù sua e del suo valoroso intelletto: però dicea fra sé. Certo che il viver nella città fra delicati conviti, con belle e pellegrine madonne, in vezzosi giuochi e trastulli, lontano da ogni pericolo ornatamente vestito, pare una gran beatitudine in vita.

Ma perché egli aveva letto i valorosi gesti delli antichi eroi, più altamente elevandosi soggiungeva, certo che l'esercitar la persona in virtuose fatiche reca grandissimo onore e fama: la quale eterna vita rende dopo la morte, percioché poche cose nel mondo onorevoli si possono bramar, che non sieno piene di molti affanni e perigliosi accidenti. E mentre che in questi pensieri dimorava, ora per l'uno ed ora per l'altro discorrendo, levato gli occhi vidde venire a sé due donne con altiera faccia, ma l'abito dispari.

Ma perché egli aveva letto i valorosi gesti delli antichi eroi, più altamente elevandosi soggiungeva, certo che l'esercitar la persona in virtuose fatiche reca grandissimo onore e fama: la quale eterna vita rende doppo la morte, percioché poche cose nel mondo onorevoli si possano bramar, che non sieno piene di molti affanni e perigliosi accidenti. E mentre che in questi pensieri dimorava, ora per l'uno ed ora per l'altro discorrendo, levato gli occhi vidde venire a sé due donne con altiera faccia, ma l'abito dispari.

Una delle quali, come che ugualmente camminassero, all'altra nondimeno antecedea con una certa maestà più veneranda, dimostrando tutta la vita ed in ogni suo gesto, segni di grandissima modestia e castità; sendo d'un puro abito bianco tutta vestita, dove che l'altra era talmente disonesta e lasciva: che da per se stessa vagheggiava l'ombra sua, non avendo parte alcuna di naturale, che non fusse alterata. E gionte a Ercole davanti, il quale dal pensiero sciolto mirava la lor venuta, questa seconda, forse temendo non esser prevenuta dall'altra nel parlare, impudentemente accelerato i passi e fattosi ad Ercole vicina, così li prese a dire:

Una delle quali, come che ugualmente camminassero, all'altra nondimeno antecedea con una certa maestà più reverenda, dimostrando tutta la vita ed in ogni suo gesto, segni di grandissima modestia e castità; sendo d'un puro abito bianco tutta vestita, dove che l'altra era talmente disonesta e lasciva: che da per se stessa vagheggiava l'ombra sua, non avendo parte alcuna di naturale, che non fusse alterata. E gionte a Ercole davanti, il quale dal pensiero sciolto mirava la lor venuta, questa seconda, forse temendo non esser prevenuta dall'altra nel parlare, impudentemente accelerato i passi e fattosi ad Ercole vicina, così li prese a dire:

- Bellissimo e graziosissimo giovane, io certamente conosco comunque l'animo tuo sia d'ogni intorno afflitto, non sapendo quai desideri debbi seguire in questa mondana sorte, onde io sono venuta qui per sciorti da questo dubbio, accioché tu segui me come padrona e duce della tua vita: percioché io ti condurrò per un leggierissimo sentiero, da ogni parte dilettevole e d'ogni suavità ripieno, senza alcuna molestia, né fatica, in cui ritroverai tutti quei diletti che immaginar si possano in guisa che mai sentirai cosa che ti dispiaccia.

- Bellissimo e graziosissimo giovane, io certamente conosco comunque l'animo tuo sia d'ogni intorno afflitto, non sapendo quai desideri debbi seguire in questa mondana sorte, onde io sono venuta qui per sciorti da questo dubbio, accioché tu segui me come padrona e duce della tua vita: percioché io ti condurrò per un leggierissimo sentiero, da ogni parte dilettevole e d'ogni suavità ripieno, senza alcuna molestia, né fatica, in cui ritroverai tutti quei diletti che immaginar si possano in guisa che mai sentirai cosa che ti dispiaccia.

E sii certo che il mio adoperare sarà tanto dolcissimo, che rimovendo te da te, di buona voglia mi consentirai ogni pensiero che ti fusse venuto in animo di adoperarti in materia d'arme, nelle orride battaglie; e similmente ogni sollecitudine che ti potesse mai nascere in mente ad utilità della repubblica et all'augumento e fermezza del suo stato; e finalmente ti allontanerò dagli ozi utili, che non ti lascerò prender consiglio all'utilità tua, alla tua fama, né alla salute degli uomini e dell'onor tuo, perché questi pensieri sogliono sempre a principi recare gravissime perturbazioni.

E sii certo che il mio adoperare sarà tanto dolcissimo, che rimovendo te da te, di buona voglia mi consentirai ogni pensiero che ti fusse venuto in animo di adoperarti in materia d'arme, nelle orride battaglie; e similmente ogni sollecitudine che ti potesse mai nascere in mente ad utilità della repubblica et all'augumento e fermezza del suo stato; e finalmente t'allontanerò dagli ozi utili, che non ti lascerò prender consiglio all'utilità tua, alla tua fama, né alla salute degli uomini e dell'onor tuo, perché questi pensieri sogliano sempre a principi recare gravissime perturbazioni.

E però la prima cosa che io voglia da te, è che tu ponga ogni diligenza in avere di quegli uomini che sanno più fare gran moltitudine di preziose vivande, accioché per via di dire, solo dello odor di quelle ti paschi. E le bevande sieno varie e dilettevoli secondo le stagioni, acconcie con infiniti odori di mirabil suavità. Et avvenga che qualche donna o donzella di corpo bellissima si ritrovi, io te la darò a tuoi diletti o per forza o per inganno o per argento o per promesse o per qualche altro modo, purché tu adempia questa giovenil fame di libidine, avendo tu innanzi apparecchiato un tenero e morbido letto di pura piuma, sì per questo, come per satisfare giorno e notte ai tuoi dolci e volontari sonni.

E però la prima cosa che io voglia da te, è che tu ponga ogni diligenza in aver di quegli uomini che sanno più fare gran moltitudine di preziose vivande, accioché per via di dire, solo dello odor di quelle ti paschi. E le bevande sieno varie e dilettevoli secondo le stagioni, acconcie con infiniti odori di mirabil suavità. E avvenga che qualche donna, o donzella di corpo bellissima si ritrovi, io te la darò a tuoi diletti, o per forza, o per inganno, o per ariento, o per promesse, o per qualche altro modo, purché tu adempia questa giovenil fame di libidine, avendo tu inanzi apparecchiato un tenero e morbido letto di pura piuma, sì per questo, come per satisfare giorno e notte ai tuoi dolci e voluntari sonni.

Et se per alcun tempo ti occorresse avere qualche nimicizia o suspetto, non pensar ch'io voglia che tu sopra l'animo vi affatichi, perché io ti ritroverò una infinità d'uomini disonorati, appellati segugi e cagnotti, i quali allettati e convinti dalla ingorda sete de' tuoi beni, per te sottoentreranno ad ogni pericolo, per il buon governo de' tuoi fatti. Né questo affare mi sarà punto difficile, sendo io regina dell'universo e così amorevole di coloro che meco s'accompagnano, che cogliono sempre un largo frutto dalle loro azioni.

E se per alcun tempo ti occorresse avere qualche nimicizia, o suspetto, non pensar ch'io voglia che tu sopra lo animo vi affatichi, perché io ti ritroverò una infinità d'uomini disonorati, appellati segugi e cagnotti, i quali allettati et convinti dalla ingorda sete de' tuoi beni, per te sott'entreranno ad ogni pericolo e per il buon governo de' tuoi fatti. Né questo affare mi sarà punto difficile, send'io reina dell'universo e così amorevol di coloro che meco s'accompagnano, che coglieno sempre un largo frutto dalle loro azioni.

Pensato che ebbe Ercole alquanto sopra le promesse di costei, addimandolle come avesse nome ed ella:

- Dagli amici miei e da quelli che seguono le mie leggi, sono (disse) chiamata Felicità, benché alcuni, i quali per la lor faticosa vita si sono fatti di me nimici, mi chiamino Improbità.

Dopo questo l'altra donna naturalmente bella, savia ed onesta, così a favellare incominciò:

Pensato che ebbe Ercole alquanto sopra le promisse di costei, adomandolle come avesse nome ed ella:

- Dagli amici miei e da quelli che seguono le mie leggi, sono (disse) chiamata Felicità, benché alcuni, i quali per la lor faticosa vita si sono fatti di me nimici, mi chiamino Improbità.

Dopo questo l'altra donna naturalmente bella, savia e onesta, così a favellare incominciò:

- O magnanimo e valoroso figliuol di Giove, come prima m'è stato manifesto chi tu sei e la indole e 'l tuo sublime ingegno attissimo ad apprender tutte quelle cose che d'uno ottimo principe sono degne, sono venuta da te con certa speranza, che debbi del tutto rimuoverti dalle cose infime e terrene ed attendere alle sublimi e vere; il che facilmente ti verrà fatto se seguirai le mie vestigie: che seguendole, sarai fatto principe di cose oneste, probatissime e perfette, onde con l'opra tua mi renderai appo tutte le genti più chiara, onorata e di maggiore riverenza degna.

- O magnanimo e valoroso figliuol di Giove, come prima m'è stato manifesto chi tu sei e la tua indole e 'l tuo sublime ingegno attissimo ad apprender tutte quelle cose che d'uno ottimo principe sono degne, son venuta da te con certa speranza, che debbi del tutto rimuoverti dalle cose infime e terrene ed attendere alle sublimi e vere; il che facilmente ti verrà fatto se seguirai le mie vestigie: che seguendole, sarai fatto principe di cose oneste, probatissime e perfette, onde con l'opra tua mi renderai appo tutte le genti più chiara, onorata e di maggiore riverenza degna.

Ma non credere già il mio diletto figlio, che io voglia ingannare con larghe promesse di tranquilli piaceri, anzi sì come vero che il grande Dio creò il cielo, il mare e la terra e tutte l'altre cose, così verissimamente ti farò manifesta tutta la mia volontà. Laonde conviene prima che tu abbi per certo che esso Dio ordinasse che niun bene, niuna cosa onesta, orrevole e di laude degna possa l'uomo acquistare senza grandissima sollecitudine e fatica; però in tutte le cose, alle quali penserai voler dare di mani proporraiti prima di avere lo onnipotente Dio fautore e propizio; e l'averai, se guidando la tua vita con ragione riconoscerai sempre ogni bene da lui e lo seguirai con ogni tua operazione, rendendoli puro onore e sacrificio.

Ma non credere già il mio diletto figlio, ch'io voglia ingannare con larghe promesse di tranquilli piaceri, anzi sì come è vero che il grande Dio creò il cielo, il mare e la terra e tutte l'altre cose, così verissimamente ti farò manifesta tutta la mia voluntà. Laonde convien prima che tu abbia per certo che esso Dio ordinasse che niun bene, niuna cosa onesta, orrevole e di laude degna possa l'uomo acquistare senza grandissima sollecitudine e fatica; però in tutte le cose, alle quali penserai voler dar di mani proporraiti prima d'avere lo onnipotente Dio fautore e propizio; e l'averai, se guidando la tua vita con ragione riconoscerai sempre ogni bene da lui e lo seguirai con ogni tua operazione, rendendoli puro onore e sagrificio.

Poscia, se vorrai esser caro agli amici, sarà necessario che ti affatichi in far loro beneficio, per dimostrare apparenti segni della benevolenza che tu gli porti. E desiderando d'esser abbracciato e osservato da' tuoi cittadini con ardentissimo amore, studierati non solamente a conservar loro l'onor acquistato, la dignità e 'l frutto, ma a farglielo maggiore e più magnifico: che così facendo acquisterai fama nel mondo di bontà e di giustizia e ciascuna cosa ti seguirà felicemente secondo il concetto desiderio, purché volendo tu trarre de' tuoi campi, cioè di te stesso abondevol frutti, ponga uno intento studio ed una singular vigilia in coltivarli.

Poscia, se vorrai esser caro agli amici, sarà necessario che ti affatichi in far loro beneficio, per dimostrare apparenti segni della benivolenza che tu gli porti. E desiderando d'essere abbracciato e osservato da' tuoi cittadini con ardentissimo amore, studierati non solamente a conservar loro l'onor acquistato, la dignità e 'l frutto, ma a farglielo maggiore e più magnifico: che così facendo acquisterai fama nel mondo di bontà e di giustizia e ciascuna cosa ti seguirà felicemente secondo il concetto desiderio, purché volendo tu trarre de' tuoi campi, cioè di te stesso abondevol frutti, ponga uno intento studio ed una singular vigilia in coltivarli.

Et se uno ardente desiderio di acquistar gloria per fatti d'arme ti riscaldasse il cuore, per poter le fortune tue e quelle degli amici tuoi difendere con detrimento degli avversari, darai opera all'arte militare, accostandoti a chi te la sappia insegnare; e quando l'averai appresa, l'adopererai con fatti e non con parole giustamente.

E se uno ardente desiderio d'acquistar gloria per fatti d'arme ti riscaldasse il cuore, per poter le fortune tue e quelle degli amici tuoi defendere con detrimento degli avversari, darai opera all'arte militare, accostandoti a chi te la sappia insegnare; e quando l'averai appresa, l'adopererai con fatti e non con parole giustamente.

E finalmente volendo far buona complessione e mantenere il corpo sano e robusto, accioché sopravenendo il bisogno l'intelletto tuo sia proprio ministro di te medesimo, non lasciar per l'ozio divenir vili le membra tue, anzi procura di renderle agili e strenue con le fatiche e frequentissimi sudori.

Non avea ancor costei la sua orazione terminata, quando l'altra con queste parole interpellandola disse:

E finalmente volendo far buona complessione e mantenere il corpo sano e robusto, accioché sopravenendo il bisogno l'intelletto tuo sia proprio ministro di te medesimo, non lasciar per l'ozio divenir vili le membra tue, anzi procura di renderle agili e strenue con le fatiche e frequentissimi sudori.

Non avea ancor costei la sua orazion terminata, quando l'altra con queste parole interpellandola disse:

- Ah Ercole mio! Par che tu non conosca quante miserie e fatiche ti proponga questa femina di buona fede, con poco onore e men frutto in questo breve viaggio della nostra vita. Accostati adunque a me ch'io ti condurrò per una via piena d'ogni riposo e piacere come t'ho detto alla vera felicità.

- Ah Ercole mio! Par che tu non conosca quante miserie e fatiche ti proponga questa femina di buona fede, con poco onore e men frutto in questo breve viaggio della nostra vita. Accostati adonque a me ch'i ti condurrò per una via piena d'ogni riposo e piacere come t'ho detto alla vera felicità.

Allora l'altra donna apellata la Virtù con voce piena d'armonia esclamando disse:

- Oh fede degli Dei e degli uomini! E che cosa è in te, che buona e comoda sia, oh infelice feminella? Qual dolcezza si può sentir da te, che non fai cosa che abbia ombra d'alcun bene, ufficio d'alcuna laude ed oggetto d'alcuna gloria? E che è peggio non sai anche misurare i tempi delle tue avidità e del tuo lussuriare.

Allora l'altra donna apellata la Virtù con voce piena d'armonia esclamando disse:

- Oh fede degli Dei e delli uomini! E che cosa è in te, che buona e comoda sia, oh infelice femminella? Qual dolcezza si può sentir da te, che non fai cosa che abbia ombra d'alcun bene, ufficio d'alcuna laude ed oggetto d'alcuna gloria? E che è peggio non sai anche misurare i tempi delle tue avidità e del tuo lussuriare.

Dimmi un poco (ma non mi negare il vero): innanzi che tu mangi ricchissimamente non t'apparecchi l'ampie cene per divorar senza misura? Ed innanzi che la sete ti inviti delicatissime bevande, non per bere, anzi per stracannare? Ed accioché apertamente si dimostri la fine de' tuoi retti consigli, tu ti fai apparecchiare infinite sorti di vivande in guisa che non cerchi di mangiare per vivere, solo desideri sommamente vivere per importunamente mangiare e non mangiare per servire alla natura, ma per disordinatamente compiacere alla gola, al corpo, al sonno ed alla libidine.

Dimmi un poco (ma non mi negare il vero): inanzi che tu mangi ricchissimamente non t'apparecchi l'ampie cene per divorar senza misura? Et inanzi che la sete ti inviti levissime bevande, non per bere, anzi per stracannare? Et accioché apertamente si dimostri la fine de' tuoi retti consigli, tu ti fai apparecchiare infinite sorti di vivande in guisa che non cerchi di mangiare per vivere, solo desideri sommamente vivere per importunamente mangiare e non mangiare per servire alla natura, ma per disordinatamente compiacere alla gola, al corpo, al sonno e alla libidine.

Et queste sono quelle cose che procacci a' tuoi seguaci, con sommo piacere e diletto di vivere, non già di ben vivere. E che dirò io delle tue bevande piene di lussuria? Se non che tu stanchi la terra e 'l mare per aver de' miglior vini ne' quali, per più delicatamente bere e saziare il senso del gusto come intemperata che sei, cerchi nel mezo della estate porvi dentro la fredda neve o porli in certe grotte al fresco, dove ancor tu similmente dimori in ozio ragionando con persone simili a te di cose vane e lascive, per accrescere il fomite della libidine in noi naturalmente potentissimo, quasi come che ti diletti spegnere il fuoco nella stoppa appicciato con l'olio.

E queste sono quelle cose che procacci a' tuoi seguaci, con sommo piacere e diletto di vivere, non già di ben vivere. E che dirò io delle tue bevande piene di lussuria? Se non che tu stanchi la terra e 'l mare per aver ragione de' miglior vini. ne' quali, per più delicatamente bere e saziare il senso del gusto, come intemperata che sei, cerchi nel mezo della estate porvi dentro la fredda neve, o porli in certe grotte al fresco, dove ancor tu similmente dimori in ozio ragionando con persone simili a te di cose vane e lascive, per accrescere il fomite della libidine in noi naturalmente potentissimo, quasi come che ti diletti spegnere il fuoco nella stoppa appicciato con l'olio.

Né è anche da lasciare questo tuo sonno pieno d'ogni piacere, che fa gli uomini effeminati e più morbidi e vili, che le lascive donne, il quale usi sopra tanti apparecchiamenti di letti, dandoti in preda di quello prima che ti sopravenga. Né vuoi che una minima piega oggi nelle delicatissime lenzuola appaia e poi domane sei posta in uno orrido sepulcro fra l'ossa de' tuoi nemici con infamia eterna de' tuoi costumi. E che è peggio, tu non fai questo perché ti bisogni riposare il corpo per le diurne fatiche, ma solo per seguire il costume degli Epicuri, che credeano la somma beatitudine consistere nello empire i desideri, onde ciascuno, che va cercando i diletti di questo mondo e 'l viver senza travagli, oltra che egli è Epicuro, vive nondimeno con più travagli degli altri: percioché i comodi istessi li sono alle volte rincrescevoli e noiosi.

Né è anche da lasciare questo tuo sonno pieno d'ogni piacere, che fa gli uomini effemminati e più morbidi e vili, che le lascive donne, il quale usi sopra tanti apparecchiamenti di letti, dandoti in preda di quello prima che ti sopravenga. Né vuoi che una minima piega oggi nelle dilicatissime lenzuola appaia e poi domane sei posta in uno orrido sepulcro fra l'osse de' tuoi nimici con infamia eterna de' tuoi costumi. E che è peggio, tu non fai questo perché ti bisogni riposare il corpo per le diurne fatiche, ma solo per seguire il costume degli Epicuri, che credeano la somma beatitudine consistere nello empire i desideri, onde ciascuno che va cercando i diletti di questo mondo e 'l viver senza travagli, oltra che egli è Epicuro, vive nondimeno con più travagli degli altri: percioché i comodi stessi li sono alle volte rincrescevoli e noiosi.

E così ti seppelisci nelle piume, le quali non furono ritrovate, né si debbono usare per diletto o per lussuria, ma per riposare i corpi fatti stanchi dagli orrevoli e pietosi uffici. Delle cose veneree ancora non ne voglio troppo ragionare, perché il disonor tuo l'ha così seminate per tutto, che chiaramente si vede te non a simile atti ridurti per conservar la specie generando figliuoli, né perché la necessità e la natura a questo ti pieghi: ma per una sfrenata lascivia, per una pessima incontinenza, di dì in dì in te maggiormente invecchiata, facendoti pari allo infangato porco nel tenero e puzzolente fango.

E così ti seppelisci nelle piume, le quali non furono ritrovate, né si debbeno usare per diletto, o per lussuria, ma per riposare i corpi fatti stanchi dagli orrevoli e pietosi uffici. Delle cose veneree ancora non ne voglio troppo ragionare, perché il disonor tuo l'ha così seminate per tutto, che chiaramente si vede te non a simil atti ridurti per conservar la specie generando figliuoli, né perché la necessità e la natura a questo ti pieghi: ma per una sfrenata lascivia, per una pessima incontinenza, di dì in dì in te maggiormente invechiata, facendoti pari allo infangato porco nel tenero e puzzolente fango.

E questa tua disciplina ha instituito genti simili a te, che vivendo a guisa di bestie, per mandare ad essecuzione gli abominevoli tuoi fatti, spendono tutte le notti in porre insidie all'altrui case, per commettere in quelle stupri, adulteri ed altri vizi contra natura, menando la vita in simil cose vituperose e nefande. E questo è il maggiore utile che segua dalle tue facende: il quale, oh poverella, ti mena a tre precipizi, alla infirmità, alla penitenza e finalmente alla vituperosa morte.

E questa tua disciplina ha instituito genti simil a te, che vivendo a guisa di bestie, per mandare ad essecuzione gli abominevoli tuoi fatti, spendeno tutte le notti in porre insidie all'altrui case, per commettere in quelle stupri, adulteri ed altri vizi contra natura, menando la vita in simil cose vituperose e nefande. E questo è il maggiore utile che segua dalle tue facende: il quale, oh poverella, ti mena a tre precipizi, alla infirmità, alla penitenza e finalmente alla vituperosa morte.

Ma quello che di te e de' tuoi costumi è più detestabile, è che sei scacciata dal consorzio delli Dei e degli uomini che ottimamente vivono e sei sempre tenuta in obbrobrio ed in vergogna da loro: onde non si diletta l'animo tuo, né riceve alcun piacere per le lodi che ti venghino porte dagli uomini preclari, la qual cosa è alle orecchie un cibo più dolce che 'l nettare. E se tu giungi a qualche necessità, non ritrovi alcuno che di te gli incresca, né ti porga sussidio, il che è certissimo argomento della tua miseria, essendo che non si ritrovò uomo di sana mente che volesse essere ascritto nel tuo consorzio.

Ma quello che di te e de' tuoi costumi è più detestabile, è che sei scacciata dal consorzio delli Dei e degli uomini che ottimamente viveno e sei sempre tenuta in obrobrio ed in vergogna da loro: onde non si diletta l'animo tuo, né riceve alcun piacere per le lodi che ti venghin porte dagli uomini preclari, la qual cosa è alle orecchie un cibo più dolce che 'l nettare. E se tu giungi a qualche necessità, non ritrovi alcuno che di te gli incresca, né ti porga sussidio, il che è certissimo argumento della tua miseria essendo che non si ritrovò mai uomo di sana mente che volesse essere ascritto nel tuo consorzio.

E se egli avviene che alcuni giovenilmente scherzando si diano al mangiare e bere e vituperoso riposo, divengono in guisa languidi e da poco che come sono fatti vecchi, hanno una mente più vile del piombo e divenuti squallidi e deformi si vergognano: onde avviene che sono sempre tormentati per il rimorso della mal guidata vita, la qual finiscono con acerba pena e tu sei di ciò cagione, per aver resi gli animi loro così pigri e tardi nel bene affaticarsi, che hanno lasciato volare via la più parte del tempo migliore, spendendolo in cose disoneste e senza frutto. E quelle sono l'opere tue tanto eccellenti e le mercedi che ricevono da te coloro che donano i suoi pensieri agli studi tuoi sempre nefandi.

E se egli avviene che alcuni giovenilmente scherzando si diano al mangiare e bere e vituperoso riposo, divengano in guisa languidi e da poco, che come son fatti vecchi, hanno una mente più vile del piombo e divenuti squallidi e deformi si vergognano: onde avviene che sono sempre tormentati per il rimorso della mal guidata vita, la qual finiscono con acerba pena e tu sei di ciò cagione, per aver resi gli animi loro così pigri e tardi nel bene affaticarsi, che hanno lasciato volare via la più parte del tempo migliore, spendendolo in cose disoneste e senza frutto. E quelle sono l'opere tue tanto eccellenti e le mercedi che ricevono da te coloro che donano i suoi pensieri agli studi tuoi sempre nefandi.

Ma se pur ti fusse nato desio sapere delle mie azioni alcuna cosa, io ti dirò la verità nuda senza altra vanagloria o menzogna: sì per far maggiormente animoso questo giovanetto a seguire i miei ricordi, sì perché co 'l paragone possa conoscere i tuoi vituperi e la tua odiosa vita; ascolta adunque. Primamente io ho stretta amicizia e familiarità con li Dei immortali, vivo insieme ed ho intima conversazione con gli uomini per virtù chiari e famosi: onde non segue alcuno preclaro essercizio senza l'opera mia e 'l mio consiglio, intanto che li mortali e li immortali ancora, cioè quelli che vivono virtuosamente e quelli che per le loro virtuose azioni sono rimasi immortali, hanno seguito me con solenne onore e però vengono fatte tante statue, dipinte tante imagini, che rappresentano la forma di questi magnanimi eroi, da coloro ancora che seguono l'opere mie, conciosiaché tutti gli artefici di simil arti professori mi onorano, mi osservano ed hannomi in riverenza come della loro virtù carissima compagna.

Ma se pur ti fusse nato desio sapere delle mie azioni alcuna cosa, io ti dirò la verità nuda senza altra vanagloria, o menzogna: sì per far maggiormente animoso questo giovanetto a seguire i miei ricordi, sì perché co 'l paragone possa conoscere i tuoi vituperi e la tua odiosa vita; ascolta adonque. Primamente io ho stretta amicizia e familiarità con li dei immortali, vivo insieme ed ho intima conversazione con gli uomini per virtù chiari e famosi: onde non segue alcun preclaro essercizio senza l'opera mia e 'l mio consiglio, intanto che li mortali e li immortali ancora, cioè quelli che viveno virtuosamente e quelli che per le loro virtuose azioni sono rimasi immortali, hanno seguito me con solenne onore e però vengon fatte tante statue, dipinte tante imagini, che rappresentano la forma di questi magnanimi eroi, da coloro ancora che segueno l'opere mie, conciosiaché tutti gli artefici di simil arti professori mi onorano, mi osservano ed hannomi in riverenza come della lor virtù carissima compagna.

Tutti venerandi padri delle oneste famiglie mi prendono per Madonna e per Signora de' loro figliuoli e servi. In tutti i luoghi dove faccio stanza, v'è sempre una fermissima e tranquilla pace, però che non d'altronde nasce la vera pace, che dalli interi fatti ed esercizi miei. Io son guida costantissima e salda a tutti coloro che si essercitano giustamente nella guerra: gli uffici miei sono il cominciar le amicizie fra gli uomini virtuosi e conservarle poscia e non solamente conservarle, ma accrescerle ed accresciute illustrarle e farle piene di splendore.

Tutti venerandi padri delle onoeste famiglie mi prendeno per madonna e per Signora dei lor figliuoli e servi. In tutti i luoghi dove faccio stanza, v'è sempre una fermissima e tranquilla pace, però che non d'altronde nasce la vera pace, che dalli interi fatti ed esercizi miei. Io son guida costantissima e salda a tutti coloro che si essercitano giustamente nella guerra: gli uffici miei sono il cominciar le amicizie fra gli uomini virtuosi e conservarle poscia e non solamente conservarle, ma accrescerle ed accresciute illustrarle e farle piene di splendore.

Quelli che constantemente perseverano nella mia amicizia, senza cercare superflue imbandigioni e bevande suavissime, si pascono; e benché siano stimolati dallo appetito, la virtù mia è cagione di fare loro sofferire e ributtare ognuna di queste simil cose: onde mentre che dormono menano placidi sonni, per averli compartiti con le faticose vigilie. Per l'essercizio mio i giovanetti ascoltano il consiglio dei vecchi, i quali sono poscia compunti di grandissima allegrezza veggendo essi giovanetti per gli loro ammaestramenti pervenire a grandissimi onori.

Quelli che constantemente perseverano nella mia amicizia, senza cercare superflue imbandigioni e bevande suavissime, si pascono; e benché siano stimulati dallo appetito, la virtù mia è cagione di fare loro sofferire e ributtare ognuna di queste simil cose: onde dimentre che dormeno menano placidi sonni, per averli compartiti con le faticose vigilie. Per l'essercizio mio i giovanetti ascoltano il consiglio dei vecchi, i quali sono poscia compunti di grandissima allegrezza veggendo essi giovanetti per gli loro ammaestramenti pervenire a grandissimi onori.

Io riconcilio gli uomini mortali con li Dei immortali e con grandissima benivolenza alli amici cari li rendo e li faccio orrevoli nella patria. E quando occorre di abbandonare questa frale scorza, questa che tu per la tua ignoranza chiami morte ed io la appello vita, né lascio alcuno dei seguaci miei per alcun tempo oscuro per la dimenticanza e corso del tempo fugace: però che io servo eterna la memoria della sua bellezza e lo rinverdisco d'assidue lodi, con elogi, con scritture e con alte cose degne di incredibil memoria.

Io riconcilio gli uomini mortali con li Dei immortali e con grandissima benivolenza alli amici cari li rendo e li faccio orrevoli nella patria. E quando occorre di abbandonare questa frale scorza, questa, che tu per la tua ignoranza chiami morte ed io la appello vita, né lascio alcuno dei seguaci miei per alcun tempo oscuro per la dimenticanza e corso del tempo fugace: però che io servo eterna la memoria della sua bellezza e lo rinverdisco d'assidue lodi, con elogi, con scritture e con altre cose degne di incredibil memoria.

Per il mio guidare i principi e regi usano sopra tutti gli altri singolare onore e dignità, onde per la possanza dei popoli dilatano le forze loro: indi gli alti suoi gesti per fama e per scritti vengono nell'universo predicati e conti. Io conforto essi principi e regi, che da per sé non risolvino cosa alcuna e che siano accuratamente cortesi a coloro nella cui fede si sono commessi, dando a buoni ed integerrimi uomini condegni premi ed onori ed alli tristi e cattivi asperrime pene e vergogne: con costante animo e saldo ugualmente rendendo ragione a' poveri ed a' ricchi ed ultimamente io faccio sì che sono nominati padri delle patrie.

Per il mio guidare i principi e regi usano sopra tutti gli altri singolare onore e dignità, onde per la possanza dei popoli dilatano le forze loro: indi gli alti suoi gesti per fama e per scritti vengono nell'universo predicati e conti. Io conforto essi principi e regi, che da per sé non risolvino cosa alcuna e che siano accuratamente cortesi a coloro nella cui fede si sono commessi, dando a buoni ed integerrimi uomini condegni premi ed onori ed alli tristi e cattivi asperrime pene e vergogne: con costante animo e saldo ugualmente rendendo ragione a' poveri ed a' ricchi ed ultimamente io faccio sì, che sono nominati padri delle patrie.

Questi adunque, oh valoroso figliuolo di ottimo padre generato, sono gli uffici ed essercizi miei: i quali se non averai a sdegno seguitare, guadagnerai la vita veramente felice e beata, la quale in questo mondo è la bellezza delli uomini e nell'altro la beatitudine eterna con li Dei.

Questi adonque, oh valoroso figliuolo di ottimo padre generato, sono gli uffici ed essercizi miei: i quali se non averai a sdegno seguitare, guadagnerai la vita veramente felice e beata, la quale in questo mondo è la bellezza delli uomini e nell'altro la beatitudine eterna con li Dei.

Poscia che ebbe così detto, il magnanimo Ercole finalmente dispregiando i diletti e le lusinghe dell'una, si dispose con possibil diligenza voler seguire i ricordi dell'altra, avvenga che se gli proponessero intolerabili fatiche e sudori; conoscendo, quantunque ei fosse giovanetto, che questo modo di vivere gli prometteva immortale e sempiterno onore, al quale affermava tutti gli uomini d'alto valore aver rivolto l'animo.

Poscia che ella ebbe così detto, il magnanimo Ercole finalmente dispregiando i diletti e le losinghe dell'una, si dispose con possibil diligenza voler seguire i ricordi dell'altra, avvenga che se gli proponessero intolerabili fatiche e sudori; conoscendo, quantunque ei fosse giovanetto, che questo modo di vivere gli promettea immortale e sempiterno onore, al quale affermava tutti gli uomini d'alto valore aver rivolto l'animo.

E mentre che egli avendo tal deliberazione in sé concetta si stava come quegli che uscito da un profondo pelago alla riva si rivolta all'acqua perigliosa e la riguarda, le donne per tramiti dispari si dipartirono. Laonde egli, tutto d'amirazione e d'allegrezza ripieno, levatosi sulle forti spalle l'onorata preda, a' compagni, che con maraviglia della sua lunga dimora l'aspettavano, ritornò. Et entrati con gran festa nella città, accompagnarono Ercole alla sua casa e quivi lo lasciarono con nuovi ed onorati pensieri; il quale dando sempre opera alle virtù di tempo in tempo, divenne tale che s'acquistò maraviglioso e non mai più udito nome di virtuoso per tutto l'universo.

E mentre che egli avendo tal deliberazione in sé concetta si stava come quegli che uscito da un profondo pelago alla riva si rivolta all'acqua perigliosa e la riguarda, le donne per tramiti dispari si dipartirono. Laonde egli, tutto d'amirazione e d'allegrezza ripieno, levatosi sulle forti spalle l'onorata preda, a' compagni, che con mareviglia della sua lunga dimora l'aspettavano, ritornò. Et entrati con gran festa nella città, accompagnarono Ercole alla sua casa e quivi lo lasciarono con nuovi ed onorati pensieri; il quale dando sempre opera alle virtù di tempo in tempo, divenne tale che s'acquistò maraviglioso e non mai più udito nome di virtuoso per tutto l'universo.

Noi adunque come emuli della gloria di questo magnanimo eroe che più oltre della promessa, alli quindici anni della età sua v'ho condutto e così bene instituto; dobbiamo sempre dare opera alla virtù(48), madre della quale è la verità, che va sempre di bianchissimi panni vestita (a confusione di coloro che amano il pessimo vizio della adulazione, comunque ella sia un lezzo dinanzi a Dio ed uno orrendo mostro fra gli uomini) e che dagli antichi fu creduta dea e come tale adorata;

Noi adonque come emuli della gloria di questo magnanimo eroe che, più oltre della promissa, alli 15 anni della età sua v'ho condutto e così bene instituto; dobbiamo sempre dare opera alle virtù, le quali hano tanta forza, che ci insegnano fuggire i vizi, benché alro sprone non bisogna a tutta questa brigata per ciò fare, sendo ciascuno della virtù amantissimo e seguace.

Rizzosi allora la madre di messer Giulio, avendo qui posto fine al suo moral ragionamento messer Francesco e con gesto magnifico e reverendo, poscia ripostasi a sedere, così a favellare diede principio: non poteva il nostro messer Francesco darci dapo cena i miglior confetti di questi, per mandarcene del tutto lieti e satolli da questa sua villa, avenga che questi prati contesti di vari fiori, insieme con questo sereno cielo dilettino gli occhi e 'l dolce mormorio di questi rivi dilettino gli orecchi e questa bella compagnia sia bastevole a dar sempre onorato trattenimento a tutto il mondo.

Però io ancora seguendo le sue pedate, nobilissimi gioveni e voi graziose madonne, mi piace dirvi che la verità di bianchissimi panni vestita (a confusione di coloro che amano il pessimo vizio della adulazione, comunque ella sia un lezzo dinanzi a Dio ed uno orrendo mostro fra gli uomini) è da alcuni detta madre della virtù e fu dagli antichi fu creduta dea e come tale adorata;

e però le edificarono un tempio dinanzi al tempio dell'Onore, in tale guisa accomodato che in questo non poteva entrare chi non passava per quello, volendo dimostrare che altra via non si ritrova a procacciarsi onore, che quella della virtù, come che quello sia il vero premio di questa: la quale mi pare (e con grandissima vergogna dei nostri tempi) che abbia perduto il credito e la riputazione in guisa che questo sia apunto il secol d'oro, poiché nulla più si pregia che l'oro, avvenga che fra l'oro e la virtù non vi sia alcuna proporzione.

e però le edificarono un tempio dinanzi al tempio dello onore, in tal guisa assettato, che in questo non potea entrar chi non passava per quello, volendo dimostrare che altra via non si ritrova a procacciarsi onore, che quella della virtù, come che quello sia il vero premio di questa: la quale mi pare (e con grandissima vergogna dei nostri tempi) che abbia perduto il credito e la riputazione in guisa che questo sia apunto il secol d'oro, poiché nulla più si pregia che lo oro, avvenga che fra l'oro e la virtù non vi sia alcuna proporzione.

Però questa potrebbe essere forse stata la cagione che certi vivaci ingegni con divina ispirazione hanno dipinto questa Virtù(49) in forma di pellegrina che via con fretta camini, non ritrovando stanza fra di noi, né alcuno che la raccoglia: percioché come ella è con la povertà congiunta, va pellegrinando in guisa che a lei avviene come a quella statua che ancor si riposa nella bottega dello statuario, alla quale non vengono porti onori, né incensi, finché in luogo convenevole e solenne non viene collocata.

Però questa potrebbe essere forse stata la cagione che certi gioveni nostri domestici con divina spiratione hanno dipinto questa Virtù in una stanza, dove bene spesso si convengano a virtuosamente diportarsi, in forma di pellegrina, che via con fretta camini, non ritrovando stanza fra di noi, né alcuno che la raccoglia: percioché come ella è con la povertà congionta va pellegrinando in guisa che a lei diviene come a quella statua che ancor si riposa nella bottega dello statuario, alla quale non vengan porti onori, né incensi, finché in luogo convenevole e solenne non viene collocata.

Con tutto questo una delle cose più vili del mondo è un ricco senza virtù che divenga povero, sia pur nobile per schiatta quanto si voglia, dove che un virtuoso povero sarà sempre virtuoso malgrado del falso mondo e di coloro che inutilmente spendono le loro ricchezze. E con tutto che questa virtù sia così mal condotta, nondimeno è da seguirla sempre e chi del suo cibo si pasce, tanto dolce e soave lo ritrova, che di gustarne non si può mai saziare(50). Ritorno in Vigliada quivi aspettami.

 

Don Pietro Grullo nella radunanza di Vigliada è burlato da' suoi concameranti.

 

Con tutto questo una delle più vil cose del mondo è un ricco senza virtù che divenga povero, sia pur nobile per schiatta quanto si voglia, dove che un virtuoso povero sarà sempre virtuoso, malgrado del falso mondo e di coloro che inutilmente spendono le loro ricchezze. E con tutto che questa virtù sia così mal condotta, nondimeno, come disse messer Francesco, è da seguirla sempre: conciosiaché quegli che del suo cibo si pasce, tanto dolce e suave lo ritrova, che non si può mai saziar di gustarne.

 

Eccomi ritornata in Vigliada(51), ove dimorando quei guidoni facevano il furbesco lor conseglio contra di me e sopra la burla fattagli e nel discorrere non finivano di farsi ciascun di loro le mille croci, lodandomi e chiamandomi la Villana de las Borlas, y de las Burlas, che per l'uno e l'altro nome mi addimandavano; de las Borlas, perch'io portava al collo una collana di pater nostri di legno, ma grossi, all'uso di montagna e come giovanetta montagnesca, allora che mi presero o almeno quando se lo pensarono, ma presi e dalla Villana de las Borlas borlati; de las Burlas, per le molte burle che io li feci da che li posi nella midolla della bote e che di guidoni divennero scimmioni e squinternati come mastelle senza cerchi, lasciaigli però vestiti, che in verità non lo meritavano.

No se acababan de santiguar de la villana de las borlas y de las burlas, que ambos nombres me llamaban ellos; de las borlas, por las que llevaba al cuello, como montañesa, cuando me encestaron, a lo menos, cuando lo pensaron; de las burlas, por las que les hice desde que les puse en cueros, dejándolos con sus vestidos, que es el cosí cosí de Móstoles.

Dopo che tornarono in sé, ciascuno di loro lodava le mie accortezze, tuttoché delle ingiurie ricevute si sentivano un intenso prurito ed un picante pizzicore e tanto più, quanto che senza alcun riparo carichi si trovavano: affé, affé, tutti erano di ventiquattro caratti; ma nella finezza, chi più chi meno, nulladimeno mi riconobbero per loro superiora e per tale picaramente mi onorarono.

Ya después que tornaron sobre sí, alababan mi traza, pero escocíales la injuria, y tanto más cuanto más sin reparo la hallaban, que al cabo, al cabo, todos éramos de la carda cual más, cual menos, y no podían dejar de reconocerme superioridad.

Dopo che questi guidoni si furono congregati e ch'ebbero trattato delle cose passate le quali come scandolose e pregiudiziali al buon governo ed al guidonesco profitto privarono il picaro don Perro Grullo ammiraglio del Perù, di tutte le dignitadi e specialmente dell'ammiragliato di tutta la calcanteria picaresca e ciò con tante cerimonie e solennità, come se lo privassero veramente d'alcuno insigne officio; e con publiche gride, a suono di trombe gli levarono tutti gli offici e malefici, per molti anni precisamente e altri ad arbitrio, il che egli sentì con tanto sentimento come se veramente fusse stato privato d'alcun vero ed illustrissimo carico di superiorità; che perciò si verifica quel proverbio: "che quella dignità che più si cerca, più si sente". Privato ch'egli fu, dicevangli:

Después que se juntaron y trataron de lo pasado, quitaron al Pero Grullo la presidencia y obispado de la Bigornia, con tales cerimonias como si en hecho de verdad le quitaran algún insigne oficio, y, por sus edictorrios, le privaron de oficio y maleficio por muchos años precisos y otros a merced, y lo sintió él como si le quitaran algún verdadero obispado, que en fin, siempre fue verdadero el refrán que dice: "Lo que más se quiere, más se siente."

Decíanle:

- Fratello, non merita piazza chi tanto vituperosamente si partì da quella di Mansiglia; tu ti desti della zappa sui piedi, del tuo male tu stesso ne fusti ministro; tu avevi bene e t'appigliasti al male; e chi vuol il mal, abbia anco il malanno e la mala Pasqua: non sai chi contra a Dio gitta pietra, in capo gli ritorna? Tu te l'hai comperata a' danari contanti, percioché chi potendo stare cade tra via, se si rompe il collo, suo danno sia. Fratellino, è mala cosa esser picaro vigliacco, ma peggio è l'esser conosciuto tale: tu lo cercasti, l'hai trovato, godilo e statene.

-Hermano, no merece plaza quien tan infamemente salió de la de Mansilla.

Diéronle criadas vayas, lo cual él sintió más que todo.

Uno le decía:

Il meschino dello sgraduato ammiraglio restò privo d'ogni autorità e dignità, né altro gli rimase che aglio e l'ammirazione in costoro che lo videro spogliato della sua picaresca dignità; la qual ammirazione agliesca(52) essendo cosa pestilenziale infettò ed appestò tutto il paese, di modo tale che tutti furono ammorbati da questo fettore, che tanto si dilatò che tutti putivano e putiscono d'aglio; e tanto si è internato nelle lor midolle e nelle ossa loro, che sempre dormendo, vigilando, trattando e negoziando, in tutte le lor azioni hanno l'aglio in seno e nel cuore; ed in altri è rimasto e rimane l'ammirare e molto bene mirare le odorifere virtù altrui e le agliesche virtudi loro. Non ti ammirare se la virtù, che rendeva già soavissimo odore, ora putisca oltremodo d'aglio e di modo tale che ogni azione ed operazione odora d'aglio.

Et non è maraviglia se al povero smaragliato gli rimase cotesto odore, le beffe e le burle, perché subito restò egli d'ogni dignità picaresca privo (eccetto che del picante agliante). Quelli che già l'ubbidivano, {Don Grullo è burlato da' suoi} ora lo rimproveravano, dandogli gridori, facendoli mille burle, stridandogli e rumoreggiandogli d'intorno, tanto e così fieramente, che il meschin picaro, ritornato don Perro grullo, sentì e nel sentire, gli tremò nell'anima il cuor dell'onore, sicché sprofondò nell'abisso del don ed egli rimasse qual nacque, agliante uomo ignudo. Et per vieppiù schernirlo, uno gli diceva:

- Ove si trova oggi quella gran matrona che qual imperatrice inchinati a' suoi piedi le abbiamo da pagar tributo? Meglio diressimo qual emperrada, emperadera, cioè incagnata, incagnatrice, a' cui piedi appresentassimo gli otri di vino, dalla quale con le crudeli sferzate nervesche fossimo tanto bene governati, come sgovernati.

Un altro gli disse:

-¿Cómo digo de aquella emperatriz ante cuyos pies hoy habemos de pagar tributo? Mejor dijeras aquella emperrada emperradera, ante cuyos pies caímos hechos unos zaques, y de cuyo rebenque fuimos tan gobernados como desgobernados.

Díjole otro:

- Questa la chiamarete voi polliparca? Non certo. Io la chiamo grulliparca, poiché Giustina fu la parca del Grullo, cioè de' pollami che per lui rubbammo e de' strepiti e de' gridori di lui e di tutta la sua camerata.

Un altro gli disse:

-¿Esta me llamáis polliparca? Llámola yo grulliparca, pues fue la parca del Grullo y aun de toda su camarada.

Otro le dijo:

- Camerata (cioè la sua compagnia) come era quella d'oggi? Io rinasco come fenice dalle ceneri, c'ha fatto Giustina con il suo immortale rigore nervante, col quale m'ha levato, anzi abbruciato le tre potenze dell'anima. Ma più proprio sarebbe dire: io rinasco con dolore di nervo del ventre d'una carretta, col capo abbasso ed i piedi in alto; e veramente fussimo un aborto della carretta, che come panno cotonato, ci cotonò così bene Giustina con la nervosa sferza, facendoci nelle carni cotonature tali, che erano pelose ed alte due dita.

-Camarada, ¿cómo era quello de hoy renazco como ave fénix de las cenizas que ha hecho Justina con el inmortal rigor con que me ha quemado las tres potencias del ánima? Más cierto fuera decir: Yo naceré con dolor del vientre de una carreta, cabeza abajo y pies arriba, y hoy seré aborto de carreta, y me pondrá Justina como nuevo de puro frisado con su azotina.

Otro le dijo:

{La donna non sa star nel mezo.} Et è pur vero che la donna non sa star nel mezo o ch'ella ama o ch'ella odia troppo; quest'ultima parte fu troppo per noi, perché il suo odio fu così crudele, che a tutti noi avvenne come dice quel proverbio: il fumo e 'l fuoco e la femina ritrosa cacciano l'uomo di casa: così fece ella, che a suono di buone bastonate ci fe' fuggire, cadere e rompere il collo giù dalla carretta.

Un altro gli disse:

- Oggi la rara fenice anzi la mia gustosa e piacevole Giustina, fa piatto al gustoso desiderio mio. Oh sempliciotto, hai detto bene ch'ella ne' piatti ti diede tanto da cibarti e ne' boccali tanto da bere, che come fuoco accese ed arse la lucerna del tuo intelletto, che divenisti un goloso e ubbriaco scimmiotto.

Un altro diceva:

-Hoy la rara ave de mi gustosa Justina hace plato al gusto mío. ¡Oh, pecador! Bien habías dicho, si no te hubiera primero dado con el plato en los cascos, y si no quemara tanto el plato como el aceite que lamió la mona golosa que estaba sobre una hornacha de lumbre.

Otro decía:

- Viva il signor ammiraglio rimediatore degli orfani e gli orfani siano i diavoli che ti bastonino; e tal rimedio ed aiuto venghi alla casa tua picarone vigliacco.

Un altro disse:

-¡Viva el señor obispo, remediador de huérfanas! El huérfano sea el diablo, y tal remedio venga por su casa.

Otro dijo:

- Ella è intiera come quando nacque e questo giuro e approvo io, che la intiera è lei e li rotti e fracassati siamo noialtri.

Un altro disse:

-Ella está entera como su madre la parió. Eso juro yo, que la entera es ella y los quebrantados nosotros.

Otro dijo:

- Via presto, che il Dio d'amore ha le ali; giuro a dieci, che anche lei con la sua sferza faceva volare la carretta.

Un altro vedendo che trapassavano il punto nel dargli la baia in parte verso tutti coloro dimostrava per lui molta afflizione ed in parte schernendolo disse:

-¡Ea, presto, que el dios de amor tiene alas! juro a diez y a un rebenque con que hace volar la carreta.

Otro, viendo que tan adelante iba el darle vaya, medio lastimándose, medio fisgando, dijo:

- Caen, caen, murria perra, es essa en dar bayas al rasante.

Allora gli toccò il tasto della ubbriachezza, quando si credea di dire: callen callen daos mucha prissa, che in sua vece, disse: caen, caen datos murria perra, etc.

-Carren, carren. Murria perra es esa en dar vayas al rasante.

Tocó tecla de cuando por decir él: callen, callen, daos mucha prisa, dijo: carren, carren, datos murria perra etc.

Insomma a garra l'uno dell'altro gli dissero e fecero tante burle che lo traffissero dentro e fuori in ogni parte, che per esser tante, le lascio alla discrezione del più indiscreto picaro che si trovi in tutta Biscaglia e suoi convicini, perché ivi ci sono censuratori delle azioni e fatiche altrui. Non lasciarono cosa del meschino che non toccassero, né punto che non glosassero, infino a dirgli: "ben pare che tu sii de' rabini di Gierusalemme, nato e nutrito in quelle parti, perché sei vile e codardo", sebbene in altro sei di settanta carratti essendo eglino viziosi, increduli, raspanti, aglianti, furanti e picarantissimi picaranti. Con il tanto loro perversamente dire, lo risvegliarono di maniera tale, che sdegnato e svergognato se ne fuggì di quella terra.

Dijeron dichos agudos y donosos, que por agudos los río y por largos los callo. Quédese a la discreción del pícaro más discreto, que es el único censor de toda letura de folga. No dejaron cosa que no tocasen, ni punto que no glosasen, hasta decirle: "Bien pareces patriarchón de Jerusalén y nacido allá, pues tan vil y cobarde naciste."

Henchíanlo de necio, cobarde y pusilánime, y fue tal y tan pública la vaya, que, corrido de los mates que le daban y motes que le ponían, se fue de aquella tierra.

Io non dubito, se non ch'egli andasse a Genevra. Ma vi fu un moro che la sua qualità ben conoscea, che doppo d'essere addottrinato in quella città ei se n'andasse a Mandinga o a Zape, dove sono se non gatti e uomini, non uomini, ma pestiferi mostri di natura; Dio ci guardi.

Nonostante questo aveva costui meco un naturale troppo naturale ed era che s'egli fusse andato all'Isola de' gatti mamoni e de' scimmiotti, io allora sarei andata all'Isola de' papagalli.

Qual sarà quella bagaccia che vada ad incontrar un toro ferito di zagaglia?

Yo no dudo sino que no paró hasta Ginebra, y aun, según le pusieron hecho un negro, se debió de ir a Mandinga, o a Zape, donde envían a los gatos, aunque lo natural era que se fuera él a la isla de las monas y yo a la de los papagayos. ¡La bellaca que le saliera al encuentro a este toro agarrochado!

Rimase castrata la guidoneria per lo mancamento del non ammiraglio e tanto castrata, quanto discastrata; con tutto ciò ella si rifece ed attendeva alla caccia (non come prima) de' moscioni o zenzale, come nibbi molto pratici ed affé che non mi dà poca pena, quando veggo alcun picariglio, gonfio, imaginandosi di esser un don Guidone senza reali o don Calcante bisogna il tutto o don Bricone senza camiscia, nella guisa che lo descrive un moderno valente dicitor romano; tanto a misura colma d'ostentazione vanno questi picarigli vigliacchi, che essendo poco più di un zero, si credono d'essere il gran capitano delle Moluche e perciò i meschinelli, credendosi di non aver incontro, si tengono in buono e si presumono d'esser più d'un quamque con un quinci ed un quindi, che se fussero posti stretti stretti in un torchio, non ne uscirebbe un maravedis d'animo sincero.

Muy capada quedó la Bigornia, y tan capada cuan descapada. Con todo eso, se rehizo y cazaba, no como antes, sino mosquitos, como milano de cuarta muda. Y a fe que no me da a mí poca pena cuando veo picarillos de alquimia entonarse y que no encuentren quien los haga tenerse en buenas. No sé acabar un cuento; ya sé que enfado en él, pero ya acabo.

Non finirei mai in raccontare le picaresche vigliaccherie di questi picari di Mansiglia e di circonvicini, che a me non poco infastidiscono, eppur sono sotto il suo clima e mi conviene maneggiarmi e da loro diffendermi, tu lo sai ed io lo so, altri dicano il resto se lo sanno, ch'io, per ora, me ne lavo le mani.

{Giunge a casa sua, dove è ricevuta con gran festa.} Finalmente giunsi a casa mia e vi fui accettata e raccolta, come s'io fussi stata una reggina, anzi un imperadore vittorioso e trionfante. Io ero accompagnata da molta gente e molto più da giovanotti, ancorché rozzi, erano però vivaci e pizzicavano de' costumi picareschi; percioché come pantera che con l'odorifero odore che gli esce dalla bocca, rende tal fragranza che gli altri animali quasi che assorti ovunque ella va sempre la seguitano: così io, con l'odorato gustoso delle mie graziose virtudi picaresche, più che mosciolini al vino mi seguirono e più che piatole mi si attaccarono,

En fin, yo me fui a mi casa, donde fui recibida como un ángel, que la gente de mi casa, aunque me quiera mal, holgaba destas morisquetas, que lo mamamos todos en la leche retozona. Y cuando fui a mi casa, llevé tras mí gran cáfila de gente de toda broza especialmente niños y páparos, como panthera, que con el olor de su boca arrebata tras sí los animales, absortos tras su fragancia.

e ciascuno di loro a gara mi lodava per casta più che Lucrezia romana; per avveduta più che Berecinzia; per valorosa più che Semiramis; per coraggiosa più che Bradamante; per leggiadra, più che Doralice; per leale in amore, più che Isabella; per dolce, più che Amarili, ma ci fu un vigliaccone, che mi celebrava per più accorta picara che Corisca:

De todos fui alabada, por casta, más que Lucrecia; por astuta, más que Berecinta; por valerosa, más que Semíramis.

verità è che se a caso il vento della maldicenza offuscava la mia fama od altra particolare mia qualità, altri mi promulgavano e celebravano, più che non è stato celebrato Cesare da Napoli nel valore dell'armi; più don Quisciote nelle invenzioni, ma non pazze de' romanci castigliani, buoni al senso, pessimi alle virtù e dannevoli in ogni parte; più eccellente del Lopez di Vega, nel trattenere ed acquistare; e finalmente più solennemente illustre di Celestina, nel prendere subiti partiti. Quietato l'armonioso strepito di tutti costoro entrai nella mia casa, con tanta fama che la fama istessa la divulgò in ogni parte del mondo, fino negli antipodi.

Verdad es que, por si acaso llevaba algo socarrada mi fama o otra cosa, me zahumé con trébol y incienso macho en llegando a mi posada; quiero decir que conté el cuento con tan buenas clines, que sobre él pudo volar mi fama.

In tutti i circonvicini luoghi si sparse la burla e fu così innalzato e sublimato il memorando fatto della carretta e delle mule, che d'allora fino al presente, chiamarono la mia patria Mansiglia delle Mule e non più, come per lo innanzi, che si appellava Mansiglia da' strangoglioni.

Súpose y divulgóse la burla en toda la comarca, y fue tan célebre el cuento del carro y de las mulas, que por esta causa, desde entonces, llamaron a mi pueblo Mansilla de las Mulas, que hasta entonces no se llamaba más que Mansilla a secas.

{Era visitata come cosa maravigliosa.} La gente che veniva e concorreva a visitarmi era innumerabile: dalle donne io ero caramente due e tre volte baciata e dagli uomini sendo abbracciata mia davano encomi, dicendo poscia:

- Siate voi le benvenuta e quei picaroni li malandati.

E in ciò dire si sbracciavano e nello sbracciarsi puramente mi pizzicavano, ma non tanto puri che con quel loro modo di fare, facevanmi nascere un certo prurito, che sino nell'interno pareva che mi pizzicasse e totalmente mi restò quel pizzicore, che ancora oggidì lo sento.

La gente que me venía a ver y darme a mí el parabién, como presente, y a los bigornios el paramal, como ausentes, me tenían despalmada a puros abrazos, aunque no muy puros, que algunos me pellizcaban, que es uso de la tierra.

Después que reposé en mi casa y se me asentó la cosera, hice libro nuevo.

 

Si partirono tutte quelle centi; cenai con le mie sorelle allegramente e riposai soavemente e non mi levai dal letto ch'erano ben tre e più ore di giorno; me n'andai alla messa e nell'andare e nello ritornare risvegliai l'appetito a più di sette, che ben me ne accorsi dalla codetta dell'occhio; eglino andarono alle case loro ed io alla mia ed ognuno saziò il proprio appetito di quello ch'aveva.

Il doppo desinare vennero a dirmi la benvenuta alcuni de' principali di Mansiglia dalle Mule, persone d'ingegno elevato e cortegiani compiuti: laonde per non parere mal creata gl'invitai a sedere sotto l'ombra d'un frondoso ficaio ed eglino mi ubbidirono e quivi si ragionò di varie e diverse cose e specialmente degli esemplari avvenimenti che sogliono accadere a chi perfettamente ama(53).

Il ragionamento molto mi dilettava, onde perché non così tosto se gli desse fine, così presi a dirgli. Signori amorevoli, poiché così cortesemente m'avete onorata in visitarmi e tra di voi avete finora così onoratamente discorso; pregovi farmi grazia che il rimanente di questa felice giornata sia dispensata tra di voi in narrare alcun ammirabile avvenimento e cadauno racconti il suo: il primo sarà don Innico; il secondo toccarà a don Alonso; il terzo a don Velasco; il quarto a don Fernando; il quinto a don Pietro; il sesto e d'ultimo a don Figueroa: che di tanta gentilezza, io e tutti questi nostri amici che vi fanno onorevole ghirlanda ve ne rimarremo con molto obligo ed attenti staremo ad udirvi.

Contenti e pronti furono quegli hidalghi e don Innico di Mansiglia così prese a dire(54).

Credo oggi mai sappiate nobilissimi uditori, come non si possa più ragionare di cosa che non sia infinitamente innanzi noi stata detta, onde verissimo è quel proverbio che dir si suole: se tu vuoi sapere quello che ha da essere, leggi quel ch'è stato: hollo provato molte volte, sendomi accaduto cose che l'ho ritrovate scritte poscia in diversi autori. Al proposito adunque, voi dovete sapere come, in quel tempo che quei tre crudelissimi tiranni avevano occupato la Romana Republica e fatto de' suoi miseri cittadini così crudele editto ed uccisione, Sulpizia moglie di Lentulo, il quale s'era salvato appresso di Sesto Pompeio in Sicilia, si fuggì nascostamente dalla madre e da' parenti, che con gran diligenza la guardavano e vestita da maschio con una sola fante, dal marito finalmente con molto pericolo e fatica si condusse.

Credo oggi mai sappiate nobilissimi uditori, come non si possa più ragionar di cosa che non sia infinitamente innanzi a noi stata detta, onde verissimo è quel proverbio che dir si suole: se tu vuoi sapere quel che ha da essere, leggi quel ch'è stato: hollo provato molte volte, sendomi accaduto cose che l'ho ritrovate scritte poscia in diversi luoghi. Al proposito adonque, voi dobbiate sapere come, in quel tempo che quei tre crudelissimi tiranni aveano occupato la Romana republica e fatto de' suoi miseri cittadini così crudele editto ed occisione, Sulpizia moglie di Lentulo, il quale s'era salvato appresso di Sesto Pompeio in Sicilia, si fuggì nascosamente dalla madre e da' parenti, che con gran diligenza la guardavano e vestita da maschio con una sola fante, dal marito finalmente con molto pericolo e fatica si condusse.

La qual cosa è anche avvenuta a' tempi nostri, essendo le donne virtuose, amorevoli e di saldo giudizio al presente come erano allora: come nel seguente avvenimento particolarmente intendo di dimostrarvi.

 

Amor saldo e virtuoso di moglie verso il marito e di questo verso quella.

 

La qual cosa è anche avvenuta a' tempi nostri essendo le donne virtuose, amorevoli e di saldo giudizio al presente come erano allora: come in questo avvenimento particolarmente intendo di dimostrarvi.

Fu, non è gran tempo, nella città di Siviglia(55) un giovane di assai orrevole famiglia, il quale con tutto che di molte virtù fosse fornito, per diversi contrari accidenti di fortuna nondimeno in povero stato dimorava, percioché la virtù fu sempre compagna della cattiva sorte. Con tutto ciò, perché egli era pratico nell'arte marinaresca e nelle mercanzie altresì, da più diversi mercatanti era adoperato; i quali mettendoli de' loro traffichi nelle mani, ora con uno ed ora con un altro navilio in più diversi luoghi lo mandavano. E perché egli aveva l'animo gentile e del tutto a cose onorate rivolto: però tutto quello che di guadagno li giungeva, senza alcun risparmio lo spendeva in andar pomposamente vestito, onde per questo e per i suoi lodevoli costumi era generalmente amato.

Fu, non è gran tempo, nella città di Messina un giovane di assai orrevol famiglia, il quale con tutto che di molte virtù fosse fornito, per diversi contrari accidenti di fortuna nondimeno in povero stato dimorava, percioché la virtù fu sempre compagna della cattiva sorte. Con tutto ciò, perché egli era pratico nell'arte marinaresca e nelle mercanzie altresì, da più diversi mercatanti era adoperato; i quali mettendoli de' loro traffichi nelle mani, ora con uno ed ora con un altro navilio in più diversi luoghi lo mandavano. E perché egli avea l'animo gentile e del tutto a cose onorate rivolto: però tutto quello che di guadagno li giungeva, senza alcun risparmio lo spendeva in andar pomposamente vestito, onde per questo e per i suoi lodevoli costumi era generalmente amato.

Ora avvenne che una giovane bella e di nobil parentado, di lui ardentissimamente si innamorò, il quale senza volersi di alcuna persona fidare, ad amar lei con tutto il cuore si rivolse; però con grande cordoglio longamente tenne nascosta questa amorosa passione. Nondimeno a longo andar tanto s'adoperò, che da parenti li fu la giovane per sua legitima moglie concessa, della qual cosa mentre che lietissimo dimorava accadde che fu mandato da' suoi padroni a Venezia e di quindi inviato sopra di una nave in Alessandria, con grandissimo cordoglio della moglie. Ma la disgrazia volle ch'egli poco più della metà del camino aveva fatto, quando da certe galeotte di Turchi fu preso e venduto per schiavo in Costantinopoli a un mercatante della città.

Ora avvenne che una giovane bella e di nobil parentado, di lui ardentissimamente si innamorò, il quale senza volersi di alcuna persona fidare, ad amar lei con tutto il cuore si rivolse; però con grande cordoglio longamente tenne nascosta questa amorosa passione. Nondimeno a longo andar tanto s'adoperò, che da parenti li fu la giovane per sua legittima moglie concessa, della qual cosa mentre che lietissimo dimorava accadde che fu mandato da' suoi maestri a Venezia e di quindi mandato sopra d'una nave in Alessandria, con grandissimo cordoglio della giovane. Ma la disgrazia volle che egli poco più là della metà del camino, quando da certe galeotte di Turchi fusse preso e venduto per schiavo in Costantinopoli a un mercadante della città.

Questa amara novella in convenevol tempo alle orecchie della sconsolata giovane pervenuta, senza misura la rese dolente: però quanto fusse greve il suo dolore, a quelli ne lascieremo il giudizio che si sono (amando) ne' sinistri casi ritrovati. Alla fine seco propose non voler più vivere, ma quello che le fece cangiare questa fiera opinione, fu una certa vana speranza di potere anche un giorno rivedere l'amato consorte o per via di riscatto o di qualche altro possibil accidente. Et avendo avuto piena notizia come egli, il cui nome Diego(56) era chiamato, era in Costantinopoli, volentieri, se dalla onestà e dal rispetto delle sue genti non le fusse stato tolto, senza altra considerazione vi sarebbe andata in persona, non solo per vederlo, ma per procurare anche la sua libertà, veggendo che niuno di lui si prendeva cura.

La cui sconcia ed amara novella in convenevol tempo alle orecchie della sconsolata giovane pervenuta senza misura la rese dolente: però quanto fusse greve il suo dolore, a quelli ne lascieremo il giudizio che si sono (amando) ne' sinistri casi ritrovati. Alla fine seco propose non voler più vivere; ma quello che le fece cangiare questa fiera oppinione fu una certa vana speranza di potere anche un giorno rivedere l'amato consorte, o per via di riscatto, o di qualche altro possibil accidente. Et avendo avuto piena notizia come egli, il cui nome era Federigo era prigione in Costantinopoli, volentieri, se dalla onestà e dal rispetto delle sue brigate non le fusse stato tolto, senza altra considerazione vi sarebbe andata in persona, non solo per vederlo, ma per procurare anche la sua libertà, veggendo che niuno di lui si prendeva cura.

Et in questo unico pensiero perseverando avvenne che una contagiosa febre in pochi giorni tutti gli uomini di casa sua privò di vita; laonde veggendosi sciolta, deliberò mandare ad effetto il di già fatto pensiero. E senza più dimora in uomo travestitasi ed assettate in un paro di bisaccie alcune sue coselline, con dugento doppie insieme, a Venezia se ne andò.

Et in questo unico pensiero perseverando avvenne che una contagiosa febre in pochi giorni tutti gli uomini di casa sua privò di vita, laonde veggendosi sciolta deliberò mandare ad effetto il di già fatto pensiero. E senza più dimora in uomo travestitasi ed assettato in un paro di bisaccie alcune sue coselline con dugento fiorini insieme, a Venezia se ne andò.

E ritrovata quivi una nave che partiva per Costantinopoli, co 'l padrone si mise per famiglio e di Agnese, che tale era il suo nome(57), Marco(58) si fece chiamare. Et in convenevol tempo in Costantinopoli essendo giunti, senza esser per donna riconosciuta, con mirabile ingegno con certi mercatanti veneziani prese stretta dimestichezza; e tanto con questo mezo andò di Diego domandando, che le fu dalla fortuna concesso aperta via di rivederlo, ma in miseria grandissima ridotto, tutto carico di catene, fachinando per la città: la qual cosa ancorché le fusse di insopportabil dolore, tuttavia le fu carissimo averlo vivo e sano ritrovato.

E ritrovato quivi una nave che partiva per Costantinopoli, co 'l padrone si puose per fante e di Giulia (che tale era il suo nome) Rinuccio si fece chiamare. Et in convenevol tempo in Costantinopoli essendo giunti, senza esser per donna riconosciuta, con mirabile ingegno con certi mercadanti veneziani prese stretta dimestichezza; e tanto con questo mezo andò di Federigo addomandando, che le fu dalla fortuna concesso aperta via di rivederlo, ma in miseria grandissima ridotto, tutto carco di catene, basteggiando per la città: la qual cosa ancorché le fusse di insopportabil dolore, tuttavia le fu carissimo averlo vivo e sano ritrovato.

E con acconcia maniera dataglisi a conoscere, con amare lagrime amendue i loro accidenti raccontarono. Ma come a Diego sommamente piacesse di rivedere la sua cara Agnese e che il suo amore sopra ogni altro giudicasse incomparabile, nondimeno dal pericolo dell'onestà e fiera gelosia molestato, dubitando che ella non fusse stata dal padrone della nave conosciuta e per altro che per fante adoprata, con buone ragioni caramente la pregò che di tornare a Siviglia le piacesse, dandole buona speranza che di breve Dio e gli amici avrebbero la sua libertà procurata.

E con acconcia maniera dataglisi a conoscere, con amare lagrime amendue i loro accidenti raccontarono. Ma come a Federigo sommamente piacesse di rivedere la sua cara Giulia e che il suo amore sopra ogni altro giudicasse incomparabile, nondimeno dal pericolo dell'onestà e fiera gelosia molestato, dubitando che ella non fusse stata dal padrone della nave conosciuta e per altro che per fante adoprata, con buone ragioni caramente la pregò che di tornare a Messina le piacesse, dandole buona speranza che di breve Dio e gli amici avrebbero la sua libertà procurata.

A cui Agnese, che della portata moneta aveva dato indizio disse che stesse di buon cuore, perché di breve sperava in libertà riporlo. E dato secreto ordine a' fatti loro con lagrime e singhiozzi s'accombiattarono: onde co 'l mezo di uno di questi suoi conoscenti veneziani, rimaser d'accordo co 'l padrone di Diego per sassanta doble di riscattarlo. Et andatasene nella nave per prendere i suoi danari, che fino allora sicurissimi vi aveva tenuti, ritrovò che da un marinaro biscaglino(59) li danari, con le bolge insieme, erano stati involati.

A cui Giulia, che della portata moneta aveva dato indizio disse che stesse di buon cuore, perché di breve sperava in libertà riporlo. E dato secreto ordine a' fatti loro con lagrime e singhiozzi s'accombiattarono: onde co 'l mezo di uno di questi suoi conoscenti veneziani, rimasero d'accordo co 'l padrone di Federigo per sassanta doble di riscattarlo. Et andatasene nella nave per prendere i suoi danari, che fino allora sicurissimi vi aveva tenuti, ritrovò che da un marinaro siciliano li danari, con le bolge insieme erano stati involati.

Per la qual cosa dolente a morte fu più fiate vicina ad annegarsi precipitosamente nel mare. Nondimeno di nuovo pensando che mancando lei niun altro per lo scampo del suo marito si sarebbe ritrovato, non essendole né robba, né alcuna speranza rimasa, come colei che veramente ed ardentissimamente amava, in ultimo per partito prese di vendere se stessa per riscattare lui.

Per la qual cosa dolente a morte fu più fiate vicina ad annegarsi precipitosamente nel mare. Nondimeno di nuovo pensando che mancando lei niun altro per lo scampo del suo marito si sarebbe ritrovato, non essendole né robba, né alcuna speranza rimasa, come colei che veramente ed ardentissimamente amava, in ultimo per partito prese di sé vendere per lui riscattare.

Et al suo padrone veneziano andata, tutta lamentevole ed afflitta la sua disgrazia raccontò, con la ferma deliberazione, componendo certe sue favole in persuaderli la cagione che la inducesse a dimostrare così inaudita gratitudine. E benché egli da principio come pazza la ributtasse, tuttavia ella fu tanto importuna, che lui per sessanta doble la vendette e subito ne riscattò Diego. Il quale in libertà posto e saputa la cagione perché la fedel Agnese s'era lasciata vendere e dove e con cui era rimasa, doppio ed insopportabil dolore al cuor li giunse, che non potendolo sopportare, da per se stesso, con lagrime che per entro al cuor nascevano così prese a dire:

Et al suo padrone veneziano andata, tutta lamentevole ed afflitta la sua disgrazia raccontò, con la ferma deliberazione, componendo certe sue favole in persuaderli la cagione che la inducesse a dimostrare così inaudita gratitudine. E benché egli da principio come pazza la ributtasse, tuttavia ella fu tanto importuna, che lui per sessanta doble la vendette e subito ne riscattò Federigo. Il quale in libertà posto e saputa la cagione perché la fedel Giulia s'era lasciata vendere e dove e con cui era rimasa, doppio ed insopportabil dolore al cuor li gionse in guisa che non potendolo sopportare, da per se stesso, con lagrime che per entro al cuor nascevano così prese a dire:

- Oh Agnese anima mia, dove sei? Qual maligna stella è quella che mi ti toglie? Sapessilo io almeno, che con ogni possibil affetto cercherei placarla? Ma come potrò io mai far nel mondo palese il tuo animo invitto e 'l tuo perfetto amore? Lascierò adunque schiava te, la quale hai abbandonato la patria, i parenti ed in forma di vil servo, in così lontani paese sei venuta per donarmi la libertà? Partirò, che colei ch'è un altro me, rimanga in così miserabil servitù? Non certo, no, ciò non sarà mai vero, anzi quando più non potrò, procurerò la mia con la tua morte, acciò l'anima mia si congiunga con la tua; perché mi rendo certo che in tal guisa congiunte, più contente e più liete all'altra vita n'andranno.

- Oh anima mia, dove sei? Qual maligna stella è quella che mi ti toglie? Sapessil io almeno, che con ogni possibil affetto cercherei placarla? Ma come potrò io mai far nel mondo palese il tuo animo invitto e 'l tuo perfetto amore? Lascierò adunque schiava te, la quale hai abbandonato la patria, i parenti ed in forma di vil servente in così lontani paesi sei venuta per donarmi la libertà? Partirò che colei che è un altro me, rimanga in così miserabil servitù? Non sarà mai vero, anzi quando più non potrò, procurerò la mia con la tua morte, acciché l'anima mia si congiunga con la tua, perché mi rendo certo che in tal guisa congiunte, più contente all'altra vita n'andranno.

E questo detto, desideroso di più non vivere, si dispose, se cento morti potesse ricevere, tutte volerle prima che la sua Agnese in servitù lasciare. Però con matura prudenza a poco a poco con certi schiavi si convenne e trafugatone la donna di notte, celatamente sullo stretto dell'Ellesponto se ne vennero, dove una barca di pescatori condotta avevano; ed in quella di volo entrati, avendo ciascuno recato seco le cose pel viaggio opportune, passarono le due castella;

E questo detto, desideroso di più non vivere, si dispose, se cento morti potesse ricevere, tutte volerle prima che la sua Giulia in servitù lasciare. Però a poco, a poco con certi schiavi si convenne e trafugatone la donna di notte celatamente sullo stretto dello Ellesponto se ne vennero, dove una barca di pescatori condotta aveano; ed in quella di volo entrati, avendo ciascuno recato seco le cose pel viaggio opportune, passarono le due castella;

poscia dato de' remi in acqua, tanto il cielo, il mare ed i venti furono loro favorevoli, che a Scio a buon salvamento si condussero e di quindi in convenevol tempo in Ispagna(60) ed alla desiderata patria, dove tutto il popolo andò loro incontro, non altrimenti che quando Cicerone fu richiamato a Roma dall'esilio. E quivi vissero longamente in pace e contento, cogliendo i dolci frutti delle loro fatiche e procreando nobile prosapia.

poscia dato de' remi in acqua, tanto il cielo, il mare ed i venti furono lor favorevoli, che a Scio a buon salvamento si condussero e di quindi in convenevol tempo alla desiderata patria, dove tutto il popol andò loro incontro non altrimenti che quando Cicerone fu richiamato a Roma dallo esilio. E quivi vissero longamente in pace e contento: cogliendo i dolci frutti delle loro fatiche.

Stette tutta la brigata attenta ad ascoltare gli accidenti de' due tribolati amanti, dubbiosa che non fussero malcapitati: ma poscia che udì com'eglino erano pervenuti al sicuro, ne dimostrò qualche segno d'allegrezza. Allora don Alonso(61), a cui secondo l'ordine toccava a ragionare, fatte le debite circostanze, così incominciò:

Stette tutta la brigata attenta ad ascoltare gli accidenti de' due tribulati amanti, dubiosa non fussero malcapitati: ma poscia che udì come egli erano pervenuti al sicuro, ne dimostrò qualche segno d'allegrezza. Allora la madre di messer Francesco a cui secondo l'ordine toccava a ragionare, fatte le debite circostanze, così incominciò:

Egli sarà necessario che m'abbiate per iscusato se io non così ornatamente procedere come ha fatto il signor don Innico, il quale pochi pari ritroverebbe che seco in ogni sorte d'operar virtuoso stessero al paragone: nondimeno perché io so che pretenderete da me la prontezza dell'animo e 'l desiderio che secondo l'età e le debil forze mie ho di satisfarvi: però state attenti.

E sarà necessario che m'abbiate per iscusata, se io non saprò così ornatamente procedere, come ha fatto la nostra compagna, la quale poche donne ritroverebbe che seco in ogni sorte d'operar virtuoso stessero al paro: nondimeno perch'io so che pretenderete da me la prontezza dell'animo e 'l desiderio che secondo l'età e le debol forze mie ho di satisfarvi: però state attenti.

Cui l'ha provato, dice che amore è signor potentissimo nell'età giovenile, per il vigor della carne e del sangue, il quale gli dà tanta forza, quanta ne scema alla ragione, peroché ritrovandosi l'anima sommersa nella prigion terrena, applicata al ministerio del corpo, non può da sé intendere chiaramente la verità; anzi bisogna che per aver cognizione delle cose, vada mendicando il principio da' sensi e però dà loro credenza, a loro si inchina e da lor guidar si lascia, quando hanno tanto vigore che quasi la sforzano e perché sono fallaci, la riempieno ancora di molti errori, come intendo al presente dimostrarvi.

 

 

Amore scema l'intelletto e sottopone la ragione al senso.

 

 

Cui l'ha provato dice che amore è signor potentissimo nell'età giovenile, per il vigor della carne e del sangue, il quale gli dà tanta forza, quanta ne scema alla ragione, peroché ritrovandosi l'anima sommersa nella prigion terrena, applicata al ministerio del corpo, non può da sé intender chiaramente la verità, anzi bisogna che per aver cognizione delle cose, vada mendicando il principio da' sensi. E però dà loro credenza, a loro si inchina e da lor guidar si lascia, quando hanno tanto vigore che quasi la sforzano; e perché sono fallaci la riempieno ancora di molti errori, come intendo al presente dimostrarvi.

 

 

Fu nella città di Toledo(62) nel tempo del re Almansore il Savio(63), un nobilissimo giovane, il quale ardentissimamente si innamorò d'una bellissima giovane, la quale similmente il giovane riamando di scambievole amore, amendue nulla più desideravano che con onesto matrimonio dare effetto alle concordi voglie loro. Onde avvenne che la giovane dalle importune richieste dell'amante sollecitata, fu contenta di notte riceverlo a parlamento seco; ed a ciò ella si piegò perch'egli era da una stretta gelosia tormentato, per cagione di un altro giovane che seco di pari passo la giovane amava.

Fu nella magnifica città di Ferrara nel tempo del duca Borso un nobilissimo giovane, il quale ardentissimamente si innamorò d'una bellissima giovane; la quale similmente il giovane rimirando di scambievole amore, amendue nulla più desideravano che con onesto matrimonio dare effetto alle concordi voglie. Onde avvenne che la giovane dalle importune richieste dello amante sollecitata, fu contenta di notte riceverlo a parlamento seco; ed a ciò ella si piegò perchè egli era d'una stretta gelosia tormentato, di un altro giovane che seco di pari passo la giovane amava.

Però poscia che ella lo ebbe di tale udienza in certo luogo satisfatto, si compiacque ancora di ricever una bella collana d'oro, segno matrimoniale e del comun volere certo testimonio. Indi tolta licenza per volersene andare a letto ed avendo ella per sua disaventura lasciato la finestra della sua camera aperta, sendo gran pezza della notte trapassata, per il lume della luna vidde uno che con scala tentava di entrarle in camera.

Però poscia che ella lo ebbe di tale udienza in certo luogo satisfatto si compiacque ancora di ricever l'anello matrimoniale del comun volere certo testimonio. Indi tolta licenza per volersene andare a letto, avendo per sua disaventura lasciato la finestra della sua camera aperta, sendo gran pezza della notte valicata, per il lume della luna vidde uno che con scala tentava di entrarle in camera.

Questi era quell'altro sfortunato amante; ond'ella pensando come con il gridare o co 'l far palese per casa questo fatto darebbe di sé fama non buona, né essendo più a tempo a vietare la entrata a costui, che buona parte della finestra teneva già con le braccia occupata, tolta un'arme d'asta, che quivi in un canto per sorte li gionse alle mani, con quella in guisa percosse il temerario giovane (essendo non meno coragiosa della nostra signora Giustina) che con la scala insieme straboccone cadde in terra morto.

Questi era quello altro perduto amante, onde ella pensando come con il gridare, o co 'l far palese per casa questo fatto darebbe di sé fama non buona, né essendo più a tempo a vietar la entrata a costui, che buona parte della finestra tenea già con le braccia occupata, tolta un'arme, che quivi in un canto per sorte li gionse alle mani, con quella in guisa percosse il temerario giovane (sendo però noto quanto vaglia una furiosa donna) che con la scala insieme straboccone cadde in terra morto.

Il romor fu grande e dal cadì di giustizia ricercato del malfattore, fu condotto prigione il marito ed amante di costei, che Foliste(64) era nominato: il quale a questo romore essendo al luogo del parlamento ritornato aveva dalla giovane inteso il tutto e s'era poscia per tema riparato in casa d'una femina, che come colpevole l'aveva dato nelle mani della giustizia. Onde senza altra difesa fare, subito confessò (per non macchiar l'onor della giovane) che per gelosia aveva tale omicidio con una spada commesso, per il che fu giudicato doversegli tagliar la testa.

Il romor fu grande e dal capitano di giustizia ricercato del fattore, fu condotto prigione il marito ed amante di costei, che Polidoro era nominato: il quale a questo romore essendo al luogo del parlamento ritornato avea dalla giovane inteso il tutto e s'era poscia per tema riparato in casa d'una femina di mondo, che come colpevole l'avea dato nelle mani della giustizia. Onde senza altra difesa fare, di fatto confessò, per non macchiar lo onor della giovane, che per gelosia avere tale omicidio con una spada commesso: però fu giudicato doversegli tagliar la testa.

Ma non prima questa amara nuova alle orecchie della sconsolata giovane pervenne, che sprezzato l'onor dei parenti e di se stessa, improvisamente si fuggì di casa ed a guisa di baccante andosene a corte, domandando di voler favellare al re. E con tutto che da principio fusse tenuta pazza e non trovasse perciò niuno che altra udienza le desse, se non di raffrenarla e ridurla a segno; pur favellando ella con proposito, finalmente, operando così la divina giustizia, fu condotta alla presenza del re e di molti altri signori, dove con magnanimo ed intrepido cuore parlò in questa forma:

Ma non prima questa amara nuova alle orecchie della sconsolata giovane pervenne, che sprezzato l'onor dei parenti e di se stessa, improvisamente si fuggì di casa ed a guisa di baccante andosene a corte domandando di voler favellare al duca. E con tutto che da principio fusse tenuta pazza e non trovasse perciò niuno che altra udienza le desse, se non di raffrenarla e ridurla a segno: pur favellando ella con proposito, finalmente, operando così la divina giustizia, fu condotta alla presenza del duca e di molti altri signori, dove con magnanimo ed intrepido cuore parlò in questa forma:

- A colui che modera gli umani petti, a cui ogni cosa celeste e terrena ubbidisce, è piaciuto di darmi tanta forza da condurmi davanti a voi giustissimo signore, accioché la verità sia manifesta in guisa che il non colpevole per il colpevole non riceva l'ultimo supplizio. La qual cosa ancorché al grado mio poco si convenga, si conviene nondimeno al debito ed all'onesto, al quale più che ad ogni altra cosa sono ubbligata.

- A colui che modera gli umani petti, a cui ogni cosa celeste e terrena ubbidisce, è piaciuto di darmi tanta forza, da condurmi davanti a voi giustissimo signore, accioché la verità sia manifesta in guisa che il non colpevole, per il colpevole non riceva l'ultimo suplizio. La qual cosa ancorché al grado mio poco si convenga, si conviene nondimeno al debito ed allo onesto, al quale più che ad ogni altra cosa sono ubligata.

Sappiate adunque che Foliste ed io buon tempo fa, da secreta fiamma costretti, ci siamo virtuosamente amati e così volevamo vivendo seguitare, se il morto giovane con disonesti modi e vie diverse, non avesse importunata ed insidiata la virginità mia; per la cui cagione fui contenta questa passata notte a ricevere Foliste a parlamento con meco, perché io conosceva egli per questo della mia fede dubitare: dove dati e ricevuti i convenevoli saluti, così mi disse:

Sappiate adonque che Polidoro ed io buon tempo fa, da secreta fiamma costretti, ci siamo virtuosamente amati e così volevamo vivendo seguitare, se il morto giovane con disonesti modi e vie diverse, non avesse importunata ed insidiata la virginità mia; per la cui cagione fui contenta questa passata notte a ricevere Polidoro a parlamento con meco, perché io conoscea egli per questo della mia fede dubitare: dove dati e ricevuti i convenevoli saluti così mi disse.

- Emerinda mia, che così era la giovane nominata(65), sempre vi fui non meno fedele, che pudico amante; e quantunque io v'abbia tanto sollecitata di condurmi alla vostra presenza, sappiate che non è stato per mal concetto d'animo, né per altra opinione lasciva, ma solo per satisfare alla sincerità del cuore mio, il quale da Dio in poi altro non brama, che di voi servire.

- Ortensia mia (che così era la giovane nominata), sempre vi fui non meno fedele, che pudico amante; e quantunque io v'abbia tanto sollecitata di condurmi alla vostra presenza, sappiate che non è stato per mal concetto d'animo, né per altra opinione lasciva, ma solo per satisfare alla sincerità del cuor mio, il quale da Dio in poi altro non brama, che di voi servire.

Laonde perché il nostro amore, lungamente stato celato, dubito non si faccia palese e perciò io rimanga privo della vostra dolce ed amata vista; per assicurarmi d'ogni possibile accidente, vi prego che vogliate accettarmi per vostro legitimo consorte; dandovi io questa collana di puro oro per arra del vostro volere. E quando di marito il nome non vi piaccia, accettatemi almeno per servo, perché purché io segua la voglia vostra, ne rimarrò contento. E se questo mi negherete, mi darò a credere che altrove abbiate il pensiero fermato, percioché la frequenza di Abistile, che così era il morto giovane nominato(66), mi fa molto dubitare.

Laonde perché il nostro amore lungamente stato celato dubito non si faccia palese e perciò io rimanga privo della vostra dolce ed amata vista; per assicurarmi d'ogni possibil accidente vi prego che vogliate accettarmi per vostro legitimo consorte; dandovi io l'anello per arra del nostro volere. E quando di marito il nome non vi piaccia, accettatemi almeno per servo, perché purché io segua la voglia vostra ne rimarrò contento. E se questo mi negherete, mi darò a credere che altrove abbiate il pensier fermato, percioché la frequenza di Cesare (che così era il morto giovane nominato) mi fa molto dubitare.

E ciò detto cadde in un gran varco di lagrime, le quali averebbero a pietà commosso ogni capital nimico, nonché me tenera ed innamorata fanciulla: onde non potei negarli quello che con tanto affetto m'aveva richiesta, anzi con puro e pronto cuore per mio marito l'accettai, non sendo però la prima io che ciò fatto abbia. Di già il gallo dava segno esser passata meza notte, quando mi partii da lui per andarmene a letto e giunta in camera, in un medesimo tempo tema ed un picciolo mormorio il cuor m'assalirono: nondimeno fatta dalla necessità più che dall'animo ardita levo gli occhi e veggio (dimostrandosi Cinzia più che mai chiara e lucente) la testa d'un uomo che si studiava entrarmi in camera, sendo per mia trascuraggine rimasa la finestra aperta.

E ciò detto cadde in un gran varco di lagrime, le quali averebbero a pietà commosso ogni capital nimico, nonché me tenera ed innamorata fanciulla: onde non potei negarli quello di che con tanto affetto m'avea richiesta, anzi con puro e pronto cuore per mio marito l'accettai, non sendo però la prima io che ciò fatto abbia. Di già il gallo dava segno esser passata meza notte, quando mi partii da lui per andarmene a letto e gionta in camera, in un medesimo tempo tema ed un picciol mormorio il cuor m'assalirono: nondimeno fatta dalla necessità più che dall'animo ardita levo gli occhi e veggio (dimostrandosi Cinzia più che mai chiara e lucente) la testa d'un uomo che si studiava entrarmi in camera, sendo per mia trascuraggine rimasa la finestra aperta.

Et era di già vicino al fatto, quando non avendo io in tal sinistro altro riparo, posi le mani sopra una antica zagaglia, che in un canto quivi per sorte si ritrovava e con quella li donai un colpo, il quale piuttosto per giudizio di Dio, che per opera mia fu mortale: perciò ch'egli, con la scala insieme, cade in terra morto; al cui strepito i vicini si fecero alle finestre e veggendo il morto disteso in terra levarono un certo secreto romore, che di quivi a poco si fece per tutto palese.

Et era di già vicino al fatto quando non avendo io in tal sinistro altro riparo, posi le mani sopra uno antico dardo, che in un canto quivi per sorte si ritrovava e con quella li donai un colpo, il quale piuttosto per giudizio di Dio, che per opera mia fu mortale: percioché egli con la scala insieme cadde in terra morto. Al cui strepito i vicini si fecero alle finestre e veggendo il morto disteso in terra levarono un certo secreto romore, che di quivi a poco si fece per tutto palese.

Allora tutta fuor di me stessa vari pensieri m'assalirono, né sapevo con che faccia dovessi favellar con Foliste, che non facesse di me cattivo giudizio, per lo che volendomi seco iscusare io dubitavo maggiormente accusarmi: percioché dovendogli dire d'esser stata sola all'opera, tenevo per certo che ei no 'l crederebbe. Et in su questo pensiero odo il consueto cenno fra noi, onde più che di passo al luogo del nostro parlamento ne andai, dove egli era ritornato, non per altro che per avere udito romore e raccontaili il tutto di sorte che ei stette buona pezza prima che potesse formar parola: indi tutto pallido e fuor di sé, così mi prese a dire.

Allora tutta fuor di me stessa vari pensieri m'assalirono, né sapea con che faccia dovessi favellar con Polidoro, che non facesse di me cattivo giudizio, dimodoché io dubitava di seco volendomi scusare, maggiormente accusarmi: percioché dovendogli dire d'esser stata sola all'opera, teneva per certo che ei no 'l crederebbe. Et in su questo pensiero odo il consueto cenno fra noi; onde più che di passo al luogo del nostro parlamento ne andai, dove egli era ritornato, non per altro che per avere udito romore e raccontaili il tutto di sorte che ei stette buona pezza prima che potesse formar parola: indi tutto pallido e fuor di sé così mi prese a dire:

- Oh Dio, fausto e felice sia il nostro matrimonio, perché vorrei che di altro olocausto fusse stato onorato. Questo era giorno da coronar le finestre di fiori novelli e non di sangue umano. Non sono, non sono Emerinda mia le vostre pulite mani nate a così vile e crudele essercizio. Ma poiché il caso è quivi avvenuto, si vuol tenere occulto: e perché il romore cresce, mi voglio partire da voi.

- Oh Dio, fausto e felice sia il nostro matrimonio, perché vorria che di altro olocausto fusse stato onorato. Questo era giorno da coronar le finestre di fior novelli e non di sangue umano. Non son, non sono Ortensia mia le vostre pulite mani nate a così vile e crudele essercizio. Ma poiché il caso è qui, si vuol tenere occulto: e perché il romor cresce, mi voglio partir da voi.

Et detto questo, più morto che vivo se ne andò (che così fusse, lo effetto l'ha dimostrato, percioché non si fidò di rimanere nel luogo secreto ove era, essendo apparito di giorno, che se ne andò ad ascondere in casa di una ribalda che per un reale venderebbe il padre). Partito da me lo sfortunato giovane amante gradito e non ancora dolce marito, di me medesima alquanto mi dolsi, per avere così lungo tempo penato ad acquistarmi uomo di poco ardire e poscia dissi:

E detto questo, più morto che vivo lo conobbi e che così fusse, lo effetto l'ha dimostrato: percioché non si fidò di rimaner nel luogo segreto, ove era sendo apparito il giorno, che sé andò ascondere in casa di una ribalda, che per un giulio venderebbe il padre. Partito da me lo sfortunato giovane, di me medesima alquanto mi dolsi, per aver così longo tempo penato ad acquistarmi uomo di poco ardire e poscia dissi:

- La paura per due modi si può considerare, s'ella è naturale, non è diffetto, s'ella è per pietà, è lecita a ciascuno che di civilmente vivere abbi pensiero. Il meschino forse si duole che io giovane e sposa abbia un tal misfatto commesso.

- La paura per due modi si può considerare, se gli è natural, non è diffetto, se gli è per pietà è lecita a ciascuno che di civilmente vivere abbia pensiero. Il meschino forse si duole che io giovane e sposa abbia un tal misfatto commesso.

Et così fra molti pensieri sono rimasa fino a tanto che mi è stato detto, lui come reo della morte di Abistile essere stato condannato. Né essendo fra mortali la più pestifera macchia della ingratitudine, quasi contra mia voglia, sospinta dalla interna coscienza, non mi sono potuta contenere di non venire qui da voi, magnanimo mio signore, per fuggire simil pecca e per rendere testimonio della verità, la quale né più santa, né più giusta narrar si potrebbe: percioché la ferita è di zagaglia e non di spada, il quale nella mia camera ancora insanguinata ritroverete e la finestra similmente di sangue tinta.

E così fra molti pensieri sono rimasa fino a tanto che mi è stato detto, lui come reo della morte di Cesare essere stato condannato.

Né essendo fra mortali la più pestifera macchia della ingratitudine, quasi contra mia voglia, sospinta dalla interna coscienza, non mi sono potuta contenere di non venire qui da voi per fuggire simil pecca e per render testimonio della verità, la quale né più santa, né più giusta narrar si potrebbe: percioché la ferita è di dardo e non di spada, il quale nella mia camera ancora insanguinato ritroverete e la finestra similmente di sangue tinta.

Io adunque sono quella contra cui si debbe formare il giudizio, sendosi fatto reo Foliste per ricuoprire il mio errore. Però vi dico non vi esser legge che per questo giustamente castigar mi possa, essendo che alle vergini è cosa debita e necessaria per salvare la virginità uccider se stesse ed altri quando si possa.

Io adonque son quella contro cui si debbe formare il giudizio, sendosi fatto reo Polidoro per ricuoprire il mio errore. Però vi dico non vi esser legge che per questo giustamente castigar mi possa essendo che alle vergini è cosa debita e necessaria per salvare la virginità uccider se stesse ed altri quando si possa.

Ma, oh pietoso e giustissimo signore, chi con scala di notte tentasse una vostra rocca, ancorché ben munita, che fareste e che adoprereste? Tanto nondimeno e più, deve aver cura dell'onestate sua ogni donzella, come ogni principe dello stato suo: percioché ogni perduta cosa si può racquistare, corrotta virginità non mai, oltra ch'egli è lecito a ciascunio cacciar la forza con la forza.

Ma, oh pietoso e giustissimo signore, chi con scala di notte tentasse una vostra rocca ancorché ben munita, che fareste e che adoprereste? Tanto nondimeno e più, deve aver cura dell'onestate sua ogni donzella, come ogni principe dello stato suo: percioché ogni perduta cosa si può ristituire, corrotta virginità non mai, oltra che gli è lecito a ciascunio cacciar la forza con la forza.

E così detto tante lagrime in un tratto le soprabondarono, che non potendo favellare più oltre si tacque con grandissima compassione e meraviglia del re e di tutti gli altri circostanti; il quale rimase stupefatto veggendo che una giovane onorata, senza alcun freno di onestà, sprezzando la morte, da per sé non richiesta, né forzata, era venuta a manifestare un tal fatto.

E così detto tante lagrime in un tratto le soprabondarono, che non potendo favellare più oltre si tacque con grandissima compassione e mareviglia del duca e di tutti gli altri circostanti. Il quale rimase stupefatto veggendo che una giovane onorata senza alcun freno di onestà, sprezzando la morte, da per sé non richiesta, né forzata era venuta a manifestare un tal fatto.

Et pensando che ella piuttosto da pazzia e sfrenato amore accesa, che per altra cagione si facesse rea, nondimeno per parere di non mancar di giustizia volle che questa causa fosse revista e terminato da tre cadì, savi e peritissimi: i quali doppo una diligente inquisizione ritrovato esser pur così come da Emerinda era stato raccontato, per diffinitiva sentenza pronunziarono Abisitle essere lecitamente morto e Foliste ed Emerinda doversi publicamente insieme sposare. Il che fu fatto, avendo il re accomodato tutte le paci, con buona grazia de' parenti di ciascuno.

E pensando che ella piuttosto da pazzia e sfrenata libidine accesa, che per altra cagione si facesse rea: nondimeno per parere di non mancar di giustizia volle che questa causa fusse revista e terminata da tre dottori di leggi peritissimi: i quali doppo una diligente inquisizione ritrovato esser pur così come da Ortensia era stato raccontato per diffinitiva sentenza pronunziarono Cesare essere lecitamente morto e Ortensia e Polidoro doversi publicamente insieme sposare. Il che fu fatto, avendo il duca accomodato tutte le paci, con buona grazia de' parenti di ciascuno.

Maravigliosa cosa è l'uomo, disse allora don Velasco(67), avendosi dipinto il volto di color di rose, ciascheduno mirandolo, perché dovesse incominciare: poiché fin qui dalle sue nobil parti non v'è ancora una certa determinata conclusione, onde si può vedere come egli è veramente opera dell'artefice supremo sopra tutte le altre, nel cui maraviglioso intelletto si riserba ogni sua perfezione.

Marevigliosa cosa è l'uomo (disse allora la graziosa Livia, avendosi dipinto il volto di color di rose, ciascheduno mirandola perché dovesse incominciare), poichè fin qui dalle sue nobil parti non v'è ancora una certa determinata conclusione, onde si può vedere come egli è veramente opera dello artefice supremo sopra tutte l'altre, nel cui mareviglioso intelletto si riserba ogni sua perfezione.

Et un ricco dono d'ingegno ebbe da natura colui che lo chiamò picciol mondo: percioché dall'esser tondo in poi (e pure ce ne sono molto più ritondi d'un sonaglio) tutte l'altre cose che sono nel mondo, in esso uomo si ritrovano. Né senza gran sentimento il gran poeta Francesco Petrarca divise i suoi Trionfi secondo gli stati dell'anima razionale, applicando il primo, che è Amore al primo stato, quasi volendo dimostrare che ne' giovenili anni nulla più si convenghi all'uomo, nulla più lo tormenti, che amore; gli effetti del quale sono certamente male agevoli a conoscere per la doppiezza della natura nostra, la quale di molte e molto in sé differenti materie è composta: onde avvenne che un giovane o una giovane innamorata saprà pigliare alle volte ogni difficile spediente, che per converso poi rimarrà ottenebrato, quando più di prenderlo li farà dibisogno.

Et un ricco dono di ingegno ebbe da natura colui che lo chiamò picciol mondo: percioché dall'esser tondo in poi, tutte l'altre cose che sono nel mondo, in esso uomo si ritrovano. Né senza gran sentimento il divin poeta messer Francesco Petrarca divise i suoi Trionfi secondo gli stati dell'anima razionale, applicando il primo, che è Amore al primo stato, quasi volendo dimostrare che ne' giovenili anni nulla più si convenghi all'uomo, nulla più lo tormenti, che amore: gli effetti del quale sono certamente mal agevoli a conoscere per la doppiezza della natura nostra, la quale di molte e molto in sé differenti materie è composta. Onde avvenne che un giovane o una giovane innamorato saprà pigliare alle volte ogni difficile spediente, che per converso poi rimarrà ottenebrato, quando più di prenderlo li farà dibisogno.

Io adunque giovani nobilissimi e voi graziose dame, voglio raccontarvi un compassionevole accidente ne' nostri giorni accaduto verissimo, nel quale comprenderete quanto una innamorata giovane seppe male consigliarsi a tempo; onde fu cagione d'acerba morte a colui la cui vita l'era sopra tutte l'altre cose cara. Armate adunque i vostri teneri cuori di fortezza, accioché, come disse il gran poeta ferrarese, piaga antiveduta assai meno doglia.

Io adonque gioveni nobilissimi e voi graziose madonne voglio raccontarvi un compassionevole accidente ne' nostri giorni accaduto verissimo, nel quale comprenderete quanto una innamorata giovane seppe mal consigliarsi a tempo, onde fu cagione d'acerba morte a colui la cui vita l'era sopra tutte l'altre cose cara. Armate adonque i vostri teneri cuori di fortezza, accioché, come dir si suole, piaga antiveduta assai men doglia.

Né vi crediate per questo ch'io mi prenda a giuoco di voler contristare questa nobile compagnia, perché mi protesto, se alcuno dispiacere ne seguirà, di doverne essere a parte con voi. Nondimeno così come a' lassi e stanchi pellegrini è grata l'ombra, così questo dispiacere, che sarà picciolo, ci renderà maggiormente desiderati e cari i piacevoli accidenti che da questi altri (forse) ci saranno raccontati.

Né vi crediate per questo, ch'io mi prenda a gioco di voler contristare questa nobil compagnia, perché mi protesto, se alcun dispiacere ne seguirà, di doverne essere a parte con voi. Nondimeno così come a' lassi e stanchi pellegrini è grata l'ombra, così questo dispiacere, che sarà picciolo, ci renderà maggiormente desiderati e cari i piacevoli accidenti che da questi altri (forse) ci saranno raccontati.

Né questo potrassi anche dire esser fatto da me senza giudizio, poiché non è mai stato da' savi del mondo ritrovato il modo da congiungere insieme il piacere e 'l dispiacere, anzi, che uno va sempre innanzi e l'altro dietro, preceda chi vuole: onde essendo stato nunziato a Filippo re di Macedonia in un sol giorno tre grandissime allegrezze, si rivolse a Dio pregandolo che volesse moderarle con qualche onesto dolore, sapendo benissimo come la fine del riso è principio del pianto. Adunque meschiando questo poco d'amore fra i nostri piaceri, i ragionamenti più perfetti e più virtuosi procederanno. Doppo questo, stando tutta la brigata sospesa, come se dovesse venire il terremoto, egli così seguitò.

 

 

Piacere e dispiacere si trova in Amore.

 

 

Né questo potrassi anche dire esser fatto da me senza giudizio, poiché non è mai stato da' savi del mondo ritrovato il modo da congiungere insieme il piacere e 'l dispiacere, anzi che uno va sempre inanzi e l'altro dietro, preceda chi vuole: onde essendo stato nunziato a Filippo re di Macedonia in un sol giorno tre grandissime allegrezze, si rivolse a Dio pregandolo che volesse moderarle con qualche onesto dolore, sapendo benissimo come la fine del riso è principio del pianto. Adonque meschiando questo poco d'amore fra i nostri piaceri, i ragionamenti più perfetti e più virtuosi procederanno. Doppo questo, stando tutta la brigata sospesa, come se dovesse venire il tremuoto ella così seguitò.

 

 

Nella gentile e regia città di Lisbona(68) fu, non ha molto tempo, uno infelice giovane nobilissimo, ricco e bello, la cui famiglia si tace e don Alvaro(69), secondo l'usanza del paese nominato, il quale si innamorò d'una nobilissima giovane e bella, tanto caldamente, che non s'amò mai più per uomo donna.

Nella magnifica e gentil città di Napoli fu non ha molto tempo uno infelice giovane nobilissimo, ricco e bello, della famiglia de' Brancazi, Cola, secondo l'usanza del paese nominato: il quale si innamorò d'una nobilissima giovane e bella, tanto caldamente, che non s'amò mai più per uomo donna.

Ma non si potendo piegare un zio della giovane, sotto la cui tutela ella era rimasa, con alcun mezo, che al giovane per moglie dar la volesse, quantunque lei esso giovane di scambievole amore riamando nulla più desiderasse, fu ad amendue di grandissimo cordoglio cagione in tanto, che non fa mestiero, che nel raccontarlovi io m'affatichi.

Ma non si potendo piegare un zio della giovane, sotto la cui tutela ella orbata del padre e della madre era rimasa, con alcun mezo, che al giovane per moglie dar la volesse, quantunque lei esso giovane di scambievole amore riamando nulla più desiderasse, fu ad amendue di grandissimo cordoglio cagione in tanto, che non fa mestiero nel raccontarlovi io m'affatichi.

Nondimeno a' tribolati amanti, che di pari fiamme ardevano, amore, investigatore di altissimi segreti pose in cuore ed insegnò la via da ritrovarsi insieme. Dormiva la giovane sulla più alta parte del suo palagio, in una camera la cui finestra riusciva in una via poco frequentata: onde secretamente si convennero che don Alvaro a una certa ora di notte dovesse quivi presentarsi con una scala di seta e fare un certo segno, dove che ella l'attenderebbe e calato un filo a basso tirerebbe a sé la scala e con diligenza alla finestra la fermerebbe in guisa ch'egli da lei potrebbe salire.

Nondimeno a' tribolati amanti, che di pari fiamme ardevano, amore, investigatore di altissimi segreti pose in cuore ed insegnò la via da ritrovarsi insieme. Dormiva la giovane sulla più alta parte del suo palagio, in una camera la cui finestra riusciva in una vietta poco frequentata: onde secretamente si convennero che Cola a una cert'ora di notte dovesse quivi presentarsi con una scala di seta e fare un certo segno, dove che ella l'attenderebbe e calato un filo a basso tirerebbe a sé la scala e con diligenza alla finestra la fermerebbe in guisa che egli da lei potrebbe salire.

E composto l'ordine si venne all'atto, il quale dal nemico dell'umana specie fu agevolato assai più che niun di loro non s'era avvisato; per la qual cagione don Alvaro fu raccolto dalle desiderate e amate braccia, la qual cosa non doveva la giovane in alcun modo pensare, né consentire. Indi continuando egli questo camino, da certi suoi seguaci accompagnato, non tanto per sua maggior sicurtade, quanto perché da per sé non averebbe potuto salire al luogo, tenendo eglino per forza di braccia la scala lontana dal muro;

E composto l'ordine si venne all'atto, il quale dal nimico dell'umana specie fu agevolato assai più che niun di loro non s'era avvisato; per la qual cagione Cola fu raccolto dalle desiderate e amate braccia, la qual cosa non dovea la giovane in alcun modo pensare, né consentire. Indi continuando egli questo camino, da certi suoi seguaci accompagnato, non tanto per sua maggior sicurtade, quanto perché da per sé non avrebbe potuto salire al luogo, tenendo eglino per forza di braccia la scala lontana dal muro,

avenne o dalla perfidia degli emuli o de' rivali di don Alvaro, de' quali non ne mancarono mai ad ogni innamorato, che fatto parole di questo maneggio al vice re, egli fece subito publicare una legge che a chiunque di notte con scala fusse ritrovato, fusse immediatamente tagliato la testa. Non rimase per questo don Alvaro di non sollecitare l'usato camino, benché con maggior provedimento.

adivenne, o per falta d'emuli, o di rivali di Cola, de' quali non ne mancarono mai ad ogni innamorato, che fatto parole di questo maneggio al vice re (se già non seguì d'altra maniera ch'io non sappia), il quale fece subito publicare una legge, che a chiunque di notte con scala fusse ritrovato, fusse tagliato la testa. Non rimase per questo Cola di non sollecitare lo usato camino, benché con maggior provedimento.

Nondimeno una mattina sul far del giorno discendendo egli dal luogo, come fu vicino a terra, credendo di quivi ritrovare i suoi amici di utile e di diletto, si vidde miserello da' birri della giustizia circondato. Di che dolente a morte, per partito prese di ritornare alla finestra e cercare co 'l mezzo della casa della giovane se li venisse fatto di fuggire queste empie mani. Ma ella che per scior la scala s'era di già fatta fuore, veggendo il suo amante risalire e strepito e moltitudine d'uomini dabbasso, paurosa, riserrò la finestra.

Nondimeno una mattina sul far del giorno discendendo egli dal luoco, come fu vicino a terra, credendo di quivi ritrovare i suo amici d'utile e di diletto, si vidde miserello dalla giustizia circondato. Di che dolente a morte, per partito prese di ritornare alla finestra e cercar co 'l mezzo della casa della giovane se li venisse fatto di fuggire queste empie mani. Ma ella che per scior la scala s'era di già fatta fuore, veggendo il suo amante risalire e strepito e moltitudine d'uomini dabbasso, paurosa, riserrò la finestra.

Alla quale il giovane pervenuto pianamente battendola, si diede con sommessa voce ed affettuose parole a pregarla che d'aprirgli le piacesse, avisandola come nelle sue mani era la sua vita e la sua morte; ma ciò fu indarno.

Alla quale il giovane pervenuto pianamente battendola, si diede con sommessa voce ed affettuose parole a imprecarla che d'aprirgli le piacesse, avisandola come nelle sue mani era la sua vita e la sua morte; ma indarno.

Laonde schiarando il giorno, convinto dall'onor della giovane e pietà di sé stesso discese la scala, altro non potendo fare e diedesi pietosa e amorevol preda di così fatta canaglia, la quale condottolo al giudice davanti, egli confessò tutto il fatto non potendo negarlo; per la cui cagione il vice re di sua bocca sentenziò doversegli la vegnente mattina tagliar la testa e subito salito a cavallo se n'andò sei miglia fuori dalla città per non esser da prieghi sollecitato a mutar parere.

Laonde schiarando il giorno, dallo onor della giovane e pietà di sé stesso convintodiscese la scala, altro non potendo e diedesi pietosa e amorevol preda di così fatta gente. La quale condottolo al giudice davanti egli confessò tutto il fatto non potendo negarlo; per la cui cagione il vice re di sua bocca sentenziò doversegli la vegnente mattina tagliar la testa e subito salito a cavallo se n'andò a Pozzuolo per non esser da prieghi sollecitato a mutar parere.

Di questa sfortunata e amara novella fu in un tratto ripiena tutta la città e a ciascuno sommamente ne doleva, quando eccoti, la deputata mattina a un'ora ragionevol, con quello orrore ch'esce fuori la giustizia, uscire il tenero, nobilissimo e innamorato giovane, tutto di funi cinto e da ministri publici circondato, con tanto miserabile aspetto, ch'io non oso di racontarlovi.

Di questa sconcia e amara novella fu in un tratto ripiena tutta la città e a ciascuno sommamente ne dolea; quando eccoti, la deputata mattina a un'ora ragionevole, con quello orrore che esce fuor la giustizia della vicaria di Napoli, uscire il tenero, nobilissimo e innamorato giovane, tutto di fune convinto e da ministri publici circondato, con tanto miserabile aspetto, ch'io non oso di racontarlovi.

Al cui fiero accidente furono commossi gli animi di ciascuno, onde tutti quelli onorati cavallieri fatto fermar la giustizia, con amorevol prieghi (percioché ella era anche per pietà di mala voglia da' propri essecutori essequita) vicendevolmente più che di passo n'andarono dal vice re, con lagrime e prieghi domandandogli in dono la vita di costui, solo per amor condotto a così fiero partito, in guisa che non rimase signor, né signora, ecclesiastico e temporale, che non facesse questo pietoso ufficio, stando sempre il vice re saldo sul deliberato proposito.

Al cui fiero accidente furono commossi gli animi di ciascuno, onde tutti quelli onorati cavallieri fatto fermar la giustizia, con amorevol prieghi (percioché ella era anche per pietà di malavoglia da' propri essecutori essequita), vicendevolmente più che di passo n'andarono dal vice re, con lagrime e prieghi domandandoli in dono la vita di costui, solo per amor condotto a così fiero partito, in guisa che non rimase signor, né signora ecclesiastico e temporale, che non facesse questo pietoso ufficio, stando sempre il vice re saldo sul deliberato proposito.

Finalmente sulle ventidue ore, essendo di tanto soggiornato la giustizia pel camino, si ebbe da esso vice re, che con la pace del zio della giovane gli salvava la vita, con questo che egli la prendesse per moglie o la dotasse. Ma l'avaro e insensato uomo non volle mai a così nobil atto piegarsi, onde al povero giovane fu data la pena nel luogo del delitto talmente che molte gocciole di sangue spruzzarono nella casa di costei: e con uno estremo cordoglio di tutta la città, non sendosi mai fatta per l'innanzi giustizia tanto compassionevole come questa, onde di lui possiamo dire:

Finalmente sulle ventidu'ore essendo di tanto soggiornato la giustizia pel camino, si ebbe da esso vice re, che con la pace del zio della giovane gli salvava la vita, con questo che egli la prendesse per moglie, o la dotasse. Ma l'avaro e insensat'uomo non volle mai a così nobil atto piegarsi, onde al povero giovene fu data la pena nel luogo del delitto talmente che molte gocciole di sangue spruzzarono nella casa di costei: e con uno estremo cordoglio di tutta la città, non sendosi mai fatta per l'inanzi giustizia tanto compassionevole come questa, onde per concluderla di lui possiamo con l'Ariosto dir questi versi:

 

Sì bel, sì buon, sì giovan a pietade

Mosse ogni sesso, ogn'ordine, ogni etade.

 

Fatto ch'ebbe qui fine don Velasco al suo ragionamento, la brigata tutta ne rimase scontenta e si diede a biasimar la giovane, perché la finestra a don Alvaro non avesse aperta, avendoli poco dianzi aperto il cuore: onde don Ferando(70), a cui secondo l'ordine toccava il favellare, così incominciò:

Sì bel, sì buon, sì giovan a pietade

Mosse ogni sesso, ogn'ordine, ogni etade.

 

Fatto che ebbe qui fine Livia al suo ragionamento, la brigata tutta ne rimase scontenta e si diede a biasimar la giovane, perché la finestra a Cola non avesse aperta, avendoli poco dianzi aperto il cuore: onde don Cinzia altiera e crudele, a cui secondo l'ordine toccava il favellare, così incominciò:

Quantunque si dica che le donne sappiano dare buoni consigli e megliori alla sprovista che pensatamente, non è però che così sia: perché se così fusse, non sarebbe opera nostra, ma di qualche occulta cagione che non spettasse a noi, la quale non ci recherebbe alcuna lode ed il crederla sarebbe pazzia. Però, siccome gli uomini ponderando i fatti d'importanza col tempo, col senno, guidano a miglior porto le loro imprese, a loro così avviene, sendo con gli uomini una medesima essenza.

Quantunque e' si dica che noialtre donne sappiamo dare i nostri consigli migliori alla sprovista che pensatamente, non è però che così sia: perché se così fusse, non sarebbe opera nostra, ma di fortuna o fato, o di qualche altra occulta cagione che non spettasse a noi, la quale non ci recherebbe alcuna lode ed il crederla sarebbe eresia. Però, siccome gli uomini ponderando i fatti d'importanza col tempo e col senno, guidano a miglior porto le loro imprese: similmente a noi fatto adiviene, così facendo, sendo con gli uomini una medesima essenza.

E quella timidità che par propria, naturale delle donne, avvenga che dimostri qualche imperfezione, nasce però da laudabil cosa, che è la sottilità e prontezza degli spiriti, i quali rappresentano la specie allo 'ntelletto e però si perturbano facilmente per le cose estrinseche; al contrario di certi uni, che armati di una sorte di pazzia per aver gli spiriti grossi ed ottusi, audacemente ad ogni manifesto pericolo sottoentrano senza pensarvi, onde accade che dir non si puote, un pazzo esser animoso.

E quella timidità che par propria e naturale di noialtre donne, avvenga che dimostri qualche imperfezione, nasce però da laudabil cosa, che è la sottilità e prontezza degli spiriti, i quali rappresentano la specie allo intelletto e però ci perturbiamo facilmente per le cose estrinseche, al contrario di certi uni, che armati di una sorte di pazzia per aver gli spiriti grossi e ottusi, audacemente ad ogni manifesto pericolo sotto entrano senza pensarvi: onde accade che dir non si puote un pazzo essere animoso.

Ma la vera grandezza di animo viene da una propria deliberazione di voler fare così e di stimar più l'onore, che tutti i pericoli del mondo ed esser di cuore e d'animo tanto saldo, che i sentimenti non restino impediti, né si spaventino, anzi facciano l'ufficio loro circa il discorrere, come se fussero quieti. La qual deliberazione e discorso (e dica chi vuole) ha bisogno di qualche considerazione: perché i primi moti non essendo in podestà nostra, non soggiacciono a questa regola.

Ma la vera grandezza di animo viene da una propria deliberazione di voler far così e di stimar più lo onore, che tutti i pericoli del mondo e esser di cuore e d'animo tanto saldo, che i sentimenti non restino impediti, né si spaventino: anzi faccian l'ufficio loro circa il discorrere, come se fussero quieti. La qual deliberazione e discorso (e dica chi vuole) ha bisogno di qualche considerazione: perché i primi moti non essendo in podestà nostra, non soggiaceno a questa regola.

Onde se questa giovane che il nostro don Alonso ha raccontato non seppe consigliarsi a tempo, la cagione fu che ella con troppo fiere armi alla sprovista fu gionta, percioché, quando lei si pensava l'amante suo essere a salvamento disceso e s'era fatta alla finestra per ritornargli la scala, lo vidde risalire e vidde infinita gente dabasso: per la cui cagione in un subito non sapendo a qual partito apprendersi, riserrò la finestra, dandosi con questo per aventura a credere che don Alvaro non per tema della corte vi fusse ritornato, ma dei parenti di lei e perciò più facilmente poter ritrovare qualche scusa circa all'onor suo, con dare la colpa a qualche fantesca che avesse (sé nulla sapendo) la scala alla finestra fermata.

Onde se questa giovane, che la nostra Livia ha raccontato non seppe consigliarsi a tempo, la cagione fu che ella con troppo fiere armi alla sprovista fu gionta, percioché, quando lei si pensava l'amante suo essere a salvamento disceso e s'era fatta alla finestra per ritornargli la scala, lo vidde risalire e vidde infinita gente dabasso: per la cui cagione in un subito non sapendo a qual partito apprendersi, riserrò la finestra, dandosi con questo per aventura a credere che Cola, non per tema della corte vi fusse ritornato, ma dei parenti di lei e perciò più facilmente poter ritrovar qualche scusa circa all'onor suo, con dar la colpa a qualche fante, che avesse (sé nulla sapendo) la scala alla finestra fermata.

Indi potrebbe essere ancora, che veggiendo il suo amante alla sprovista ritornare e moltitudine di gente fuori del solito nella via, come dissi, per la sottilità e prontezza gli spiriti si fusse tanto turbata, che o si fusse venuta meno o si fusse (avendo riserrata la finestra) di quindi partita senza sapere la miserella né consiglio, né aita porgere a se stessa.

Indi potrebbe essere ancora, che veggiendo il suo amante alla sprovista ritornare e moltitudine di gente fuor del solito nella via come dissi, per la sottilità e prontezza degli spiriti si fusse tanto turbata, che o si fusse venuta meno, o si fusse (avendo riserrata la finestra) di quindi partita senza sapere la miserella né consiglio, né aita porgere a se stessa.

Ma stiamo di buona voglia, che se la giovane avesse avuto tempo da governarsi con ragione, l'infelice amante non sarebbe gionto a tanto precipizio: percioché è da credere che l'amasse ed amandolo desiderasse ogni suo bene: nondimeno questo fu un accidente che lei della morte del giovane del tutto discolpa. Così a quel vice re fusse piacciuto di liberamente salvargli la vita, perché con atto così pio veniva anche a ricoprire grandemente l'onore della infelicissima giovane.

Ma stiamo di buona voglia, che se la giovane avesse avuto tempo da governarsi con ragione, l'infelice amante non sarebbe gionto a tanto precipizio: percioché da credere è, che l'amasse ed amandolo desiderasse ogni suo bene: nondimeno questo fu un accidente che lei della morte del giovane del tutto discolpa. Così a quel vice re fusse piacciuto di liberamente salvargli la vita, perché con atto così pio veniva anche a ricuoprir grandemente l'onore della infelicissima giovane.

E poiché siamo entrati in questi rammarichi, lievi saranno stati i sospiri intorno la morte di Alvaro, rispetto a quelli che recarvi intendo; da' quali quanto vaglia e sia costante e magnanimo il pensato consiglio delle donne comprender potrete. E questo detto egli così seguitò:

 

 

Consiglio di donna, in vindicare la morte del marito.

 

 

E poiché siamo entrati in questi rammarichi, lievi saranno stati i sospiri da torno la morte di Cola, respetto a quelli che recarvi intendo; da' quali quanto vaglia e sia costante e magnanimo il pensato consiglio delle donne comprender potrete. E questo ditto, sogghignando messer Francesco di questi ragionamenti ella così seguitò:

 

Fu non ha guari una valorosa e bella giovane, per nome Cleria(71), di cui arse d'amore un giovane uguale a lei in ogni conto detto Flavio(72), il quale avvenga che la facesse più fiate per moglie addimandare, nondimeno sempre per i suoi pessimi costumi fu ribattuto. Ora avvenne ch'ella fu maritata ad un altro nobilissimo giovane per nome Anteo(73) a lei carissimo; perloché tenendo sempre occulto Flavio l'amoroso fuoco e portando con simulata pazienza l'ingiuriosa repulsa, aspettando(74) che qualche occasione se gli parasse davanti di poter dare effetto al suo di già conceputo pensiero.

Fu anticamente una valorosa e bella giovane, per nome Clarice, di cui arse d'amore un giovane uguale a lei infinitamente detto Savinio, il quale avvenga che la facesse più fiate per moglie addomandare, nondimeno sempre per i suoi pessimi costumi fu ribututo. Ora avvenne che ella fu maritata a un altro nobilissimo giovane per nome Luccio a lei carissimo, tenendo sempre occulto Savinio l'amoroso fuoco e portando con simulata pazienza l'ingiuriosa repulsa, aspettando che qualche occasione se gli parasse davanti di poter dare effetto al suo di già fatto pensiero.

Laonde la maligna fortuna, che sempre nuove insidie e nuovi oltraggi a' mortali apparecchia, fece che sendo Anteo un giorno per certe brighe cittadinesche stato colto in mezo da' nemici per ucciderlo, sopragiungesse quivi Flavio, il quale perché era destro ed animoso, tanto s'adoperò, che ridusse Anteo al sicuro, con danno e vergogna de' suoi nemici; per il cui beneficio tanto si guadagnò la sua grazia e divenne di casa sua così domestico, come se d'un ventre medesimo seco fusse nato.

Laonde la maligna fortuna, che sempre nuove insidie e nuovi oltragi a' mortali apparecchia, fece che sendo Luccio un giorno per certe brighe cittadinesche stato colto in mezzo da' nimici per ucciderlo, sopragiungesse quivi Savinio, il quale perché era destro ed animoso, tanto s'adoperò, che ridusse Luccio al sicuro, con danno e vergogna de' suoi nimici: per il cui beneficio tanto si guadagnò la sua grazia e divenne di casa sua così domestico, come se d'un ventre medesimo seco fusse nato.

In questa conversazione adunque s'accrebbe in guisa l'amor di Flavio, che con incredibile pena gli abbruciava le midole, ora facile ed ora difficile giudicando il poter tirare a fine la sua scelerata deliberazione, secondo che più o meno la speranza o la tema l'assicurava o la spaventava. Vedeva egli Cleria amar saldamente il suo marito e guardarsi da tutte quelle cose che imaginar si potesse esserli spiacevoli; dall'altra parte di così eletta beltade ornata la vedeva, che li pareva impossibile che con tanta bellezza vi potesse esere onestà congiunta, forse non sapendo che la bellezza è buona e conseguentemente il vero amor di quella è buonissimo; anzi, che la bellezza nasce da Dio, di cui la bontà è il centro in guisa che così come non puote essere circolo senza centro, non puote esser bellezza senza bontà.

In questa conversazione adunque s'accrebbe in guisa l'amor di Savinio, che con incredibil pena gli abbruciava le midolle: ora facile ed ora difficile giudicando il poter tirare a fine la sua scelerata deliberazione, secondo che più, o meno la speranza, o la tema l'assicurava, o la spaventava. Vedeva egli Clarice amar saldamente il suo marito e guardarsi da tutte quelle cose che imaginar si potesse esserli spiacevoli; dall'altra parte di così eletta beltade ornata la vedea, che li parea quasi impossibile che con tanta bellezza vi potesse essere onestà congiunta: forse non sapendo che la bellezza è buona e consequentemente il vero amor di quella è bonissimo, anzi che la bellezza nasce da Dio, di cui la bontà è il centro in guisa che così come non puote esser circolo senza centro, non puote esser bellezza senza bontà.

E quando avviene che belle donne siano impudiche, non è di ciò cagion la bellezza, la quale non che le inchini a ciò, anzi le rimuove per la unione che ha la bellezza con la bontà, ma sono gli accidenti, cioè la mala educazione, che ha tanta forza nel male, li stimoli degli amanti, gl'inganni, la povertà e soprattutto l'oro: le quali cose possono ancor fare e fanno divenir gli uomini belli micidiali, traditori e scelerati. Ora udite dove riuscì questa accesa fiamma di costui.

E quando avviene che belle donne siano impudiche, non è di ciò cagion la bellezza, la quale, non che le inchini a ciò, anzi le rimuove, per la unione che ha la bellezza con la bontà: ma sono gli accidenti, cioè la mala educazione, che ha tanta forza nel male, li stimuli degli amanti, li inganni, la povertà e soprattutto l'oro: le quali cose possono ancor fare e fanno, divenir gli uomini belli micidiali, traditori e scelerati. Ora udite dove riuscì questa accesa libidine di costui.

Andò Anteo un giorno a caccia in compagnia di Flavio, avendo promesso alla moglie di non cacciar bestie di periglioso dente armate ed avendo con le reti circondato una profondissima selva, furono posti i cani per far di quella uscir fuori gli animali; onde non n'uscì lepre, cervo, né daino, ma uno orribil porco tutto rabbuffato e nella bocca schiumoso, il quale rotte le reti si dimostrò intrepido alla campagna. Alla cui vista i cacciatori così come disarmati si ritrovavano salirono sopra gli alberi per maggior sicurezza, solo Anteo rimase con Flavio, al quale parendo questa opportuna occasione di porre ad effetto la fraude lungamente pensata, ad Anteo rivoltosi, disse:

Andò Luccio un giorno a caccia in compagnia di Savinio, avendo promesso alla moglie di non cacciar bestie di periglioso dente armate ed avendo con le reti circondato una profondissima selva, furon posti i cani, per far di quella uscir fuor gli animali; onde non n'uscì lepre, cervo, né daino, ma uno orribil porco tutto rabbuffato e nella bocca schiumoso, il quale rotte le reti si dimostrò intrepido alla campagna. Alla cui vista i cacciatori così come disarmati si ritrovavano salsero sopra gli alberi per maggior sicurezza; solo Luccio rimase con Savinio, al quale parendo questa opportuna occasione di porre ad effetto la fraude lungamente pensata, ad Luccio rivoltosi disse:

- Fuggiremo forse noi a guisa di questi altri servi, lasciandoci uscire sì bella caccia di mano? Deh perché non piuttosto tu con cotesto spiedo ed io con questa lancia che ci ritroviamo, sproniamo i veloci corsieri verso questo porco, il quale è nostro al sicuro?

- Fuggiremo forse noi a guisa di questi altri servi, lasciandoci uscire sì bella caccia di mano? Deh perché non piuttosto tu con cotesto spiedo ed io con questa lancia che ci ritroviamo, sproniamo i veloci corsieri verso questo porco, il quale è nostro al sicuro?

E questo detto non pensando più oltre Anteo, si diedero la bestia a seguire, la quale voltandosi e fremendo i denti in atto si pose come se stesse dubbiosa qual de' due prima assalir dovesse. Allora Anteo lanciatole lo spiedo alquanto la ferì, ma Flavio il disleale, ferì il cavallo di Anteo in guisa che cadde a terra e fece il padrone somigliantemente cadere.

E questo detto non pensando più oltre Luccio, si diedero la bestia a seguire, la quale voltandosi e fremendo i denti in atto si pose, come se stesse dubiosa qual de' due prima assalir dovesse. Allora Luccio lanciatole lo spiedo alquanto la ferì: ma Savinio il disleale, ferì il cavallo di Luccio in guisa che cadde a terra e fece il padrone somigliantemente cadere.

Laonde il cinghiale così giacente l'assale e con di molti morsi cercava di stracciarlo, quando Flavio invece di porgerli aita li diede più colpi con la lancia ed ucciselo, pensando che le ferite di quel ferro dovessero parere consimili alle fenditure del fiero animale, il quale fu indi da lui con la medesima lancia ucciso. Nondimeno il fatto non andò tanto occulto, come s'era avvisato: percioché un giovanetto, che quivi vicino per prendere degli uccelli nascoso si stava, vidde tutto.

Laonde il cinghiale così ghiacente l'assalse e con di molti morsi cercava di stracciarlo, quando Savinio invece di porgerli aita li diede più colpi con la lancia ed ucciselo, pensando che le ferite di quel ferro dovessero parere consimili alle fenditure del fiero animale, il quale fu indi da lui con la medesima lancia ucciso. Nondimeno il fatto non andò tanto occulto come s'era avvisato: percioché un giovanetto, che quivi vicino per prendere degli uccelli nascoso si stava vidde il tutto.

Di già i cacciatori assicurati erano delli alberi discesi e per la selva de' loro signori andavano ricercando, quando udirono di pianti e di grandissimi stridi risuonar tutta la campagna. Questi era il crudel Flavio, il quale benché di così brutto misfatto contento fusse, per maggiormente adempire la sua sceleratezza, mutata la fronte, con simulata pietà tenendo abbracciato il freddo corpo di colui che egli ucciso aveva, mandava fuori quelle misere voci: le quali furono raddoppiate per la venuta quivi de' cacciatori.

Di già i cacciatori, assicurati erano delli alberi discesi e per la selva de' lor signori andavano ricercando, quando udirono di pianti e di grandissimi stridi risonar tutta la campagna. Questi era il crudel Savinio, il quale benché di così brutto misfatto contento fusse, per maggiormente adempire la sua sceleratezza, mutata la fronte, con simulata pietà tenendo abbracciato il freddo corpo di colui che egli ucciso avea, mandava fuore queste misere voci: le quali furono raddopiate per la venuta quivi de' cacciatori.

Corse in un tratto la fama della morte di Anteo nella città, onde vennero incontro molte genti al corpo morto, che da' cacciatori era quivi recato con Flavio insieme più d'ogni altro lagrimevole e finalmente la sconsolata moglie vi venne, la quale gettatasi sopra lo amato consorte, vi averebbe reso lo spirito tenendolo abbracciato, se da' circostanti non ne fusse stata distaccata.

Corse in un tratto la fama della morte di Luccio, nella città, onde vennero incontro molte genti al corpo morto, che da' cacciatori era quivi recato, con Savinio insieme più d'ogni altro lagrimevole e finalmente la sconsolata moglie vi venne, la quale gettatasi sopra lo amato consorte, vi averebbe reso lo spirito tenendolo abbracciato, se da' circostanti non ne fusse stata distaccata.

Ma più d'ogni altro si lamentava Flavio chiamando Anteo il suo amico, il suo compagno e 'l suo fratello; onde finite l'essequie Cleria si dispose accompagnare il suo marito, non con laccio o coltello, ma per fame, lentamente lasciandosi morire, se non che Flavio ora per se stesso, ora per altrui e finalmente per il padre e per la madre di lei al vivere la costrinse. Nondimeno avendo ella nelle radici del cuore infisso il duolo del perduto consorte, giorno e notte lagrimosa e senza ricevere alcuno conforto si stava.

Ma più d'ogni altro si lamentava Savinio chiamando Luccio il suo amico, il suo compagno e 'l suo fratello; onde finite l'essequie Clarice si dispose accompagnare il suo marito, non con laccio, o coltello, ma per fame, lentamente lasciandosi morire, senonché Savinio or per se stesso, or per altrui e finalmente per il padre e per la madre di lei al viver la costrinse. Nondimeno avendo ella nelle radici del cuore infisso il duolo del perduto consorte, giorno e notte lacrimosa e senza ricevere alcuno conforto si stava.

Allora Flavio d'animo strabocchevole e temerario non aspetta che co 'l tempo il duolo sia cessato, anzi nel mezo delle lagrime con grandissima istanza si muove a domandare le nozze di lei, la quale di ciò fu tanto smarrita, che raccontar non si potrebbe; onde di già s'andava indovinando il tradimento di Flavio e per questo da una certa volontà di giusta vendetta sospinta, prolungò il suo desiderio con incerta speranza. Nel qual tempo venne da lei segretamente quel giovane che per prendere uccelli nella selva nascoso si stava, come dianzi dicemmo, il quale ogni sospicione le rese più certa. Onde ella in camera riserratasi, di nuovo stracciandosi i capelli e battendo le palme maggior pianto rinuovò, dicendo:

Allora Savinio d'animo strabocchevole e temerario non aspetta che co 'l tempo il duolo sia cessato, anzi nel mezo delle lagrime con grandissima istanza si muove a domandare le nozze di lei, la quale di ciò fu tanto smarrita, che raccontar non si potrebbe, onde di già s'andava indovinando il tradimento di Savinio; et per questo da una certa volontà di giusta vendetta sospinta, prolungò il suo desiderio con incerta speranza. Nel qual tempo venne da lei segretamente quel giovane che per prendere uccelli nella selva nascoso si stava, come dianzi dicemmo, il quale ogni sospicion le rese più che certa. Onde ella in camera riserratasi, di nuovo stracciandosi i capelli e battendo le palme maggior pianto rinuova, dicendo:

- Colui ha ardimento di richiedere il mio matrimonio, che mi ha privata d'ogni mio bene? Oh mie misere mani, che le ferite del porco credendovi nettare, nettaste quelle della scelerata lancia di Flavio.

E con queste ed altre simili parole pietose fra sé delibera di punire quel crudele assassino e poscia morendo gire a congiungersi col suo marito. Et eccoti il detestabile dimandatore di nuovo importunare il suo matrimonio, ma ella tanto d'indugio con parole piacevoli li domanda, che l'anima del marito sia placata.

- Colui ha ardimento di richieder il mio matrimonio, che m'ha (oh Dei) privata d'ogni mio bene? Oh mie misere mani, che le ferite del porco credendovi nettare, nettaste quelle della scelerata lancia di Savinio.

E con queste e altre simili parole pietose fra sé delibera di punire quel crudele assassino e poscia morendo gire a congiungersi co 'l suo marito. Et eccoti il detestabil domandatore di nuovo importunare il suo matrimonio: ma ella tanto di indugio con parole piacevoli li domanda, che l'anima del marito sia placata.

Et egli non accettando per buona questa scusa, di già con minaccie ridomanda quello che impetrar ad ogni modo desidera. Onde lei, questo per grazia ti chieggio, li disse che intratanto sia il tempo all'onor mio trapassato, secretamente ci congiungiamo, per farti con la prova certo del mio buon volere. Accettò questo partito Flavio, onde Cleria così seguitando disse:

Et egli non accettando per buona questa scusa, di già con minaccie ridomanda quello che impetrar ad ogni modo desidera. Onde lei, questo per grazia ti chieggio, li disse che, intratanto sia il tempo allo onor mio trapassato, secretamente ci congiungiamo, per farti con la prova certo del mio buon volere. Accettò questo partito Savinio, onde Clarice così seguitando disse.

- Verraitene questa vegnente notte sconosciuto e bene coperto, senza alcuno compagno sulla terza vigilia alla mia porta, facendo solo una fiata cenno con un fischio, dove dalla mia balia, che attenderà la tua venuta, ti sarà aperto, per condurti senza lume nella mia camera.

Composto l'ordine Flavio e perciò tutto lieto, quando il tempo li parve, venne al luogo dove dalla vecchia senza alcun suspetto fu condotto nella ordinata camera: e quivi, sì come era stata instrutta, non vi essendo Cleria, si diede a trattenerlo, dicendoli che ella non potrebbe venire così presto, perché serviva ad alcuni bisogni di suo padre, che gravemente ammalato giacea; e ultimamente lo invitò a far collazione e datoli a bever vino acconcio di sonnifero liquore, in breve l'assettò di sorte che, sendo caduto in terra supino, ogni picciol fanciullo sicuramente gli averebbe potuto fare ingiuria. Allora la vecchia, chiamata Cleria, la desiderata preda le dimostrò: onde ella con animo infuriato soprastandoli disse:

- Verraitene questa vegnente notte sconosciuto e ben coperto, senza alcun compagno sulla terza vigilia alla mia porta, facendo sol una fiata cenno con un fischio, dove da questa mia balia, che attenderà la tua venuta ti sarà aperto, per condurti senza lume nella mia camera.

Composto l'ordine Savinio e perciò tutto lieto, quando il tempo li parve, venne al luoco, dove dalla vecchia senza alcun suspetto fu condutto nella ordinata camera: e quivi, sì come era stata instrutta, non vi essendo Clarice, si diede a intertenerlo, dicendoli che ella non potrebbe venir così presto, perché serviva ad alcune importanti bisogne di suo padre, che gravemente ammalato giacea; e ultimamente lo invitò a far collazione e datoli a bever vino acconcio di sonnifero liquore, in breve l'assettò di sorte che, sendo caduto in terra supino, ogni picciol fanciullo sicuramente gli averebbe potuto fare ingiuria. Allora la vecchia, chiamata Clarice, la desiderata preda le dimostrò: onde ella con animo infuriato soprastandoli, disse:

- Fedel compagno del mio marito, è questa la mano che il mio caro ed amato sangue sparse? Son questi gli occhi che mi mirarono per suo tanto danno e male? I quali indivinandosi le future tenebre si stanno così sepulti nel sonno. Ma non credere già per questo, oh uomo empio e scelerato, ch'io t'uccida per farti d'una simil morte compagno co 'l mio marito, percioché troppo contento ne anderebbe l'anima tua a' luoghi non conosciuti, morendo per mano di colei che in vita fingesti che così cara ti fusse ed in così piacevole sonno, che la morte ti renderebbe assai men grave. Anzi non potendo di te prender quella vendetta che merita il tuo fallo, essendo la morte fine di tutte le miserie dell'uomo, mi compiaccio che tu vivi: ma vivi di sorte che sii nel mondo condegno spettacolo di tutti i traditori.

- Fedel compagno del mio marito: è questa la mano che il mio caro ed amato sangue sparse? Son questi gli occhi che mi mirarono per suo tanto danno e male? I quali indivinandosi le future tenebre si stanno così sepulti nel sonno. Ma non credere già per questo, oh uomo empio e scelerato, ch'io t'uccida: per farti d'una simil morte compagno co 'l mio marito? Percioché troppo contenta ne andrebbe l'anima tua a' luoghi non conosciuti, morendo per man di colei che in vita fingesti che così cara ti fusse: ed in così piacevol sonno, che la morte ti renderebbe assai men grave. Anzi non potendo di te prender quella vendetta che merita il tuo fallo: essendo la morte fine di tutte le miserie dell'uomo; mi compiaccio che tu vivi: ma vivi di sorte che sii nel mondo condegno spettacolo di tutti i traditori.

Indi tolto una agucchia, che nelle sue bellissime treccie aveva per questo effetto riposta, tutti dua gli occhi gli perfora in guisa che il senso del vedere li toglie. E mentre che egli per la bevanda non ancor digesta si raggirava quassando il capo sopra del suolo per la passione sudetta, tolta la spada che il marito portar soleva, sopra del suo sepulcro si ridusse e quivi di mano propria s'uccise, dove fu sepolta insieme con lui. Laonde Flavio tardi avvedutosi dell'errore, brancolone a casa se ne ritornò, terminando gli anni suoi da dolore e da vergogna convinto, con volontaria fame. Qui fece fine don Ferando al suo ragionamento, sopra del quale vi fu che dire assai: ma don Pietro(75) a cui secondo l'ordine toccava il luogo di ragionare, fatto che ebbe le solite cerimonie, così incominciò:

Indi tolto una agucchia, che nelle sue bellissime treccie aveva per questo effetto riposta, tutti dua gli occhi gli perfora in guisa che il senso del vedere li toglie. E mentre che egli per la bevanda non ancor digesta si raggirava quassando il capo sopra del suolo per la passione, soletta, tolta la spada che il marito portar solea, sopra del suo sepulcro si ridusse e quivi di man propria s'uccise, dove fu sepulta insieme con lui. Laonde Savinio tardi avvedutosi dello errore, brancolone a casa se ne ritornò, terminando gli anni suoi da dolore e da vergogna convinto, con voluntaria fame. Qui fece fine Cinzia al suo ragionamento, sopra del quale vi fu che dire assai: ma Laura a cui secondo l'ordine fra le donne toccava lo ultimo luogo di ragionare, fatto che ebbe le solite cerimonie, così incominciò:

Li spiacevoli accidenti che dalli nostri compagni sono stati raccontati, saranno come un aspro e faticoso monte a cui ne segua un dilettevole piano: percioché io, uscendo di così fatte morti, un caso di gelosia piacevole e bello intendo di raccontarvi, per ritornare agli animi vostri come prima lieti, dandomi a credere che la morte di Cleria gli abbia alquanto turbati, perché ella era pure troppo degna di vita. Sappiate adunque, ch'io per me non so quale disaventura sia stata la mia, che mai scintilla d'amore mi scaldò il petto, né vi crediate che questa mia pallidezza di volto sia stata di ciò cagione, percioché certissimo sono di essere stato amato, nondimeno mai, né a riamare cui mi amava, né ad amare altrui mi sono potuto piegare.

Li spiacevoli accidenti, che dalle nostre compagne sono stati raccontati, saranno come un aspro e faticoso monte, a cui ne segua un dilettevol piano: percioché io, uscendo di così fatte morti, un caso di gelosia piacevole e bello intendo di raccontarvi, per ritornar gli animi vostri come prima lieti, dandomi a credere che la morte di Clarice gli abbia alquanto turbati, perché ell'era pur troppo degna di vita. Sappiate adonque, ch'io per me non so qual disaventura sia stata la mia, che mai scintilla d'amore mi scaldò il petto, né vi crediate che questa mia pallidezza di volto sia stata di ciò cagione, percioché certissima sono di essere stata amata, nondimeno mai, né a riamare cui me amava, né ad amare altrui mi sono potuto piegare.

Però tutto quello che al presente mi sono disposto raccontarvi, sarà da me detto sì per parole da savi uomini udite, come per molte cose da me vedute e lette: non già perché per prova io ne abbia alcuna ragione. Ascoltatemi adunque. Così come la vera amicizia non può seguire che fra due, similmente il vero amore, che è specie di amicizia, non può più di due cuori incatenare, come fu bene detto nel principio di questo madrigale del nostro Lopez de Vega(76):

 

Però tutto quello che al presente mi son disposta raccontarvi, sarà da me detto sì per parole da savi uomini udite, come per molte cose da me vedute e lette: non già perché per prova io n'abbia alcuna ragione. Ascoltatemi adonque. Così come la vera amicizia non può seguire che fra due, similmente il vero amore, che è specie di amicizia, non può più di due cuori incatenare, come fu ben detto nel principio di questo madrigale.

Amare un solo amante è vero amore,

e d'alma gentil nasce:

Ma chi di più l'ingorda voglia pasce,

Quest'è lussuria poi, quest'è furore.

 

Amare un solo amante è vero amore,

E d'alma gentil nasce:

Ma chi di più l'ingorda voglia pasce,

Quest'è lussuria poi, quest'è furore.

 

E questo accade, perché in ogni sorte di cosa il sommo grado è solamente uno e però la virtù unita è sempre più perfetta e maggiore, che la disgiunta e disunita, non è, intanto che colui che ama più d'una persona (non intendendo però della benevolenza, né d'altre officiose operazioni) separa la virtù e non ama perfettamente. Da questo vero amore adunque nasce quel timore, invidia, odio, perturbazione o cura, come circonscrivendola la cominciò a nominare un gran poeta italiano(77) in un suo leggiadro sonetto, detta gelosia:

 

E questo accade, perché in ogni sorte di cosa il sommo grado è solamente uno e però la virtù unita è sempre più perfetta e maggiore, che la disgiunta e disunita non è, intanto, che colui che ama più d'una persona (non intendendo però della benivolenza, né d'altre officiose operazioni) separa la virtù e non ama perfettamente. Da questo vero amore adonque nasce quel timore, invidia, odio, perturbazione, o cura, come circonscrivendola la comiciò a nominare Monsignor della Casa in questo suo leggiadro sonetto, detta gelosia:

 

Cura, che di timor ti nutri, e cresci,

Et tosto fede a tuoi sospetti acquisti,

Et mentre colla fiamma il gelo mesci,

Tutto 'l regno d'amor turbi, e contristi.

Poi che in breve ora entro il mio dolce hai misti

Tutti gli amari tuoi, del mio cor esci:

Torna a Cocito, a lagrimosi, e tristi

Antri d'inferno, ivi a te stessa incresci.

Ivi senza riposo i giorni mena,

Senza sonno le notti, ivi ti duoli

Non men di dubbia, che di certa pena.

Vattene; a che più fiera, che non suoli,

Se 'l tuo venen m'è corso in ogni vena,

Con nuove Larve a me ritorni, e voli?

 

Cura, che di timor ti nutri e cresci,

Et tosto fede a tuoi sospetti acquisti,

Et mentre colla fiamma il gielo mesci,

Tutto 'l regno d'amor turbi e contristi.

Poi che 'n brev'ora entro 'l mio dolce hai misti

Tutti gli amari tuoi, del mio cor esci:

Torna a Cocito, a lagrimosi e tristi

Ghiacci d'inferno, ivi a te stessa incresci.

Ivi senza riposo i giorni mena,

Senza sonno le notti, ivi ti duoli

Non men di dubia, che di certa pena.

Vattene: a che più fiera, che non suoli,

Se 'l tuo venen m'è corso in ogni vena,

Con nuove Larve a me ritorni e voli?

 

La qual gelosia è stata nel mondo fra gli scrittori di diverse contese e differenze cagione: onde noi, lasciando ciascuno nella sua opinione, concluderemo dove è un grande amore, quivi ancora essere una gran gelosia, né potere essere amore, senza gelosia. E ben vero, ch'ella da principio, quando è una certa specie di timore, noi può sospingere ad opere lodevoli ed onorate: ed allora è buona, quanto, quando, dove, come e perché bisogna; ma confermata che s'è, diventa una così fiera passione, che non ad alzar noi, anzi a distrugger del tutto il nostro rivale ci sospinge.

La qual gelosia è stata nel mondo fra gli scrittori di diverse contese, differenze cagione: onde noi, lasciando ciascuno nella sua oppenione, concluderemo dove è un grande amore quivi ancora essere una gran gelosia, né potere essere amore senza gelosia. E' ben vero, che ella da principio, quando è una certa specie di timore, noi può sospingere ad opere lodevoli ed onorate: ed allora è buona, quanto, quando, dove, come e perché bisogna: ma confermata che s'è, diventa una così fiera passione, che non ad alzar noi, anzi a distrugger del tutto il nostro rivale ci sospinge.

Il che sarebbe forse stato di qualche scusa degno Flavio, se Anteo amante e non marito di Cleria fosse stato. Ma perché io non ho creduto mai che i mariti alli amanti delle mogli loro apportino alcuna gelosia, terremo ch'egli fosse un gran traditore e che avesse del suo fallo la codegna pena. Doppo questo, avendo egli detto le bugie di non aver provato amore e dato a conoscere a cui sapeva i suoi maneggi con questa sua scusa non domandata, sé esser manifestamente colpevole e ciò che lui diceva della gelosia saperlo tanto per prova, come per scienza, così seguitando disse:

 

 

Gelosia di marito cagiona un dolce inganno, che li fece la moglie.

 

 

Il che sarebbe forse stato di qualche scusa degno in Savinio, se Luccio amante e non marito di Clarice fosse stato. Ma perché io non ho creduto mai che i mariti alli amanti delle mogli loro apportino alcuna gelosia, terremo che egli fosse un gran traditore e che avesse del suo fallo la condegna pena. Doppo questo, avendo ella detto le bugie di non aver provato amore e dato a conoscere a cui sapea i suoi maneggi con questa sua scusa non domandata, sé esser manifestamente colpevole e ciò che lei dicea della gelosia, saperlo tanto per prova, come per scienza, così seguitando disse.

 

Odoardo famosissimo re di Aragona(78) ebbe moglie di eletta vaghezza, la quale nel venire a marito, fra l'altre donne menò seco una donzella figlia d'una sua balia a sé carissima, la quale era di pari fattezze tanto a lei consimile, che se fussero state d'uguali abiti vestite, con gran fatica si sarebbe potuto discernere chi fusse la regina. Ora non andò molto tempo (percioché amore senza altro rispetto ferisce il picciolo e 'l grande) che il re pose l'occhio adosso a costei e se ne innamorò di sorte che la moglie se n'accorse; onde divenne sì fattamente gelosa, che con quella diligenza guardava questa donzella, con la quale si sogliono guardare i morti corpi e perciò veniva tolto al re ogni comodità di tirare a segno le sue voglie.

Alonzo famosissimo re di Portogallo ebbe moglie di eletta vaghezza, la quale nel venire a marito, fra l'altre donne menò seco una donzella figlia d'una sua balia a sé carissima, la quale era di pari fattezze tanto a lei consimile, che se fussero state d'uguali abiti vestite, con gran fatica si sarè potuto discernere chi fusse la reina. Ora non andò molto tempo (percioché amore senza altro rispetto ferisce il picciolo e 'l grande) che il re pose l'occhio adosso a costei e se ne innamorò di sorte che la moglie se n'accorse, onde divenne sì fattamente gelosa, che con quella diligenza guardava questa donzella, con la quale si sogliano guardare i morti corpi e perciò veniva tolto al re ogni comodità di tirare a segno le sue voglie.

Nel qual tempo capitò quivi per sorte un nobilissimo giovane italiano, il quale per dare qualche conforto alle amorose passioni che per una bellissima giovane portava, s'era partito da casa sua per andare veggendo del mondo e nel navigare, come de' passeggieri è usanza, aveva fatto ogni suo pensiero manifesto al padrone della nave, che era un ricchissimo mercatante di Genova ispagnolito(79). Et avvenne che nel prender porto e ritrovandosi il re a passeggiare presso alla marina, come di nuove cose vago, fece venire a sé il padrone, domandandoli di dove venisse e che passeggieri e mercanzie avesse recato, il quale di tutto lo satisfece e tanto li pose in grazia questo giovane, ch'egli fattoselo venire davanti, li domandò del nome, della patria e d'altri particolari; indi al suo real palazzo ne lo mandò, dando ordine che fusse magnificamente adagiato ed intertenuto, come fu.

Nel qual tempo capitò quivi per sorte un nobilissimo giovane italiano, il quale per dar qualche conforto alle amorose passioni che per una bellissima giovane portava, s'era partito da casa sua per andar veggendo del mondo e nel navigare, come de' passeggieri è usanza, avea fatto ogni suo pensier manifesto al padron della nave, che era un ricchissimo mercadante di Lisbona. Et avvenne che nel prender porto, il re a passeggiando presso alla marina, come di nuove cose vago, fece venir a sé il padrone, domandandoli di dove venisse e che passeggieri e mercanzie avesse recato, il quale di tutto lo satisfece e tanto li pose in grazia questo giovane, che egli fattoselo venir davanti, li domandò del nome, della patria e d'altri particolari; indi al suo real palazzo ne lo mandò, dando ordine che fusse magnificamente adagiato ed intertenuto, come fu.

Dopo questo il re ogni dì andava ghiribizando sopra il fatto di costui: se per esser incognito alla regina e perciò non sospetto come gli altri uomini di corte e pratico ne' casi d'amore, potesse a questo suo male porgere qualche conforto. Ultimamente avendolo ben prima festeggiato e con doni e con offerte resoselo benevolo, in luogo secreto ridottolo, così li prese a dire:

Doppo questo il re ogni dì andava ghiribizando sopra il fatto di costui: se, per essere incognito alla reina e perciò non sospetto come gli altri uomini di corte e pratico ne' casi d'amore, potesse a questo suo male porger qualche conforto. Ultimamente avendolo ben prima festeggiato e con doni e con offerte resoselo benevolo, in luogo secreto ridottolo, così li prese a dire:

- Per avere udito dal padrone della nave che nel nostro regno ti condusse, come sei nobile e virtuoso e che non altra cosa è cagione del tuo andare errando, che amore, abbiamo preso fiducia di conferirti alcune cose per i nostri affari di grandissimo peso, con pensiero che se con la tua speranza ci potessi porgere alcun rimedio, farlo debbi: dove che noi a maggior cose per te solleciti e desti ci offeriamo. Sappi adunque nobilissimo giovane, che se ben gli affanni nostri sono differenti, nondimeno solo una è la fiamma: percioché noi amiamo una vaga donzella con tutto il cuore, ma la nostra gelosa moglie così ci stimula, che né con parole, né con fatti potiamo dare compimento a' nostri desiri.

- Per avere udito dal padron della nave che nel nostro regno ti condusse, come sei nobile e virtuoso e che non altra cosa è cagione del tuo andare errando, che amore, abbiamo preso fidanza di conferirti alcune cose per i nostri affari di grandissimo peso, con pensiero che se con la tua speranza ci potessi porgere alcun rimedio, far lo debbi: dove che noi a maggior cose per te solleciti e desti ci offeriamo. Sappi adonque amantissimo giovane, che se ben gli affanni nostri son differenti, nondimeno sol una è la fiamma: percioché noi amiamo una vaga donzella con tutto il cuore, ma la nostra gelosa moglie così ci stimula, che né con parole, né con fatti potiamo dare compimento ai nostri disii.

Né a noi è disdicevol cosa valersi della autorità, per il rispetto che si dee alle sante leggi del matrimonio e perché a noi solamente s'appartiene operare quelle cose che d'un principe sono degne ed avere riguardo alla dignità nostra, quanto alla propria vita, essendo che il principe deve essere prima buono, poscia deve operare che i sudditi vivino rettamente. E questo è a noi ancora di fare particolarmente necessario, percioché la nostra gelosa moglie non sarebbe di quella costanza che fu la terza Emilia co 'l primo Scipione. Nondimeno perché crediamo questa nostra fiamma nella giovinezza esser più d'ogni altra iscusabile, abbiamo preso sicurtà di conferirti il nostro secreto, con animo che ci devi esser leale e fedele e che qualche aiuto o consiglio ci presti.

Né a noi è disdicevol cosa valersi della autorità, per il rispetto che si dee alle sante leggi del matrimonio e perché a noi solamente s'appartiene operare quelle cose che d'un principe son degne ed aver riguardo alla dignità nostra, quanto alla propria vita: essendo che il principe deve esser prima buono, poscia deve operare che i sudditi vivino rettamente. E questo è a noi ancora di fare particularmente necessario: percioché la nostra gelosa moglie non sarè di quella costanza che fu la terza Emilia co 'l primo Scipione. Nondimeno perché crediamo questa nostra fiamma nella giovinezza esser più d'ogni altra scusabile, abbiamo preso sicurtà di conferirti il nostro secreto, con animo che ci devi esser leale e fedele e che qualche aiuto, o consiglio ci presti.

Figni adunque ogni arte, purché commoda sia a conseguire il nostro intento e di ciò più pietà che maraviglia ti prenda: perché giovani siamo ed essendo l'amore una certa virtù, la quale a noi è dato eleggerla, né poterla schivare, quanto a quella prima compiacenza, tanta forza ha avuto la vaga bellezza di costei, che lasciato la ragione da parte (il che non si può dire senza rossore) amore ci alletta per adesso a così fare.

Finge adonque ogni arte, purché commoda sia a conseguire il nostro intento e di ciò più pietà che mareviglia ti prenda: perché gioveni siamo e per una certa inclinazione nati soggetti a' corpi superiori: e sendo l'amore una certa virtù, la quale né a noi è dato eleggerla, né poterla schivare, quanto a quella prima complacenza e tanta forza ha avuto la vaga bellezza di costei, che lasciato la ragione da parte (il che non si può dire senza rossore) amore ci alletta per adesso a così fare.

Udito il giovane la real proposta, da una parte per bene avventurato si tenne, avendo nei suoi mali un simil uomo per compagno, il quale uscito de' gangheri, senza conoscerlo appena, come se fusse indovino, gli avesse fatto una simil richiesta. Dall'altra poi discorrendo meglio, li parve la pratica dubbiosa e perigliosa non poco, per ritrovarsi egli in paesi così lontani e senza auttorità. Et avvenga che il contradire li paresse sconvenevole, essendoli per le sue cortesie ubbligato e 'l dar di mano all'opera, cosa poco di sé degna, in offesa di Dio e d'acquistarne biasimo e forse danno: nondimeno con quel miglior consiglio che fra dubbiosi pensieri seppe porgere a se stesso, al re rispose:

Udito il giovane la real proposta, da una parte per bene avventurato si tenne, avendo nei suoi mali un simil uomo per compagno, il quale uscito de' gangheri, senza conoscerlo appena, come se fusse indovino, gli avesse fatto una simil richiesta. Dall'altra poi discorrendo meglio, li parve la pratica dubbiosa e perigliosa, per ritrovarsi egli in paesi così lontani e senza autorità. Et avvenga che il contradire li paresse sconvenevole essendoli per le sue cortesie ubligato e 'l dar di mano all'opera cosa poco di sé degna, in offesa di Dio e d'acquistarne biasimo e forse danno: nondimeno con quel miglior consiglio che fra dubiosi pensieri seppe porgere a se stesso, al re rispose:

- Poscia che questa pratica, oh sire, altro non richiede che con qualche menzogna velar gli occhi della regina, tanto che potiate al vostro desio satisfare, ancorché poco convenga a persona come sono io nobilmente nata e nutrita, interpor l'opera sua in cosa fuor del giusto fra marito e moglie; tuttavia perché non abbiate cagione di riputarmi ingrato e per render quella ricompensa al liberale e grato proceder che meco usato avete, la qual più dalla fortuna, che dal dovere, m'è concessa, sono contento di accettare questo carico e sforzarmi quanto per me sarà possibile di satisfarvi.

- Poscia che questa pratica, oh sire altro non richiede che con qualche menzogna velar gli occhi della reina tanto che potiate al vostro disio satisfare, ancorché poco convenga a persona come son io nobilmente nata e nutrita, interpor l'opera sua in cosa fuor del giusto fra marito e moglie; tuttavia perché non abbiate cagione di riputarmi ingrato e per render quella ricompensa al liberale e grato proceder che meco usato avete, la qual più dalla fortuna, che dal dovere m'è concessa, son contento di accettare questo carico e sforzarmi quanto per me sarà possibile di satisfarvi.

Ma a voler dar principio all'opera è necessario ch'io abbia comodità di ragionare con la regina, perché come io mi sia assicurato con lei, anderò provedendo al rimanente. Finga dunque vostra maestà di cavalcare di qua lontano ed a lei mi lasci in cura strettamente raccomandato.

Ma a voler dar principio all'opera è necessario ch'i abbia comodità di ragionare con la reina, perché come io mi sia assicurato con lei, anderò provedendo a' rimanenti. Finga adonque vostra maestà di cavalcare di qua lontano ed a lei mi lasci in cura strettamente raccomandato.

Non spiacque un tal principio al re, onde alle cose ragionate diede con subita prestezza ordine e modo; però poco da poi eccoti che la regina orrevolmente accompagnata fece il giovane venire a sé e doppo alcuni acconci ragionamenti seco lo condusse sopra di un balcone e quivi a sedere postasi (stando in disparte tutta la compagnia) gli addimandò come fusse quivi capitato. Questa dimanda parve al giovane occasione molto lecita ed opportuna al suo disegno, però le incominciò a raccontare il suo travagliato amore e finalmente le concluse che per gelosia era a cattivo termine condotto. A questa parola la regina mandò fuori un profondo sospiro ed egli pur seguitando disse:

Non spiacque un tal principio al re, onde alle cose ragionate diede con subita prestezza ordine e modo; però poco da poi eccoti che la reina orrevolmente accompagnata fece il giovane venire a sé e doppo alcuni acconci ragionamenti seco lo condusse sopra di un balcone e quivi a seder postasi (stando in disparte tutta la compagnia) gli addomandò come fusse quivi capitato. Questa domanda parve al giovane occasione molto lecita ed opportuna al suo disegno; però le incominciò a raccontare il suo travagliato amore e finalmente le concluse che per gelosia era a cattivo termine condotto. A questa parola la reina mandò fuore un profondo sospiro ed egli pur seguitando disse:

- Et s'io non medicavo questa infirmità di gelosia, ero morto al sicuro.

Allora ella con più sereno volto disse:

- Se brami che Iddio sano e salvo alla desiderata patria ti conduca, insegnami in che guisa facesti a medicare questa incurabile piaga: non mel negare ti prego.

Et detto questo alla libera gli raccontò tutti gli affanni che per cagione di questa sua donzella co 'l marito sofferiva: laonde parendo al giovane la via oggimai nel parlare sicura, soprastato alquanto, così disse:

E s'io non medicava questa infirmità di gelosia era morto al sicuro.

Allora ella con più sereno volto li disse:

- Se brami che Iddio sano e salvo alla desiderata patria ti conduca, insegnami in che guisa facesti a medicare questa incurabil piaga: non mel negare ti prego.

E detto questo alla libera gli raccontò tutti gli affanni che per cagione di questa sua donzella co 'l marito soffriva: laonde parendo al giovine la via oggimai nel parlare secura, soprastato alquanto così disse:

- La medicina so troppo io ben fare, serenissima regina, purché a voi dia il cuore di secreto tenere ciò ch'io vi ragionerò.

Non rimase allora alcuna beatitudine in cielo, che ella non imprecasse giurandogli la sua fede di secreto tenerlo e di convenevolmente riservire tanta gratitudine usatale in così fatto bisogno; onde egli così seguitò:

- La medicina so io troppo ben fare serenissima reina, purché a voi dia il cuore di secreto tenere ciò ch'i vi ragionerò.

Non rimase allora alcuna beatitudine in cielo, che ella non imprecasse giurandogli la sua fede di secreto tenerlo e di convenevolmente riservire tanta gratitudine usatale in così fatta bisogna: onde egli così seguitò:

- Io vi prometto un odio tale fra il re e questa donzella, che mai vivi, né morti saranno amici.

- Io vi prometto seminare un odio tale fra il re e questa donzella, che mai vivi né morti saranno amici, ma a voler far questo è necessario che ella mi dia aiuto in una camera ben serrata, a lume di lucerna, quattro ore del dì sina nove giorni a fabricar una imagine, la qual io comporrò di cera bianca, mirra, oro, incenso e altre erbe colte a luna crescente, sendo Venere in congiunzione, dove lei da per sé sola in detta camera, avendole dato il modo, delle cose misturate farà la immagine a nome del re, il cui cuore trapasserò io poscia con uno acuto coltello, aggiungendovi altre mie carrattere e secreti scongiuri in guisa che la virtù di queste cose porrà fra di loro odio sempiterno.

Credette per allora la regina alla falsa promessa, essendoché ciascuno suol dar facilmente credenza a quello che li va per l'animo e li diletta; però fermarono l'ordine che quel giorno ch'ella andasse a caccia co 'l marito, egli dovesse attendere alla promessa e doppo tolto partenza se n'andarono alle stanze loro.

Credette per allora la reina alla falsa promessa: essendoché ciascuno suol dar facilmente credenza a quello che li va per l'animo e li diletta; però fermarono l'ordine che quel giorno che ella andasse a caccia co 'l marito egli dovesse dare a questa donzella il modo in una deputata camera da incominciar la immagine; e doppo tolto partenza se n'andarono alle stanze.

Ritornato il re, il giovane il tutto con l'ordinata caccia gli raccontò, la qual cosa egli udita, cadde in tanta allegrezza, che fu per smascellar dalle risa; onde fu determinato fra loro questo andare a caccia esser rimedio molto opportuno, percioché il re potrebbe facilmente lasciar ne' boschi la compagnia e d'altro abito vestito tornarsene a casa e per uno uscetto dietro al palagio andarsene nell'ordinata camera e quivi dar principio e forse fine a' suoi amori.

Ritornato il re, il giovane il tutto con l'ordinata caccia gli raccontò, la qual cosa egli udita, cadde in tanta allegrezza, che fu per smascellar delle risa; onde fu determinato fra loro questo andare a caccia esser rimedio molto opportuno; percioché il re potrebbe facilmente lasciar ne' boschi la compagnia e d'altro abito vestito tornarsene a casa e per uno uscetto dietro al palagio andarsene nell'ordinata camera e quivi dar principio e forse fine a una immagine incarnata.

Ma di lì a poco la regina più minutamente considerando la benivolenza che il re portava a questo giovane e la loro stretta conversazione, cominciò fra se stessa a dubitare; e varie cose ravvolgendosi per la mente, in questo parere s'attenne, di mandare questa donzella di volto ed età simile a sé, vestita de' suoi panni co 'l marito a caccia e d'ogni suo particular pensiero appieno informarla e sé vestita de' panni della donzella adoperarsi nella fabrica di sradicare la gelosia conceputa, per assicurarsi ogni inganno e vedere onde questa pratica potesse riuscire.

Ma di lì a poco la reina più minutamente considerando la benivolenza che il re portava a questo giovane e la lor stretta conversazione, cominciò fra se stessa a dubitare; e varie cose ravvolgendosi per la mente, in questo parer s'attenne, di mandare questa donzella di volto e di età simile a sé, vestita de' suoi panni co 'l marito a caccia e d'ogni suo particular pensiero appieno informarla e sé vestita de' panni della donzella adoperarsi nella fabrica della immagine, per assicurarsi ogni inganno e vedere onde questa pratica potesse riuscire.

Venuto finalmente il disegnato giorno fra il re e la reina di andare a caccia e da amendue desiderato, ella vestita la donzella da regina ne la mandò con il marito e sé vestita da donzella, tutta vergognosetta dimostrandosi, dovendo intervenirsi con un giovine forestiero, si diede all'opera della data promessa. Agevolò ancora la fortuna il desiderio del re con una spessa e repentina pioggia, onde essendosi gli uni dagli altri allontanati, egli più facilmente potette nascondersi e d'altro abito vestito ritornatosene nella città, come fece e di quivi per camino ordinato, tutto ansioso e col cuore palpitante nella camera pervenne, dove non prima fu dalla moglie veduto, che conosciuto lo inganno, ammorzò la lume e fece sembiante di voler fuggire. Ma il re in un tratto la giunse e recatolasi in braccio ed anima mia dicendole, la baciò carezzandola con i più dolci e graziosi modi del mondo.

Venuto finalmente il disegnato giorno fra il re e la reina di andare a caccia e da amendue desiderato ella vestita la donzella da reina ne la mandò con il marito e sé vestita da donzella, tutta vergognosetta dimostrandosi, dovendo intervenirsi con un giovin forestiero, si diede all'opera della immagine. Agevolò ancora la fortuna il desiderio del re con una spessa e repentina pioggia, onde essendosi gli uni dagli altri allontanati egli più facilmente potette nascondersi e d'altro abito vestito ritornarsene nella città, come fece e di quivi per camino ordnato, tutto ansioso e col cuor palpitante nella camera pervenne. Dove non prima fu dalla moglie veduto, che conosciuto lo inganno, ammorzò la lume e fece sembiante di voler fuggire. Ma il re in un tratto la giunse e recatolasi in braccio ed anima mia dicendole, la basciò carezzandola con i più dolci e graziosi modi del mondo.

Finalmente scoppiando ella nel cuore delle risa, poscia che si fu lasciata pregare e ripregare, tenendola tuttavia il marito abbracciata, facendo vista di non avvedersene, tutta salvatichetta, andava pur oltre in contegno, tanto che giunse al letto e quivi accomodossi al voler del marito, il quale si portò seco da valoroso cavalliere, credendosi por la vigna nell'altrui terreno, ma la pose e la innaffiò nel suo. Indi parendole per questa fiata aver fatto abbastanza, volle prender licenza, ma la moglie avvinciatoli le braccia al collo e con gli usati modi fattolo certo dello inganno, così li prese a dire:

Finalmente scoppiando ella nel cuore delle risa, poscia che si fu lasciata pregare e ripregare, tenendola tuttavia il marito abracciata, facendo vista di non vedersene, tutta salvatichetta, andava pur oltre in contegno, tanto che giunse al letto e quivi accomodossi al voler del marito, il qual si portò seco da valoroso cavalliere, credendosi por la vigna nell'altrui terreno, ma la pose e la innaffiò nel suo. Indi parendole per questa fiata aver fatto abbastanza, volle prender licenza; ma la moglie avvinciatoli le braccia al collo e con gli usati modi fattolo certo dello inganno, così li prese a dire:

- Bella per certo e lodevole cosa d'un re giustissimo e volendo più oltre seguire, egli tutto affrontato per la novità della cosa, fu per sfinir di vergogna, la quale come che lo trafiggesse sul vivo, nondimeno fatto buon animo, doppo un veloce discorso interrompendola le disse. Non più moglie mia ti prego, non più, perché hai ragione d'avvantaggio e tu sola sei stata molto più avvertita e scaltra, che noi stati non siamo: però poiché il caso è qui, non se ne parli più, ti prego, perché mai avrai occasione di dolerti di me.

- Bella per certo e lodevol cosa d'un re giustissimo e volendo più oltre seguire egli tutto affrontato per la novità della cosa, fu per sfinir di vergogna, la quale come che lo trafiggesse sul vivo, nondimeno fatto buon animo, doppo un veloce discorso interrompendola le disse. Non più moglie mia ti prego, non più, perché hai ragion d'avvantaggio e tu sola sei stata molto più avvertita e scaltra, che noi stati non siamo: però poiché il caso è qui, non se ne parli più, ti prego, perché mai più la mia dolce consorte, son solamente per pensare una simil cosa contra di te.

Indi chiamato il giovine forestiero, fecero insieme le maggior risa del mondo ed alla donzella subito diedero onorevole marito; e così fra costoro fu verificato quel proverbio che dir si suole: "Dio ci mandi male, che ben ci metta".

Qui avendo fatto fine Don Pietro al suo piacevole ragionamento, senza ritornare i cacciatori nella città per esser cosa da presupporsela, don Figueroa(80), a cui toccava per ultimo di ragionare, fatto silenzio, in questa guisa spiegò le sue parole:

Indi chiamato il giovine forestiero, fecero insieme le maggior risa del mondo ed alla donzella subito diedero orrevol marito e così fra costoro fu verificato quel proverbio che dir si suole: "Dio ci mandi male, che ben ci metta".

Qui avendo fatto fine Laura al suo piacevol ragionamento, senza ritornare i cacciatori nella città, per esser cosa da presupporsela, messer Agniolo a cui per la parte degli uomini toccava il primo carico di ragionare, fatto silenzio, in questa guisa spiegò le cui parole.

I ragionamenti di questi virtuosi hidalghi(81) (cagionati dalla signora Giustina), nobilissimi uditori, sono stati in guisa che facilmente potiamo comprendere quanta prudenza e quanto valore alberghi ne' loro petti preclari; e sono stati tali, che se non gli avessimo uditi, mal agevolmente da noi si crederebbero(82). Però, posciaché siamo stati prevenuti da' loro nobili pensieri, sarà bene che rivolgiamo i nostri propositi altrove, per concedergli tutta la meritata lode, la quale si hanno guadagnata valorosamente.

I ragionamenti di queste magnifiche madonne, nobilissimi uditori, sono stati in guisa che facilmente potiamo comprendere quanta prudenza e quanto valore alberghi nei loro petti preclari: anzi sono stati tali, che se non gli avessemo uditi, mal agevolmente da noi si crederebbero, avendo elleno ragionato di circuli, di centri, di specie e di intelletti non altrimenti, che se fra gli ottimi filosofi, si fussero negli studi publici essercitate. Però, posciaché siamo stati prevenuti da loro sarà bene che rivolgiamo i nostri propositi altrove, per concedergli tutta la meritata lode, la quale si hanno guadagnata valorosamente, a ciò da noi sospinte, perché non si può credere altrimenti, se non che abbino avuto piena contezza dei ragionamenti avuti fra di noi questa passata notte circa della loro perfezione, oltra che sono state ancora aitate dalla sorte nello uscire dal vaso. Questa agevolezza nondimeno ci hanno pur fatta, che se diceano di esser da più di noi, come non hanno detto era forza sopportarlasi, come disse quel gentiluomo fiorentino, a certiuni in mercato vecchio, perché se la rideano sendo del mese di maggio, avendo egli fatto una zampogna a uno suo figliuolino, accioché sonando non gli desse impaccio datorno al mantello: non ridete amici, perché se ei la dava a me che io fussi primo a sonarla era forza di aver pazienza e contentarlo.

Infine sommamente mi piace, ovunque uomini virtuosi si ritrovino, veder loro spendere il tempo in onesto e virtuoso solazzo, il che riuscirà sempre a ciascheduno che abbia fatto buon principio in guisa che si contenti dello stato suo, facendo di ciò giudice lo animo stesso e non il parlare degli uomini: percioché a molti è accaduto che non contenti dello stato proprio, allettati dall'ambizione, peste dell'universo, come che non abbino saputo reggersi virtuosamente, si sono precipitati insieme coi posteri loro.

Laonde sommamente mi piace, ovunque uomini si ritrovino, veder loro spendere il tempo in onesto e virtuoso solazzo, il che riuscirà sempre a ciascuno che abbia fatto buon principio in guisa che si contenti dello stato suo, facendo di ciò giudice lo animo stesso e non il parlare degli uomini: percioché a di molti è accaduto che non contenti dello stato proprio, allettati dalla ambizione, peste dell'universo, non che abbino saputo reggersi virtuosamente, si sono precipitati coi posteri loro.

La quale ambizione, oggi più che mai fusse, tiene il primo grado fra gli uomini ed in tanto colmo che genera odi mortali e corrompe ogni costume onesto, oltre che ella è radice della superbia, peccato sopra tutti gli altri peccati e finalmente altro non apporta che danno all'anima ed al corpo parimente: conciosiaché per questa ambizione il povero gentiluomo, credendo di mantenere l'onore della stirpe, stende le spese sue più là che 'l termine suo non comporta, onde non solamente non lo mantiene, ma lo deteriora del tutto conducendosi poverissimo.

La quale ambizione, oggi più che mai fusse, tiene il primo grado fra gli uomini, intanto che genera odi mortali e corrompe ogni costume onesto, oltra che ella è radice della superbia, peccato sopra gli altri e finalmente altro non apporta che danno all'anima ed al corpo parimente: conciosiaché per questa ambizione il povero gentiluomo, credendo di mantenere lo onore della stirpe, stende le spese sue più là che 'l termine, onde non solamente non lo mantiene, ma lo deteriora del tutto conducendo poverissimo.

Per questa i giovanetti d'oggidì vogliono il primo luogo ed i primi onori fra gli uomini di provetta etade. Per questa si affogano gran parte delle povere figliuole nel maritarsi, le quali forza è che toglino i mariti che hanno da godere a voglia dei parenti, i quali li danno loro come possono per mantenere il grado e purché siano(83) uomini di veste lunga chiudendo gli occhi, con grave oltraggio delle miserelle: che maledetta sia questa ambizione e benedetti sieno i tempi dei nostri padri e dei nostri avi, nei quali un mantel puro fino a' piedi rappresentava la maestà di ogni grande senatore e maritavansi le figlie con poche dote, senza fare tanta eccezione di persone.

Per questa i giovanetti d'oggidì vogliano il primo luogo e i primi onori fra gli uomini di provetta etade. Per questa se affogano gran parte delle povere figliuole nel maritarsi, le quali forza è che toglino i mariti che hanno da godere a voglia dei parenti, i quali li danno loro come possano per mantenere il grado e purché siano uomini di robba lunga chiudeno gli occhi, con grave oltraggio delle miserelle: che maledetta sia questa ambizione e benedetti sieno i tempi dei nostri padri e dei nostri avi, nei quali un mantel puro sino a' piedi rappresentava la maestà di ogni grande senatore e maritavansi le figlie con poche dotte, senza far tanta eccezione di persone.

Né si stracciavano tanti drappi di seta, né si tenevano tanti cavalli, cocchi, paggi, camarieri e servidori, né si viveva così lautamente; onde ho più fiate sentito dire a mio padre, che la prima famiglia di Spagna(84) desinava la mattina con una minestra ed un ravaniglio per ciascuno, senza tante sorti di cibi ed altre imbandigioni e nondimeno erano quei medesimi e ne' medesimi onori: percioché chi vuole esser uomo dabbene, bisogna che sia parco, non stando la virtù e la bontà nell'ambizione del mangiare e bere e negli abiti superbi e sontuosi.

Né si stracciavano tanti drappi di seta, né si tenevano tanti cavalli, cocchi e servidori, né si vivea così grassamente; onde ho più fiate sentito dire a mio padre, che la prima famiglia di Siena desinava il venardì mattina con una minestra di cavoli e una coppia di vuove affogate per ciascuno, senza tante sorti di pesci ed altre imbandigioni e la vegnente domenica nondimeno erano quei medesimi e ne' medesimi onori: percioché cui vuole essere uomo dabene bisogna che sia, non stando la virtù e la bontà nell'ambizione del mangiare e bere e negli abiti superbi e sontuosi.

Laonde mi ricordo d'aver letto d'un nobilissimo e ricchissimo cavalliere che servando la modestia e sobrietà di quel tempo, si contentava d'una cinta di cuoio senza tanti ori e ricami e d'altri che andavano vestiti di pelli e le mogli loro contenendosi nello essercizio del filare, non erano lasciate andare vagando, né sole ne' letti da' mariti, per andare in Francia o in altro luogo più lontano, ma cantando addormentavano i loro piccioli figliuoli e leggendo le vite de' santi o altre storie, le raccontavano a certi tempi poscia alla famiglia, per tenerla desta ed in opera.

Laonde mi ricordo d'aver letto d'un messer Bellincion Berti e ricchissimo cavalliere, che servando la modestia e sobrietà di quel tempo, si contentava d'una cinta di cuoio sopra la vesta, con una fibbia d'osso a guisa dei frati eremitani: e d'altri simili, che andavano vestiti di pelli di camozze e le mogli loro contenendosi nello essercizio del filare, non erano lasciate sole ne' letti dai mariti, per andare in Francia, o in altro luogo più lontano per cupidigia di guadagno: ma cantando addormentavano i lor piccioli figliuoli e leggendo le vite dei santi, o altre sorte, le raccontavano a certi tempi poscia alla famiglia, per tenerla desta e in opera.

Et io, che non sono però vecchio, senza altri essempi, mi ricordo di questo modo di vivere fortunato e felice, lontano dall'ambizione de' nostri tempi, la quale è così inutile e dannosa, che hanno perduto il proprio per ricercarla, sì come a un bottegaro intervenne nella città di Roma, di cui al presente una piacevol burla voglio narrarvi.

 

 

Chi cerca ingannar resta ingannato.

 

 

Et io, che non sono però vecchio, senza altri essempi, mi ricordo di questo modo di viver fortunato e felice, lontano dalla ambizione de' nostri tempi, la qual è così inutile e dannosa, che hanno perduto il proprio per ricercarla, sì come a un bottegaro intervenne nella città di Roma, di cui al presente una piacevol burla voglio narrarvi.

 

Fu adunque non è molto tempo un Cola Antonio da Suriento(85), il quale tutto il tempo di sua vita aveva speso ed appreso con diversi modi ad ingannare questo e quello ed essendosi un giorno partito da Suriento se ne venne a Napoli, dove s'avvisò voler comporre una delle sue gherminelle la più astuta del mondo. Era venuto in cognizione d'uno Pietro toscano(86), che quivi abitava, sendosi di già disposto a venire a Roma, cercò d'avere una lettera da costui in sua raccomandazione a Bazio speziale(87) suo fratello, il quale avendo moglie e figliuoli, del suo essercizio e de' beni da suo padre lasciatoli agiatamente viveva: della quale Pietro li fu cortese.

Fu adunque non è molto tempo uno Antonio da Salerno, il quale tutto il tempo di sua vita avea speso ed appreso con diversi modi ad ingannare questo e quello ed essendosi un giorno partito da Salerno se ne venne a Napoli, dove s'avvisò voler comporre una delle sue gherminelle la più astuta del mondo. Era venuto in cognizione d'uno Agniolo romano, che quivi abitava, sendosi di già disposto a venire a Roma, cercò d'avere una lettera da costui in sua raccomandazione a Luca sellaro suo fratello, il quale avendo moglie e figliuoli, del suo essercizio e de' beni da suo padre lasciatoli agiatamente vivea: della quale Agniolo li fu cortese.

Avuta questa lettera Cola Antonio, si pose la via fra piedi e come fu vicino a Roma aperse essa lettera e ritrovatola non di quello inchiostro ch'egli averebbe voluto, come quegli che eziandio era valente in contrafare ogni sorte di lettera, per partito prese di una scriverne a suo modo come fece e fu di questo tenore:

Avuta questa lettera Antonio, si pose la via fra piedi e come fu vicino a Roma aperse essa lettera e ritrovatola non di quello inchiostro, che egli avrebbe voluto, come quegli che eziandio era valente in contrafarre ogni sorte di lettera, per partito prese di una scriverne a suo modo come fece e fu di questo tenore:

Bazio fratello, verrà costì questo principe mio padrone, il quale per sue importantissime bisogne se ne va sconosciuto in Francia ed è un gran signore(88), ricco di molti contadi, marchesati ed altri titoli opulenti di rendite nel Milanese, in Francia ed in altri luoghi; però abbi cura di tenerlo secreto e di farli tutto l'onore che puoi albergandolo in casa tua, con due servidori ch'egli ha solamente seco, avvisandoti che lui è per dimorare in Roma per qualche giorno, onde avendogli io detto che il tuo figlio Lorenzo(89) è nell'età d'anni sedeci (percioché ha alloggiato meco da quindici giorni), mi ha promesso di volergli rinunziare un buon contado(90): onde se tu dovessi vendere quanto ti ritrovi per farli onore, fallo, perché ora è giunto il tempo di gettare un pesciolino per prendere un luccio.

Luca fratello, verrà costì questo monsignor mio padrone, il quale per sue importantissime bisogne se ne va sconosciuto in Francia ed è un gran prelato e ricco di molti benefici, prepositure, canonicati e badie, nel cremonese, in Avignone ed in altri luoghi, però abbi cura di tenerlo secreto e di farli tutto l'onore che puoi, ritirandolo in casa tua, con due servidori, che egli ha solamente seco, avvisandoti che lui è per dimorare in Roma per qualche giorno, onde avendogli io detto che il tuo figlio Marcantonio è nell'età d'anni sedeci (percioché ha alloggiato meco da quindici giorni), me ha promesso di volerli rinunziare un buon beneficio: onde se tu dovessi vendere quanto ti ritrovi per farli onore, fallo, perché ora è gionto il tempo di gettare una sardella per prendere un luccio.

Composta per il falso retorico la colorata lettera se ne venne addirittura in piazza Giudea e quivi venduto un suo vestito di poco pregio, comperò una sottilissima camicia e postosela indosso, sulla mezza ora di notte ritrovò la stanza di Bazio e lui insiememente che in casa dimorava; a cui ebbe appena dato la bugiarda lettera, che con sembiante tutto mesto li disse sé essere stato assassinato per camino ed esserli stati uccisi due servidori, perché vollero far difesa, vicino a Velleri(91).

Composta per il falso retorico la colorata lettera se ne venne addirittura in piazza Giudea e quivi venduto un suo vestito di poco pregio, comperò una sottilissima camicia e postosela indosso, sulla mezza ora di notte ritrovò la stanza di Luca e lui insiememente, che in casa dimorava; a cui ebbe appena dato la bugiarda lettera, che con sembiante tutto mesto li disse sé essere stato assassinato per camino ed esserli stati uccisi due servidori, perché vollero far difesa, vicino a Cisterna, castello del signore Sermoneta.

Per la qual cosa Bazio appieno informato dalla lettera di conforme mano e dalla lingua di costui, subito, come non contento dello stato proprio, pensando all'ufficio della carità verso il prossimo ed a poter salire un grado più alto nelle cose del mondo, tutto dimostrandosi pietoso, così li prese a dire:

Per la qual cosa Luca appieno informato dalla lettera di conforme mano e dalla lingua di costui, subito, come non contento dello stato proprio, pensando non all'ufficio della carità verso il prossimo, ma a poter salire un grado più alto nelle cose del mondo, tutto dimostrandosi pietoso, così li prese a dire:

- Principe mio, voi siate il benvenuto.

Et egli a queste parole subito disse:

- Non mi chiamate principe vi prego, per buon rispetto, ma Urbano(92), che tale è il nome mio.

La qual cosa non era altro che voler dire esser un principe così chiamato, il quale di certo tempo avanti si era fuggito senza sapere dove si fusse andato: per il qual nome lo speziale ringagliardito, seguendo disse:

- Monsignor mio, voi siate il benvenuto.

Et egli a queste parole subito:

- Nnon mi chiamate (disse) monsignore vi prego, per buon rispetto, ma Adriano, che tale è il nome mio.

La qual cosa non era altro che voler dire, sé essere il cardinale Adriano, il quale di certo tempo avanti si era fuggito senza sapere dove si fusse andato: per il qual nome il sellaro ringagliardito, seguendo disse:

- Messer Urbano, poiché vi siete degnato di venire a casa d'un amico e servidore vostro, tenete per fermo che la persona mia e le mie facultà, benché picciole, sieno per essere del tutto a' vostri piaceri, purché di accettarle vi piaccia. Mi sa ben male di non essere in quello acconcio, che io mi ritrovava innanzi al sacco di questa città, perché più agiatamente, sì come meritate, vi riposereste: nondimeno se con gli effetti non potrò dimostrarvi il buon volere, accetterete la prontezza dell'animo, il quale altro non brama che potervi satisfare e servirvi.

- Messer Adriano, poiché vi siete degnato di venire a casa d'un amico e servidore vostro, tenete per fermo che la persona mia e le mie facultà, benché picciole, sieno per esser del tutto ai vostri piaceri, purché di accettarle vi piaccia. Mi sa ben male di non essere in quello acconcio, ch'i mi ritrovava innanzi al sacco di questa città, perché più agiatamente, sì come meritate, vi riposereste: nondimeno se con gli effetti non potrò dimostrarvi il buon volere, accetterete la prontezza dello animo, il quale altro non brama che potervi satisfare.

Poscia che Bazio fu dal principe delle amorevoli offerte ringraziato, a Lucia(93) sua moglie fece apprestar da cena, dopo la quale ella pose in assetto un sontuosissimo letto ed un bagnuolo di greco e liscia, con salvia, rosmarino ed altre erbuccie odorifere da confortare i piedi al principe, il quale come che si fu lasciato lavare con gravità, se ne entrò nel letto. Ma la vegnente mattina lo speziale più tondo che acuto, se ne andò a un fondaco di drapperia e chiamato un sartore comperò a danari contanti otto canne di veluto per vestire il principe e rascia fiorentina per farle un mantello.

Poscia che Luca fu da monsignore delle amorevoli offerte ringraziato, a Catella sua moglie fece apprestar da cena, doppo la quale ella pose in assetto un sontuosissimo letto ed un bagnuolo di greco e liscia, con salvia, rosmarino ed altre erbuccie odorifere da confortare i piedi a monsignor, il quale come che si fu lasciato lavare da Marcantonio, se ne entrò nel letto. Ma la vegnente mattina il sellaro più tondo che acuto se ne andò a un fondaco di drapperia e chiamato un sartore levò a danar contanti otto canne di paonazzo per fare una sottana e un mantello a monsignor de' barri.

Indi parendoli che il letto li potesse parer duro, tolse a nolo due matarazzi di bambagia, con un cortinaggio ed altri abbigliamenti, tappezzarie e profumi: delle quai cose fu la camera del principe guarnita ed adornata come se fusse un principe da dovero. Similmente lo servirono ed onorarono con tutte quelle sorti di delicati cibi che alle mense de' principi si costumano, percioché sendo del mese di settembre, le vivande erano beccafichi, pollastri, piccioni, pappardelle, sapori d'ogni maniera, torte di diverse sorti ed altri manicaretti delicati, infino al cotognato dopo pasto per rendere il corpo più lubrico e lo stuzzicadente coperto per tema che le mosche non lo si mangiassero.

Indi parendoli che il letto li potesse parer duro, tolse a nolo due matarazze di bambagia, con un cortinaggio ed altre lingerie, tappezzarie e profumi: delle quai cose fu la camera di monsignor guarnita et adornata come se fusse un cardinal da dovero. Similmente lo servirono ed onorarono con tutte quelle sorti di delicati cibi che alle mense de' cardinali si costumano, percioché sendo del mese di settembre, le vivande erano beccafichi, pollastri, piccioni, mongare, pappardelle, sapori d'ogni maniera, torte di diverse sorti ed altri manicaretti delicati, infino al cotognato doppo pasto per rendere il corpo più lubrico e lo stuzzicadente coperto per tema non le mosche lo si mangiassero.

Et i più fini ed ottimi vini che per tutte le taverne di Roma si ritrovassero, quivi erano, percioché mona(94) mattelica avea allo speziale insegnato l'arte del bottigliere ed alla moglie di far la cucina. Ma parendo allo speziale di dovere, per fare ogni suo debito e maggiormente questo principe onorare, fece una scelta fino in dodeci de' suoi più stretti parenti e disse loro:

Et i più fini ed ottimi vini, che per tutte le taverne di Roma si ritrovassero quivi erano serviti percioché santa mattelica avea al sellaro insegnato l'arte del bottigliere ed alla moglie di far la cucina. Ma parendo a esso sellaro di dover, per fare ogni suo debito maggiormente monsignore onorare, fece una scelta fino in 12 de' suoi più stretti parenti e disse loro:

- Amici miei venite meco, perché oggi è giunta l'ora della mia e vostra ventura, in guisa che io penso del tutto sbandir da me questa arte(95).

Et eglino maravigliati per la novità della cosa, gli addimandarono di questo fatto la cagione. Et egli per soverchia allegrezza, ansando rispondere non poteva; finalmente raccolto l'alito, così disse:

- Amici miei venite meco, perché oggi è gionta l'ora della mia e vostra ventura, in guisa ch'io penso del tutto sbandir da me questa arte di far selle e briglie.

Et eglino marevigliati per la novità della cosa, gli addimandarono di questo fatto la cagione. Et egli per soverchia allegrezza ansando risponder non potea; finalmente raccolto l'alito, così disse:

- E m'è venuto in casa un gran principe, il quale è per innalzar la casa mia ed investir in offizi di rendita Lorenzo mio, sì come mio fratello di Napoli mi scrive.

E mostrata loro la lettera, tutti lieti di brigata, con la cognata dello speziale per nome Botonia(96), determinarono di dovere far ogni possibile onore a questo principe. Aveva questa Botonia un suo figliuolo nominato Cola Ianni(97), il quale ella dianzi aveva dato come figliuolo ad un barone romano(98), accioché lo mandasse a scuola e lo facesse virtuoso divenire: ma su questa la bamba femina, senz'altro, glielo levò, per farne dono al principe, come fece; a cui il putto poscia grattava i piedi.

- E m'è venuto in casa un gran prelato, il quale è per innalzar la casa mia e rinunziar di buon benefici al mio Marcantonio, sì come mio fratello di Napoli mi scrive.

E mostrato loro la lettera, tutti lieti di brigata, con la cognata del sellaro per nome Antonia, determinarono di dovere fare ogni possibil onore al venerabil uomo. Avea questa Antonia un suo figliuolo nominato Giovanni, il quale ella dianzi avea dato come per figliuolo a un Lattanzio napolitano, accioché lo mandasse a scuola e lo facesse virtuoso divenire: ma su questa la bamba femina, senz'altro, glielo levò, per farne dono a monsignor, come fece, a cui il putto poscia grattava i piedi.

Laonde quando fu il tempo, tutta questa gente insieme con la Botonia vennero a casa dello speziale e quivi compartirono gli ozi e gli studi in servire il principe, servendolo acuratamente e con ogni diligenza. Ora stando questo tristo come il lupo fra le pecorelle, tutto lieto e non andando mai fuori, se non di notte ed ogni dì promettendo mari e monti a questa gente, conobbe che lo speziale aveva più pochi baiocchi da spendere; però per darli maggiore animo e rovinarlo affatto, come quegli che aveva da sé rimosso ogni licita pietade, finse per certi dì d'esser gravemente ammalato, nel qual tempo standosi adagio nel letto poltroneggiando, ben servito, mai però volle consentire che alcun medico venisse da lui, perché non fusse scoperta la sua cattiveria.

Laonde quando fu il tempo, tutta questa gente insieme con l'Antonia vennero a casa del sellaro e quivi compartirono gli ozi e gli studi in servire monsignore, servendolo acuratamente e con ogni diligenza. Ora stando questo tristo come il lupo fra le pecorelle tutto lieto e non andando mai fuori, se non di notte ed ogni dì promettendo mari e monti a questa gente, conobbe che il sellaro avea più pochi baiocchi da spendere; però per darli maggiore animo e rovinarlo affatto, come quegli che avea da sé rimosso ogni licita pietade, finse per certi dì d'esser gravemente ammalato, nel qual tempo standosi adagio nel letto poltroneggiando e ben servito, mai però volle consentire che alcun medico venisse da lui, perché non fusse scoperta la sua cattiveria.

Ma fatto venire un notaro imperiale, con un berrettone in testa fino in sugli occhi, fece testamento, nel quale fece di molti legati a questi parenti dello speziale ed al speziale lasciò 6000(99) ducati ed al marito della Botonia sua cognata due mille(100). Indi a Lorenzo rinunziò un contado nel Cremonese ed a Cola Ianni similmente un altro contado in Francia(101); e si portò sì fattamente in dispensare questi beni, che neanco il notaro (perché egli era oggi mai vecchio e di presenza grave) s'avide di questa gagliofferia, sé forse non chiuse gli occhi bastandoli di trarne il suo profitto.

Ma fatto venire un notaro imperiale, con un berrettone in testa sino in sugli occhi, fece testamento, nel quale fece di molti legati a questi parenti del sellaro ed al sellaro lasciò 2000 ducati ed al marito della Antonia sua cognata mille. Indi a Marcantonio rinunziò una prepositura nel Cremonese ed a Giovanni similmente un canonicato in Avignone, con reserva del regresso e de' frutti e si portò sì fattamente in dispensar questi beni, che neanche il notaro (perché egli era oggi mai vecchio e di presenza grave) s'avvidde di questa gagliofferia, sé forse non chiuse gli occhi bastandoli di trarne il suo profitto.

E come il picaro(102) barro ebbe finito di fare questo testamento e queste rinunzie, fu tanta l'allegrezza dello speziale e di tutti gli altri, che la camicia non toccava loro le natiche; onde quando tempo parve al principe di non dovere stare più ammalato, di botto si fece gagliardo, dando a credere d'esser di buona natura e forte di complessione: e conoscendo avvicinarsi il tempo da doversi partire di Roma, perché sapeva benissimo aggiustare gli avvisi, pensò di volersi menar dietro questi sciocchi, accioché stessero più forti nella concetta castronaggine(103).

E come il barro ebbe finito di far questo testamento e queste rinunzie, fu tanta l'allegrezza del sellaro e di tutti gli altri, che la camicia non toccaria lor le natiche; onde quando tempo parve a monsignor di non dovere star più malato, di botto si fece gagliardo, dando a creder d'esser di buona natura e forte di complessione: e conoscendo avvicinarsi il tempo da doversi partire di Roma, perché sapea benissimo aggiustar gli avvisi, pensò di volersi menar dietro questi sciocchi, accioché stessero più forti nella concetta melensaggine.

Et fatto loro sapere la sua volontà, fece pigliare dallo speziale con quattro scudi d'oro una casa capace a quaranta persone vicina a Sant'Agostino ad affitto, accioché nel suo ritorno non ci fusse altra briga che di paramentarla. Onde avvenne che la Lucia per fermo tenendo il suo figliuolo dovere essere conte, donò quatro anella, che aveva recate seco a marito al principe e la Botonia altresì quatro camicie di bella tela, con alquanti faccioletti a maraviglia belli, per dimostrare qualche segno di gratitudine del ricevuto contado per il suo Cola Ianni; le quai cose egli finse accettare volontieri per dimostrarsi altiero, promettendo loro maggior ricompensa per l'avvenire.

E fatto lor sapere la sua volontà, fece dal sellaro saldare con quattro scudi d'oro una casa capace a 40 persone vicina a Sant'Agostino, accioché nel suo ritorno non ci fusse altra briga che di paramentarla. Onde avvenne che la Catella per fermo tenendo il suo figliuolo dovere esser proposto, donò quatro anella, che aveva recate seco a marito al reverendissimo e l'Antonia altresì quatro camicie di bella cortina, con alcuni fazzoletti a maraviglia belli, per dimostrare qualche gratitudine del ricevuto canonicato per il suo Giovanni; le quai cose egli finse accettar volentieri per non dimostrarsi altiero, promettendo loro maggior ricompensa per l'avenire.

Ma quello che peggio avvenne, fu che lo speziale vendé una vigna che aveva a San Bastiano per scudi ottocento(104), che ne valeva più di 1000(105). Et similmente parte vendé e parte donò degli ordini della sua bottega, per esser presto per la partita, acciò non mancassero per il camino ottime vivande a questo ribaldo, pensando di dovere prestare uno per aver mille, con divenire in un tratto di speziale gentiluomo: percioché pare oggidì, che chi ha de' danari pur assai, sia gentiluomo da dovero e sia pur nato onde si voglia. Ma Iddio giusto giudice dell'inganni usati contra gl'innocenti permise che fusse un simil guisa scoperta la sceleraggine di costui.

Ma quello che peggio adivenne, fu che il sellaro vendè una vigna che aveva a San Bastiano per scudi 200 che ne valea più di 300. Et similmente parte vendè e parte donò degli ordini della sua bottega, per esser presto per la partita, acciò non mancassero per il camino ottime vivande a questo ribaldo, pensando di dovere prestare uno per aver mille, con divenir in un tratto di sellaro gentiluomo: percioché pare oggidì, che chi ha de' danar pur assai, sia gentiluomo da dovero e sia pur nato onde si voglia. Ma Iddio giusto giudice dell'inganni usati contra gli innocenti permise che fusse in simil guisa scoperta la sceleraggine di costui.

Come abbiamo detto la Botonia cognata dello speziale avea tolto il suo figliuolo Cola Ianni al barone romano senza parola dirgliene, a cui parendo male d'averlo perduto senza saperne la cagione e tanto più per averlo tenuto di molti mesi nel tempo della carestia, più fiate con la Botonia rammaricandosi ne fece parole. La quale sempre piangendo e dolorosa dimostrandosene, fingea non sapere che se ne fusse stato: onde egli spiando per ritrovarlo, dubbioso non forse fusse stato da soldati sviato, de' quali allora Roma era piena in guisa che il viver v'era quasi in commune; avenne che un giorno il barone ritrovò Cola Ianni che andava a comperare delle frutta pel suo principe e disseli:

Come abbiamo detto l'Antonia cognata del sellaro avea tolto il suo figliuolo Giovanni a Lattanzio napoletano senza parola dirgliene, a cui parendo male d'averlo perduto senza saperne la cagione e tanto più per averlo tenuto di molti mesi nel tempo della carestia, più fiate con l'Antonia rammaricandosi ne fece parole. La quale sempre piangendo e dolorosa dimostrandosene, fingea non sapere che se ne fusse stato: onde egli spiando per ritrovarlo, dubioso non forse fusse stato da soldati sviato, de' quali allora Roma era piena in guisa che il viver v'era quasi in comune, adivenne che un giorno Lattanzio ritrovò Giovanni che andava a comperare delle frutta pel suo monsignore e disseli:

- Vien qua ghiottone, dove vai? Perché ti sei fuggito da me? Dove stai?

Et egli rispondendogli, disse che sua madre l'aveva acconcio con un grande uomo nuovamente venuto in Roma e che alloggiava in casa di Bazio speziale presso al palagio di Siena e fuggissi. Per la cui cagione il barone adirato ritornò dalla Botonia e le disse:

- Vien qua ghiottone dove vai? Perché ti sei fuggito da me? Dove stai?

Et egli, che sua madre l'aveva acconcio con un grand'uomo nuovamente venuto in Roma e che alloggiava in casa di Luca sellaro presso al palagio di Siena e fuggissi. Per la cui cagione Lattanzio adirato ritornò dalla Antonia e le disse:

- Buona femina, non fummo noi d'accordo, quando mi desti il vostro Cola Ianni, di darlomi come per mio figlio? Ma che è quegli che alloggia in casa di Bazio speziale, a cui dato l'avete?

Allora madonna Bugiardetta(106) non sapendo altro che si dire, finse di ciò nulla sapere e voltogli le spalle, come colei che aveva di già nell'animo concetto che di breve Cola Ianni dovesse esser l'occhio destro del principe e doversi fare una zimarra di zibellini con l'entrate del contato. Di che il barone maggiormente adirato, l'ultima sera che che il picaro vigliacco la vegnente mattina con questa corte partir dovea, altro però non sapendo della sua condizione, se n'andò dal governatore, a cui raccontò come in casa di esso speziale si trovava un uomo di pessima vita e grandissimo guidonaccio(107); onde sul far del giorno venne quivi tutta la sbirraglia e ritrovato il ladro co' compagni in assetto per partire, stretti e legati tutti insieme, più che di passo, li menarono in Torre di Nona.

- Buona femina, non fummo noi d'acordo quando mi desti il nostro Giovanni, di darlomi come per mio figlio? Ma chi è quegli che alloggia in casa di Luca sellaro, a cui dato l'avete? Allora madonna Lisetta non sapendo altro che si dire, finse di ciò nulla sapere e voltogli le spalle, come colei che avea di già nell'animo concetto che di breve Giovanni dovesse esser l'occhio destro di monsignor e doversi fare una zimarra di zibellini con l'entrate del canonicato. Di che Lattanzio maggiormente adirato, l'ultima sera che che il barro la vegnente mattina con questa corte partir dovea, altro però non sapendo della sua condizione, se n'andò dal governatore, a cui raccontò come in casa di esso sellaro si trovava un uomo di pessima vita e mariolo; onde sul far del giorno venne quivi tutta la sbirraglia e ritrovato il barro co' compagni in assetto per partire, stretti e legati tutti insieme più che di passo li menarono in Torre di Nona.

Laonde poco dopo lo speziale fu il primo condotto all'essamine, il quale interrogato dal giudice chi fusse costui che avesse albergato, egli con un singolare affanno disse che Pietro suo fratello gli aveva scritto di Napoli molto ampiamente in raccomandazione del predetto principe, il quale era un tal uomo, che quando sua signoria ne avesse avuto informazione, forse non gli averebbe fatto tal vituperio. A queste parole volle il giudice vedere la contraffatta lettera e ritrovatola troppo affettata e di poca sostanza, non gli diede credito alcuno, anzi fatto venire il ladro lo fece prima legare alla fune, indi fattolo giurare di dire la verità, gli addimandò chi fusse e di che paese.

Laonde poco dopo il sellaro fu il primo condotto all'essamine, il quale interrogato dal giudice chi fusse costui che avesse albergato egli con un singolare affanno disse che Agniolo suo fratello gli avea scritto molto ampiamente in commendazion del predetto, il quale era un tal uomo, che quando sua signoria ne avesse avuto informazione, forse non gli averesse fatto tal vituperio. A queste parole volle il giudice vedere la contraffatta lettera e ritrovatola troppo affettata e di poca sustanza, non gli diede credito alcuno, anzi fatto venire il barro lo fece prima legare alla fune, indi fattolo giurare di dir la verità gli addomandò cui fusse e di che paese.

Ma il vigliaccone dalla coscienza e dagli anni gravato, pensando non poter negare il vero, né resistere a' martorii, confessò tutta questa furberia e di più tutto quello s'era avvisato di volere fare nel condur seco questa goffa gente in Francia. La qual cosa il giudice udita, volle ch'egli nondimeno tutta daccapo e più minutamente gliela raccontasse, come fece; onde fu per scoppiarne dalle risa. Et dato licenza alli innocenti compagni in un subito ne vennero da lui le due pazze donniciuole Lucia e Botonia, la prima per riaver le sue anella e la seconda le sue camicie e faccioletti, i quali perché erano in una valige in acconcio per mutare paese, si riebbero per sua buona sorte; ma le anella si smarrirono come i lampi che presto mutano aria.

Ma il cattivello dalla coscienza e dagli anni gravato, pensando non poter negare il vero, né resistere a' martorii, confessò tutta questa intemerata e di più tutto quello s'era avvisato di volere fare nel condur seco questa grossiera gente in Francia. La qual cosa il giudice udita, volle che egli nondimeno di nuovo tutta daccapo e più minutamente gliela raccontasse, come fece, onde fu per scoppiarne dalle risa. E dato licenza alli innocenti compagni, in un subito ne vennero da lui le due scimonite Catella ed Antonia; la prima per riaver le sue anella e la seconda le sue camice e fazzoletti, i quali perché erano in una valige in acconcio per mutare paese, si riebbero per sorte; ma l'anella si smarrirono come i lampi, che presto mutano aria.

Finalmente avendo il giudice conchiuso questa bella favola, diede per sentenza che il vegnente sabato a ora di sesta il principe, con una mitria da picaro ladro(108) in testa fusse frustato e poi li fussero tagliate le punte delle orecchie da basso e mandato in bando fuori di tutto il territorio di santa chiesa. Ma quando il manigoldo li tagliò le orecchie, vidde che non n'era uscita goccia di sangue, della qual cosa maravigliato, più sottilmente riguardando ritrovò che elleno, per essergli state altra fiata tagliate erano ingegnosamente state fatte posticcie di stucco; la qual cosa diede da ridere a tutta Roma, avendo egli adempita la sentenza, co' l lasciarsi tagliare quella parte d'orecchie ch'ella diceva. Del cui bel fatto ridendo tutta la brigata, soggiunse d'improviso uno degli uditori ch'era stato soldato in Fiandra, in Francia, in Italia ed in altri paesi e disse(109):

Finalmente avendo il giudice conchiuso questa bella favola, diede per sentenza che il vegnente sabbato a ora di nona, monsignore, con una mitria da ribaldo in testa fusse frustato e indi li fussero tagliate le punte delle orecchie da basso e mandato in bando della forca di tutto il territorio di santa chiesa.

Ma quando il manigoldo li tagliò l'orecchie, vidde che non n'era uscita goccia di sangue, della qual cosa marevigliato, più sottilmente riguardando ritrovò che elleno, per esserli state altra fiata tagliate erano ingegnosamente state fatte a posticcio di stucco, la qual cosa diede da ridere un pezzo a tutta Roma, avendo egli adimpita la sentenza, co' l lasciarsi tagliar quella parte d'orecchie che ella dicea. Doppo questo ridendo tutta la brigata, Fabrizio così incominciò:

- Signori, non è dubbio che la liberalità si deve usare per l'amor di Dio e non per l'onor del mondo o con assegnazione; ma che vi pare del signor di Figueroa, il quale non solo si sforza di dare buoni essempi ed ottimi consigli, ma dalla sua conversazione fiori e frutti sempre si raccoglieno. Imperoché, chi averebbe creduto ch'egli con la sua prefazione, avese dato poscia in cosa sì piacevole e ridicola; la quale io credo purtroppo che sia accaduta verissima, percioché noi ancora abbiamo veduto nelle dette provincie e stati di questi medesimi truffatori, i quali si sono finti di casa Fuccari, duchi di Nocera; ma quel ch'è peggio, si trovano nel regno di Napoli uomini che nella nascita loro portano nelle ossa questi picareschi costumi; e non ha guari che un certo napolitano per contrafare la mano ed ingannare il Banco di San Marco in Venezia, restò in quella piazza appiccato ad una forca.

- E non è dubio che la liberalità si deve usare per l'amor di Dio e non per onor del mondo, o con assegnazione; ma che vi pare del nostro messer Agniolo, il quale secondo la sua professione, non solo si sforza di dare buoni essempi ed ottimi consigli, anzi opera in quelli sempre primiero, intanto che dalla sua conversazione fiori e frutti sempre si raccoglieno. Peroché, chi averebbe creduto che egli, con la sua prefazione avese dato poscia in cosa sì piacevole e da ridere, la quale io credo purtroppo che sia accaduta verissima, percioché noi ancora abbiamo veduto per la Toscana di questi medesimi truffatori, i quali sendosi finti di casa Fuccari, duchi di Nocera e somiglianti, hanno ritrovato de' corrivi, che hanno lor prestato credenza e solo per questa benedetta ambizione, come non contenti dello stato proprio, pensando di trarne profitto; la quale tanto più si deve fuggire, quanto perché a' nostri domestici ancora ci rende odiosi: percioché l'ambizioso comanda sempre con arroganza, la qual cosa è certa legge a farsi malvolere.

Et un altro, pur napolitano in abito di vescovo dopo con lettere falsificate, andò pure in Vinezia ed a' signori Bozza mercanti appresentò lettere di cambio di diecimila ducati, che non solo accettarono la lettera, ma la pagarono e dindi a poco cotesto mariuolo partissi e ricevuto poscia vero avviso da Napoli, mandarongli dietro Antonio Bertoloni, che lo trovò in Parigi; e quello che il ladrone non ebbe in Vinezia, la trovò in Parigi e ci fu un bel paio di forche(110). Molti altri simili a costoro, hanno ritrovato de' corrivi che hanno prestato credenza e solo per questa benedetta ambizione, come non contenti dello stato proprio, pensando di trarne profitto; la quale tanto più si deve fuggire, quanto perché a' nostri domestici ancora ci rende odiosi: perché l'ambizioso comanda sempre con arroganza, come fa la nostra nazione, ch'è cosa mala, la qual cosa è certa legge a farsi malvolere; e purtroppo siamo mal voluti e meritatamente.

Oltra di questo il superbo (che l'ambizione e la superbia sono correlativi) presume di sé (e il presumersi è certo segno d'ignoranza): onde presta troppa fede a se stesso, né può sofferire che gli sia detto la verità, però non ode mai altro che menzogne, in guisa che quegli che più se li dimostrano amici, più li son nel secreto nimici; e così la sua vita avanza tutte l'altre di miseria, avendo cacciato da sé la verità, che è Dio ed abbracciato la adulazione, che è vizio, non udendo mai altre voci che di parasiti, la professione de' quali altra cosa non è che lodar tutto quello che vien lodato in presenza e biasimarlo in assenza.

Oltra di questo il superbo (che l'ambizione e la superbia sono correlativi) si presume (che 'l presumersi è certo segno di ignoranza) onde presta troppa fede a se stesso, né può soffrire che gli sia detto la verità, però non ode mai altro che menzogne, in guisa che quegli che più se li dimostrano amici, più li sono nel secreto nimici e così la sua vita avanza tutte l'altre di miseria, avendo cacciato da sé la verità, che è Dio ed abbracciato la adulazion che è vizio, non udendo mai altre voci che di parasiti, la profession de' quali altra cosa non è, che lodar tutto quello che vien lodato in presenza e biasimarlo in assenza.

Vituperose genti e degni di compassione quegli che delle loro parasiterie ed adulazioni si servono: essendo che i parasiti non accompagnano mai la cattiva fortuna, sendo avezzi a combattere nell'aver altrui e praticare per le lor cucine, dove una certa vita, che abbia del piacevole e del grave ancora, per non incorrere nel dispregio, a ciascheduno ci rende amabili e cari; conciosiaché il piacevole ascolta volontieri le opinioni d'altrui, quantunque sieno contra il suo parere, come si conviene, perché se tu favelli con uno amico e ti dispiaccia che egli ti contradica, questo è appunto un vilipenderlo e tenerlo per parasito, dato che non si ritrovò mai amico d'onore che durasse in amicizia con un altro amico, benché di sé maggiore, il quale ne' ragionamenti famigliari non gli lasciasse dire la sua parte a modo suo.

Vituperose genti e degni di compassione quegli che delle lor parasiterie ed adulazioni si serveno: essendo che i parasiti non accompagnano mai la cattiva fortuna, sendo avezzi a combattere per le celle e per le cucine, dove una certa vita, che abbia del piacevol e del grave ancora, per non incorrere nel dispregio, a ciaschedun ci rende amabili e cari; conciosiaché il piacevole ascolta volentieri le oppinioni d'altrui quantunque sieno contra il suo parere, come si conviene: perché se tu favelli con uno amico e ti dispiaccia che egli ti contradica, questo è apunto un vilipenderlo e tenerlo per parasito, dato che non si ritrovò mai amico d'onore che durasse in amicizia con un altro amico benché di sé maggiore, il quale ne' ragionamenti famigliari non gli lasciasse dire la sua parte a modo suo.

Il piacevole comanda con piacevolezza e la piacevolezza genera amore e finalmente il piacevole vive e 'l superbo è morto quantunque viva(111).

 

Il piacevole comanda con piacevolezza e la piacevolezza genera amore e finalmente il piacevole vive e 'l superbo è morto quantunque viva.

 

Il discorso fu così lungo che quando si finì ebbe fine anco il giorno, onde io mi rizzai in piedi e ringraziai quelli onorati gentiluomini della cortese ricreazione e della compita lor conversazione; e così dopo reciprochi complimenti da me si licenziarono e tutti se n'andarono alle cose loro ed io ritirandomi nelle mie stanze e poco per appresso avendo cenato, andassimo tutti noi di casa a riposare.

La mattina non ancora ero vestita, che mi cominciarono altre visite, onde m'accorsi del giuoco che bramavano;

ma io ch'ero divenuta altra cosa, non voleva intendere questi loro andamenti, sapendo quanto dannosa cosa sia le spesse e continue visite in casa di donne. Io credo che questo clima abbia un tantino del costume di Lituania, che non riguardano punto all'onore e massime alla castità delle donne, essendo che è usanza di quel paese che le donne si mantengano drudi per saziare le voglie loro e quelle che sono nobili, ovunque vanno, seco conducono bellissimi giovanetti, portati in letica sopra un letto di piuma.

Ya era otra cosa;

Già li principotti della mia terra a gara ciascuno di loro mi miravano; già mi davano del baciamano di V. S. e tanto s'abbassavano e s'umiliavano, che bene spesso, con le dita mi tocavano il sughero delle mie pianella. Ma se io debbo confessare il vero, ciò mi piaceva, ma non mi gustava, perché sino dalla nascita giamai mi piacque né giovani, né uomini della mia terra; né mi potero cadere nella mia grazia.

ya los principotes de mi pueblo me miraban con otros ojos; ya me llamaban de merced y las gorras bajaban tantos puntos que llegaban a dos corcheas, y aun al corcho de mis chapines. Mas no sé qué me hube desde niña, que jamás hombre de mi pueblo me cayó en gracia.

Confesso che le donne di questo nostro paese sono della prosapia dei calcanti le piazze, che sempre gustano delle cose forastiere: e siamo noialtre come il desiderio, il quale sempre s'incamina e corre dietro a chi fugge, siamo come cani, che volontieri caminiamo dove non è gente; e per questa causa desideravo io la solitudine o almeno gente o paese straniero. Io ebbi sempre un particolar fumo di corte sana o di corte inferma e cose di montagna non mi davano gusto. Con tutto questo nel tempo che durarono i festeggiamenti e le visite, vivevo contenta, perché il gusto è cuore della vita. Finito i complimenti pigliai riposo e mi proposi di far un libro nuovo.

Confieso que las mujeres somos de casta de plaza, que siempre gustamos de lo de acarreo. Y somos como el deseo, que siempre endereza a lo más remontado. Y somos como perros, que no nos hallamos donde no hay gente, y por esta causa apetecía yo emperrarme. Yo en particular, siempre tuve humos de cortesana o corte enferma, y cosa de montaña no me daba godeo. Con todo eso el tiempo que duró el festín de los parabienes viví contenta, que el gusto es el corazón de la vida.

Alla giustizia pervenne come era passata la cosa con li picari di Zamora, la quale volle favorirmi giusto le leggi concedendomi le spoglie della battaglia e vittoria ottenuta e comandò che il padrone della mulla rubata mi pagasse una buona mancia. Poiché per mia sola industria io mi era liberata dal potere di quei vigliacconi e che mi fosse fatto una patente, nella quale si dichiarasse quanto casta, onorata ed astutamente uscì dalle mani di coloro. Dica chi dir vuole, che giamai mancano picari vigliacchi. Molti in diverse occasioni ciò m'hanno confirmato e dicevanmi:

La justicia, sabido el caso, me adjudicó el despojo de la batalla y mandó que el dueño de la mula hurtada me pagase muy buen hallazgo, pues, por mi industria, había sido librada del poder de la Bigorma, y que se me diese por testimonio, porque nadie me pudiese motejar de mala, sino honrar por casta y astuta. Ello, nunca faltan bellacos; alguno me ha dicho después acá:

- Sorellina bella, come passò la giornata di Areniglia? Se non abbruciata, intinta; che una candela attaccata ad un muro, ancorché sia di canna, di calce e di calcina, non lo può totalmente abbruciare, ma ben le lascia di tintura il segno: essendo cosa impossibile che il fuoco di tre cose sempre ne faccia una, oche brucia o che tinge o che scotta. Che farà egli se si attacca a carne grassa e delicata? Al sicuro si consumerà, come fa la candela al vento.

-Hermanita, ¿cómo digo de la jornada de Arenillas? Si no quemada, tiznada, que una vela pegada a un muro, aunque sea argamasado, verdad es que no le puede quemar, pero dejar de tiznar es imposible. ¿Qué será si se pega a carne gorda, que se derrite tan bien como la misma vela?

Queste sono necessitadi(112) che communemente ed ogni qualora si odono e si vedono, dicano pure quello che dissero di Didone. Nella mia terra non mi sapevano nominare, né chiamar per altro nome che l'Albergatrice burlevole, ancorché altri me chiamassero la Villana delle burle e de las borlas, cioè da' coralli al collo grossi. Io non mi curavo punto di questi loro nomi, perché a me bastava per adornamento una collana di borlas al collo, con il collare di bianca tela incollato ed accollato con colla d'amito.

Como destas necedades he yo oído, digan, que de Dido dijeron. Lluevan dichos, que ya ahora no me sabían en mi pueblo otro nombre sino la mesonera burlona, aunque algunos me llamaban la villana de las burlas. Ya yo no me preciaba de mirar a quienquiera, que una honrilla sirve de garbo al cuello y de almidón al vestido.

Godo d'aver preso per tema di questo capitolo quel proverbio che dice che chi rubba al ladron guadagna certo dì di perdon. Ma coloro che con la penna mi fanno parlare, non è per altro che per tesser un'istoria delle mie picaresche guidonerie. E meglio ch'io chiuda la finestra a questo Secondo Libro, accioché meglio possino dormir le genti. Io l'ho finito.

Holgárame de haber tomado por thema número aquel refrán que dice que quien hurta al ladrón gana cien días de perdón, de los concedidos por el obispo de sábado. Délos quien los diere, que si perdones se ganaran, yo había ganado jubileo plenísimo; pero ya sé que para perdones verdaderos, aun el nombre les sobra, cuanto y más el hecho. Con el mío, a lo menos, glosé el refrán a osadas. ¿Pero quién me mete en themas, ni glosas, sino en tejer historias y en hilar mis romerías? Pero no, mejor me será dejarlo, que no es paro sin venta para no dejar descansar las gentes. Yo lo dejo.

Dormite lettori gentilissimi, che dimattina salterò in piedi e darrovvi a leggere la Seconda Parte di questa mia istoria piena e ripiena di cose graziose e di tuo gusto grandissimo; ma una cosa sola ti converrà fare ed è che tu non solo la mastichi ben bene, ma che la rimastichi e la rumini, che quanto più ciò farai, tanto maggior gusto e diletto e profitto ne caverai.

 

Duerme, hermano lector, que mañana amanecerá y quizá tendrás gana de leer más.

Moralità

 

La ubbriachezza non solo impedisce il buon intelletto, ma dannifica la ragione e ben spesso priva l'uomo di questa vita e quello che si ubbriaca molto più pecca, che non gusta. Apprenda bene il lettore questa mia dottrina, ch'è un dipingerli, è scolpirli la condizione d'un uomo inconsiderato, ozioso, senza onore e molto più senza divozione alcuna, il cui fine non è altro che gusto, con offesa d'Iddio e di pessimo costume e di niun altra cosa. S'apprende anco che il vivere civile ed onoratamente in piacevoli e virtuose conversazioni è cosa che fuga gli vizi e specialmente l'ozio, radice e capo di tutti i mali: e però imparino i padri di famiglia a ben educare i loro figliuoli, perché chi non sarà buon soldato, non sarà neanco buon capitano.

 

Aprovechamiento

 

La beodez no sólo impide los buenos intentos y daña a la vida de la razón, pero hace que el que se embriaga peque más y guste menos. En especial, note el lector en qué paran romerías de gente inconsiderada, libre, ociosa e indevota, cuyo fin es sólo su gusto y no otra cosa.

 

Il fine della prima parte della Picara.

 

 

 

 

 

FIN