Parte seconda, libro I, capitolo II (edizione complanare)
   
   


Vita della Picara Vagante
 
DEL GIOCATORE
di vantaggio o barro schernito
 
Cap. IV
 
Quella che pensa che o della sempliciota vendicatrice Num. I
 


Capítulo segundo
 
Del fullero burlado
 
Número primero
 
De la del penseque
 

Seguidiglia spagnuola

 

Hácese bobilla la del penseque,

y no mira cosa que no penetre(1).

 

 

 

 

Giustina pensando al pensa che di ciascuna persona; e specialmente del sesso feminile; narra molte vaghe istorie, novellette, detti, sentenze e facezie singolari, che servono per ammaestramento di bene e virtuosamente operare.

 

Seguidilla

 

Hácese bobilla

La del penseque,

Y no mira cosa

Que no penetre.

 

 

{Aquila che si invecchia, come sia.} Occhi che veggono, non invecchiano, se non sono quegli dell'aquila, la quale quanto più si vede il becco, tanto più s'invia et a vele spiegate se ne va a Villa vecchia. {Detto notabile.} Un altro disse, come il cane invecchia, la volpe gli piscia addosso: ed un asino di venti anni è più vecchio che un uomo di settanta; {Sanità ci fa apparir giovani.} e molti s'invecchiano, ma più impazziscono: insomma, giovane è chi è sano e perciò la vecchiezza è un male desiderato da ciscuno e molto più quando è accompagnata da sanità; e la giovanezza è un bene non conosciuto da chi la possiede, se godere con sanità la sapesse, similmente dico che le dette regole, eccettuò gli occhi del mio amico, il più bel dispetto d'uomo che ritrovar si possa, consobrino del fratello di quel eccellentissimo; {Uomo pessimo, sue male qualitadi.} quello dico, che mi vendette il can levriere, il qual con la continuazione del giuoco e del non dormire, era talmente occupato con la mente, ch'io pensai più fiate, che l'anima li fusse uscita e ritornata per gli occhi e che tal viaggio e passaggio facesse, per tanto più eccellentemente spionare il giuoco delle carte o li segni nelle stesse carte o gli altrui fatti; {Giustina non s'invecchia.} e da questa fissa fissione penso ch'egli fusse un fin stregone:

Ojos que ven no envejecen, si no son los del águila, que cuanto más pico ven, van más a Villavieja. También digo que de la regla dicha exceptúo los ojos de mi amigo el ojimel el sobrino del hermano del cura el que nos vendió el galgo el cual, con la continuación del juego y falta de sueño, andaba tan chupado que pensé que se le había exprimido el alma por los ojos y de puro brujulear se había tornado brujo.

così queste cosarelle veggendo, accioché i miei occhi non s'invecchiassero, li tenevo vigilanti delle ventiquattro le ventitré ore, aspettando alcuna congiuntura per far una compiuta burla a quel dell'occhio sbracciato o rovescio; {Dormir si deve come fa il leone.} e perciò volli vedere (non per la mira della balestra) tutto quello che veder si potea in Leone, perché gli occhi del leone ancorché dorma gli tiene aperti ed è cosa ottima che così faccia per sapersi guardare dalle altrui insidie; ed io altresì per sapermi da certi chiacchieroni difendere et dai loro fluttuanti pichi, che per prender terreno nel mio stato s'allargavano con doni ed altre gentilezze, accompagnate da lodi, offerte e promesse;

Así, porque no envejeciesen mis ojos, todos once, mientras esperaba alguna coyuntura para hacer la burla al del ojo arremangado, quise ver, y no por brújula, todo lo que había que ver en León, que ojos, y de León, aun durmiendo es bien que estén dispiertos. Y aunque tuve bien que mirar en algunos buenos picos que acudieron a decir donaires, mas como ojos de águila envejecen viendo pico, no quise que me acaeciese otro tanto.

{Non s'ha da credere a cianze.} che chi attende a somiglianti cicaloni, è un molto affaticarsi per impoverire; non sapere cavar lana di asini e chiunque attende a costoro è un pigliar la biscia per la coda od il coltello per il taglio; chi ha vitella in tavola, non mangi cipolla, per dar ad altri gusto: pigliala per il buon verso, non credere a ciancie, ancorché venissero dalle più alte montagne del mondo, perché le buone parole ed i cattivi fatti ingannano i savi ed i matti. Et a me si conveniva esser leone, per guardarmi dal pico e dagli artigli griffanti dell'aquila e de' suoi seguaci aquilanti:

in risoluzione, io volli vedere liberamente ogni cosa senza spesa e senza porre tassa nella volontà altrui e tantomeno nella mia propria; {Motteggiamenti intorno al becco ed artigli dell'aquila.} e per questo era mio proprio il vedere di lontano e molto ben guardarmi da picos, cioè da' becchi ed artigli, che son picadores o picardeadores, cioè che beccano e mordono beccando e pizzicando col becco, che ti si lascia il segno; ed accioché tu non senti, con ciancie e buffonerie picaresche, ti vanno picardeando, cicalando, chiachierando, buffoneggiando per tirar l'acqua al suo molino e se altri resta senza, è suo danno.

En resolución, quise ver libremente, sin costas, sin echar sisa en voluntad ajena ni pagar alcabala de la propia, y para esto era propio ver de lejos y guardarme de picos, que o son picadores o picardeadores.

Io pensai che mi conveniva molto ben vedere quello che nelle feste si faceva; tuttavia confesso che non ne avea bisogno, io mentisco e me n'assolvo, che purtroppo ne avea bisogno et è bene il dirlo, perché non ci uccidano i legoneses, ides, i spagnuoli leonesi; {Giustina dice bischizzi de' leonesi.} anzi per vero dire zapponesi, che tengono nome di nobili zappatori, che perciò si chiamano legones et ben zappata e tritata che io sia, mi lasciaranno allora dire e cantare l'isoria de' leonesi e di Leone.

Yo pensé que había mucho que ver en las fiestas, mas confieso que no había; aunque miento, yo me asuelvo, que sí había, y es bien decirlo porque no nos maten los legoneses, que tienen nombre de azadón de los que llaman legones, y azadonadas me harán decir la oración de los leoneses y de León.

Io vidi usare certe representazioni, con intermedi che non convenivano: erano costumi antichi, che ancora di presente in alcuni luoghi si usano. Dico di passaggio questo per ragguagliarti delle disgrazie che a noi donne avvengono in questo mondo e specialmente a quelle che sono tenute belle e graziose: perché sebbene in alcune manca beltà, in esse sovrabonda grazie tali, che ben è vero quel detto, che grazia più che beltà in amor vale: {Donne belle e graziose sfortunate.} perché non è bello quel ch'è bello, ma bensì quel che piace, il che dipende dall'essere non solo belle, ma graziose.

Lo primero, Granado y la Granada habían desembarcado allí y habían de representar la comedia de Santa Tais y Santa Egicíaca, y había de salir la Granada con una calavera en la mano, que cuando la vi salir, pensé que era vieja que salía a echar agua bendita a algún cimenterio. También traían el entremés de los sacristanes enharinados, que parecían puramente torrijas enalbardadas, y otros muchos entremeses que comenzaban:

{Favola delle tre dee della pace, dell'amore e dell'amicizia.} Volendo gli antichi esortare gli uomini accioché tra essi ci fusse pace, amore ed amicizia, inventarono una dea in figura di tre donzelle, ch'avevano le mani attaccate l'una con l'altra, tutte ignude e che stavano ridendo: una avea tutta la faccia discoperta; l'altra la teneva tutta coperta; et la terza la teneva meza coperta e meza discoperta; e queste le chiamavano le tre grazie, davangli per padre Giove, accompagnavano Venere:

{Pasitea o Aglaia, Eufronia et Egialis dette le grazie; e sua isposizione.} i suoi nomi erano Pasitea, che altri dissero Aglaia e Eufronia et Egialis: dicevano da queste derivare le ricchezze, la quiete et il riposo degli uomini. Eccoti la sua isposizione. Sono tre le grazie, perché nelle amistadi hai da dare una volta ed un'altra ricevere e tal fiata anco dar e ricevere in un istesso tempo: che per dare e per pigliare il mondo si mantiene; e per questa cagione le dipingevano aviticchiate insieme; {Amore in che consista.} sono tre, perché il perfetto amore consiste in amare, temere ed onorare;

{Agricoltura, suo esercizio.} sono tre, perché per le tre grazie ci vollero alcuni essortaqre all'onestissimo essercizio dell'agricoltura, che contiene arbori, animali e sementi: {Amicizia buona.} sono donzelle o vergini, perché nelle buone amicizie il tutto ha da essere casto, incorrotto e sincero; sono giovanette, perché la memoria de' ricevuti benefici, non s'ha da invecchiare: {Benefici ricevuti.} sono ignude, perché tra i veri amici non v'ha da essere cosa coperta, {Amico vero.} o perché per far bene all'amico ha da essere l'uomo presto o leggiero, come molto più è leggiero lo ignudo, che 'l vestito;

{Dare allegramente.} stanno ridendo, perché chi dà, deve dare con faccia ridente e lieta; quella che iscuopre tutta la faccia, c'insegna che quello che riceve il beneficio lo ha da far palese a ciascuno: {Benefici quali e come.} quella che cuopre la faccia, dinota che quello che dà, deve darlo copertamente; quella che tiene meza la faccia coperta e l'altra meza iscoperta, significa colui che dà e riceve, perché cuopre quello che dà e publica quello che riceve; {Pace, amore ed amicizia, che siano.} sono figliuole di Giove, per darci a sapere che la pace, l'amore e l'amicizia, sono cose celestiali; accompagnano venere, perché la donna ama la compagnia, con pace ed amore; {Pace ove sia.} e finalmente, che dalle grazie procedesse agli uomini abbondanza, ricchezze e riposo, è perché nella pace e non nella guerra, vi è abbondanza ne' campi, cagionata dalla pace; perché in tempo di guerra non vi è né ricchezza, né quiete, né verun riposo.

{Dame Vaganti sfortunate.} Però dico di nuovo, che le donne belle (parlo di noialtre DAME VAGANTI) siamo nel più disgraziatissime, né tra noi regna la dea delle grazie, perché se la mattina abbiamo che vedere, la sera non abbiamo che bere; {Vino di malizia, che sia.} questi io gli chiamo intermedi picareschi, perché tutto il vino ch'io bevea, era vino di malizia e ciò aveniva per esser io in essa talmente sommersa, che in pensarvi solo gioiva e tanto più avendo fisso nel pensiero di vendicarmi di quel malizioso e ladro giuocatore,

"Digo que somos las más desgraciadas del mundo estas que somos hermosas", como es uso y costumbre en todos los entremeses de Maricastaña. Miren si había que ver. ¡Así hubiera que beber! Pero todo el vino que había era vino a la malicia.

Pero dejado esto, cree que no soy tan festiva, ni que iba tan descuidada de mi tiro, que no pregunté

e però m'informai puntualmente di lui e tanto compiutamente, {Giustina simile ad un criminalista ed al cane.} che un notaio criminale non avrebbe inquisito così sottilmente, né mi giungerebbe solo che in una cosa, nella quale andiamo d'accordo ed è ch'egli ed io poniamo l'orologio a segno e com'è suonato l'ora, spogliamo quanti nelle mani ci capitano e facciamo come i cani, che dopo che hanno mangiato la polpa, rodono l'ossa e succhiano la midola, sicché nulla vi rimane.

y supe a qué hora vendría puntualmente el fullero al mesón, de lo cual hice alforja para su tiempo y coyuntura, que todo está en guardarla, como boca de enfermo.

{Chi incappa in picari fa pessima giornata.} Mala giornata fa colui che incappa in noi, che in breve tempo gli snudiamo d'ogni lor avere e dell'onore e della vita. Guardati da cane rabbioso ed affamato: che tali sono i tristi e triste, come tu ed io. {Motti e detti e proverbi.} Due lecardi non stan bene ad un piatto; va tu per i fatti tuoi, che non voglio, per ora, aver tua compagnia; {Giustina eccellentissima picara, sua lodi picaresche.} che, se tu sei padre de' picari, io son figlia di un padre e d'una madre tanto picari, come te; ed io sono poi in tanta picaresca eccellenza, che sopravanzo loro e te; non ti corrucciare, se io in ciò voglio più di te: va piscia e bevilo, che mal pro ti possa fare.

Io sono la picara Giustina eminente in ogni mal impiegata virtù, io sono la Fenice de' picari, {Giustina assomigliata al gelsomino di Spagna.} io sono il gelsomino di Spagna, che quando è per fiorire, è tutto verde per la speranza ch'io ho d'imbarcare le genti; quando poi è per gettar il fiore, apparisce egli vieppiù di lui ardente d'amore: ma spuntato il fiore tutto bianco, vago ed odorifero si dimostra; così io procuro a tutti apparire col dimostrarmi candida nella vita, vaga nell'onestà de' costumi ed odorifera nelle virtudi; ma tutta questa mia coperta è una coperta di coriandoli alla castigliana. {Non ti fidare de' paesani di Giustina.} Non ti fidare, perché non è oro tutto quello che riluce: e non sai che non è ingannato, se non chi si fida; ed io pel creder poco, non sono punto ingannata.

Disse un saggio, di notai, birri, picari, barri, guerci e can, non ti fidar, se non hai il bastone in man: {Sentenze.} il fidarsi è bene, ma il non fidarsi è meglio; e ti avvertisco a non credere nelle cose umane, se non quello che tu vedi, perché il fidarsi delle altrui dolci et melate parole è cosa da mentecatti: niun si fidi del ben faremo e ben diremo, perché questa sorte di gente sono peggio che zingani, i quali rubato od ingannato che ti hanno, ti lasciano in asso; e ti danno un piantone in pagamento e però l'usar la cauzione non è, se non ben fatto:

{L'andar cauto è se non bene.} se non lo fai, va ad impararla al cantoncello o alla buona del rosto, perché ivi non credono a ciancie e quali molto meno a' fatti, perché prima vogliono vedere e toccare e salvare i soldi nel taschino. Diceva un picaro parlando con certi altri:

- affé, affé, che siamo vigliacchi quanti che sete.

{Giustina maliziosa contra il Guercio picaro.} Io ti dicea che molto bene m'informai del scelerato giuocatore, per risvegliare la mia malizia contra la sua malvagità e seppi a che ora egli veniva all'albergo; de' quali avvisi io ne addobai un paio di bisaccie per servirmene a suo tempo e a buona congiuntura e la custodiva come s'ella fusse stata bocca d'un infermo:

io pensai ch'era verità quello che dicono i maldicenti, che noialtre donne abbiamo corrieri ordinari e poste che marchiano dal cuore alla lingua e da essa per tutto il mondo; ma io fui di natura tale, che accioché non uscisse nulla, {Giustina osserva il silenzio.} non appriva la bocca, anzi i miei labbri parevano cuciti insieme, per non dire a persona cosa alcuna, a che fine usava cotesta diligenza;

Yo pensé que era verdad lo que maldicientes dicen, que las mujeres tenemos correo ordinario y posta que marcha del corazón a la lengua y de la lengua a todo el mundo, mas de veras que yo no despegué mis labios para decir a persona alguna con qué fin inquiría del estudiantón,

e s'ingannano tutti se pensano che noi donne non sappiamo esser segrete de' nostri pensieri e molto più che non sono i saggi uomini: così mettiamo i nostri segreti nel ben operare, che certo felicissime saressimo; {Le picare non sanno operar bene.} ma perché ci lasciamo trasportare dall'affetto, che cagiona sovente che i labbri, per l'ardore che dentro sta racchiuso, si liquefanno, da' quali come torrente esce precipitoso il profluvio di dire a danni di colei che ciò commette, non avedendosene la meschina.

y crean que nos agravian si piensan que no sabemos ser cerrajeras de bocas las mujeres. Denme que sepa una mujer que le importa para algún gusto o provecho, que con las de Nicodemus no le abrirán los labios. Pregunto: ¿No era mujer Angerona? Sí. Pues ella fue la que a la entrada del templo de la diosa Volupia estaba con el dedo puesto en la boca. ¿Qué era aquello, sino que si la mujer huele que hay entrada para algún gusto o deleite -significado por la diosa Volupia- es más cerrada que trozo de nogal rollizo?

{Efestione fedele e segreto.} Queste tali bisognerebbe ch'elleno fussero qual fu Efestione ed Alessandro Magno, che sicuramente non parlariano mai e le loro azioni sarebbero segretissime. {Cleante, suo detto.} Essendo richiesto Cleante ch'ei dicesse qualche sentenza, disse:

- Taci, taci.

Mostrando soprattutto in ogni azione convenirsi il silenzio. {Veneziani lodati.} O come eccellentemente {Traiano Boccalini.} Traiano Boccalini in un suo Ragguaglio, spiega il tacere che usa e professa la Repubblica Serenissima di Vinegia. A me tocca portar il pazzo in spalla, siamo paesani e questa mia impresa non è boccone per tutte; né altra donna che me, riuscirebbe; a me tocca strigliare quest'asino, che però per esequire il mio disegno, io ebbi la bocca più soda, chiusa, che non è un tronco di densa e forte noce.

Informata di tutti gli andamenti di chi bramavo servire, il tutto racchiusi in me ed osservai un silenzio che un tale non è stato osservato da niuno, aspettando che l'occasione prestasse favore all'intenzione e desiderio mio; ed intanto diedi una veduta a tutta la città, visitai le chiese e viddi le lor feste: ed in questi passeggiamenti, parve a quelle genti ch'io fussi tutta dolce et inzucherata; e ciò iscuopersi in certi diocesani della città, ch'erano trincati e della famiglia picaresca;

Y informada, pues, punto con el posible silencio, partí a ver un rato la ciudad, iglesia y fiestas. Debí de parecerles melosa a algunos hijos de vecino de León, aunque los leoncillos son retozones como cachorros, y aun me dicen que después, de grandes, son juguetones, deben de ser leones de la cuarta especie, de los que fingió el poeta que se convirtieron en moscas.

{Leonesi simili a' cani che latrano.} a costoro non arrivavano gli leonesi, perché erano leoncini giovanotti, senza veruna malizia, come i cani che s'allattano e per l'informazione ch'io puntualmente ebbi, doppo cagnolotti divenivano gran soggetti, che a me par di certo credere che fussero leoni della quarta specie, di quelli che finse il poeta che si convertirono in mosche;

{Leonesi sono mosconi.} e però alcuni di questi mosconi se mi accostavano (come faceva un mio famiglio in Mansiglia) ben trattati e tutti galanti, cercando di far camarata meco, come lo fanno l'ova poste insieme in una caldaiuola d'acqua a cucinare, che s'esse sudano, io non meno sudai nell'andar ch'io feci per la strada che va a Santa Croce, piazza, strada nuova ed alla chiesa Maggiore, {Giustina assediata da' leonesi e come.} perché il caldo era grande, il viaggio lungo ed i mosconi leonesi mi davano alle volte certe strette, che premendomi mi facevano uscire il sudore più presto ch'io non avrei creduto.

Algunos de estos moscones se me pegaron título de que en un portal mío que yo tenía en Mansilla, bien regado, habían estado de camarada, como huevos en cazo de agua. La que yo sudé en ir por la calle de Santa Cruz, plaza y calle Nueva, a la Iglesia Mayor, no fue poca, porque el calor era mucho y el trecho no poco.

Io pensai che quella fusse fresca gente, come m'avevan detto: {Giustina burla i leonesi.} ma pensai che ciò mi dicessero perché odoravano e non putivano, essendo che non erano punto salmastrati o che di sale non ne avevano bisogno: anzi che molto freschi erano e senza peli, che non avevano bisogno di sale per conservarsi molto e seppure avevano fresco, si scaldavano col fantastico calore della gente forastiera, che quivi concorreva.

Yo pensé que aquel pueblo era fresco como me habían dicho, mas debíase de entender que era fresco porque no es nada salado, o que lo es cuando no es menester, o quizá, como los leoneses tenían tan publicadas sus fiestas, debió de venir a verlas el calor de Extremadura.

Questa nazione ha buona forza, ma meglior ingagno; {Proverbi.} et sono di tal sorte, che sanno piantar un porro in mano, invece d'una cipolla: anch'io sarei cascata, ma seppi così ben schermire, ch'io gli diedi i bocconi, come a' ranocchi; ed è cosa tritta, che l'astuto, si vince con l'astuzia.

{Leonesi sue qualitadi e costumi.} Mi dissero che l'aria di Leone era molto franca, cioè privilegiata; a questo lor bel dire, pensai che per le strade nascessero arbori da' pomi d'oro, ma per quello ch'io viddi, la loro franchiggia era che quel clima non sa finire mai per poco, perché, se comincia in fresco, finisce in gelo; se caldo, finisce in fuoco: {Leonesi hanno del moresco.} da questo avviene che la lor carnaggione tira al moresco e pensai che tali fussero; bisogna prima pensare e poi dire; io dirò quello che disse un leonese: che il ladrone pensa che tutti siano di sua condizione; poche parole, ben pensate e meglio pensate; {Leonesi son fantastichi.} dicoti che questo popolo è stupendo ed eccellente ed eccellentemente ben spesso dà nel fantastico e nell'inconveniente.

Dijéronme que los temporales de León eran muy francos, y pensé que nacían por las calles manzanillas de oro, mas según vi, la franqueza era que no sabe acabar por poco, porque comienza en fresco y acaba en yelo, y su calor acaba en fuego; pueblo extremado.

Giunsi per queste vie alla chiesa Maggiore e poco prima d'entrare in essa m'incontrai in una truppa di giovanette, tanto folte e fisse tra loro, che pensai che fussero tanti bigati, vermicelli o cavallieri della seta, inghirlandati in fassinaccie di vite, conforme al stridare e frigere o stridere de' denti: et era che a piedi, ossia cortile o piazza (che quivi è il passeggio di molti signori) vi è una fontana, che la chiamano della regola del ben fare:

Llegué a la Iglesia Mayor, y poco antes de entrar en ella encontré con una tropa de mozas de cántaro que pensé que eran gorriones en sarmentera, según chillaban, y era que al pie del patio, que es el paseo de los señores de la iglesia está la fuente que llaman de Regla, no, a lo menos, por la que allí les vi tener, sino por la que fuera razón guardar junto a tan sacro lugar ya que está allí la fuente.

{Fonte d'ogni mese, che sia.} che altri con mala intenzione la nominavano la fonte d'ogni mese, applicandolo a noialtre donne; ma molti son puri come ranocchi, che non intenderanno ciò ch'io favelli; {Detti, motti, proverbi.} se tu pensi bene, bene avrai; e chi mal pensa, mal gli dia Dio; et è vero che chi mal fa, mal pensa; io penso bene e credemi certo, ch'io ti renderò pane per focaccia; non sai che chi la fa, l'aspetta? Non m'intorbidare l'acqua, lasciamiti dire come diritta passò la linea e ciò senza compasso o squadra, che saprai s'ella è fonte d'ogni mese.

{Giustina mira ed iscopre cose belle de' leonesi che alla fonte andavano.} Io m'era allontanata dalla buona regola, non perché non volesse vedere ciò che ivi si facessero i leonesi; anzi per poter meglio udire e vedere mi posi in un posto, che per ogni verso subito iscopriva cose nuove. Odimi. Non sì tosto mi fui posta nel mio posto, che a tutta posta sen venne una garzonotta, ch'era attesa alla posta e quivi senza correre posta, accordarono insieme la lor posta. Partitosi questo, se gli accostò un altro e nuova posta posero e se n'andò con Dio.

Mentre che la bella garzonotta empiva il vaso d'acqua, se gli accostò il terzo e dimandolli dell'acqua, ella fu cortese, lasciollo bere; ma il furbacchione attendeva più a cicalare, che a bere, né si partì da lei, che le promise quanto desiderava. La vigliacca picariglia votò il vaso più e più volte e sempre più e più volte appostava l'ora ed il luogo con qualche altro giovanotto ed in meno di un'ora s'appostò a quindici: quello seguisse non lo voglio sapere, ben so questo, che attendesi in simili negozi il mantenimento della parola più che forse non fanno i mercatanti, ch'eglino sovente per quella faliscono, che questi altri della loro giamai faliscono, ma colpiscono.

Mentre attesi a questa, se ne andò alla fonte una graziosa matrona per bere ed in un tratto se gli accostò per bere un bel gentiluomo e con poche parole insieme accordarono la piva. Ce ne vennero molte altre per simil effetto ed erano quelle che venivano alla fonte per bere, che quelle che andavano in chiesa per orare.

E però se io dissi ch'hanno del moresco, non errai. Io pensai che solo in quel giorno ciò si facesse: ma tutti i giorni erano ad un istesso modo e niun meno di ventiquattro ore. Nel vedere tanta frequenza restai attonita e viddi che il mondo è una gabbia di matti e che gli uomini e le donne peccano più di carne, che di pesce; e vedendo che la fonte della buona regola era un lago ed un abbisso di pessima regola, senza giamai esservi posta da chi deveva un'ottima regola, perloché ognuno giuocava a chi più senza regola sregolare si poteva:

et uscendo anch'io di regola (perché non è buona regola il voler vedere e sapere i fatti d'altri) viddi una fanciulla, che giunta ala fonte talmente s'abbeverò con una fissa attenzione d'occhi e di mente, che più fiate raccolse e votò l'acqua da una giara e ciò molto leggiadramente facendo si trattenne un pezzo: non così tosto ivi giunse un stalliere vigliacco, disgraziatissimo, che seco ridendo e ragionando stette a diporto più di mez'ora; non poco dolore doveva aver la sua padrona, che da rabbia venire le dovette un'ardente febre da sete ad aspettarla tanto.

Mas estaba tan ajena de regla, que yo vi moza que embebida en ver, oír y no callar, con un lacaísimo bellaquísimo, se entretuvo cogiendo y vaciando agua en su cántaro de barro más de media hora. ¡Dolor de su ama, si la estaba esperando con el frío de la calentura para que le echase ropa de la que le sobraba a ella! Lo que es la moza tardó mucho.

Di questa tardanza io perdono alla ragazzotta, perché con molta grazia e prontezza mi diede da bere col suo vaso d'acqua, che ancorché grossa e niente fresca, tuttavia era tale che per dove passava ella bagnava: e restai più obligata ed affezionata alla giarra per esser netta, lucida e ben lavata, che alla garzonotta, la quale puzzava da lavature di ravanigli, ch'è un certo fetore, che da noia a chi l'odora: almeno fusse stato odor di cipolle o di aglio, che questi incitano appetito ed è contra i cativi odori, di qui aviene che le cipolle si tengono sepolte nel cuore e l'aglio nascosto nel seno:

Yo la perdono, porque me dio a beber por su cántaro un poco de agua que, aunque gruesa y no nada fresca, por donde mojaba pasaba, y aficionéme más a su cántaro que a otro por ser el más enjuagado o enaguado, como dicen las ciliantristas.

 

 

{Motteggia Giustina i suoi compatriotti.} e quantunque sia tenuto celato, l'eccellenza della sua acutezza a luogo e tempo viene iscoperto e conosciuto da chi è avveduto: e chi ben attende ed intende, iscopre l'oro dal piombo e chiunque cerca ingannare, sovente resta egli ingannato; e non vi è froda che con la froda non si superi e vinca.

Bisogna guardarsi da questi odori, eppure regnano oltre a modo nelle gran case. {Avvertimenti che dà Giustina e sono mirabili.} Io so quello che dico, se tu non lo intendi, apri l'occhio con gli altri sentimenti; e non ti dolere se ti viene tolto il ferariuolo od il cappello: non chiuder gli occhi, non badare a belle e dolci parole e molto meno a larghe promesse, perché di queste non ve ne è mai carestia; guardati da bocca larga, credi, ma non credere a tutti ogni cosa: perché, se non anderai avvertito, non saprai dar né coppe, né spade; e per inavertenza starai tra il sì e 'l no; fa cervello, altrimenti non sarai né uccello, né elefante, né carne, né pesce;

e se ben mirarai, tu vederai ch'ella pende e ch'ella stravolge; o ch'ella è dentro o ch'ella è fuora; sappi fare come fece la garzonotta, ch'ella non si partì dalla fonte, se prima non concluse la pace e proseguilla. Chi è pazzo, è suo danno e molti che si credono d'esser savi, per non operar virtuosamente sono più pazzi degli altri. Mentre stavo riguardando gli altrui affari me si accostò una divota vecchiarella, la quale (per quello diceva lei) era tutta dedicata al ben fare: ma perché non avea casa da serbare le sue ipocrisie, da me la scacciai; allora tanto più mi si appressò e dissemi:

- Figlia non ti pensare che io sia una di quelle mona pianta il porro o mona schiffa il poco, come veramente è una mia comadre, che Dio la perdoni, la quale non fa altro che far servigi a questo ed a quello e fa l'onorata.

E questi dì passati ella mi narrò, mentre stavamo insieme a diporto, che non v'era negozio per grave ch'egli fusse, ch'ella non accordasse le parti; e dissemi un bello avvenimento, che se non t'incresce, lo ti dirò tutto, tutto, senza lasciargli un iota. Io ringraziai questa buona donna e per sodisfarla le promisi attenzione, conforme quel detto che chi ha orecchie intenda e chi ha danari spenda e come s'ella piantasse una vigna, così prese a dire:

 

 

Don Lucillo s'innamora di donna Stella, non trova come pervenire possa al suo desiato fine; ricorre a mona Scapina, donna vecchia ed oltremodo aveduta, la quale incamina con eccellenza i loro amori: istoria veramente notabilissima e di singolar considerazione.

 

 

{Eccellenza che cosa sia} L'eccellenza in tutte le professioni prevale e viene apprezzata con tal nome per l'eminenza ch'ella possiede, impiegandosi in azioni, nelle quali pochi vi giungono; e tanto più diviene illustre, quanto più ella s'appoggia ad alcuna virtù: ma accostandosi ad opere di vizio, ella si macchia col brutto nome d'infamia; {Scapina in eccellenza gran donna nel far servigi.} nulladimeno questo epiteto siami concesso, per questa volta tanto, di poterlo dare a mona Scapina mia comadre, perché nelle sue operazioni eccellentemente ella si adoperò: e questo epiteto di eccellente ella s'acquistò nel viziosamente impiegarsi, con ogni eccellente industria; che non eccellenza, ma infame vituperio si deve appellare.

{Vituperio infame, che sia.} (2)Voi bella giovane dovete più volte avere udito dire, i molti inganni, che sono stati fatti alle semplicette e incaute giovanotte dalli loro amanti e molti ancora dale medesime a' loro mariti. Le quali cose, sebbene vengono considerate con non poca difficoltà si possono condurre ad effetto; imperoché le giovanotte per la loro poca isperienza e li mariti troppo fidandosi, sono gli uni e gli altri con facilità ingannati.

Ciascuna di voi, vezzose donne e voi innamorati gioveni, ha più volte udito molti inganni fatti in gli amorosi casi alle semplicette ed incaute gioveni dalli loro amanti e molti ancora dalle medesime alli loro gelosi mariti ; quali cose, se bene considerate, con poca difficultà si possono ogni giorno condurre ad effetto imperò che e le gioveni con poca esperienza e li mariti delle mogli non guardandosi, possono facilmente essere ingannati.

Ma ora intendo raccontarvi una piacevole tela che ordì e tessette mia comadre, con così graziosi inganni che il marito avveduto e la moglie non meno accorta, ambedue in questi lacciuoli rimasero acchiappati; {L'interesse proprio acuisce l'ingegno.} perché più puote un vivace ingegno d'un giovane innamorato, col mezo di mona Scapina, che un'ostinata opinione di donna ed il cauto avvedimento d'un uomo maturo. Questa istoria, ch'è successa verissima in questa città et che ancor oggidì vivono, io la vi narrerò con ogni diligente fedeltà, cambiando solamente i nomi, per non offendere le persone che portano l'aggiunto di eccellenza ed incomincio.

Ma uno piacevole inganno, fatto da un semplicetto giovene a un cauto marito ed alla sua moglie da lui molto amata, intendo questa sera raccontarvi, per il quale vedrete aver molto maggior possanza un giovenile ingegno innamorato, che una ostinata opinione ed il cauto avvedimento dalli maturi anni. La qual cosa quantunque io per favola intenda raccontarvi, perciò che istoria fu e vivono ancora tutte le persone alle quali simile caso avvenne, cambiando li nomi per non offendere alcuno, per novella da voi sia accettata e novellando dico che

{Diceria singolare d'un grazioso innamoramento di don Lucillo e donna Stella.} In questa eccellentissima città di Leone, avvenne non ha molti mesi, che un cavaliere illustre di primo pelo e quasi senza pelo, ornato di signorilli e lodevoli costumi, chiamato per nome don Lucillo, si prese ad amare una principalissima gentildonna, appellata la signora donna Stella, oltre a modo bella, vezzosa e leggiadra, non meno che vaga e onesta: per lo cui amore niuna cosa lasciava di fare, quale egli pensava, che a lei piacesse o che fusse mezo ch'egli a lei piacer dovesse ed in ciò vi s'impegnò talmente in eccellenza e con ogni più diligente studio, che non si facevan feste, veglie, passatempi od alcuna sorte di nobile ricreazione, dove la signora donna Stella intervenisse, che don Lucillo quivi non fusse.

Pochi mesi sono, che nella città nostra avvenne, che un giovene di anni 18 in 19, di bellissima forma, di nobil sangue e di lodevoli costumi ornato, domandato Giulio, una Isabella giovene bellissima, leggiadra ed oltra modo vezzosa, non meno onesta che vaga, cominciò fortemente amare; per lo cui amore nessuna cosa lasciava di fare, quale egli pensava o a lei piacesse, o che mezzo gli fusse, che egli a lei piacer dovesse: e questa sola per sua faccenda presa, come sovente gl' innamorati gioveni fanno, a sonar il leuto, i flauti, le cornette, a cantare ed a danzare in tutto si diede; nè disinari, nozze o cene, o altro ritrovo si faceva, dove Isabella convenisse, che Giulio quivi subito non fosse:

Lascio stare le danze, i doni, le musiche e mille altre cose, che gli nobili amanti sogliono fare, che tutte don Lucillo le faceva. Et perch'egli s'avvide che tra le altre le musiche le erano di sommo gusto ed a don Flavio suo marito molto più piacevano, tanto continuò, che a ciascuno intrinsecamente era palese e suo marito ne sentiva non poco piacere: per la cui cagione spesse volte don Flavio, con donna Stella tra loro si motteggiavano: confidandosi però egli nella onestà e fedeltà della sua cara consorte.

lascio stare il far le maschere e gettar di limoni e lavori di prefumi, che li nostri gioveni il carnovale usano, ma poche notti erano ora d'una musica ed ora d'un'altra siml piacevolezza non le facesse con sommo piacere ascoltare. Per le quali dimostrazioni non solo ad Aurelio marito suo, che così aveva nome, l'amore di Giulio era manifesto, ma quasi a tutti li giaveni di Siena era noto, del quale spesse volte Aurelio con la sua Isabella si motteggiava, confidatosi nella onestà e fedeltà della sua cara donna.

Donna Stella, quantunque buona intenzione avesse, sì per la sua buona disposizione, sì per esser bene educata, sì ancora per gli amorevoli trattamenti che il marito gli faceva, non però gli dispiaceva che don Lucillo l'amasse e ciò ella tra tutte le dame si riputava a non picciolo favore: quantunque in apparenza fingesse non farne stima, né punto curarsene, sì come veggiamo fare alle belle e saggie donne, che per bello ricco, giovane e nobile, che s'abbiano il marito e sieno sommamente da lui amate, mai non mancano di usare tutti i modi, per li quali imaginar si possano dagli altri esser tenute belle,

Isabella dall'altra parte, quantunque buona intenzione tenesse, sì per la sua buona disposizione, sì ancora per gli amorevoli portamenti che il suo marito le faceva, noq però le dispiaceva da Giulio essere amata e fra l'altre donne a favore se lo reputava, quantunque sembiante facesse di lui punto non curarsi, sì come noi ogni giorno veggiamo che le belle donne fanno; imperò che per bello ricco giovene e nobile che si abbiano il marito. e da lui siano sommamene te amate, mai non mancano di usar tutti i modi, per li quali pensano essere dalli altri tenute belle;

e quantunque bellissime siano dalla natura prodotte, tuttavia con l'arte s'ingegnano molto più belle apparire e piuttosto vorriano che povera e poco onesta, che brutta e vecchia gli fusse detto: e se ad alcuna di queste, che cotanto si studiano in abbellirsi gli vien detto, perché lo fai?, subito rispondono, che ciò fanno per piacere a lor mariti; e se a lor piacciono senz'altra cosa, perché continuare di vieppiù piacergli?

e quantunque bellissime siano dalla natura prodotte, con l'arte s'ingegnano molto più apparire e più tosto vorriano che le fusse detto povera ed inonesta, che brutta e vecchia. E se ad alcuna di queste che cotanto si studiano, le è detto, perchè lo fai? subito rispondono, per piacere al mio marito al qual se piacciono, per continuare di piacergli rispondono,

Non si avveggono le sceme di cervello che molte cose fanno e usano, che molto più gli dispiacciono, com'è il pelarsi la fronte, lo isporcarsi la faccia, il portar le pianelle di soverchio alte ed il voler ogni giorno attendere a foggie e simili altre cose, quali molto più tolgono, che diano bellezze; anzi è un darsi liberamente in preda al demonio, il quale non manca di farle cadere in mille vergognosi e vituperevoli errori: onde ben spesso sono tentate e sollecitate così gagliardamente, che le meschine con le lor bellezze rimangono prese nella rete del vituperio e dell'infamia.

e non si avveggono che molte cose fanno ed usano cose, che molto più gli dispiacciono, come è il pelarsi la fronte e il portare le pianelle alte e simili altre cose, quai molto più tolgono che diano bellezze.

Con tutte queste cose però, a don Lucillo tornando, mai, se non di rado qualche amorevole sguardo avea potuto avere; e benché tentasse ogni via per condurre il suo amore a fine, quantunque poca speranza di ciò tenesse, a uno infra gli altri, più che tutti piacendogli, s'appigliò; e fu di mandargli qualche buona donna a parlare ed a significargli, come per lei ispasimava d'amore; ed in ciò si dispose di non perdonare a spesa alcuna.

Con tutte queste cose però, a Giulio tornando, mai se non qualche raro amorevole sguardo aver potuto non aveva; ed avvenga che più modi pensasse di condurre il suo amore a fine, quantunque poca speranza di ciò tenesse, a uno infra gli altri, più che tutti piacendogli, appigliò e fu di mandargli qualche buona dònna a parlarne e come per lei ardeva le manifestasse ed in ciò si dispose non perdonare a spesa alcuna;

Avea notizia egli di una garbata donna attempata, ma molto più sagace et avveduta e tenuta da ciascuno per persona dabbene et era e si manteneva presso le genti in tal concetto: chi non sa far l'arte, serri la bottega; bisogna saper scorticare per non intaccare la pelle: ella nel far servigi valeva un messico; ed era tanto pronta, che per servire altrui, lasciava il certo, per l'incerto, servendo al demonio, disservendo a Iddio; percioché lasciava ogni opera di Dio, per attendere a' servigi del mondo e della carne; non accorgendosi che 'l male è male e che il bene è bene, né questo fu mai troppo. Costei adunque trovata da don Lucillo, le disse:

ed avendo notizia d'una Bonda, che in Camoglia dimorava, donna molto atta a simili officii, come quella che avendo la gioventù ne servigi d'amore pesa, per carità molto volentieri per farla ad altri cosi spendere s'affaticava e prima lasciarebbe d'udir la messa, dir la corona, o andare alla predica, che di far una ambasciata da uno innamorato impostale, ancor che non ci rimanga convento di frati che ella tutto il giorno non visiti e pochi vespri si dicono che ella non voglia udire essendo sempre l'ultima che esca di chiesa, per poter meglio intendere e vedere ciò ohe il tal giovine ragionava e chi egli guars dasse e ciò che mona tale con la sua vicina parlasse; con tutte ha che fare, mai non le manca che dire, sa sempre ciò ohe si fa per tutta la città ed il contado. Costei adunque trovata Giulio, le disse:

- Mona Scapina (che, come vi dissi, tal era il suo nome) la buona fama vostra ha fatto che volentieri son venuto con ogni sicurtà da voi, accioché ci adopriate per me in un grandissimo mio affanno. Dovete sapere che de' giovani è costume lo innamorarsi, ma la mia mala fortuna vuole, ch'io abbia collocato il mio amore in una gentildonna, che nulla corrispondenza ricevo, solo per mezo vostro spero quel conforto e quella consolazione, che amor mi sprona a dover conseguire: voi sola adunque mi potete porgere aiuto; nelle vostre mani sta la mia allegrezza, da voi dipende la mia salute ed in voi sola sta ogni mio gaudio ed ogni mia letizia;

- Mona Bonda, la buona fama vostra ha fatto che volentieri so' venuto a pigliar sicurtà di voi. Come voi sapete, è costume de gioveni essere innamorati e la mia mala fortuna vuole che a una, dalla quale se non per vostro mezzo non ispero mai aver una parola il mio amore in tutto abbia donato. Voi adunque sola mi potete aiutare, in mano vostra sta la mia salute;

aiutatemi ve ne prego ed in ogni vostra occorrenza disponete di me e di quanto vaglio e posso, che sempre mi trovarete pronto, certificandovi che giamai fui ingrato a chi mi fece beneficio. Et perché vi conosco savia savia, in voi commetto il mio amore e vi prego a degnarvi d'andare dalla signora donna Stella moglie dell'illustre signor don Flavio, se la conoscete e con quel modo che sapete, salutarla a mio nome e molto raccomandarmegli.

A cui mona Scapina, così rispose:

aiutatemi, ve ne prego e disponete di me quanto che io vaglio, della roba e della persona, che mai non fui ingrato a ohi mi fe beneficii. E perciò che sete savia in voi commetto il mio amore, che degnia te andare a parlare a Isabella moglie d'Aurelio, se la conoscete e con quel modo che sapete, molto raccomandarmele.

Al quale Bonda, postasi però prima a sedere, così rispose:

- Signor don Lucillo, egli è vero ch'io sono stata sempre molto desiderosa di far piacere agli uomini dabbene e molto più a gentiluomini pari vostri, così quando io ero giovane, come ora che sono a questa età ridotta, riservata però sempre l'onestà mia, perché ancorché gravato sia dagli anni, ho nulladimeno in tutto il corso di mia vita riverita questa nobile virtù; sapendo che onestà e gentilezza, sopravanza ogni bellezza: anzi communemente si dice che l'onestà si conviene fin in chiasso.

- Giulio egli è vero che io sono stata sempre molto desiderosa in far piacere agli uomini da bene, così quando io ero giovane come ora, salvata sempre la mia onestà.

Et se Iddio mi guardi due belle figliuole, che io ho, quali sono il bastone della mia vecchiaia, che mai simili cose ho voluto fare: ed ora questo poco di tempo che mi resta, lo voglio spendere in andare alle perdonanze, in visitare le chiese e quanto più posso in servire Iddio; perché è meglio ravvedersi una volta, che mai; e Dio lo sa che molte volte sono stata ricercata di queste cose ed anche delle mie figlie proprie da personaggi grandi, alle quali mai dir nulla; ma se da per loro si danno attorno, chi per farsi una veste, chi una sottana, chi una collanetta d'oro, chi un anello con un diamantino e chi una cosa et chi un'altra, ciò si hanno procacciato da qualche amico ed io le ho lasciate fare, ch'io per me non mi voglio privare di vita in voler vedere ogni cosa per minuto purché l'onestà professino: che perciò io sono così ben voluta, quanto un'altra mia pari.

Ma se Iddio mi guardi due figliuole che io ho quali sono il bastone della mia vecchiaia che mai simili cose nou ho voluto fare . Ed ora mai questo poco del tempo che mi resta in andare alle perdonanze in visitare le chiese ed a servire a Dio lo voglio spendere; e Dio lo sa che molte volte di queste cose sono stata ricercata e dello mie figlie proprie, a quai mai non volsi dir cavelle; ma se da per loro chi per farsi una camurra e chi per farsi un par di maniche si hanno qualche amico procacciato le ho lasciate fare, ch' io per me non ne voglio esser tenuta a rendere conto in l'altro mondo; e dicoti che io credo esser cosi ben voluta, quanto un' altra mia pari.

Signor Lucillo, mi dite s'io conosco il signor don Flavio e la signora donna Stella sua moglie? Et qual donna o fanciulla da dieci anni in su è in questa città o dongella o maritata ch'io non conosca? Pochissime case ci sono di cittadin e gentiluomini, ch'io non vi abbia domestichezza e pratica per il sottil filato ch'io fo; non voglio che un'altra e sia che si voglia, mi levi il fuso di mano.

E mi dici se conosco Aurelio e la sua moglie? E qual donna o fanciulla da dieci anni in su è in questa terra, o vuoi pulzella o maritata che io non conosca? che pochissime case ci sono di cittadini che io non vi abbia domestichezza e pratica, per il filato che io fo, che non voglio ch'un' altra quai si voglia mi levi il fuso di mano.

Oltre di ciò delicatamente racconcio camicie a' scolari, cappe e braghesse a' poveri religiosi e faccio loro qualche servigio per carità; sicché non vi è palaggio, casa o stanza, ove io stata non sia e così non vi è uomo e donna, piccioli e grandi, che da loro per vecchia dabbene ed onesta sia conosciuta; e voglio che di più sappiate, che vostra madre mi fu tanto amica, quanto mai dir si potesse; e tutte le sottili tele, ch'ella fece a donna Sanchis vostra sorella, le filai io con queste mani.

Io racconcio camicie a scolari, cappe a frati, fa servigi a monache, tal che in Sapienzia, né fuore, non vi è scolare che non mi conosca in tanto Francesco, santo Domenico santo Augustino, frate non vi è che io nota sia stata in la sua cella mille volte. Delle monache non dico niente, che senza dispensa io entro per tutti li monasteri e per la grazia di Dio oggimai io so' conosciuta e vo' che tu sappi più oltre che tua madre mi fu tanto amica, quanto mai dir si potesse e tutte le donamenta che ella fecè a Ginevra tua sorella, le filai io con queste mani.

Oh quanto bene ho io avuto da quella felicissima gentildonna, che Iddio le doni pace all'anima; ma doppo che ella morì, non avendo voi donne in casa, non vi sarei venuta, perché non è bene entrar nel fiume, se non si vede l'acqua chiara. Non mi maraviglio che vostra signoria non si ricordi di queste cosarelle e non m'abbia in memoria, perciocché da tre anni addietro voi eravate quasi si può dire fanciullo; ora siete fatto così bel giovane e come sete grande, in ogni parte assomigliate per appunto al vostro avolo, che fu il più bel giovane ed il più compiuto cavaliere di Leone,

Oh quanto bene ho io avuto da quella donna, che Iddio le facci pace all' anima; ma poi che ella morì, non avendo voi donne in casa, non vi sarei venuta e non mi maraviglio che tu non ti ricordi di quest cose, o non m'abbi in memoria perciocché da tre anni in là tu eri si può dire un fanciullo, ora sei fatto sì bel giovene. Oh come tu sei grande! Tu somigli tutto il tuo nonno che fu il più bel giovene di Siena;

che Dio vi benedica, dolce signor mio, che perciò ben farei di scortese e sareimi dimenticato de' benefici ricevuti, se in quello io potessi, non vi servissi; ancorché questa non sia mia professione, pure per vostro amore, sonovi per porre la vita; e dicovi più oltre, che se delle mie figlie proprie appena mi avesse vostra signoria richiesto, non vi averei saputo dir di no, tanto è il bene e l' amore che alla vostra illustrissima casa ho portato e porto.

che Dio ti benedica, figliuolo! Donde ben sarei io discortese e saremi dimenticato de' benefici ricevuti, se in quello potesse non ti servisse benché questa non sia mia arte, pur per tuo amore so' per metter la vita e dicoti più là che se delle mie figlie proprie a pena m'avessi richiesto, non ti saprei dire di no, tanto è il bene e lo amore che alla tua casa ho portato e porto.

Questa ultima conclusione di Scapina fece tutto rallegrare don Lucillo, che sin allora l'avea fatto star molto dubbioso, non conoscendo bene la natura di simili persone, quali celebrando la onestà, aprono le catarate d'ogni disonestà e non vi è sì gran male, che picciolo non li paia. Onde da questo suo parlare preso animo, più largamente l' animò e manifestandoli l'intenzione sua, conchiusero insieme che il giorno seguente la dovesse andar a trovare; e da lei accomiatossi.

Questa ultima conclusione di Bonda fece tutto rallegrate Giulio, dove infino allora l'aveva fatto stare molto dubbioso, non conoscendo bene la natura di simili persone, quai predicando la castità e non è sì gran male che loro' non paia piccolo, se male però si può dire aiutare gl' innamorati gioveni ; e da questo suo parlare preso animo, più largamente l' animo suo manifestandole, rimasti che il giorno seguente la dovesse ire a trovare, da lei accomiatossi.

Scapina il giorno seguente, poco doppo vespero, in tempo che don Flavio in casa non era, a donna Stella se n'andò ed entrata in casa e della padrona addimandando, in sala se ne venne, dove arrivata, donna Stella, che non la conosceva, forte maravigliandosi che così domesticamente in casa le fusse venuta, le domandò ciò ch'ella andasse cercando.

Bonda, l'altro giorno, passato di poco vespero, all'ora che Aurelio in casa non fusse, ad Isabella se ne andò ed in casa entrata, della padrona domandando, in sala se ne venne, dove arrivata, Isabella che non la conosceva, forte maravigliandosi che così domesticamente in casa le fosse venuta, la domandò ciò che ella andasse cercando.

La Scapina le rispose che filato sottile le portava a vedere, sendogli stato detto ch'ella ne cercava; e trattosi fuori dalla manica una scatoletta con circa quattro oncie di filato da un scudo d'oro l'oncia li lo mostrò: e sopra questo traendo lunghi ragionamenti, mostrandogli di quanta utilità fussero in una casa e nobilissima com'era la sua e raccontadoli mille filistrocche e quanto ne avea venduto e che fino a Madrid ne avea mandato e ciò dicendo entrò in ragionamento della cara amiciza ch'avea avuta con la signora donna Eloisa sua madre, gli servigi e i favori, che da quella ricevuti avea e molte altre simili ciancie; dopo le quali, soggiunse:

Alla quale Bonda, che filato sottile per fare sciugatoi le portava a vendere, rispose, perciò che detto le era stato che ella ne cercava; e trattasi fuor della manica una scatoletta con circa quattro oncie di filato da uno fiorino l'oncia, le mostrò e sopra questo traendo lunghi ragionamenti, mostrandole quanto era buon guadagno far questi sciugatoi, raccontandole quanto ella ne avea vendutoentrò in parlamento dell' amicizia aveva avuta con sua madre, delliservigi aveva da quella ricevuti e molte di simili ciance. Dopo le quai soggiunse:

- Oh che viver tristo è oggidì venuto; oh come sono pronti li giovani di questi secoli. Udite bellissima signora, vi prego: mentre venivo qui in casa di vostra signoria, ci fu un gentilissimo giovane, cavaliere onoratissimo, che solo a nome lo conosco e si chiama il signor don Lucillo, dal quale io mi sarei, per così dire, confessata, ch'ebbe ardire di dirmi, se lo volevo menare in casa, che sotto la mia veste se ne sarebbe venuto; guardate che bella gentilezza di giovani nobili; oh che bella creanza di un tal personaggio.

La signora donna Stella a queste parole non rispondendo, sorrise alquanto, non pensando però a quello volessero riuscire. Scapina ciò veduto, prese ardire e soggiungendo disse:

- Oh che viver tristo è oggi venuto! come sono pronti li gioveni dal di d'oggi! Mentre venivo qui in casa vostra, fu un giovene, che solo a nome lo conosco, chiamato Giulio, dal quale io mi sarei confessata, che ebbe ardir di dirmi, se lo volevo menare in casa, che verrebbe sotto la mia vesta; che Iddio gli tolga il malanno; guardate che bella gentilezza.

Isabella a queste parole non rispondendo, sorrise alquanto, non pensando però a quello volessero riuscire. Di che Bonda preso ardire, soggionse:

- In verità, signora, che voi mi parete più bella che mai: sete grassa e lieta, sete rossa e fresca come una rosa; avete in ciò gran ragione, perché sete ancora fanciulla e mi pare che fosse ieri quando la vostra signora madre vi menava alla messa o per tutto dove andava. Oh che direte ch'egli ebbe anche ardire di dirmi: "Di grazia, vi prego, raccomandatemi alla signora donna Stella". E molte altre cose dissemi, ch'io giammai non vi direi.

- Se Iddio vi mantenga, voi mi parete più bella che mai e sete grassa e fresca come una rosa', benché sete ancora una fanciulla, che fu pur ieri che mi ricordo che vostra madre vi menava alla messa e per tutto dove andava. O che direte che anco ebbe ardir di dirmi: "Raccomandatemi alla padrona di casa?" e molte altre cose, quai non vi direi.

La gentildonna restò tutta confusa, piacendole l'udire ragionare di don Lucillo, sapendo ella che molto l'amava e perciò non poco temeva ragionar di lui con costei, dubitando causar qualche notabile errore: tuttavia usando prudenza, riprese Scapina imponendogli che più in casa non li venisse. Al cui dire replicando la buona vecchia e iscusandosi, tanto fece e disse, che non la lasciò scorrucciata; e promisele un altro giorno di ritornare con altro filato più bello e pigliando congedo, da lei si partì. Non guari stette, ch'ella si rincontrò in don Lucillo, a cui narrò tutto il successo e che per nulla non dubitasse, imperoché costume era di ciascuna donna di sempre negare cose simili, ancorché tutto ciò bramassero; che però lasciasse far a lei, che in pochi giorni lo farebbe contento.

Isabella restò tutta confusa; piacendole ardir ragionar di Giulio, perciò che sapeva che molto l'amava, temeva a parlar con costei non causare errore, di lei non si fidava e al fine con parole ritrose riprese Bonda, dicendole che più in casa non le venisse. A cui Bonda replicando ed escusandosi, tanto fece che non la lasciò scorrucciata e promessole di ritornare con altro filato più bello, si partì. E ritrovato Giulio tutto il successo gli narrò, dicendogli per nulla dubitasse imperò che costume era di ciascuna donna sempre simili cose negare ancor che le volessero e che lasciasse fare a lei, che fra pochi giorni il farebbe contento.

- Sebbene io vivo scontenta, che avendo pagata ad uno quattro staia di farina di frumento, ancora non era giunta e la famiglia pativa, però caro il mio signor don Lucillo prestatemi due sacchi di farina o di grano, che oltre il restituirvelo, io ve ne rimarrò per mai sempre obligata.

Don Lucillo, intese il tenore della lettera d'avviso e subito le rispose:

- Sappi Scapina mia, che non solo farina, ma vino, oglio, sale e danari, non sono per lasciarti mancare; usa pure tu ogni diligenza, che nel resto da me rimarrai contenta e sodisfatta.

Vero è che, per esser li soldati per tutto il contado, non aveva potuto far venire un poco di grano, che aveva comprato da un contadino di Val d'Arbia e che grande obbligo gli arebbe se un poco di grano o farina le prestasse. Giulio, che intese lettera per parte, le disse che di quello e del vino ed altre cose mai non le lasciarebbe mancare e che usasse la diligenzia sua, che da lui si terrà contenta.

Ella ciò udendo, con più efficaccia promise di adoperarsi; e tutta allegra, pensando alla farina ed altre cose guadagnate, da lui prese comiato. Don Lucillo la sera stessa mandò a Scapina tre sacchi di farina, due barili di vino ed altre cosarelle, imponendo al servitore, ch'ella non si dimenticasse del suo servigio. Ascoltami pure ch'io seguito.

 

 

Mona Scapina con la sua astuzia ed avedutezza conduce a buon fine gli amori del cavaliere don Lucillo e di donna Stella: avvertimento di non mai fidarsi di donna vagante.

 

 

Ella di nuovo con più efficacia promettendogli, tutta allegra, pensando alla farina aveva guadagnata, prese comiato. Giulio, la sera medesima, le mandò un sacco di farina ed un barile di vino, ricordandole la sua faccenda.

Mona Scapina il giorno seguente alla medesima ora andò a ritrovare la signora donna Stella, portandole certo refe riccio e candido come neve, d'Italia ed alquante cordelline di seta ed oro a donare ed infine un vaso di cristallo muranese di Venezia pieno d'un acqua da viso molto odorifero e del filato simile al primo; dove arrivata ancorché donna Stella in su la prima giunta non le facesse molto buon viso, nondimeno ella dimostrandosi tutta festevole, sorridendo ed aguzzando i suoi ferri, per ricercarla per la punta e non uscir mai del solco, ma dirizzando la mira per colpire, disse:

Mona Bonda, il giorno seguente, alla medesima ora, andò a ritrovare Isabella, portandole certo refe curato e cordelline a donare ed un fiasco d'acqua da viso molto odorifera, con certo filato simile al primo i dove arrivata, ancor che Isabella in sa la prima giunta non le facesse molto buon viso ella tutta festevole, sorridendo disse:

- Signora donna Stella, io ho avuto un gran dolore da ieri in qua, pensando e ripensando come per niente, quasi che vi corrucciaste. Signora è mia usanza di cianciare sempre con le belle, come sete voi; e promettovi ch'io giamai mi addirerei per cosa che mi diceste: pregovi nobilissima signora vogliate parimente far meco il simigliante e siate certa che quando mi averete in pratica, non vi spiacerà ch'io venga alcuna volta a visitarvi, imperoché vi posso in molte cose non poco giovare; sapete pure che ne' vecchi regna il prudente sapere e di loro bisogna farne stima e perciò io ho segreti di levare i peli, siano dove si vogliano e che mai più non rinascano;

- Madonna, io ho avuto un gran dolore da ieri in qua, quando ho pensato che come per niente, si può dire, quasi vi scorrucciaste. E' mia usanza il cianciare sempre con le belle, come sete voi ed io con voi mai non m' adirerei per cosa che voi mi diceste; pregovi vogliate parimente far meco il simigliante e siate certa, quando mi conoscerete, non vi dispiacerà vi venga alcuna volta a visitare, imperocché vi posso in molte cose giovare, lo ho secreti di levar peli donde si voglia, che mai più non rinascano;

io so fare acque da viso di più sorti, chiare quanto è un cristallo e faccione di quelle che mantengono il viso bello e fresco, com'è il vostro e di quelle che fanno lustrare come un avorio e di quelle che fanno la pelle liscia, morbida e tirata, che di queste non ne avete voi punto bisogno; per fare e conciare solimati, non cedo né al Mattiuolo, né al Clussio, né al Monardes, né al Capo di Vacca, né all'Acquapendente, né al Mercuriale e neanche al mercato protomedico del re don Filippo II nostro signore, né ad altri chi si sia, benché questo lo stimo poco, perché sono lisci da chi ha poco ingegno: ed accioché vediate, faccio di fatti, come di parole.

E subito trattasi di saccoccia una fiaschetta in man gliela diede, dicendo:

io so fare acque da viso di più forti, chiare quanto un cristallo e di quelle fo che mantengono il viso bello e fresco, come sete voi e di quelle che fanno lustrare come uno avorio, di quelle che fanno ritirare la pelle, ben che di queste non ne avete bisogno, da conciare solimati, né il Gratino, né altro speziale voglio mi sieno ragazzini, ben che questo lo stimo poco, perciò che sono lisci da chi ha poco ingegno. Ed acciò vediate fo di fatti come di parole, trattasi di sotto una fiaschetta, in mano gliela diede, dicendo:

- Questa vostra signoria resterà servita d'accettare per mio amore, qual è della prima sorte, ch'io dissi.

E poco dopo appresentoli il refe e le cordeline e disse:

- E queste ancora son di vostra signoria, le quali cosarelle mi furono date da una gentildonna amica mia ed io non adoperandole, non saprei in chi meglio collocarle, che nella gentilissima persona vostra.

- Questa accettarete per mio amore, quale è della, prima che io dissi.

Ed indi appresso datole, il refe e le cordelline, disse:

- E queste ancora son vostre, quali alli dì passati mi mostrò una monaca di santo Prospero amica mia ed io non operandole, non saprei, a chi meglio allogarle che a voi.

La signora donna Stella vedute queste cose sommamente li piacquero e per le soverchie ed avviluppate parole di Scapina, non seppe altro che dirle, se non che corrucciata non era e che quelle cose gli erano molto care e non poco ringraziandola le disse che in avvenire dovesse valersi e di lei e di quanto potea e valea, con ogni sicurtà; e chiamata la serva gli fece dare due forme di cacio, dicendo:

Isabella, vedute queste cose, quai sommamente le piacevano, avendola colei avviluppata di parole, non seppe altro che dirle, se non che scorrueciata non era e che quelle cose aveva molto care, ringraziandola e che pigliasse di lei sicurtà; e chiamata la servale fece dare due forme di cacio, dicendo:

- Voglio che questo carnovale facciate grasse e condite le vivande per mio amore; non pensando queste sue liberalità dove avessero a riuscire.

Quietato il bollore delle cerimonie e d'una in un'altra cosa entrando, la Scapina rientrò anch'ella ne' suoi affari, addimandando alla signora donna Stella, se il signor don Lucillo era suo parente, poiché tanto dimandava di lei. Allor ella rispondendogli, disse che notabilissimo mancamento di quelle che alli loro mariti rompono la fede e ch'ella si lasciaria prima ammazzare, che a tal termine si conducesse.

A cui Scapina, disse:

- Voglio che questo carnovale facciate i migliacci per mio amore; non pensando queste sue liberalità dove a vessino a riuscire.

Ritornando mona Bonda al filato, l'entrò in ragionamento di Giulio con domandarle s'era suo parente, poi che tanto la domandava di lei. Isabella cominciò a rispondere, mostrandole quanto era mancamento di quelle che alli lor mariti rompono la fede e che ella prima si lasciarla ammazzare che a tal termine si conducesse. A cui Bonda:

- Certamente vostra signoria parla come le gentildonne dabbene ed io per me, ancorché povera cittadina, sono stata una di quelle che giamai parola non ne volsi udire; però se li nostri mariti avessero tanto rispetto a noi, quanto vogliono che noi abbiamo a loro, sarebbe molto ragionevole cotesto; ma veggio che bella o brutta che sia la moglie, che loro si contentarieno di una sola mano, che d'una sola donna: perché ora con la parente, ora con la cameriera, con la balia e con la di villa ed ora con la vicina e con cente altre sporchette e veramente sporche, in mille modi contaminano e macchiano il gran sacramento del matrimonio; e che più per le botteghe e nelle radunanze la sera l'uno con l'altro se ne vantano; e per legge gli è concesso che contra di loro di ciò, non si tenga ragione: e le povere donne meschinelle, s'elleno sono viste più d'una volta alle finestre, subito son poste in bocca di ognuno.

- Certamente voi parlate come le donne da bene ; ed io per ine sono stata una di coteste, che mai non ne volsi udir parola i però se li nostri mariti avessero tanto rispetto a noi, quanto vogliono che noi abbiamo a loro, sarebbe molto ragionevole cotesto; ma veggio che bella o brutta che sia la moglie, che loro prima si contentarieno d'una sola mano, che d'una sola donna; ed or con la balia, or con la serva, ora con la mezzaiuola e con mille altre zambracche tutto il giorno s'impacciano; e che più! per le botteghe la sera a veglia l'uno con altro se ne vanta e per legge gli è concesso che contra di loro di questa non si tenga ragione e le povere donne meschinelle, se le son viste più d una volta alle finestre, subito son portate per bocca.

In verità che questa è una ingiusta usanza ed io per me s'avessi a ritornar giovane, so ch'io vorrei non mi rimanesse addietro alcuna voglia. Vero è, poiché alle donne è tanta vergogna, che il trarsi le voglie è bene farlo con prudenza e segretezza e con persone che vaglia la spesa, com'è don Lucillo, del quale pur dianzi ragionavamo e parmi esser certa che chi lo fa, come ho detto, che aiuti a scontare le ingiurie fatte dal suo marito; imperocché se per una volta che 'l marito non osservi fede alla moglie, essa parimente si provvedesse, il conto saria chiaro, che sono su e su; e così niuno di loro si può dolere, passando le partite pari.

Non poté la signora donna Stella a questo sodo dire tener le risa, benché turbata si mostrasse nell'aspetto e disse:

Alla croce di Dio, che questa è una ingiusta usanza ! ed io per me se avessi a tornare in ieri, so ch'io vorrei non mi rimane se a dietro alcuna voglia. Vero è, poi che alle donne è cotanta vergogna, che è bene farlo con prudenzia, segreto e con persone che vaglia la spesa, come è quel giovene del quale pur dianzi ragionavamo e parrai essere certa che chi lo fa come ho detto; ch'aiuti a scontare li peccati del suo maria to nell' altro mondo; imperocché se per una volta che 'l marito non osservi alla moglie, la donna parimente si provede, questo è chiaro, che sono sa e su e così uessuno ha fatto errore alcuno.

Non poté Isabella a questo tener le risa, beo che turbata si mostrasse nell' aspetto e disse:

- Voi mi parete una dottora di Salamanca, ma queste cose sono pure di chi ha poco cervello e chi le vuol fare, le faccia, ch' io per me, Scapina cara, sono risoluta di non conoscere altri che 'l mio signore don Flavio, né manco voglio sapere se egli altre conosca, che di ciò potrei addurti molti essempi a mia difesa.

- Voi mi parete una maestra di teologia, ma queste son cose pur da chi ha poco cervello, Bonda e chi le vuol far le faccia, ch' io per me son risoluta di non conoscer altri che 'l mio Aurelio nè manco voglio sapere se egli altre conosca.

Finalmente Scapina replicando e donna Stella rispondendo, vennero a tanto, che la Scapina le disse, che dalla sua nobile presenza non era per partire, s'ella non le desse qualche risposta, da poter riportare da sua parte a don Lucillo, accioché più non gli desse molestia. Allora la signora donna Stella, come per ischernire la Scapina, le disse che gli dicesse che queste simili cose ella non faria mai, senza licenza del suo marito e che s'egli le voleva parlare, venir dovesse in casa, quando il signor don Flavio suo marito vi fusse, che allora l'ascolterebbe, altrimente no. Scapina non parendogli che a suo modo avesse risposto, tornò a pregarla, ma invano, percioché da lei licenziandosi si ritirò in un'altra stanza.

E finalmente Bonda replicando ed Isabella rispondendo, vennero a tanto che Bonda le disse, che quindi mai non partirebbe s' ella non le desse qualche risposta, quale ella avesse a dire a Giulio, acciocché più non le desse molestia s alla quale Isabella come per iscorgerla disse, che gli dicesse che queste cose non faria senza licenzia del suo marito e che s'egli le voleva parlare, che venisse in casa quando vi era Aurelio ed allora l'ascoltarebbe, altrimenti no. Bonda, non parendole aver risposta a suo modo, pur la pregava. Alla quale Isabella data licenzia, in camera se ne andò.

Ritornata Scapina a don Lucillo, a prima vista gli addimandò una doppia, che disse d'aver speso nell'acqua, nel refe e nelle cordelline, che per parte sua alla signora donna Stella donare avea e che a lei desse la mancia, che poi gli direbbe cosa che lo farebbe felice. Il signor don Lucillo messo mano alla borsa, le diede quattro scudi d'oro, pregandola che quanto avea fatto li dicesse; a cui Scapina spiegatamente narrò ogni cosa, insertando e aggiungendovi ancora sovente del suo e la conclusione che riportatane aveva gli disse. Alla quale don Lucillo rispose:

Ritornata Bonda a Giulio, in prima gli domandò due ducati che aveva spesi in acqua, refe e cordelline, che alla sua Isabella aveva donate e poi gli disse che gli direbbe cosa che lo farà felice Giulio messo mano alla borsa, le diede due ducati d'oro, pregandola che quanto aveva fatto gli dicesse al quale fionda ogni cosa di tutti li ragionamenti avevano avuti raccontando, aggiungendovi ancora spesso del suo, la conclusione che riportata n' aveva gli disse. Alla quale Giulio rispose:

- E in che modo sarò io felice, se mi conviene pigliar licenza dal marito?

- Non vi sgomentate, signore, disse Scapina, ch'io ho pensato un buono e sicuro modo, con il quale voi entrarete in casa ed il marito istesso vi metterà con esso lei in camera.

- Io non voglio altro che questo, disse don Lucillo.

E narratogli quanto avea ella pensato, dettero ordine per il giorno seguente a tutto quello ch'havevano di bisogno; e così in su l'ora del disinare, fatto vestire da donna il signor don Lucillo, di vestimenta da villana, con un sciugatoio di grossa tela in testa e sopra si pose un fagotto di stoppa, con un anello d'argento in dito e una rocca a lato e con un cestellotto in braccio e una eccellente vecchia seco,

- E in che modo sarò felice, se ne ho a prender licenzia dal marito?

-Ho pensato un buon modo, disse Bonda, con il quale gli entrarai in casa ed il marito istesso ti metterà seco in camera se poi non saprai fare, tuo danno.

- Già non voglio altro, disse Giulio e narratole quanto aveva pensato, dettero ordine il giorno seguente a tutte le cose avevano di bisogno. E cosi in su l'ora del disinare, fatto vestire a donna Giulio, di panni da villana, con uno sciugatoio grosso in testa e sopra una balla di stoppa, con uno anche io d' argento in dito ed una rocca a lato, con un panieri in braccio ed una vecchia seco,

per la via che dalla porta veniva, per dove alla casa del signor don Flavio si passava s'inviò; e come se dalla porta venisse, in casa della signora donna Stella entratosene, su in sala, senza altrimente chiamare se ne venne, dove arrivata, subito quasi piangendo, don Lucillo cominciò a parlare al signor don Flavio in tal guisa:

per la via che dalla porta veniva, donde si passava alla casa d'Aurelio, s'inviò e come se dalla porta venisse, in casa di Isabella intratosene, su in sala, senza altrimenti chiamare, se ne venne, dove arrivata, subito quasi piangendo, Giulio al padrone in tal guisa a parlare cominciò:

- Mi vi raccomando signore et per l'amor di Dio fate che in casa vostra io sia sicura.

Alla quale don Flavio, tutto da grande ammirazione preso, disse:

- Sorella non dubitate e che cosa avete?

A cui la vecchia, che in sua compagnia era, acciocché don Lucillo conosciuto non fusse, seguitando disse:

- Mi vi raccomando, gentil uomo, per l'amore dì Dio, fate che in casa vostra io sia sicura.

Alla quale Aurelio tutto da grande ammirazione preso, disse a Madonna:

- Non dubitate, che cosa avete?

A cui la vecchia, che in sua compagnia era, acciocché Giulio conosciuto non fusse, seguitando, disse a Gentiluomo:

- Signore, questa giovane quantunque in abito paia villana, come son io, è niente di meno gentildonna e moglie del tal cavaliere e nominò un nostro gentiluomo, il quale per certo omicidio è fuori della città e ritrovandosi il suo marito non molto di qui lontano, desiderava che ella altresì collà se ne andasse; e perché per comandamento del signor viceré è stato ordinato che niuno esca della città, sia chi esser si voglia; pure ella per ubbidire al marito suo, con questo s'ha imaginato di non essere conosciuta; ma quando fussimo alla porta o ch'ella troppo tepida e vergognosamente andasse o che disgrazia si fusse la nostra, quelle guardie che fiso la cominciavano a guardare, troppo bene conobbero che non era contadina; ed uno di loro disse:

- Questa quantunque in abito paia villana, come so' io, è nientedimeno gentildonna i e moglie del tale (e ricordò un nostro cittadino, quale era stato fuore qualche anno) e come sapete il marito suo ritrovandosi fuore, desiderava ch'ella altresì alle loro possessioni se ne andasse; e perciocché per comandamento degli Otto si è ordinato che nessun cittadino o cittadina esca fuore ella, per ubbidire al suo marito con questo abito s' avvisava non esser conosciuta. Ma come alla porta fummo, o che ella troppo vergognosamente andasseo che disgrafia si fusse la nostra, quelle guardie cosi fiso la cominciamo a guardare, che troppo bene conobbero che non era contadina ed una di loro disse:

"Signora ritornate la stoppa a casa, che oggi non la portarete in villa a filare e se di questo taglio fussero le mie contadinelle, qui nella città e non in villa presso di me le terrei, che per mia fé il vostro non è viso d'andare a dormire con villani e però meglio starete nella città". A costui nulla replicammo, accioché non cercassero meglio conoscerci, subito addietro ci rivoltammo e siamo senza mai guardare se ci seguiano quivi in casa vostra rifuggite, acciocché se nella nostra fussemo andate, non avessero saputo; mandandoci dietro e visto la sua abitazione, avessero di poi questa afflitta meschinella condannata in mille scudi d'oro conforne alla publicazione del bando;

"Madonna, ritornate a rendere la stoppa, che oggi non la portarete voi a filare, ma se con me volete stare, non Che stoppa, ma lino vi darò da filare: e se così fusseno le mie mezzaiuolo, in Siena e non in villa le terrei, che per mia fe il vostro non è viso d'andare a dormire con villani e però meglio starete nella città". A cui noi niente replicando acciò che non cercassero meglio conoscerci, subito in dietro ci rivoltammo e siamo, senza mai guardare se ci seguivano, quivi in casa vostra rifuggite, acciocché se in la nostra fussemo andate, non avesseno saputo, mandandoci dietro e visto dove entravamo e di poi questa meschiaella In mille ducati avessero condennata, com'è ito il bando.

ora sebbene qua siamo entrate, potrete ben dire che per la porta di dietro siamo uscite e che non ci avete viste; oltre che è manifesto che vostra signoria non ha donne non ch'abbiano necessità d'uscir di Leone in tal guisa.

Ora se bene qua siamo entrate, potrete ben dire che per la porta di dietro siamo uscite e che non ci avete viste s e bene è manifesto che voi donne non avete che abbiano in cotal guisa a uscir di Siena.

Mentre che la vecchia queste inventate parole diceva, don Lucillo era di continuo stato con la faccia bassa, facendo sembiante di piangere ed ora con una mano ed ora con l'altra ponendosi al viso, asciugandosi gli occhi e nettandosi il naso con un faccioletto di ruvida tela. A queste parole don Flavio, che gentiluomo compiuto era, mosso da gran compassione, comandò subito ad un suo paggio, che serrasse la porta e che a niuno aprisse senza la sua licenza; e rivoltatosi alle donne, gli disse:

Mentre che la vecchia queste parole diceva, Giulio era di continuo stato col viso basso, seme bianti facendo di piangere ed ora una mano, ora l'altra ponendosi al viso, acciocché non fusse da loro conosciuto. Alle cui parole Aurelio che uomo integro era, da gran compassione mosso, subito al garzone comandò che la porta serrasse, é che a nessuno senza sua licenzia aprisse e disse:

- Molto m'incresce del vostro travaglio e del fastidio, che vi sete preso e godo della confidenza che avete di questa casa, che mia e vostra è; però non vi prendete noia, né dubitate di cosa alcuna, che qui starete come se mia propria sorella fuste; e consolatevi, che quivi niuno verrà a cercarvi, che per questo non vi bisogna piangere, né affliggervi, perché da niuno sete stata conosciuta e vivete lieta e fate conto d'essere nella vostra propria casa e la signora donna Stella mia moglie non mancherà tenervi buona compagnia.

- Madonna, molto m' incresce del fastidio vi sete presa, a qui di uieale vi bisogna din tritare j imperocché tanto starete come se mia propria sorella foste e nessuno so che quivi a cercare vi verrà e per questo ancora pianger non vi bisogna, che da nessuno sete stata conosciuta e qui fate stima d'essere in casa vostra ed Isabella non mancherà tenervi buona compagnia.

E ciò detto le ordinò che seco nella sua camera la menasse ed allegra la tenesse e buona compagnia le facesse e di più di tutto quello poteva l'accomodasse e racconsolasse con tutte le più care e dolci maniere, che a lei possibil fusse e fuor di casa alle sue facende se n'andò. La signora donna Stella andossene in camera con la nuova forestiera, insieme con la vecchia, la quale al meglio ch'ella sapeva incominciò a pregarla non volesse darsi più molestia, ch'era in luogo era dove sicura si poteva chiamare; e vezzeggiandola non poco l'andava consolando: poscia quando tempo le parve, voltatasi a donna Stella e alla sua padrona, disse:

E detto alla moglie che in camera se ne andasse e séco la menasse e di tutto quello poteva l'accomodasse, racconsolandola quanto poteva, fuori alle sue faccende se n'andò Isabella andatasene in camera con la nuova donna venuta e la vecchia cominciò meglio sapeva a pregarla non volesse darsi più. molestia e che in luogo era dove secura si poteva chiamare. La buona vecchia, quando tempo le parve voltatasi ad Isabella ed alla sua padrona, disse:

- Signora e sarà meglio ch'io vada a far intendere a vostra sorella monaca, com'è seguito il fatto e che di mattina di buonora anderete da lei poiché più a casa non volete tornare e portarovi le vostre vesti, accioché in questo abito non siate veduta; et a vostra signora donna Stella, quanto posso la mia padrona vi raccomando, perch'ella è una creatura dolce e da farne gran conto.

E così da loro preso comiato, di casa se ne uscì.

- Madonna e' sarà meglio ch'io vada insino ai monasterio di santa Maria Maddalena a fare intendere come il fatto è ita alla vostra sorella e che questa séra al tardi, o domattina di grandissima ora voi anderete da lei poiché più in casa non volete tornare ed io vi portarò li vostri panni acciocché le altre monache in questo abito non vi vegghino ed a voi madonna Isabella, quante posso, la mia padrona vi raccomando.

Rimasta dunque donna Stella con don Lucillo in abti di donna, cominciò semplicemente con lei a ragionare, alla quale don Lucillo niente rispondendo, in piedi levatosi, se ne andò a serrare l'uscio della camera e presa per mano donna Stella e levatosi il sciugatoio di testa, con una scuffia di seta ed oro rimanendo, si diede a conoscere: il che veduto ella, come morta e stupida rimase e subito volse cominciare a gridare; a cui don Lucillo disse:

E da loro preso comiato, di casa se ne usa. Rimaste adunque Isabella con la falsa donna cominciò semplicemente con lei sragionare, alla quale Giulio niente rispondendo, in piedi levatosi, a serrare l'uscio della camera se ne andò; e presa per mano Isabella elevatosi il velo di testa, con una scuffia di seta rimanendo, si diede a conoscere. Il quale veduto ella come morta rimasta stupida, volse subito cominciare a gridare. A cui Giulio disse:

- Signora e padrona del cuor mio non gridate, che qua io non sono per farvi dispiacere alcuno e non vogliate in un istesso tempo e la mia vita et il vostro onore mettere in pericolo; quantunque a gloria me lo reputassi il morire per vostro amore; solo di voi m'incresceria, imperoché se qui son trovato, chi mai giudicherà che quivi venuto io sia, se non per vostro ordine e quanto più di questo cercherete iscusarvi, tanto più v'incolparete; adunque se così è piacciavi amorevolmente meco ragionare.

Donna Stella usava ogni artificio per uscirli dalle mani per fuggirsene; ma non poteva, perché don Lucillo stretta la teneva ed ella piangendo diceva:

- Madonna, non gridate, ch'io non son qua per farvi dispiacere alcuno e non vogliate a un tempo e la mia vita ed il vostro onore mettere in pericolo, quantunque a gloria mi reputassi il morire per amor vostro, ma solo di voi m'incresceria, imperò che se qua io sono trovato, chi mai giudicarà che qui io sia venuto se non per vostro ordine, ie quanto più di questo vi scusarete, tanto più v'incolpare te; adunque se cosi è, piacciavi meco amorevolmente ragionare.

Isabella continuo cercava uscirgli dalle mani per fuggirsi, ma non poteva, imperocché stretta la teneva; ed ella piangendo diceva:

- Ahi traditore e disleale, come vi è bastato l'animo d'ingannarmi in questa guisa se tanto mi amate, come dite? Ora sono io certa che mai non mi avete amata, poiché a tanto dispiacer mio acconsentite. Io come da voi mi parto o con ferro o con veleno voglio dar fine alla mia vita, accioché d'avermi ingannata, ad altri mostrandomi, non vi gloriate.

Allora don Lucillo con le lagrime agli occhi, le disse:

- Ahi traditore è disleale, come ti è mai bastato l'animo ingannarmi a questa guisa, se tanto mi ami come dici? Ora so' io certa che mai non mi hai amata, se tanto dispiacermi acconsenti. Io, come da te mi parto, o con ferro o con veleno voglio alla mia vita dar fineacciocché di avermi ingannata, ad altri mostrando mignon ti glorii.

A cui Giulio, quasi con le lagrime agli occhi, disse:

- Signora mia ed anima dell'anima mia, se la natura m'avesse dato così ingegno per dirvi le mie ragioni, come m'ha concesso giusta cagione per amarvi e riverirvi, non dubito punto che ad un medesimo tempo e voi di tanta ostinazione e me di tante pene liberarei, percioché con grandissimo torto di me vi dolete, che s'io sopra tutte le cose di questo mondo vi amo, vostra è la colpa, se ciò vi dispiace, essendo che sopra tutte le altre sete non che bella, ma bellissima;

- Signora mia, se la natura m'avesse dato così ingegno per dirvi le mie ragioni, come m' ha concèsso giusta cagione per amarvi, non dubito punto che ad un medesimo tempo e voi di tanta ostinazione e me di tante pene libererei, imperocché con grandissimo torto di me vi dolete che s'io sopra tutte le cose vi amo, vostra è la colpa se vi dispiace, perciocché sopra tutte le .altre sete bella;

se con inganno vi pare che in casa vostra io sia venuto, voi sapete che ciò voi stessa lo consigliaste e comandaste a Scapina di dovermi dire, che s'io vi voleva parlare, venir dovessi quando il signor don Flavio vostro marito era in casa, che allora mi ascoltereste, altrimenti no; e se ubbidito vi ho, senza porre l'onore e fama vostra in alcun pericolo, adunque di me vi lamentate? Diceste anco che mai certe cose non fareste, se da vostro marito non aveste licenza;

se con inganno vi pare vi sia in casa venuto, questo sapete che vor stessa lo consigliaste e comandaste, che quando vostro marito era in casa io venisse, ancor che in qualunque altro modo io fusse venuto, la fama vostra in pericolo ponevasi.

or non volete voi alli comandamenti di vostro marito ubbidire? E tanto più che poco fa egli v'impose che in quello potevate, mi compiaceste? Io vi prego, oh principale e vera cagione d'ogni mia gioia, oh dolcissimo e soave mio conforto, oh incomparabile allegrezza de' miei affanni, oh dolcissima anima mia, oh soavissimo cuor mio, vi prego dico che mi vogliate accettare per vostro servo e per special grazia farmi dono del vostro amore, poiché a me è più grato il sapere che mi amate o almeno che vi piaccia ch'io vi ami, che se tutto il mondo ubbidisse a me; e se il darmi morte più vi aggrada, ecco che a quanto vi piace prontissimo e dispostissimo sono d'ubbidirvi.

Or non volete voi alli comandamenti di vostro marito ubbidire, quale vi disse che in quello potevate mi compiacesse lo vi prego, anima mia vezzosa, che mi vogliate per vostro servitore accettare ed il vostro amore donarmi che più grato è il sapere che ; m'amiate, o almeno vi piaccia che io vi ami, che se a me tutto il mondo ubbidisse e se ancora il darmi la morte pur v'aggrada ecco che a quanto vi piace ubbidr son disposto.

Ed in un stesso tempo abbracciatala e baciatala e stringendola con le forti braccia e baciandola e mille volte ribaciandola, si tacque, la risposta aspettando. Donna Stella nulla rispondendo, si stava col viso basso e di continuo sospirando. A cui don Lucillo continuando il suo parlare e sovente con le parole mescolando dolci e saporosi baci, diceva:

Ed abbracciatala e baciatala si tacque la risposta aspettando. Isabella nulla rispondendo, col viso basso e continuo sospirando si stava. A cui Giulio continuando il parlar suo, mescolando li baci con le parole, diceva:

- Deh dolcissima vita, seggio dell'anima mia, somma contentezza mia e unica speranza mia gentilissima, perché così teneramente vi rammaricate? Ben m'accorgo che voi luci degl'occhi miei diversamente ricevete le leggi d'amore, da quello che le intendo io; percioché a quel ch'io scopro, voi stimate che ogni amore debba essere con misura ed io all'incontro vi dico e non credo ingannarmi, che il vero e leale amore, non debba esser ristretto, né circoscritto d'altro termine, che dall'istesso amore: di maniera che quanto altri più ama, tanto ancora più esservi e mantenga le leggi di amore, percioché essendo egli cosa sopra tutte le altre perfettissima, chi non vede che mentr'egli potesse ricevere accrescimento, non conseguirebbe quel fine, al quale la propria natura l'ha destinato?

- Deh! perchè, madooda, cosi vi rammaricate? Istata voi non sete la prima, nè ancora saretel'ultima ; e credete voi se Aurelio vostro si trovasse con1 una bèlla giovene, che tanto pensasse a dispiacervi? E credete voi che l'altre non facciano il simigliarne! certamente si; ed altra differenza non è della onestà infra le donne, se non che quelle sanno secretamente il loro amore usare; che onestà altro che esser cauta non significa: e perciocché alcune si trovano tanto sciocche che non sanno gli amori loro segreti tenere, queste sono poi dagli nomini disoneste tenute; il che a noi avvenire non potrà giammai, che non sapendosi, tanto sarà come se mai niente fusse stato; e se fusse peccato, come si dice, le leggi avriano a ciò provisto, come degli altri. E quante donne avete mai vedute andare a giustizia per trovarsi con li loro amanti! certo nissuna.

Onde io per conseguire questo stato di perfezione, ho fatto tutto quello che voi cuor mio dolce sapete, perché a voi avea donato il cuore e l'anima mia e quanto altro di buono io avea, con certa speranza di trovare pari corrispondenza di volontà e d'affetto. Corrispondete, oh caro mio bene, a mio verso di voi sviscerato amore e non vogliate essere micidiale di voi stessa, che amar vi dovete e di me che vi amo quanto amar si possa.

Non istate così pensierosa, donate amore, per amore; e credetemi certamente, che voi non sete la prima, né anche sarete l'ultima, che vendi dono per altro dono; anzi è cosa d'animo generoso il riconoscere i doni altrui, giusto quel detto che chi il suo dona, caro vende, se non è villano colui che prende: io giamai sarò villano e giurarei che altresì non siate voi per esser se non nobilissima e gentilissima nel riconoscere un tanto cordialissimo dono da me e di tutto me fattovi. Inoltre, crede voi se il signor don Flavio vostro si trovasse con qualche bocconcino saporoso, che egli senza rimasticarlo lo inghiottirebbe? Pensate voi ch'ei pensasse a dispiacervi?

E credete voi che l'altre non facciano il simigliante? Certamente sì; e se ciò mi negaste, ve lo proverei per veridiche istorie et di personaggi grandi e ciò perché v'imaginate che sia? Non per altro che come saputi, altra differenza non trovano della onestà delle donne, se non di quelle che sanno secretamente il lor amor usare; che però se ne trovano alcune tanto sciocche, che non sanno tenere segreti i loro amori; da ciò nasce che palesandosi, vengono tenute disoneste da ciscuno, il che a noi avvenire non potrà giamai. Ditemi, dolce albergo d'ogni mio bene, quante donne avete mai vedute andare a giustizia per trovarsi co' loro amanti? Certo niuna.

Et semmai alcuno sapesse che quivi soli insieme fussimo stati, che altro penseria se non che l'uno dell'altro goduto si fusse? E se alcuno non lo sa, come in effetto sarà, chi mai rimproverare ci può, che bene o male abbiamo fatto? Nulladimeno io non vorrei per quanto stimo l'amor vostro, che a notizia d'alcuno venisse che tanto insieme fussimo stati e da voi scontento mi partissi, che certo ognuno giudicarebbe o che in me fusse qualche disonesto costume o mala creanza, per la quale ragionevolmente fussi da voi rifiutato; o che voi fuste la più crudele e la più ritrosa donna che al mondo si trovi; adunque niuna di queste cose essendo, piuttosto vogliate ch'io vi abbia a lodare per pietosa che biasimare per crudele. Et perché credete che alle donne vengono avversità, come sono le stranezze de' mariti senza veruna ragione, li figliuoli malcostumati, l'esser mal volute dalle vicine ed altri simili dispiaceri, non tralasciando la divina disposizione, se non per essere ingrate alli loro amanti?

E se mai alcuno sapesse che quivi insieme soli fossimo stati, che altro penseria, se non che l'uno dell' altro goduto si fusse? e s' alcuno non lo sa, come con effetto sarà, chi mai riprovar ci può che bene o male aviamo fatto? quantunque io non vorrei per quanto stimo l'amor vostro che a notizia d'alcuno venisse che tanto insieme fossimo stati e da voi scontento mi partissi ; imperocché ognuno giudicarebbe, o che in me fusse qualche disonesto costume o malacreanza, per la quale ragionevolmente fossi da voi rifiutato, o che voi fosse la più crudele e la più ritrosa donna che al mondo si trovi. Adunque nessuna di questé essendo, vogliate più tosto ch'io v'abbia a lodare per piatosa, che biasmare per crudele. E perchè credete che alle donne vengano avversità, come sono le stranezze de' mariti senza ragione, li figli mal costumati esser mal volute dalle vicine e simili dispiaceri, se non per essere ingrate alli loro amanti?

Per le cui efficaci parole, per lo cui continuo accarezzarla e per molte altre parti d'un vero amante, l'animo di donna Stella si raddolcì non poco e cominciò a non far tanta resistenza, come insino a quel punto avea fatto; anzi con gentilissime parole s'iscusò e tutta infiammata, disse:

Per le cui parole addolcito alquanto l'animo d'Isabella, cominciò a non far tanta resistenzia, come per sino a quel punto aveva fatta e disse:

- Picariglio mio saporito e bello, albergo del mio cuore, è ben ragione che al marito mio accada quello che dice il proverbio: chi troppo presto crede, spesso si trova ingannato; e bisogna andar adagio al credere, se uno dice e ti manca il naso e tu ponvi la mano, bisogna ch'egli se la beva ed impari ciascuno a suo costo, a non tanto credere che così facendo farà gran guadagno; e vegga ben bene se il pelo è nell'ovo, accioché non si penta poi d'aver troppo creduto; e chi così vuole così abbia.

- Al mio marito gli è ragionevolmente il proverbio accaduto, che dice: chi troppo presto crede, si trova spesso ingannato.

Ed oltra queste ebbero molte altre parole, quali, perciocché molto piano le dicevano, io non le potevo intendere, ancor che intento stesse alla porta della camera per intendere, com'insino allora avevo fatto.

Ed allargate le braccia ella si strinse al petto il suo nuovamente caro e dolce amante, sussurrando tra loro amorevole parole e dolci e reiterati baci e strettissimi nodi d'amorosi abbracciamenti, quali cose, perché molto piano le dicevano e facevano, io non lo potei né intendere, né vedere, ancorché intenta stessi alla fissura della porta della camera per vedere ed intendere, come insino allora aveva fatto. Fecero pace insieme, la qual durò mentre durarono le vite loro, perché il bel dare fa il bel rendere; e come si giuoca a fare, a far sia; ed ognuno attenda a rifarsi ed a rendere reciprocamente gusto per gusto ed amore per amore.

Ben so io che don Lucillo uscì di camera e poi di casa con il suo medesimo abito di donna e molto più allegro e bello ch'ei non v'entrò; e la signora donna Stella altresì molto baldanzosa e lieta vidi io d'allora in qua; ed in tal modo fecero, che più di Scapina non gli fu mistiero. Il signor don Flavio (che si rimase da Corneto) tornando la sera a cenare, dimandò subito alla moglie della donna, che lasciata avea in casa:

Ben so io che Giulio uscì di camera e poi di casa con quel medesimo abito che v'entrò e molto più allegro che non v'entrò; ed Isabella altresì molto baldanzosa vidi io dall'ora iu qua ed in tal modo fecero che più di Bonda non gli fu mestiere. Donde tornando la sera Aurelio a cenare, domandò della donna che aveva lasciata in casa.

risposegli donna Stella, che a casa d'una sua parente la sua serva l'avea rimenata e che veramente molto gli era rincresciuta la sua partenza, tanto era ella signorile e compiuta cavaliera e di così nobile conversazione, ch'io per me avrei voluto che le trapassate ore fussero state bgiorni intieri, tanto era ella piacevole nel ragionare, aveduta ed arguta nel discorrere e tutta saggia nelle risposte, come se un dotto uomo fusse stata:

Rispose Isabella che al monistero la sua serva 1'aveva rimenata e che molto gli era rincresciuta la sua partita perciocché tutto il giorno erano state insieme in tanti e sì piacevoli ragionamenti, che mai in sua vita praticò con persona che tanto le piacesse e che aveva nn discorso ed un parlare arguto e saggio come uno uomo proprio; e se non fusse stato per non usar seco troppa presunzione, l'aria volentieri tenuta seco a cenare e a dormire.

- Io la pregai instantemente a star con me questa notte e se non fusse stato per non usar seco troppa prosunzione, l'avrei volontieri isforzata a star a cena ed a meco dormire; e non vi posso dir tanto, quanto molto più è di quel ch'io vi dico; una sola cosa mi duole, ch'io non me le sia dimostrata più amorevole e festevole di quello ho fatto per esser ella tanto magnifica e costumata in ogni sua azione.

Il signor don Flavio lodò la moglie di quanto aveva fatto et quasi che la riprese di tutto quello che fatto non avea a quella così garbata giovane; e con questo lor dire se n'andarono a cena e poscia a dormire, ove la signora donna Stella conobbe la differenza degli abbracciamenti e de' dolci baci dell'amante da quegli del marito; perloché nell'avvenire si visse seco lungo tempo in allegrezza e gioia, quale possa avvene moltiplicata a ciascuna amatrice ed ad ogni fedele amante.

E laudandola Aurelio dèlia sua cortesia usata alla giovene se ne andò a cenare e la sera fu contento entrarsi nella famiglia de' Cornari; e la moglie conosciuta la differenzia degli abbracciamenti dello amante da quelli del marito, si visse seco lungo tempo in allegrezza e gioia, quale possa avvenire a ciascuno fedele amante ed a gli altri no, però che non lo meritano.

 

- Che ti pare bella giovane?, dissemi la buona vecchia, non è questa un'istoria da trarne molti utili documenti? Cavane il bene e lascia il male, fuggi questo e seguita quello, come dice il proverbio: chi ha un giorno di bene, non ha tutto l'anno male; e però è meglio godere, che il stentare non manca mai; sicché mentre hai denti, attendi a masticare, perché chi gode un tratto, non istenta sempre; e sappi che ad ognuno piacciono i buoni bocconi; sai tu com'ell'è? Come l'uomo se l'arreca.

Perdonami gentil figlia della pena ch'io t'ho data et se più tempo avessi, vorrei narrarti un altro caso notabile non men bello del passato, che avvenne ad un nostro cittadino, che veramente sono azioni da considerare molto bene. Madonna non v'incresca meco venire all'albergo, che faremo insieme collazione e berremo un vino saporoso ed agghiacciato, che vi darà la vita e dopo potrete raccontare come la cosa si passasse, che oltre al gusto ch'io riceverò, ve ne resterò con molti oblighi ancora. Orsù andiamo.

- Affé graziosa figlia, per non disgustarvi, vengo e faccio ora cosa che giamai ho fatto e spero rimanermene contenta, come contenta si rimase la bella signora donna Stella dal suo signor don Lucillo, con sodisfacimento del signor don Flavio. Andiamo adunque.

Giunte che fussimo all'osteria, entrassimo nelle mie stanze e subito feci apparecchiare una graziosa collazione e si bevette in quattro vino per cinque. {Ravaniglio lodato.} Oh come li seppe buono: e specialmente accompagnato con un ravaniglio saporito come una starna e meglio di un faggiano; era egli un pepe pizzicante e mordente, che due cose in eccellenza faceva, l'una incitava a gustosamente bere, l'altra faceva egli un appetito così appetitevole, che maggiore non si può desiderare.

La collazione fu onorata, specialmente per il ravaniglio, il quale fu in essa principale condimento; le altre cose ancorché eccellenti, nulla erano rispeto all'eccellenza d'un tanto dilicato e appetitoso frutto. Finita la collazione si ritirassimo in un posto, dove zeffiro ci favorì abbondantemente e datosi a sedere a ciascuno, la buona vecchia, dopo alcuni cavalereschi complimenti, così prese a dire(3).

 

 

Narrasi l'accortezza di una donna innamorata; le azioni di un usuraio, che faceva il buon cristiano; gli amori di un giovane spensierato; e l'amoroso desiderio di un dottore di Salamanca; dicerie graziose e colme d'ogni piacevolezza.

 

 

Non è men vago e bello, gentilissima Giustina mia l'udire gl'inganni fatti dalli semplicetti e fievoli ingegni delle astute donne, che quelli i quali ogni giorno alle medesime dagli sagaci ed avveduti innamorati fatti sono, fra li quali questo farovvi al presente intendere, il quale tanto maggior piacere aportare vi dovrà, quanto che la persona ch'era l'innamorata, non era dicevole che così scioccamente ne' lacci d'amore avviluppato si fusse; ma tanto più lode accrescerà alla cauta et astuta donna in pagarlo della moneta ch'ei meritava. Uditemi adunque.

Non è men bello, vaghe ed oneste donne, l'ascoltare li maestrevoli inganni fatti dalli semplicetti e fievoli ingegni delle astute donne, che quelli, quali ogni giorno alle medesime dagli astuti innamorati sono fatti. Imperò che li primi rade volte si odono, delli secondi tutti li poemi delli facondi poeti sono ripieni, infra li quali uno al presente farovvi intendere.

{Diceria bella di vari avvenimenti amorosi ed altre azioni notabili.} Non è guari tempo che in Salamanca, città principale di Studio, in Spagna, vi fu un hidalgo do non molto eminente sangue nato, ma di assai abbondanti ricchezze dalla sorte dotato, il cui nome fu don Turbone Picciolino, mercatante. Questo non grande cavaliere era vissuto fino all'età di cinquanta anni e non s'era saputo risolvere di pigliar donna, ancorché quasi infinite per le mani n'avesse avute;

Dovete adunque sapere che ora sono anni sei che in Siena, nostra comune patria fu un cittadino di mediocre sangue nato, di assai abbondanti ricchezze dalla fortuna dotato, il cui nome fu Francesce di Nanni, lanaiuolo . Costui vissuto fino all'età di anni cinquanta, no s'sera saputo risolvere di pigliar donna, ancora che volendola quasi infinite per le mani n' avesse avute;

percioché alcune gli parevano troppo gioveni, altre avevano poca dote, altre non gli parevano al suo parentado convenevoli ed altre guernite di difetti e mancamenti, che non gli piacevano: le quali più presto rifiutava per non esser uomo di molto discorso e di poco animo, che per giusta cagione che lo movesse. A costui mancava solo ch'egli mangiasse fieno, che del bue ne avea da vendere e pure come bue dovea avere assai cervello; insomma ogni troppo, è troppo.

e quale gli pareva troppo giovene, quale teneva poca dote e quale non gli pareva al suo parentado convenevole ; quali più prestò rifiatava, per non esser nomo di molto discorso e di poco animo, che per giusta cagione che lo movesse.

Fu nondimeno da un don Passamonte Guidoneschi suo molto amico tanto persuaso, che una giovane di ventiquattro anni, di buoni parenti nata ed assai bella, con conveniente dote prese per moglie, che Polisenna avea nome. Era costei di taglio tale, che più volentieri con una sol veste di grograno cangiante si saria stata con due mariti, che con un marito e venticinque veste si seta.

Fu nientedimeno da uno Domenico, suo molto amico, tanto persuaso, che una giovene d'anni 24, di buoni parenti nata ed assai bella, con poca dote prese per moglie, domandate Giulia. Questa più volentieri con una sola veste e di romagliuolo, si saria stata avendo due mariti, che con un marito e 25 veste.

Quanto adunque ella si tenesse d'un marito vecchio satisfatta, chi in simili casi si trova o mai si è di voi piacevoli donne alcuna trovata, lo può facilmente giudicare; le altre lo pensino e da tanto infortunio Iddio le guardi: e massime, che don Turbone era uno di quelli bachettoni o chiapinoni pianta malanni, che ogni giorno udiva due messe a ginocchi ignudi; era costui tutto dedito allo spirito, non tralasciava vesperi e compiete, era in tutte le fraterne, portava un pezzo di corda, invece di cinta, quando camminava, andava col collo torto; giurava tanto vale, tanto mi costa, così è sopra coscienza mia;

Quanto adunque ella si tenesse d'un marito vecchio satisfatta, chi in simili casi si trova, o mai si è di voi, piacevoli donne, alcuna trovatalo può facilmente giudicare, l'altre lo pensino e Iddio ne le guardi. E massime che Francesco era uno di quelli berrettoni pianta malanni, quale udiva ogni giorno due messe inginocchioni e non lasciava il dì di festa mai il vespro; diceva l'officio della Madonna, digiunava tutte le vigilie che comandate non fossero e le quattro tempora faceva l'avvento, giurava sopra la coscienzia mia, portava il cordone di santo Francesco, non mangiava carne il mercoledì, nè ova nè cacio il sabato a riverenza a della Madonna e digiunava ogni venerdì per la passione del Signore era depositario de' frati dell'Osservanzia era della compagnia della carità,

dispensava elemosine de' danari d'altri; visitava i prigionieri e spesse volte accordava i loro creditori; andava alcuna volta all'ospitale e di sua mano dava agl'infermi da mangiare; con tutti questi beni, ch'egli faceva, gli pareva poter sicuramente prestare a trenta per cento, facendolo però secretamente e col pegno in mano e sotto nome che i danari fussero di vedove o pupilli;

e dispensava le limosine alli, poveri vergognosi andava a visitare li poveri prigioni e spesse volte andava per loro a parlare stili loro creditori ed alli offici; andava ancora a visitar gl'infermi dell ospitale e darlo talvolta mangiare di sua mano; in modo che con tolti questi beni gli pareva poter sicuramente prestare a trenta per cento, facendolo però secretamente e sotto nome che fussero danari di vedove di chiese,

e per meglio coprire questa sua buona coscienza si confessava e comunicava spesso ed in ogni chiesa di divozione donava un scabello con la sua arma. Bella coperta nel di fuori, ma guardati dal di dentro: simili sono costoro a mona onesta, che s'ella era veduta, faceva d'una ciriegia quattro bocconi; quando no, inghiottiva una polpetta ed un fegatello; sono corvi, che piangono la pecora e poi la mangiano; hanno le lagrime del cocodrillo, che fingono di farci bene e ci mangiano il cuore; cantano bene, ma ruspano male; sono della natura de' galli, che fanno bene, poi oprano male; sempre hanno il mele in bocca,

e per meglio coprirlo, si confessava e comunicava tutte le pasque aveva fatto in santo Francesco un davanzale ed un paro di staggiuoli con la sua arme, con promissioni di farvi una bella cappella e dotarla; per che li frati gli facevano molte carezze ed egli era divenuto tutto loro ed avevanlo fatto partecipe di tutte le orazioni, indulgenzie, doni e privilegii dello Ordine e poteva odir le messe in tempo dello interdetto.

e 'l rasoio alla cintola; fanno la gatta morta e sono peggiori di Giovanni da' Vitelli, che di giorno di loro mostrava aver paura e di notte andava a rubar i bovi; si assomigliano alla favola del tordo, che disse: "Bisogna guardargli alle mani e non agli occhi"; lavorano sempre sotto acqua e sogliono dire: "Chi non sa fingere amico, non è fiero nimico"; sono acque quieti, fan le cose e stansi cheti; hanno due fronti, con la bocca dicono, ma non col cuore. In verità madonna, che mi date nell'umore; Dio volesse che gli uomini si sapessero guardare da questi simulatori: oggidì corre se non di questa moneta. Or continuate madre cara e fuggiamo questa razza così dannevole.

Tra i cari amici ch'avea don Turbone, uno ne aveva ch'era dottore principale di quella Università e non meno, anzi più corco, cocodrillo, gatto, volpone e lupo, di quel che lui era; e come assai dotto e per la stretta conversazione che seco avea, troppo bene conosceva marito e moglie.

E di continuo con loro praticando, si era infra gli altri fatto amicissimo un maestro Antonio da Pisa, che dimorava nel convento di Siena per sua continua stanza. Costui essendo predicatore ed assai dotto, troppo ben conosceva Francesco e la sua donna perciocché egli lo confessava.

Un tal marito adunque trovandosi aver Polisenna, quantunque di veste fusse più che contenta, del resto si comportava meglio che poteva, in sin tanto che la fortuna degli poveri bisognosi compassionevole a' mancamenti suoi diede provedimento ragionevole.

Cotal marito adunque trovandosi Giulia, quantunque di veste fusse più che contenta, del resto si comportava meglio che poteva per insino che la fortuna, delli poveri bisognosi compassionevole, a' suoi defetti diede ragionevol prove di mento.

Percioché essendo un certo giovane, d'anni ventitré, nipote di don Turbone, chiamato per nome don Scipione, innamorato di una bellissima giovane, che stava nella medesima contrada, dove abitava il zio, molto spesso per di collà passava e quante volte ch'egli vedeva donna Polisenna alla finestra o sulla porta nel passare, tante con il cappello in mano e con festevol riso la salutava, dicendogli:

Imperoche essendo un giovene chiamato Anibale, nipote di Francesco, di anni 21, innamorato di una bellissima giovene in la medesima contrada dove abitava Francesco, molto spesso quinci passava e quante volte che madonna Giulia alla finestra o alla porta vedeva nel passare, tante con la berretta in mano con un festevol riso la salutava dicendole:

- Mi comandate nulla signora zia?

E talvolta ancora andava in casa per più comodità avere della sua innamorata. Donna Polisenna, che di carne e non di pietra era, cominciò a por gli occhi addosso a questo buon polastrone, il quale oltre l'esser dalla natura prodotto grazioso e bello e perch'egli era innamorato, studiava d'apparere molto attillato, tutto profumato e godea di sempre stare sulle galanterie, come una tal età ne lo ricercava.

- Comandatemi nulla, zia?

E tal volta ancora andava in casa per più comodità aver della sua innamorata. Madonna Giulia, che di carne e non di legno era, cominciò a por gli occhi a dosso a questo giovene, quale, oltra l'esser bello dalla natura prodotto, perciocché innamorato era e studiava e n' andava molto attillato, prefumato e in su le galanterie, come cotale età ne ricercava.

Ella più volte con innamorato occhio mirandolo, considerava tra se stessa, quanto grande saria la differenzia a colcarsi con lui, che con don Turbone e quanto ancora senza sospizione alcuna poteva godere l'amoroso giovane.

Ella più volte con innamorato occhio guardandolo considerava quanta saria la differenzia a colcarsi con lui da Francesco e quanto ancora senza sospizione alcuna poteva l'amore di costui godere.

Onde incominciò la riscaldata Polisenna a fargli molto buon viso e spesso l'accarezzava moteggiandolo con nominargli l'innamorata sua, dandogli quando una palmata sulle spalle, quando un schiaffettino e quando toccandolo sotto il braccio o ne' fianchi per farlo saltare e ridere in un medesimo tempo; donandoli ora un par di faccioletti sottili con lavoretti gentili alla fiamminga, ora quattro ed ora sei collari ricchi e fini; et talora l'invitava che restasse a desinare col zio.

Donde cominciò a fargli molto buon viso, a donargli ora un par di fazzoletti lavorati di seta, ora nn paro di collaretti per attaccarsi alle camiscie e talora l'invitava che restasse a disina re con il suo zio.

Scipione dall'altra parte avendo il suo desiderio altrove volto, a quanto gli faceva Polisenna non pensava, né di ciò punto si accorgeva, senonché per la buona cera ch'ella gli facea, andava a casa sua più spesso che fatto non avria, parendogli d'aver più sicurtà che non avea prima.

Dall'altra parte Anibale, avendo il desiderio altrove volto, a questo non pensando, di ciò punto non s'accorgeva, se non che, per la bona cera che madonna Giulia gli faceva, andava a casa sua più spesso che non avria fatto, parendogli aver più sicurtà che prima.

Considerato ella che per la poca isperienza ed ancor per timore, don Scipione mai non si saria messo a dirle cosa alcuna, deliberossi seco medesima di trovar modo ch'avesse a supplire per lui; e così essendo un giorno don Scipione in casa sua, lo cominciò a dimandare, perché così sovente per quella contrada passasse; alla quale con molto rossore disse che di là passava per fare esercizio e per passare il tempo, quando dalla Sapienzia veniva. A cui ella replicò:

Ella considerato che per la poca esperienzia ed ancor per timore, Anibale mai non si saria messo a dirle cosa alcuna, deliberossi seco medesima trovar modo che avesse per lui a supplirei e così essendo un giorno Anibale in casa sua, lo cominciò a domandare perchè così sovente per quella Contrada passasse. Alla quale vergognosamente disse che per fare esercizio e passare il tempo, quando dalla Sapienzia veniva. A cui ella replicò:

- Amor e tosse e rogna celar non ti bisogna; e questa è una sapienzia che non sai: credi tu ch'io non mi sia accorta che tu passi per Isabellina (che così la sua amorosa si chiamava) sai come ella è? A me non ti bisogna negarlo, perciocché io ti coprirei con la veste; è una gentilezza il vaggheggiare una gentildonna, quando non ci corra altro che il guardare, come voglio credere che avvenga a te, perché ciò è arte da giovani; e raccordati che non deve seguir amore chi non ha pazienza e valore;

- E credi tu che io non mi sia accorta che tu ci passi per Lucrezia? (che così la sua innamorata si chiamava) ma sai come ella è, a me non bisogna negarlo, peroiocché io ti coprirei con la veste, che questo è una gentilezza il vaggheggiare una gentildonna, quando non ci corre altro che il guardare, come io credo che avvenga a te ed è arte da gioveni.

Alle cui parole Anibale ridendo, disse che era vero e che gli bastava il vederla ed aria voluto sapere che ella lo avesse amato. Al quale madonna Giulia replicando, disse:

e chi ciò non fa, perde l'intelletto e il buon costume, perché amor è cieco e non conosce lume; devi anco sapere che amor non si trova al mercato, ma bensì in un cuor fidato et tu che t'infingi, hai marcio il fegato. Iscuoprimi dunque la verità, che anch'io so in amore quanti paia facciano tre oche.

Alle cui parole don Scipione sorridendo disse:

- Affé zia, che l'avete indovinata e quanto avete detto, tutto è vero e di due cose mi contentarei, l'una è il poterla vedere, l'altra, che più mi pesa, è il sapere s'ella mia ama.

A cui la invagheggiata Polisenna replicando disse:

- Et che mi vuoi tu pagare, se un giorno io te gli fo in questa casa parlare? Con questo però che la cosa camini segreta, che tu non li parli di cosa ch'ella se n'abbia poscia a corruciar meco.

Le quali parole quanto a don Scipione fussino grate, lo potete pensare e disse:

- Condennatimi in un paio di guanti profumati od un paio di pianelle o in quel che volete zia cara; ma fate che la cosa sia presto.

A cui ella, dopo molti ragionamenti, disse:

- Fa' che domenica su l'ora di vespero tu sia qui, che farò ch'ella verrà a star da me, percioché ogni giorno di festa il sito marito va a certi suoi luoghi in villa.

- E che mi vuoi pagare, se un giorno io te le fo in questa casa parlare? con questo però che sia segreto e tu non parli di cosa che ella non avesse da corrucciarsi.

Le quali parole quanto ad Anibale fussino grate, lo potete pensare e disse:

- Condennatemi in un paio di guanti prefumati, o in un paio di pianelle, o in quel che volete, zia, ma fate che sia presto.

A cui ella, dopo molti ragionamenti, disse:

- Fa' che domenica in su l'ora di vespro tu sia qui, ch'ella verrà a star da me, perciò che ogni giorno di festa il sito marito va alla vigna costi in Valli.

Ed egli con questa conclusione tutto lieto e contento si partì parendogli ogni ora mille anni, che domenica fusse; pensando continuamente quali modi e quali parole con la sua amata usar dovesse: la quale venuta, quando giudicò che suo zio fusse fuori di casa (perché ogni festa n'andava al vespero nella chiesa Maggiore, ove udiva anche il sermone, poi visitava di molte altre chiese, finché tirava il giorno a sera) a quella volta s'inviò e di quanto tra sé divisato avea troppo bene gli riuscì e ritrovò donna Polisenna sola con la sua serva, la quale conforme il solito gli fece di molte carezze ed ella si stava assettata, che perciò credette don Scipione che quivi la sua bella Isabellina si doveva trovare;

Ed egli con questa conclusione tutto contento si partì, parendogli ogni ora mille che domenica fusse, continuo pensando quali modi equaliparole.se conia sua donna si trovava, usar dovesse: la quale venuta, come ebbe disinato, quando pensò che Francesco fuor di casa fusse, perciocché sovente all'Osservanza al vespro le feste se n'andava, verso la sua casa s'inviò e troppo bene riuscitogli quanto divisato aveva, sola madonna Giulia con la sua serva ritrovò, quale al solito molte carezze facendogli, si era non meno assettata, che fosse Anibale, che si pensava quivi Lucrezia trovare;

et ancorché così fanciulla non fusse, non era però la zia men bella, imperocché era ella una tal grassotta, sanguigna, con una faccia allegra, un paio d'occhi negri, alli quali con un soave e piacevol riso guardando, pareva bene che ivi amore si posasse. Oltre a queste cose, tutta era baldanzosa e festeggiarne, perché di continuo stava sulle berte, burle e graziose cianze, come avviene a simili persone, le quali con poche cure di casa si ritrovano, com'era lei, che mai non avea fatti figliuoli, quantunque d'averne uno un grandissima voglia avesse.

ed ancora ché così fanciulla non fusse, non ersi però men bella; imperocché era una tal grassotta sanguigna, con una faccia allegra, un paio d'occhi negri, alli quali con un piacevol riso guardando, pareva bene che ivi amore si posasse. Oltra queste cose era baldanzosa e festeggiarne, che di continuo stava in su le berte e ciance, come avviene a simili persone, quali con poche cure di casa si ritrovano, come era ella, che mai non aveva fatti figliuoli, quantunque voglia avesse grandissima d' averne uno.

Oltre l'usato, ritrovandosi Scipione con questa, fecero molti lunghi e saporosi ragionamenti: e per intermedio ci correva guattature fiammeggianti, con motti e detti amorosi, ch'averebbero destato il germogliare insino ne' gran sassi e tanto più rinovando scherzi e toccadigli da destar l'appetito ad un disaffamato; però Polisenna, con una tacita esagerazione, disse che sendo il suo marito vecchio, non era lecito a lei di fare molte cose, che all'età sua s'apprtenevano, facendosi il marito di quindici anni meno, ch'erano già trascorsi e che se a lei stesse, farebbe spesse fiate qualche cena o desinare, alli quali ed Isabellina e dell'altre sue parenti ed amiche conviterebbe,

Con questa ritrovandosi Anibale, fecero insieme molti ragionamenti di cose amorose, però più che d'altro dicendogli, come per essere il suo manto vecchio, non le era lecito di far molte coso che all'età sua s'appartenevano, facendosi di otto anni meno che non aveva, come è comune costume delle donne; e che sé a lei stessa farebbe spesse fiate qualche cena o disinare, alli quali e Lucrezia e dell'altre sue parenti ed amiche conviterebbe;

e che poiché non avea figli, non vedeva che altro trarre se ne potesse di questo assassino mondo, se non passare il tempo, con minor noia che onestamente possibil fusse. Don Scipione sebbene non era l'Africano, dovea essere di quelle provincie ch'egli non si devesse perdere d'animo e massime veggendosi fare così care ed affettuose accoglienze; e però notate le passate parole e li presenti ragionamenti, incominciò ad attentamente considerare le bellezze della zia e la comodità ch'aver ne poteva; e tra se stesso diceva:

e che poi che non aveva figli, non vedeva che altro trar se ne potesse di questo mondo, se non passare il tempo, con minor noia che fusse possibile, onestamente. Anibale, quantunque timidetto fusse, vedendosi fare così buone accoglienze, notate le passate parole e li presenti ragionamenti, cominciò a considerare le bellezze di costei e la comodità che aver ne poteva e diceva infra sè:

"Che ho io a far con essa? S'ella vorrà attendere ad abbaiare, io lattrarò: e se meco vorrà porsi a scherzare ed io scherzarò e chi resterà perdente suo danno; io so ch'ella non mi porrà al disotto, perché io so ben schermire: e s'ella verrà a certame meco, non le perdonerò la vita, che conforme a l'uso di Spagna, nel far questione, si giuoca di stoccate; così io giuocarò stochizzando e chi resterà morto, suo sarà il danno".

"Che ho io a far con essa? so che s'io vedrò che la voglia attendere, a ciò più non penserò". Dopo che alquanto lietamente avevano ragionato, disse madonna Giulia:

Le parole non sono fatti: anzi le parole via se le porta il vento, ma i fatti sono maschi e le ciance sono femine, chi non saprà fare, sarà suo danno; ma avvertasi che ad ogni impresa ci vuole ottimo pensamento, perché s'avvenisse in contrario, peggio sarebbe l'essere uccellato, che 'l danno che s'avesse; e però non bisogna lasciarsi infenocchiare da belle parole, né lasciarsi dar il giambo o 'l dondolo. Finalmente dopo che alquanto lietamente ragionato avevano, disse donna Polisenna:

- Io voglio far chiamare Isabellina, che venga qui da me, come ella mi ha promesso: ma a fine che non si pensi che per te la domandi, entratene in camera e come qui sarà venuta, ne uscirai per l'uscio che riesce in cucina e quindi abbasso nella camera andarattene facendo sembianza di venire da fuori, com'è tua usanza.

- Io voglio far chiamare Lucrezia che da me venga, come mi ha promesso ma acciocché ella non pensi che per te la domandi entratene in camera e come qui venuta sarà, uscirai per la porta che riesce in cucina e quindi audarete a basso nel ridotto, sembianti facendo di venir di fuori, come tu sei solito.

E nello stesso istante comandò alla serva che andasse a domandar Isabellina, la quale dalla patrona ammaestrata, non per Isabellina, ma alla vigna per cogliere l'insalata per la sera se n'andò. Donna Polisenna stata così alquanto in sala, tanto che pensasse la serva poter essere rivenuta, serrata prima ben la porta di fuore, pianamente in camera, dov'era don Scipione, se n'entrò e quivi arrivata ridendo e moteggiando s'acciuffò seco a scherzare e datagli una guanciatella da innamorati, gli disse:

- Oh se Isabellina fusse qui presente, come son io, quanto saresti contento Scipione!

E subito soggiunse:

E comandò alla serva che a domandar Lucrezia andasse, la quale dalla padrona ammaestrata, non per Lucrezia, ma alla vigna per coglier l'insalata per la. sera se n'andò. Giulia stata così alquanto in sala, tanto che pensasse la serva poter essere rivenuta, serrata prima la porta di fuore, pianamente iu camera dove stava Anibale aspettando se n'entrò e quivi ridendo arrivata, subito scherzando, datogli una ceffatella da innamorati, disse:

- Per oggi non averemo ventura, perché la serva è tornata e dice ch'è venuta da lei una sua cognata e non la può lasciare in abbandono, ma domani e gli altri giorni, quantunque festa non sia, verrà da me quanto ch'io voglio.

E pigliato Scipione per la mano, dissegli:

- Oh se Lucrezia fosse qui presente, come so' io, quanto saresti contento, Anibale! E soggiunse: Per oggi non aremo ventura, perchè la serva è tornata e dice che è venuta da lei una sua cognata e non la può lassare, ma domane e gli altri giorni, quantunque festa non sia, verrà da me quanto ch'io voglio.

E preso Anibale per mano, disse:

- Se con Isabellina, come con me solo ti trovassi, che le diresti? Non pensar però a verun male, se teco io mi scherzo e burlo di questa maniera. La paglia non istà bene presso il fuoco; le comodità fan l'uomo ladro; a furore di fiume, pochi ci restino; ed il fuoco ardente fa saltar le vespe fuori da vespaio.

Il buon don Scipione era paglia, avea comodità, il furore lo importunava e chi stato sarebbe saldo ad un tanto ardente fuoco della Polisenna?

- Se con lei, come con me solo, ti trovassi, che le diresti? non pensando però a male, perchè teco mi giambo.

Don Scipione benché disposto si fusse di accettare l'invito, se tentato non era dalla sofferenza, a quelle parole tutto confuso si restò; nulladimeno amore lo tentava ed il timore lo riteneva; le parole della zia l'assicuravano e ritrovandosi tra Silla e Cariddi, dico tra la vergogna e il timore, gli rispose:

- Signora zia, se io solo con Isabellina mi trovassi, mio danno se da lei discontento mi partissi e se più con le mani, che con le parole non le parlassi.

A cui donna Polisenna dissegli:

Anibale, benché disposto si fusse accettare l'invito, se tentato era nella pazienzia, restò a queste parole tutto confuso; amore lo tentava e 'l timore lo riteneva, le parole di madonna Giulia l'assicuravano e così tutto vergognoso rispose:

- Io se solo con lei mi trovasse, uno danno se da lei scontento mi partisse e se più con le mani ché con le parole non le parlaste.

A cui madonna Giulia:

- Don Scipione mio, deh fa' conto ch'io sia dessa, non pensando però ad alcun male e che quivi, come noi siamo soli voi vi trovaste, come che, quando ed in qual guisa gli parlaresti? Ch'io in sua vece ti replicherò, acciocché quando ciò t'avvenisse, meglio sappi quello avarai a fare.

La galina avea l'ova: ella non poteva tacere. A questo suo dire Scipione non si puoté più contenere e non con il braccio con ch'ella gli teneva la mano, ma con l'altro cominciò a ben pigliar quello e mandarli in su la manica, quale larga era e lasciatosigli cader la testa in sul petto, cominciò a saporosamente baciarla e poscia a prendere una delle mamelle in bocca, succhiandola con gran suavità; a cui ella disse:

- O fa' conto ch'io ella fusse, soggiunte, non pensando però a male alcuno e che quivi, come noi siamo, soli voi vi trovasse, come e che le diresti ed io in vece sua ti replicherò, acciocché quando ciò t'avvenisse, meglio sappi quello arai da fare.

Non si poté più Anibale a queste parole contenere ed il braccio con che ella teneva la mano, cominciò con l'altra a pigliare e mandarle in su la manica, quale larga era e lasciatosili cadere la testa in sul petto, cominciò a baciarla i a cui ella disse:

- Ahi ribaldo, ahi picariglio mio, alla zia tua si fanno coteste cose?

Non facendo però atto alcuno di levarselo da presso: anzi soggiunse:

- E se tu mi fai senza rispetto questi scherzi, io altresì senza verun riguardo ti morderò, ti succhierò e vivo mangiarotti.

E ciò detto vezzosamente congiunse il suo viso a quello di don Scipione e con frequenti ardori cominciò a caramente baciarlo, mordendolo e rimordendolo con quella dolcezza che voi donne mie molto ben sapete; e senza più parlare, né contendere tal fu la lor conclusione, qual saria di qualsivoglia di voi amorose e belle giovani, se tali disgrazie vi avvenissero.

 

 

Si continua in narrare gli amori di accorta donna; e le pazzie amorose e gli avidi interessi di un publico lettore di Salamanca, col gastigo datogli; diceria saggia e dilettevole.

 

 

Questi avvenimenti sono rari, come le mosche bianche, né in ogni bottega se ne vedono; il ciel ci guardi da questi incontri, perché ogni forte uomo caderebbe a terra.

- Ahi ribaldo e che fai tu alla zia? (non facendo però atto alcuno di levarselo da presso) e se mi fai senza rispetto questi scherzi, io ti morderò.

E congiunto al suo viso quello d'Anibale, lo cominciò a baciare: e, senza più parlare tal fu la loro conclusione, qual saria stata di qual si voglia di voi, o innamorati gioveni se tali disgrazie vi avvenissero.

Da indi in poi don Scipione lasciò l'amore d'Isabellina e contento molto si rimase d'essere in tutto e per tutto di Polisenna e di aiutare il suo vecchio zio in quello ov'egli non poteva sodifare essendo ch'egli per lui sodisfaceva alla zia, la quale come accorta e sagace col suo don Scipione seppero godere i loro amori.

E da indi poi Anibale, lasciata Lucrezia, fu contento in tutto essere della sua Giulia ed aiutare per carità al suo vecchio zio; e cosi felice mente il loro amore goderonsi per lungo tempo.

Don Turbone, che vecchio si trovava e le sue opere da giovane avea con la sua donna voluto fare, doppo non molto tempo s'ammalò; e così come li panni vecchi non tengono punti, né per forza di medicine, né per qual si sia altra cosa potendo scampare, si morì; e fatto testamento, lasciò molti legati, per ricompensa delli danari, che gli pareva avere di quei d'altri contra coscienza, come molti usurai fanno, i quali col lasciare dieci lire a questo, quindici a quell'altro, venti ad un altro e il simile a diversi altri si pensano i poveretti d'aver sodisfatto a tutte le loro ribalderie e non veggono che queste cose, che di loro lasciano, è un lasciar testimonianza alli poveri della malavita loro e che rubbando i buoi e dando il pelo per amor di Dio, gli pare d'esser iscusati del loro errore;

Francesco che vecchio si trovava et l'opere da giovene haueua con la sua donna voluto tare, dopo che con lei pochi anni era stato, s'ammalò et cosi come li panni vecchi non tengano li punti, ne per forza di medicine, ne per uoti o preghi delli suoi frati potendo scampare, si morì. Et fatto testamenta, lasciò molti legati a luoghi pii, che fusse fatta uno capella in Santo Francesco per ricompensa delli denari che li pareva hauere contra concientia, come sempre li usurari fanno; quali faccendo una capella o un fornimento d'uno altare con l'arme loro, si pensano haver sodisfatto a tutte le loro ribalderie et non veggono che quelle cose diedi loro lassano, fanno alli posteri testimonio della vita loro et che robbando i buoi, dando il pelo per l'amor di Dio, lo pare essere scusati del loro errore.

ma non è minor errore del loro, quello di coloro i quali senza coscienza alcuna li denari illecitamente acquistati e lasciati per dispensarli, in loro proprio uso convertono, persuadendosi ancora che a loro non è colpa alcuna il ricevergli e tenergli essi per l'amor di Dio.

Ma non e minore orrore del loro, quello de' preti et frati, quali senza coscientia alcuna, li denari illecitamente acquistati in loro uso convertono, persuadendo ancora che a loro non c peccato il riceverli per l'amor di Dio, ma bene alli secolari il tenerli.

Ahi avarizia maladetta, ahi degli uomini commune ignoranza, che si pensano possedere giustamente le male acquistate ricchezze col darne parte di quelli e poca parte a chi più ingiustamente le dispensano, che loro non le hanno guadagnate. E non si vergognano questi nimici della vera carità in uno stesso tempo disubbidire a Iddio e non esequendo la volontà del testatore appropiarse a se stessi ogni sostanza e derelitte lasciare le povere famiglie. L'interesse uccide la carità: ed è ben vero che gli amici si fanno conoscere ne' bisogni; il vero amico è una dolce cosa, perché non dà mai danno all'amico, né a' dependenti suoi. Il lasciare ad un interessato amico, anzi inimico, che esequisca l'ultima sua volontà, è un dar la lattuca in guardia all'oca o lasciar l'agnello in custodia al lupo.

Ahi avarizia maladetta, ahi delli uomini comune ignoranza, che si pensano le male acquistate ricchezze giustamente possedere, dandone parte di quelle a chi più ingiustamente le dispensano, che lor non le hanno guadagnate. Et non conoscono bene li frati quali essendosi vituperati nel farsi frati, per mancarlo l'amino di vivere, giuntando ogni giorno Iddio col non osservarli cosa che li habbino promesso, non si curano appresso di giuntare gli uomini.

Avendo dunque don Turbone lasciato esecutore de' suoi legati il dottore suo amico, che don Diego s'appellava, egli molto volontieri con carità lupesca accettando questo peso, cominciò a dispensare questi legati a certe donne sue amiche, sempre però riservandosi la remunerazione delle sue fatiche. Aveva ancora questo dottore quattro scritte, le quali don Turbone gli avea lasciate nelle mani, perché le vedesse s'erano contratti leciti o illeciti, cioè per vedere se avea così ben saputo fare che in giudizio non patissero eccezione alcuna, le quali importavano settecento doble di Spagna.

Havendo adunque Francesco lasciato esecutore delle sue limosine maestro Antonio di Santo Francesco suo amicissimo egli molto volentieri accettando questo peso, cominciò a a dispensare queste sue elemosine a certe sue devote, sempre pero resecandosi la remuneratione delle sue fatiche. Haveva ancora questo frate due scritte, quali Francesco li haveva lasciate in le mani, che li dicesse erano contratti contra conscientia, cioè per vedere se haveva cosi ben saputo fare, che in giudicio tenessero a paragone, quali importavano ottocento ducati d'oro.

Donna Polisenna, quantunque della morte del marito lungo e lamentevole rammarico dimostrasse, poco però se ne curava: imperoché sibbene alla sua morte seppe fingere che la lasciò padrona d'ogni cosa, mentre volesse starsi vedova et quando la si volesse rimaritare, li lasciava mille scudi d'oro oltre alla sua dote, sicché robba non li mancava e del resto ella s'era provista del suo Scipione.

Madonna Giulia quantunque della morte del suo marito lungo et lamentevol rammarico dimostrasse, poco però se ne curaua. Impero che si bene alla sua morte seppe fingere, che la lascio padrona della sua casa mentre volesse star vedova et non li havessero a esser riveduti li conti delli frutti et quando la si volesse rimaritare, li lascio cinquecento fiorini sopra alla sua dote, si che robba non li mancava et del resto ella s'era provista col suo Anibale.

Standosi così col viso mesto e col cuore gioioso, le fu più volte mestieri di convenire col dottore don Diego, per riavere le quattro scritte, le quali prima di morire egli avea a bocca commesso che a sua moglie le rendesse. Don Diego, benché tutto divoto e grande uomo dabbene palesemente con tutti si dimostrasse, come amico compassionevole si pensò (se fatto li veniva) di volere alli bisogni della vedova supplire;

Standosi cosi col viso mesto et col core gioioso, li fu più volte mestieri di convenire con maestro Antonio predetto, per riliauere le due scritte, quali egli a bocca al frate avea commesso che alla sua donna rendesse. Perché il devoto frate come compassionevole, si pensò (se fatto li veniva) volere alli bisogni della vedova Giulia supplire,

e andandogli in casa più spesso che talora non bisognava, gli cominciò a persuadere di non amare giovani, perché d'ogni cosa che fanno, si vantano e delle povere gentildonne continuamente novellano, ponendole in bocca di ciascuno; e che però ben vero era quel proverbio, che meglio è porsi sotto barba, che sotto bava. Un'altra volta da santoccio le fece un discorso biasimando grandemente la licenziosa gioventù e che le donne in conto alcuno non s'hanno da travagliar con loro, perché sono trombettieri e trombettano molto più che non è e tra compagni si ridono delle meschinelle;

et andandoli in casa più spesso che tal'hora non bisognava, le cominciò a predicare la castita, biasimando molto l'amare li secolari, con dire, che d'ogni cosa che facemmo, si vantavano et per ritrovarsi insieme spesse fiate, delle povere gentildonne tenemmo loggia; et che peggio era, ui aggiungemmo sovente molto più che non era.

ed oltre a ciò, se di giorno andavano ed erano visti entrare in casa, davano grande odore non buono; se di notte, per timore menavano seco compagnia, dopo notificavan a tutta la cittò quanto era succeduto.

Et oltre a questo, se di giorno andavano et erano visti entrare in una casa, davano infamia; se di notte, bisognava che seco menassero compagnia per timore, la quale di poi notificami a tutta la Citta quanto era avvenuta.

Altre fiata, la segretezza de' pari suoi, come quelli che sono scienziati, che sanno tacere e come persone qualificate non danno se non buono odore, essendo che tutte le azioni loro sono virtuose e di buon esempio e per conservarsi tali caminavano con quella circospezione che in tali affari si conviene, accioché l'onestà e l'onore d'ambe le parti restino conservati.

Alcuna fiata le diceva la taciturnità de' frati, la loro osservantia della fede, la commodita che tenemmo d'andare per tutto sotto spetie di elemosine, di uisitare infermi, o di confessare. Peroche molto lodami l'honesta nelle donne et che non era manco male a loro errare palesemente, che commettere cotale peccato, per il male esempio che davano.

Donna Polisenna, che più maestra era che dotto non era il dottor don Diego di questa scienza e che beneintendeva dove egli voleva entrare e meglio che dire non lo sapeva, sembianti faceva di non lo intendere, a nulla rispondeva ed in altri ragionamenti passava, ragguagliando sempre del tutto il suo don Scipione. Avendo al dottore la Polisenna più volte addimandato le quattro scritte, sempre avevagli dato buone parole: ed un giorno si assicurò di significarle alla distesa il suo intento ed in questa guisa le disse:

Madonna Giulia che maestra di queste cose era, meglio intendeva la dove il frate uoleua riuscire, che egli non lo sapeva dire ; ma sembianti faccendo non lo intendere, a nulla rispondeva et in altri ragionamenti passava, ragguagliando sempre del tutto il suo Anibale. Havendo al frate Madonna Giulia più volte le due scritte domandato, sempre gli haveva date parole et un giorno s'assicuro di dirle cotai parole:

- Signora donna Polisenna, dall'ora in qua che don Turbone morì e voi ho conosciuta, sempre vi ho avuto in animo, che molto a grato mi seria stato, se mi si fusse offerta occasione e di farvi piacere e di dimostrarvi quanto desiderio io tengo di servirvi. Imperoché sopra tutte le cose io vi ho amata ed amo e se prima ciò non vi ho appalesato, è stato perché commodità non mi si è offerta.

- Madonna, dall'hora in qua che Francesco uostro (che Dio gli habbia perdonato) mori et uoi ho conosciuta, sempre vi ho avuta in animo, che molto a grato mi saria stato, se mi si fusse offerta occasione et di fami piacere et dimostrarvi quanto desiderio io tengo servirvi. Imperoche sopra tutte le cose v'ho amata et amo et se prima ciò non v'ho appalesato e stato percioche commodità non mi si è offerta.

Pregovi adunque e vaglia il mio priego presso di voi, ad esser contenta ch'io vi ami e del mio amore punto non ve ne sdegnate e siate certa che ancorché io sia dottore e lettor publico di questa Università di Salamanca, sono però anch'io un uomo come gli altri e tanto meglio che chi ha virtù virtuosamente ama e con più efficacia imprime li effetti et affetti d'amore; siamo anche segretissimi, che giamai manifestiamo cose simili ad alcuno: e perciò non solo le vostre scritte, ma con quelle di me e di ciò ch'io tengo e possiedo siete unica padrona.

Alle cui parole la signora donna Polisenna disse:

Pregovi adunque vogliate esser contenta che ui ami et del mio amore non ui sdegniate, quantunque frate sia, siate certa che sotto questa cappa non e altro che un uomo come li altri et tanto meglio quanto noi sendo da minor cure occupati, potiamo con più agio a' servigi d'amore attendere, che li secolari, quali sono in continovi fastidii, ora con le loro mogli, or con li figliuoli, ora con esercitii di botteghe et di altre mercantie, senza che le cose loro sempre si manifestano et noi siamo segretissimi. Et non solo delle vostre scritte, ma con quelle, di me et di ciò che tengo sete padrona.

Alle cui parole Madonna Giulia disse:

- Di ciascun altro averei pensato che a cotali ciance e bagatelle avesse atteso, eccetto che voi che sete principale lettore publico di questo Studio, gentiluomo tenuto per mezo santo e forsi ch'io non ho udito dire che nelle publiche Scuole ed in privato sempre esclamate contro i vizi e particolarmente contra quelli che a così fatte cose attendono; e quello che più mi incresce è che m'abbiate per donna tale, che dell'onestà mia non curi; anzi vi dico che la prima che la fede rompe al suo marito, si doverebbe viva abbruciare ed io per me, poiché mi è mancato il mio consorte, sì come in sua vita tutta sua fui, così ancora essendo priva di lui non voglio d'altri essere, ch'io mi sia.

- Di ciascuna altro harci pensato che a cotali ciance hauessc atteso, che di noi frate Antonio, o io vi tenevo quasi per un santo; et forse che non ui ho pentito esclamare in perigolo contra quelle, che a cosi fatte cose attendono et che più m'incresce, m'habbiate per tale, ch'io della honestà mia non curi, che la prima che la fede rompe al suo marito, si vorrebbe viva bruciarla et io per me, poi che mi è mancato, si come in sua vita tutta sua fui, cosi ancora mancando lui, non voglio d'altri essere ch'io mi sia.

Alla quale il signor dottore rispose:

- È vero che io ho ripreso li vizi e sempre li reprenderò e le donne ancora, ma solo quelle però che vergognano e vituperano li loro mariti e parenti, le quali sono quelle che con sciocchi giovani e uomini senza cervello s'impacciano e quelle donne che per ogni canto lo ridicono; ma non mai dirò di quelle che a pari nostri pongono amore.

Alla quale maestro Antonio rispose che era vero che era mezzo santo come ella stimava et che non solo li mezzi santi, ma ancora li santi tali cose aveano fatte. Et quanti ne erano stati che aveano avuti figliuoli ? Et lo amore non si trova in cielo? Senza esso non si può bene alcuno fare, percioche senza carità niente non si opera, dove non e amore, non e carità ; adunque peccato farete, se non amerete et non vi lasserete altresi amare. Et molto più con li santi vi devreste impacciare, che con li altri, quali pregaranno Dio per noi. Et s'io in pericolo ho ripreso le donne, solo quelle ho ammonite, che svergognano et vituperano li loro mariti et parenti, quali son quelle, che con sciocchi s'impacciano et che lo ridicano; ma non mai gridaro quelle, che alli nostri pari pongano amore.

E così con queste ed altre simili parole il buon dottore persuadendo la signora donna Polisenna ed ella repplicando vennero a tanto, che quasi da lui convinta e costretta le promise darle una sera albergo, ma con particolar patto, ch'egli li portasse le sue scritte e con questa conclusione si partì per doversene venire la notte veniente. La sera medesima venendo il signor don Scipione da lei a dormire ancorché poche notte trapassassero, ch'ella senza esso si colcasse, percioché la povera vedovella tutta paurosa era, gli narrò tutto il ragionamento avuto con il dottore e quanto aveva dissegnato di fare,

Et con queste et simili parole il buon frate suadendo Madonna Giulia et ella replicando, venero a tanto, che quasi costretta li promesse darli una sera albergo, ma con patto clic egli le portasse le sue scritte. Et composta indi appresso la notte udiente, il frate tutto lieto si partì. La sera medesima venendo il suo Anibale da lei a dormire, ancora che pochi notti trapassassero, ch'ella senza esso si colcasse, percioche paurosa era, gli narrò tutto il ragionamento avuto con il frate et quanto aveva disegnato di fare,

e così la notte seguente alle cinque ore (che così avevano composto) il signor dottore con una zazzeretta e barba postizza, con un cappello impennachiato, con spada a lato e ferraiuolo longo di panno sivigliano e con le scritte in seno, tutto profumato e odorifero verso la casa di donna Polisenna s'inviò. Don Scipione, stava alla posta e messosi dove a passar li conveniva con il capitano e birri della guardia della notte, il quale suo amico era, l'aspettava; non guari passò che arrivato il dottore uno della guardia li abbassò una allabarda e disse:

et cosi la notte seguente all'hora del matutino (che cosi avevano composto) maestro Antonio con una zazeretta et berba posta, con un cappello con lo spennacchio et con la cappa alla spaglinola et una spada a lato, con le scritte pero in seno, tutto prefumato, verso la casa di Madonna Giulia s'inviò. Anibale che alla posta stava, messosi dove a passar li conveniva con Cencione che la guardie la notte per la città faceva, quale suo amico era, l'aspettava. La dove arrivato il frate, abbassatoli la guardia una alabarda, disse:

- Chi va là?

Il dottore rispose:

Amici.

Egli replicò:

Dimmi il nome.

Non sapendo il dottore che dirsi, si taceva. Allora il soldato cominciò a menarli con l'aste adosso dicendoli:

- Tu mi dirai al tuo dispetto chi sei e dove vai.

A questo dire il dottore tutto si umiliò raccomandandosi et tacendo il nome; onde presolo, dissero:

- Chi è là?

Il frate rispose:

- Amici.

Egli replicò:

- Dimmi il nome.

Non sapendo il frate che dirsi, taccila. Egli cominciò a menarli con l'haste, dicendoli:

- Tu mi dirai chi tu sei et dove vai.

Ai quali, solo raccomandandosi, il nome si celava. Onde presolo, dissero:

- Questo è qualche ladrone, meniamolo a palazzo, li faremo dare tanta fune, che voglia o non voglia dirà chi egli si sia.

- Questo e qualche spia, meniamolo a palazzo et li faremo dar tanta fune, che dirà chi egli è.

Il povero dottore tutto trafitto di doglie li pareva d'esser fra branche di leoni arrabbiati, quali con umili preghi li supplicava che non in palazzo, ma a casa loro lo menassero, dove egli gli diria ch'egli fusse e tutto ciò che desiderassero, promettendoli oltre di ciò una buona mancia. Allora levandoli l'arme e cercatolo in seno ritrovarono le scritture, le quali don Scipione diligentemente salvò e lo condussero a casa del capitano e quivi levatosi la barba et li falsi capelli, mostrò come egli era il primo catedratico di Salamanca e finta una sua cantafavola ch'egli andava a trovar una certa donna nel chiasso, non volse mai incolpare la sua amata Polisenna.

Il povero frate gli pareva essere fra malebranche et con burnii preghi gli supplicami che non in palazzo, ma a casa loro lo nienassino, dove egli gli diria chi è et indi appresso ciò che gli piacerà, promettendoli ancora buona mancia. All'hora levandoli l'arme et cercatolo in seno ritrovorno le scritte, le quali Anibale diligentemente salvo et lo condusseno in fontebranda in casa di Cencione et quivi levatosi la barba et li falsi capelli, mostrò come era frate. Et finita una sua cantafavola che andava a trovar una nel fondaco di Santo Marco, non volse mai incolpare la sua Madonna Giulia.

Il capitano fingeva di non credere quello diceva; ma che così travestito andasse a commettere qualche gran misfatto e perciò lo voleva menare innanzi al giudice: quando ciò intese il dottore, con molto affetto ei si raccomandava, offerendogli ciò ch'aveva e che per amor di Dio e della sua riputazione e dignità non lo volessero manifestare, che gli donarebbe cinquanta scudi, de' quali venti ne avea addosso et il resto la mattina andasse alla sua casa il capitano, che compiutamente lo sodisfarebbe; e per segno di sicurezza lasciolli per pegno due belle anella, che seco aveva.

Loro fingevano di non credere quello diceva, ma che cosi travestito andava a fare qualche trattato contra lo stato et lo volevano menare innanzi alla giustitia. Egli molto si raccomandava, offerendo ciò che haveva et che per amor di Dio et della religione non lo volesseno manifestare et promesse donarli trentc ducati, de' quali dieci ne haveva seco et due belle anella lo diede in pegno.

Così placato il capitano ed i birri per mezo di don Giovanni boccadoro lo lasciarono: ma il dottore tornò a pregarli che le rendessero le sue scritte, a cui risposero che non appartenevano a lui, ma bensì alli eredi di don Turbone e che però alla moglie sua li manderebbono; e l'istessa sera l'accompagnarono insino alla porta di casa sua, nella quale chetamente entrò e don Scipione alla sua Polisenna tornando dello sciocco dottore si ridevano.

Et cosi placati costoro per mezzo di Santo Giovanni boccadero li promessero liberarlo et presi li danari et li pegni, del resto gli pregava gli rendessero le sue scritte, a cui disseno che non appartenevano a esso, ma che alla padrona le rimanderebbeno. Et la sera seguente l'accompagnorno insino alla porta del convento, in la quale con la chiave con-trafatta che aveva se n'entrò. Et Anibale dalla sua Giulia tornando, dello sciocco frate si ridemmo.

Don Diego non essendosi accorto dell'inganno fattogli, stava in speranza di nuovo ritornare e l'altro giorno, mandando un suo servitore, le fece dire che quanto promesso li aveva, non avea potuto adempire per certi impedimenti, ma s'ella si contentava li giorni seguenti vi tornarebbe. Ma donna Polisenna, ch'era saggia, le scrisse una polizza di questo tenore:

Ma il frate non essendosi accolto dello inganno fattoli, staua in speranza di nuovo ritornare et l'altro giorno, mandando il suo fratino, le fece dire come quando li aveva promesso, non avevaa potuto parlare a quello amico, ch'ella li haveva imposto et se ella si contentava, il giorno seguente vi tornerebbe. Al quale ella per una poliza cosi rispose:

"Ho a caro in poca cosa aver conosciuta la vostra poca fede e meno diligenza; imperoché quanto tra noi stabilito avevamo, lo avete alle guardie, che vi trovarono narrato, senza rispetto della persona mia, come da chi riportò le scritte ho risaputo. E' ben vero che ove abbonda più scienza, tanto meno di cervello abbonda; statevene nei vostri Studi e guardatevi le miche per voi e per la famiglia, né mai in casa mia o dove io sia non arrivate, né in bene, né in male mai non mi raccordate, se non io vi farò il più scontento uomo che porti toga".

"Ho caro per poca cosa aver conosciuta la nostra fede et diligentia, imperoche quanto avevano ragionato, avete alla guardie che vi trovorno narrato senza rispetto della persona mia, come da chi mi porto le scritte ho risaputo. Mi maravigliavo che voi fusse meglio degli altri. Per il che statevi al chiostro a mangiar le micche et non solo in casa mia. ma dove io sia non arri nate, ne in bene né in male mai non mi ricordate, se non, vi farò il più scontento li uomo che porti cappuccio".

Ricevuta questa risposta, quasi che disperato stette più d'un mese, che di casa non uscì, per il timore che in sé aveva conceputo; e se volse le sue anella, bisognò ch'egli mandasse il resto de' danari al capitano, il quale in luogo di tenerlo segreto in meno di quattro giorni per tutta Salamanca si seppe come il publico lettore don Diego era stato trovato travestito e che andava a dormire nel publico chiasso con una giovanotta, che poco era venuta di Francia, perloché per non cadere in qualche inconveniente e disonore alla sua riputazione da Salamanca si partì;

Ricevuta questa risposta il frate, quasi che disperato, stè più d'un mese che di convento non uscì, per timore che donna Giulia non s'adirasse et se volse li suoi anelli, bisogno che egli mandasse, venti ducati alla guardia, quale in luogo di tenerlo secreto, in otto giorno per tutta Siena si seppe come il predicatore di Santo Francesco era stato trovato travestito, che andava a dormire da Gioma nel fondago di Santo Marco. E tanto hora da uno, ora da un altro suo amico questa cosa li fu detta, che non tentandosi andare per le contrade, fu forzato di Siena partirsi.

e così in uno istesso tempo li scudi, le scritta, la innamorata e l'onore (seppure onore hanno uomini tali) si perdé. E tal fine ebbe il folle amore del sciocco dottore, così possa a tutti li altri simili a lui, che si innamorano, intervenire. Et con ragione se li poteva dire, chi fa quello che non deve, l'interviene quello che non crede e la signora donna Polisenna, che era tutta saggia et che non era punto robba da dottori, longo tempo con il suo don Scipione felicemente insieme visse e tal grazia conceda amore a tutti li fedeli amanti(4).

Et cosi a un tempo, li ducati, la innamorata et l'honore (se punto ne hanno li frati) si perde. Et tale fine ebbe il folle amore dello sciocco frate, che così possa a tutti li altri frati che s'innamorano, intervenire. Et a ragione se li poteua dire Chi fa quel che non deve, gl'interviene quel ch'ei non crede. Et Madonna Giulia, che robba non era da frati, lungo tempo et il suo Anibale felicemente insieme visseno et forse ancora vivono.

Che tal gratia conceda Amore a tutti li fedeli Amanti.

Quando io sentei questo singolare avvenimento, dissi alla vecchia:

- Molto più male meritava questo sciagurato dottore; non sapeva egli forse che chi va alle nozze e non è invitato, se ne parte tutto svergognato? {Proverbi e sentenze.} Et un altro disse che chi va alla festa et non è invitato, ben gli sta se n'è cacciato; anco questo dottore voleva porre muttande in bucata:

li pareva esser un bel giovanotto, questo sier poco cervelo, anch'egli voleva mettersi in dozina con li altri giovani; pensò molto male i fatti suoi, {Detti.} che se saggio fusse stato, averebbe prima pensato un pezzo quello che far doveva una volta sola: non bisogna toccare li ferri di bottega, nemmeno ischerzare con l'orsa e però brutta cosa è il dire, ciò non mi pensava(5).

{Dall'avarizia nasce l'usura.} Voi madre cara avete detto che don Turbone era un grand'avaro, anzi un finissimo usuraio, perché niuno può essere usuraio, se prima non è avaro: non sapeva egli che nostro Signore dice, prestate con animo di non ne trarre guadagno; ma il volere trenta per cento è un poco troppo. E cosa d'amico il prestar denari o robba, massimamente nei bisogni, non perdendosi però il capitale; il prestare è cosa lodevole, ma non ad usura:

Ma parliamo delle usure, che nascono da questa tristissima pianta dell'avarizia. Prestate (dice Cristo) con animo di non ritrarne guadagno. {Contra le usure.} E' cosa amichevole il prestar danari o robba, massimamente nelle bisogne, non perdendosi il capitale. Prestiamo: ma non con l'usura.

{Iddio non vuole che si dia ad usura.} non tiranneggiarai, dice il grande Iddio, con usure il tuo fratello, servi al tuo fratello di quello ha di mestiero, senza usura, acciò ti benedica Iddio in ogni opera tua ed altrove. Non darai il tuo danaro al fratello ad usura e non riscoterai più di quello monta il capitale. {Catone suoi detti contro l'usura.} Perciò Catone disse:

Non tiranneggiarai (dice il grande Iddio) con usure il tuo fratello. Servi a tuo fratello di quello ha di mestiero senza usura, acciò ti benedica Iddio in ogni opera tua ed altrove. Non darai il tuo danaro al fratello ad usura e non riscuoterai più di quello monta il capitale. Porzio Catone detto il Censorino ne' libri dell'arte de' campi disse:

 

- Li nostri magiori posero per legge, che il ladro in doppio e l'usuraio in due doppi condannato fusse.

L'istesso dimandato che cosa giovasse ad una famiglia, rispose:

- L'aver bestiami e buoni pascoli, il ben vestire ed avere buoni poderi.

Ed essendo anche richiesto se il dare ad usura risultava a profitto, rispose:

 

- No, {L'usura è atto micidiale.} anzi il dare ad usura è un esser micidiale ed un non temere la giusta ira del cielo.

- I nostri maggiori così tennero e posero per legge che il ladro in doppio e l'usuraio in due doppi condannato fusse.

L'istesso dimandato che cosa giovasse ad una famiglia, rispose:

- L'aver bestiami e buoni pascoli, il ben vestire ed avere de' buoni poderi.

E richiesto dopo se il dare ad usura risultava a profitto, rispose:

- No, anzi che 'l dar ad usura è un esser micidiale.

{Carità naturale che sia.} Opera di natural carità è il servirsi l'un l'altro e prestarsi; ma il ritrarne usura è contra ogni natural ed umano istinto: et siccome non solo a noi, ma eziandio a' forestieri facciamo spesso commune l'uso dell'acqua, del fuoco, delle piazze, dei portici, delle strade, de' tempi, delle usanze, delle leggi, dei giudizi e dei suffragi; {L'usura è vituperevole e perché.} così tra i parenti, amici e vicini scambievole esser dee nelli bisogni la prestanza.

Opra di natural carità è il servirsi l'un l'altro e prestarsi. Ma il ritrarne usura è contra ogni natural ed umano istinto. Come non sol a noi, ma eziandio a' stranierifacciamo spesso commune l'uso dell'acqua, del fuoco, delle piazze, de' portici, delle strade, de' tempii, delle usanze, delle leggi, dei giudizi e de' suffragi; così tra i parenti, amici e vicini scambievole esser dee nelle bisogne la prestanza.

L'usura di tutte le specie di prestanza è la più vituperevole e odiosa: sì perché l'usuraio vuole che il danaro partorisca il danaro, non avendo esso anima, né facoltà di produrre; sì perché le cose fatte dall'arte, come n'è uno il danaro, non possono moltiplicare in se stesse (che se lo scrigno e l'oro uniti non moltiplicano, meno moltiplicheranno disuniti e divisi; né dugento scudi riposti in una borsa, se vi stessero un secolo, non partoriranno giamai un soldo di più); sì perché anco l'usuraio vende il riposo della notte e la luce del giorno.

L'usura di tutte le speci di prestanza è la più vituperevole e odiosa: sì perché l'usuraio vuole che il danaro partorisca il danaro, non avendo esso anima, né facoltà di produrre; sì perché le cose fatte dall'arte, come n'è una il danaro, non ponno moltiplicar in se stesse (che se lo scrigno e l'oro uniti non moltiplicano, meno moltiplicheranno disuniti e divisi. Né dugento ducati riposti in una borsa, se vi stesser un secolo, non figlieranno giamai un grosso, nonché un ducato di più); sì perché anco l'usuraio vende il riposo della notte e la luce del giorno; e sì finalmente, perché 'l trarre usufrutto di cosa che non pate usufrutto, è rapina. Usufrutto è di cosa che si rende la medesima. Il danaro, se si presta, non si rende l'istesso, a sol altrettanto in valore. La cosa che non si può usar senza consumarla e che per su natura può produr frutto, come il prestar cavalcature e pigionar case e poderi, quando si danno ad uso, si può trarne il danaro per la pigione, per la locazione, o vettura. Ma questo non è prorpio prestare, ma dar a pigione ed avettura.

Senza disegno di fare avanzo si vuole amorevolmente prestar a' conoscenti ed amici allorché corre il bisogno e possiamo servirli, altrimente si cade in usura. {Usura, che sia.} Se alcuno presta altrui per amore principalmente e crede poi che la persona, a cui serve, gliene debba esser larga compensatrice, non è vizioso; ma se presta e non con altro animo presterebbe, se non ne traesse profitto, tutto quel che ne trae, ancorché gratuitamente dato, è usura.

Senza disegno di far avanzo si vuole amorevolmente prestar a' conoscenti ed amici allorché corre la bisogna e possiamo servirli. Altrimente si cade in usura.

Se alcuno presta altrui per amor principalmente e crede poi che la persona, a cui serve, gliene debba esser larga compensatrice, non è vizioso. Ma se presta e non con altr'animo presterebbe, se non ne traesse profitto, tutto quel che ne trae, ancorché gratuitamente dato, è usura. Se qualche legge si trova che permetta l'usura assolutamente, riputar si dee che annullata dall'imperador sia, dov'egli accetta ed approva i quattro concili universali, tra quali e il Niceno che maledice l'usura. Se ancora vi ha legge che la permetta con maniera discreta, Mosè anco permise agli ebrei che dessero ad usura a stranieri gentili per minor male e per la lor durezza; perciocché li vedea sì fattamente piegati ad essercitarla, che l'averebber anco usata co' frategli e figliuoli, quando a loro non fosse stata conceduta co' gentili, come ancora permise loro il libello del divorzio, acciò non uccidesser le mogli.

{Neemia, suoi detti contra l'usura.} Sgridai, dice Neemia, gli ottimati e primi del popolo e dissi loro:

- Non vogliate trarre usura da' fratelli, ma la centesima del denaro, del formento e dell'oglio, che solete riscuoter da loro, rendetegliela. Tutto quello che oltre il capitale si rende per l'uso del denaro o della robba, è usura. Se de' danari prestati alcuno con l'industria sua guadagna, sconvenevole cosa è che il prestatore dimandi premio dell'altrui fatica ed industria. {Guadagno infame qual sia.} Oltre che se il danaro è una certa misura nelle commutabili cose, con la quale s'agguaglia il dato ed il ricevuto, per certo il ricever più di quello che dato sia ha è indiscreto ed infame guadagno. {Usura è come la lepra.}

Sgridai (dice Neemia) gli ottimati e primi del popolo e dissi loro:

 

- Non vogliate ritrarre usura da' frategli, ma la centesima del danaro, del formento e dell'oglio, che solete riscuoter da loro, rendetegliela.

Tutto quello che oltre il capitale si rende per l'uso del danaro, o della robba, è usura. Se de' danari prestati alcuno con l'industria sua guadagna, sconvenevole cosa è che il prestatore dimandi premio dell'altrui fatica ed industria. Oltre che se il danaro è una certa misura nelle commutabili cose, con la quale s'agguaglia il dato ed il ricevuto, per certo il ricever più di quello che dato si ha è indiscreto ed infame guadagno. E se colui che presta dee mirar al bene di chi riceve, l'usureggiar seco, non lo solleva, ma lo distrugge e diradica. Niun contratto è lecito come che i contrattanti accontati si siano dove non consente il divino decreto. Presta l'agio ed il commodo del danaro l'usuraio; ma quello poi non vuole che ritorni in commodo di chi l'ha ricevuto. Ma piuttosto, se ha qualche vigna o casa, cerca di levargliela e diseredarlo.

S'appica l'usura a guisa di lepra e di continuo divore le sostanze de' miseri ed è come peste delle città. {L'usuraio è ladrone e traditore.} Ladrone domestico è l'usuraio e più ne ruba egli a man salva nelle città, che i ladroni nelle selve. Il ladro di notte solo spoglia l'altrui case, ma egli e di giorno e di notte attende a rubare. Non è tradimento che avanzi il suo? Se toglie quello onde hanno a viver i poveri, non è egli micidiale?

S'appica l'usura a guisa di lepra e di continuo divora le sostanze de' miseri ed è come peste delle città. Pieno era il tempio in Gierusalemme di usurai, i quali prestavano a' sagrificanti ad usura il danaro per comperar le vittime, onde adirato Cristo volse sotsopra le mense de' banchieri, che prestavano ad usura sgridandoli, che di casa d'orazione e di Dio avesser fatto il tempio tomba de' ladroni. Et per certo ladron domestico è l'usuraio e più ne rubba egli a man salva nelle città, che i ladroni nelle selve. Il ladro di notte solo spoglia l'altrui case, ma egli e di giorno e di notte attende a rubare. Non è tradimento che avanzi il suo. Se toglie quello onde hanno a viver i poveri, non è egli micidiale?

Giuda rese almen il danaro, che avea del maestro suo male usurpato: ma l'usuraio mentre vive mai non rende ciò che ha rapito.

Niuno si vergogna esser chiamato col titolo del suo essercizio e mestiero. {Usuraio tra i peccatori è grandissimo.} L'usuraio solo non vuol mai essere dimandato usuraio, ma sol prestatore. Pecca il fornicatore con la meretrice se non una volta in un medesimo tempo, ma l'usuraio in un'ora sola farà dieci e vinti contratti illeciti. Altre volte in tutta una città si trovava a gran pena un usuraio e quelli solo usureggiava con patto d'esser tenuto segreto; ma oggi ne sono piene, non solo le città, ma le ville ancora. Solevasi tener l'usuraio peggio che non si tiene lo scommunicato e si schifava il suo commercio, come contagioso.

Niun si vergogna esser chiamato col titolo del suo essercizio e mestiero. L'usuraio solo non vuol esser dimandato usuraio, ma sol prestatore. Pecca il fornicator con la meretrice se non una volta in un medesimo tempo. Ma l'usuraio in un'ora farà diece e vinti contratti illeciti. Altre volte in tutta una città si trovava a gran pena un usuraio e quelli solo usureggiava con patto d'esser tenuto segreto. Ma oggi ne son pieni borghi. Non mancano cristiani che giudaizano. Solevasi tener l'usuraio come si tien lo scommunicato e schifar il commerzio suo come contagioso.

{Usuraio è infame.} Mostravasi a dito per infame: i garzoni per la città, come l'incontravano, non meno che il diavolo, l'aborrivano e acremente lo vituperavano; la casa sua era riputata casa di perdizione. Non li si dava il bacio della pace.{Usurai sono oggidì riveriti.} Ma oggi si sono li usurai talmente dimesticati ed assicurati con le loro e scoperte e coperte usure, che non solo non si fuggono, ma riverentemente si riveriscono; anzi nelli maggior negozi del mondo sono introdotti e divenuti sono oramai camarieri segreti ed agenti di gran personaggi.

Mostravasi a dito per infame. I garzoni per la città, come l'incontravano, non meno che il diavolo l'aborrivano ed agramente lo vituperavano. Era riputata la casa sua casa di perdizione. Vicino alcuno non giva prender fuoco al suo albergo. Non li si dava il bacio della pace. Ma oggi si sono li usurai dimesticati ed assicurati con le loro e scoperte et coperte usure, che non solo non si fuggono, ma si riveriscono; anzi nei maggior negozi del mondo essi divengono camerieri ed agenti de' prencipi.

{A chi assomigliati e sue qualitadi.} La pernice cova le altrui ova, così l'usuraio cova le altrui ricchezze. È così crudele, che non si pasce d'altro che di lagrime de' poveri. Chi prende ad usura è prodigo, se frequenta s'impoverisce; e non restituisce, perché non può. Se dà ad usura è avaro e dalle mani dell'avaro chi può trar il suo? Certo niuno. Oh quanto amabile all'incontro è l'umano, il compassionevole e liberale! Ma chi per gentilezza oggi mi addita un liberale ed un magnifico, pochi sono. Chi apre le mani per sostener che la virtù non cada? Chi col fuoco della carità risolve il ghiaccio della tenacità? Chi con la magnificenza incarcera l'invidia, appende ad un legno la maledicenza, uccide la calonnia e sepelisce l'ignominia?

La pernice cova le altrui ova, così l'usuraio cova le non suericchezze. Si pasce delle lagrime de' poveri. Chi prende ad usura è prodigo, se frequenta, s'impoverisce e non rende, perché non può. Se dà ad usura è avaro e dalle mani dell'avaro chi può trarre il suo? [...]

O quanto amabile a rincontro è l'umano, il compassionevole e liberale. Ma chi per miracolo oggi mostra a dito un liberale e un magnifico? Chi apre le mani per sostener che la virtù non cada? Chi col fuoco della carità risolve 'l ghiaccio della tenacità? Chi con la munificenza incarcera l'invidia, mette in croce la maledicenza, uccide la calunnia e sepelisce l'ignominia?

Chi con la cortesia impenna l'ali alla gloria? Chi con la liberalità lusinga i belli ingegni? Rari per certo: si troveranno bene dei simili ad un signore, che si fece leggere da un filosofo più di sei mesi e poi in ricompensa li donò una rosina di stringhe napolitane; parvi che costui fusse discreto? {La cortesia è sbandita poco meno che tutta.} Chi essercita di rado la cortesia o la si dimentica o la imbastardisce e però fu sempre cosa onorevole l'usare atti nobili e di gentilezza, ma coloro che in contrario oprano, sono come gli sparagi di monte: od acconci con l'oglio o addottrinati da picari mulatieri, che giamai fanno usare se non di cortesia. Non vi dipartite, che oro ora sono da voi.

Se don Turbone pativa d'usuraio, don Diego pativa d'amore: non sapeva egli che

Chi con la cortesia impenna l'ali alla gloria? Chi con la liberalità lusinga i sacri ingegni? Rari per certo si troveran ben de' simili ad un signore che si fece legger da un filosofo più di tre mesi; e poi gli donò una dozzina di stringhe napolitane. Parvi che fusse discreto? Chi essercita di rado la cortesia, la imbastardisce [...].

siccome il sole è padre della corporea luce ed il mare è ricetto di tutte le acque, così amore è principio e fonte di tutte le umane passioni. L'amore è simile alla calamita, che siccome questa trae a sé il ferro, così quello a sé rapisce tutto il dominio del cuore umano. {Amore ciò che sia e suoi effetti ed affetti.} Laonde chi dona l'amor suo ad alcuna persona, gli dà per consequenza tutto quello ch'è e tutto quello che spera avere. Ne segue perciò che se quell'amor è buono, buone son tutte le cose che da lui derivano, essendo che quell'effetto è buono che da buona cagione discende.

Come il sole è padre della corporea luce ed il mare è ricetto di tutte le acque, così amore è principio e fonte di tutte le umane passioni. A calamita è simile amore, che come quella trae a sé il ferro, così amore a sé rapisce tutto 'l dominio del cuore umano. Laonde chi dona l'amor suo ad alcuna persona, le dà per conseguente tutto quello ch'è, tutto quel che può, tutto quel che ha e tutto quel che spera avere. Perché segue che se quell'amor è buono, buone sono tutte le cose che da lui derivano Quell'effetto è buono, che da buona cagione discende.

Et però se l'amor è falso, adulterino ed infinto, cattivi sono li effetti, che da lui vengono. Amore è un affetto ordinato dell'animo ragionevole, che appetisce alcuna cosa per goderla e che con diletto interno l'abbraccia e ne fa conferma. Disconvenevol cosa è e alla ragione contraria, che amore, nobilissimo affetto, si trovi nelli animali brutti ed a gran pena si trovi nell'uomo, se non puro almeno e perlopiù contaminato;

Et però se l'amor è falso, adulterino ed infinto, cattivi sono gli effetti che da lui vengono. Che cosa sarà dunque amore? {Che cosa è amore.} Un affetto ordinato dell'anima ragionevole, che appetisce alcuna cosa per goderla e che con diletto interno l'abbraccia e ne fa conserva. Sconvenevole cosa è ed alla ragione contraria, che amore, nobilissimo affetto si trovi nelli animali bruti ed a gran pena si trovi nell'uomo, se non impuro e contaminato.

{Con amore s'acquista amore.} niun mezo più potente ad acquistar l'altrui amore, che amore. Se siamo amati, abbiamo una invitissima guardia, un insuperabile presidio, un'inespugnabile rocca(6); percioché parturisce molti effetti: amor addolcisce ogn'amaro, alleggerisce ogni peso, spiana ogni erto, supera ogni difficoltà, scema ogni tormento, infiamma ogni cuor gelato, communica ogni bene, aguzza ogni ottuso ingegno e finalmente ci accompagna con Dio(7).

Niun mezo è più potente ad acquistar l'altrui amore, che amore. Se siamo amati, avemo una invittissima guardia, un insuperabile presidio, un'inespugnabile rocca.

{Amor sensuale pessimo e quale.} Però chiunque abbraccia il sensuale amore, cade in un orrendo incendio e chiaramente si comprende dalle sue fiamme, che sregolato è quel desio, che noi chiamiamo amore. Peroché non sa giamai che cosa sia la vera tempra del mezo e di rado erra, che dall'uno estremo scorrendo all'altro non porti al fondo d'ogni miseria li seguaci suoi.

Orrendo per certo è quello incendio e sregolato quel desìo che nei nominiamo amore; peroché non sa giammai che cosa sia la tempra del mezzo e di rado falla che dall'uno estremo scorrendo all'altro, non porti i suoi seguaci al fondo d'ogni miseria.

Di quel desio parlo che così dalle umane, come divine leggi per giustissime cagioni ci vien vietato. Et però se quest'uomo saggio e dottore caddè nel baratro dei disgusti, se lo meritò. Ora intendo narrarvi un accidente memorabile, che benché paia ridicoloso, merita però d'esser molto ben considerato, iscoprendosi la saggia prudenza d'un uomo e la sfrenata pazzia d'una donna.

Affé figliuola, che tu magari più dotta di quel don Diego dottore, che crede che se egli avesse avuto a far teco, gli averesti insegnato quante oncie vanno ad una libra. Però abbiamo detto assai per oggi, un altro giorno andaremo a vedere la chiesa Catedrale, che vederai cose maravigliose e signolari. Io el risposi:

Di quello desìo parlo che così dall'umane, come divine leggi, per giustissimi rispetti ci viene vietato.

- Madre cara è forza che anch'io vi narri, come poco fa vi accennai, l'accortezza che dimostrò un gentiluomo italiano con la sua moglie, che da se stessa innamorata s'era d'un dottore medico, la quale restò sì ben schernita, che in vita sua non ebbe il maggior affanno, di quel schernimento; e non vi pesi l'udire ancor me, poiché abbiamo ancor due ore di tempo da poter stare in conversazione. E poiché veggo che mi prestate attenzione ora incomincio.

 

 

Si spiega un fatto memorabile di un innamoramento di donna qualificata sciocca, da se stessa incapricciata in un medico, che iscoperta dal marito, con prudente maniera a luogo e tempo la schernisce e li fa passare la voglia di più giamai incapricciarsi. Diceria utilissima per la gran prudenza del marito nel gastigarla.

 

 

Tra gli altri quasi innumerabili accidenti occorsi a proposito di soggetto tale, uno sono per narrarne, ridicoloso molto, ma meritevole anco di non piccolo avertimento.

Molti anni ancora non sono passati, che nella maravigliosa, ammirabile ed inclita città di Venezia, tra la moltitudine delli eccellentissimi medici, due tra tutti gli altri gran concorso ebbero; de' quali l'uno abitava a San Martino e l'altro a San Gieremia: era il primo in quella città, famoso per dottrina ed ammirabile per valore ed intelligenza; ma il suo favellare non in tutto garbato, siccome anco le maniere sue quanto al corpo erano assai stiracchiate ed ingrate all'occhio.

Non sono passati molti anni ancora, che nella stupenda città di Vinegia predicavano due reverendi padri dell'ordine domenicano, l'uno nella venerabil chiesa di san Giovanni e Paolo e l'altro in quella di santa Maria Formosa. Era lo primo in quella città famoso per dottrina sana e profonda e per garbato dire, ma di maniere, quanto al corpo, assai sgarbato, anzi isformate et ingrate all'occhio.

L'altro più sodisfaceva e dilettava per le di lui nobili maniere, come per gli bei discorsi e detti accorti, che ad ogni orecchia curiosa molto sodisfacevano questi suoi scielti ed elevati punti e tanto più accompagnava ciò, essendo egli un bene e nobilmente formato corpo, come quello ch'era verso l'essere di quattro braccia lungo, ben membruto, pieno di carne, ma non di soverchio; di viso lieto e gioviale; d'occhio vivace e lucente, d'altiera fronte; di suono e voce sonora; di parlare assai ben comodo; di concetti famigliari e dolci; ma tra l'altre singolar doti, avea un paio di mani pastose, nette, candide, lunghe, larghe e delle meglio formate che possa desiderare questo nostro licenzioso occhio.

L'altro più sodisfaceva a chi si fusse dilettato di sguardi amorosi che ad orecchia curiosa di scelti punti elevati; per essere uno bel pezzo di bene formato corpo, sì come colui ch'era verso l'esser di quattro braccia lungo, ben membruto, pieno di carne, ma non di soverchio, di viso lieto e gioviale, d'occhio vivace e lucente, di altiera fronte, di tuono e voce sonora, di parlare assai ben comodo, di concetti familiari e dolci. Ma tra le altre singolari doti avea uno paio di mani pastose, nette, candide, lunghe e delle meglio formate che si sappia desiderare da questo nostro licenzioso occhio.

E insomma era un grazioso e bel compagnone. E per esser tale, gran copia di cittadine gradivano i suoi medicamenti e le sue visite, dilettandosi non poco di mirare sì bella creatura; e rimanevano il più delle volte col petto pieno di caldi desiri, più diritti alla sodisfazione dei sensuali appetiti, che all'inferno. Due matrone tra l'altre trovaronsi andare insieme per la città in vari luoghi di ricreazione e ragionando insieme dei valenti medici, l'una (Elena nomata) incominciò a mandare in fin sopra alle stelle il medico Tomaso da San Marino; e come si disse, egli era un dotto ed eccellente medico. E che credeva che fusse stato dal ciel mandato per sanar i corpi: onde ringraziava la maestà divina, che a Venezia avesse mandato quell'uomo, acciò ella ritornasse alla primiera sanitade.

E insomma era un buono e bel compagnone. E per esser tale, gran copia di divote gentildonne sollecitavano i suoi sermoni, dilettandosi non poco di mirare sì bella creatura di messer Domenedio. E tornavano il più delle volte a casa col petto pieno di caldi desiri, più diritti alla sodisfazione dei sensuali appetiti, che alla inferma e peccatrice anima loro. Due gentildonne, tra le altre, trovaronsi andare insieme alle devozioni della città in varie chiese e ragionando insieme dei predicatori uditi, l'una (Madalena nomata) incominciò a mandare insin sopra alle stelle lo frate predicante in san Giovanni e Paolo e come diceva sì bene e predicava sì dottamente e spesso facea lagrimare gli uditori per compunzione de' sua peccati; e insomma che egli era uno divoto religioso et eccellente predicatore e che credeva che fusse un angiolo del paradiso incarnato per convertire le anime a Dio. E che se fu giammai per lassar le vanità del mondo e gli amori da parte, ch'ora n'era ben venuto il tempo; onde ringraziava la maestà divina che gli avesse mandato quell'uomo, acciò ella ritornasse alla smarrita strada del paradiso.

Così detto, dato di mano ad uno sottilissimo drapicello ed appressatoselo al viso, tutto l'innaffiò et infuse di calde lagrime. E doppo poco, racquetati i sospiri e singhiozzi e stagnate le lagrime, incominciò ad invitar la compagna, con grand'instanza a servirsi di questo suo nuovo Galeno nelle occorrenze sue. L'altro desta al suon di gran laudi, subito rispose che molto volontieri se ne servirebbe nelle occasioni; ma che la bellissima grazia del medico Corte di San Giremia, non glielo concedeva.

Così detto, dato di mano ad uno sottilissimo drappicello et appressatoselo al viso, tutto l'innaffiò e infuse dl calde e compuntive lagrime divote. E dopo poco, racquetati i sospiri e singhiozzi e stagnate le lagrime, incominciò ad invitar la compagna con grande instanza ad udire questo suo nuovo san Giovanni Battista. L'altra desta al suono di sì gran laudi, subito rispose, che molto volentieri l'andrebbe ad udire, ma che la bellissima grazia del reverendo padre predicatore di santa Maria Formosa non glielo concedeva;

E che quando ella volesse entrare sulla strada delle di lui loda, ne averia ella molto più da dire che s'avesse ella detto del suo. Et anco la pregava che si volesse degnare per un tratto lasciarsi da lui visitare e narrargli la infirmità ch'era ben sicura ch'una volta che l'udisse e vedesse la maniera del suo gentile procedere, che subito potria in oblio ogn'altro medico, tanto era di aspetto, di presenza, di ragionate dolce ed amabile. Basta che la concerta andò di sorte, che s'accordarono pel seguente sabbato, a dover sodisfare a questo lor desio ardente, d'esser da questo visitata.

e che quando ella volesse entrare sulla strada delle lui laudi, n'averia ella molto più da dire, che ella s'avesse detto del suo profeta. Et anco la pregava che si volesse degnare di per un tratto andare ad ascoltarlo; e che era ben sicura che una volta che l'udisse che subito porria in oblio ogni altro dicitore, tanto era d'aspetto, di presenza, di ragionare e gestuare dolce et amabile. Basta che la concerta andò di sorte che s'accordarono pel seguente sabato a dover sodisfare a questo lor desìo ardente d'insieme udirli. Et era facile il farlo, peroché l'uno, cioè quello di san Giovanni e Paolo, predicava di mattina e l'altro sul tardi delle ventidue ore.

Finiti i ragionamenti, per esser ormai notte, tornarono alle case loro. Era il forte uomo di trentatré in trentasei anni e la Elena di ventisei in trenta. Venne il desiato sabbato ed andò a casa di Elena la invitante et da lei fu caramente accolta; e ponendosi a sedere, entrarono in vari discorsi e molto si trattenero in essi; e quando piacque al cielo venne pur l'ora che lo aspettato supposito salì le scale ed entrato in camera subito diede una girata con quei suoi occhioni vivaci e parve alla Elena, nel ricever quel sguardo, che dentro al petto vi s'incalmassero un millione di affocati dardi.

Finiti i ragionamenti, per essere omai notte, tornarono alle case loro. Era lo frate della Formosa uomo di trentatrè in trentasei anni e la Madalena di ventisei in trenta. Venne il desiato sabato. La mattina si andò al primo e la sera al formoso di chiesa e di presenza. L' invitante gentildonna avea la posta di un loco de' più comodi e scoperti al pergamo di tutti gli altri e vi si poser sopra tutte a due. Venne pur l'ora, quando lo aspettato sopposito salì ad alto; ove giunto, subito diede una girata con que' suoi occhioni vivaci e parve alla nova uditrice nel ricever quel sguardo che dentro al petto vi s'incalmassero un milion d'affocati dardi.

E per sì fatto modo in quel primo iscontro se n'invaghì che il cuor suo una istesa cosa si fece con la imagine del bel medicone. Volse la sorte, che egli volgesse più volte l'occhio sopra di lei. E non era maraviglia; però che la Elena era delle più belle donne di Vinezia e vaga molto. E la nuova visita anco di quella doveva o poteva indurlo a far ciò; ond'ella imaginandosi che le sue bellezze rare a far ciò l'inducessero, concepì anco subito in animo la speme di deverselo poter godere, poscia che mostrava, col mirarla, che non poco gli piacesse.

E per sì fatto modo in quello primo iscontro se n'invaghì, che il cor suo una istessa cosa si fece con la imagine del bel frate. Volle la sorte che quella mattina egli volgesse più volte l'occhio sopra di lei. E non era maraviglia, peroché la Madalena era delle maggiori e più signalate donne di Vinegia e vaga molto. E la nova venuta anco di quella doveva o poteva indurlo a far ciò, onde ella imaginandosi che le sue bellezze rare a far ciò l'inducessero (oltre che sommamente gli piacque il bel predicatore) concepì ance subito in animo la speme di doverselo poter godere, poscia che mostrava col mirarla che non poco gli piacesse.

Si discorse del suo male, né mai si finiva, per il molto gusto che ne aveva la Elena; finalmente il signor medico si licenziò e via andossene, rimanendo ella tanto ben sodisfatta, che dato bando alla inclinazion ch'avea al primo, si deliberò di voler quest'altro, ch'altro che dottrina gli seminava in seno. Così perseverò ella insino al finire della purga, sempre mai più invaghendosi di lui.

La predicazione, ancorché a molti altri potesse parer lunga troppo, ad essa non parve un momento. E ne restò ella tanto ben sodisfatta che dato bando alla devozion ch'avea da prima al difforme di viso, ma bello di dottrina e grazioso in loquela, si deliberò di voler udir questo altro, che altro che compuntive lagrime gli seminava in seno. Così perseverò ella insino al finire della quaresima, sempre mai più invaghendosi del predicator formoso.

Finite le tre feste della santissima Resurrezione, ella si deliberò di voler fare intendere al medico il gran frutto che i medicamenti suoi aveano fatto in lei. E trovati alcuni caponi grassi ed altre carni elettissime, prese le polpe e cotte e trite o peste con grand'arte e con altre preziosissime misture di polvere d'aromatici e saporosi legni con zuccaro et acque stillate, di gran valuta, fece pastelli e pistacchiate. Et empiutone uno assai gran canestro, con molte altre cose di ottimo sapore e confortazione al gusto et ristorative molto gliele volse mandare.

Finite le tre feste della santissima Risurrezione ella si deliberò di voler far intendere al frate il gran frutto fatto in lei con le sue sante predicazioni. E trovati alcuni cappon grassi et altre carni elette, prese le polpe e cotte e trite o peste con grand'arte e con altre preziosissime misture di polveri d'aromatici e saporosi legni, con zuccaro et acque stilllate di gran valuta, fece pastelli e pistacchiate. Et empiutone un assai gran canistro con molte altre cose d'ottimo sapore e confortative al gusto e ristorative delle perdute forze, glielo volse mandare.

Vi pose dentro anco una amorosa lettera con la qual si sforzava scoprire le sue ismisurate fiamme, nel cuor concette per la sua nobil presenza e per il radiante lume i belli occhi e viso suo; con dirli ch'egli era il cuor suo, l'anima, la vita e la morte sua; ed insomma, che in lui era riposta ogni sua maggior consolazione ed ogni suo felicissimo contento. E ch'altro non bramava che seco in disparte parlare e godelosi. Affermando esser apertissima maraviglia ch'ella insin allora avesse potuto sofferire tanto e tal tormento e così duro martire.

Vi pose dentro anco una amorosa lettera con la quale si sforzava iscoprire le sue ismisurate fiamme nel cuor concette al focoso lume dei belli occhi e viso suo, con dirli ch'egli era il cor suo, l'anima la vita e la morte sua; et insomma che in lui era riposta ogni sua mondana beatitudine et ogni suo felicissimo contento; e che altro non bramava che seco parlare e goderlosi, affermando esser apertissimo miracolo ch'ella infin allora avesse possuto sofferire tanto e tal tormento e sì duro martire.

Ma ch'avea ella fatta forza alla forza, sapendo bene come la grandezza della occupazione sua non avriano comportato seco amorosi pensieri; ed ora, che le fatiche erano già scemate, ben saria tempo di prendere alcun ristoro e spasso. E massime offerendoseli sì alta ed onorata occasione, in sodisfazione d'una tal donna. Promettendoli favori, danari ed altri presenti degni d'una sua pari.

Ma ch'avea ella fatta forza alla forza, sapendo bene come la grandezza della impresa sua non avria comportato seco amorosi pensieri et ora che le fatiche erano finite, ben saria tempo di prendere alcun ristoro e spasso. E massime offerendoseli sì alta et onorata occasione in sodisfazione di una tal donna, promettendoli favori e denari et altri presenti degni di una sua pari.

Chiusa la lettera e il cesto, chiamò a sé una sua fanticella molto garbata ed astuta e gli disse:

- Vedi Momoletta, quanto bene io ti voglia, che a nissuna altra persona del mondo ch'a te, ho cuore di scoprire uno mio bisogno di grandissima importanza; ed in ciò ti prego ad essermi fedele: e ben ti conviene esser accorta e secreta, però che ogni minimo errore che tu facessi, di certo v'andrebbe la tua e la mia vita appresso.

Chiusa la lettera e il cesto chiamò a sé una fanticella molto garbata et astuta e gli disse:

- Vedi, Cate, quanto bene io ti voglia, che a nissuna altra persona che a te ho core di scoprire uno mio bisogno d'altissima importanza. Ma bene ti conviene essere accorta e secreta, però che ogni minimo errore che tu facessi, di certo v'andrebbe la tua e la mia vita appresso.

Ma non ti sbigottire, percioché s'averai senno (come so che l'averai quando ti deliberi d'averlo) farai riuscire ogni cosa al desiato fine senza alcun periglio. L'utile poscia che te n'ha a venire, non te lo saperei esprimere. Solo ti dirò che di serva che mi sei, tu diverrai di me e d'ogni mia cosa assoluta padrona. Attendi dunque ciò ch'io voglio da te. Evvi il signor medico Corte, che m'ha curata e sanata, il quale io mi ho eletto, anzi il cielo ed amore l'han fatto signore del cuor mio e per anco non gli ho fato intendere questo intento e desiderio mio.

Ma non t'isbigottire perciò, che s'averai senno (come so che l'averai quando ti deliberi di averlo) farai riuscire ogni cosa al desiato fine senza alcun periglio. L'utile poscia che te n'ha a venire non te lo saperei esprimere. Solo ti dirò che di serva che mi sei, tu diverrai di me e d'ogni mia cosa assoluta padrona. Attendi dunque ciò ch'io voglia da te. Evvi il reverendo predicatore quale ha, come sai, predicato questa quaresima in santa Maria Formosa, quale hommi eletto, anzi il cielo et amore l'han fatto signore del cor mio e per anche non gli ho fatto intendere questo intento e desiderio mio.

Ho io dunque te eletta per segretaria di questo amor mio e mediatrice della amorosa impresa mia. Considera mò tu, qual sia la confidenza mia in te, la facilità del fatto e l'utile che te ne può avvenire e rispondemi qual sia l'intenzion tua.

La Momoletta accorta, considerato in un subito questo esser il diritto della sua buona sorte, con viso ridente, s'offerse non solo a far questo, ma tutto ciò che gl'imponesse in altra più importante impresa. E che di sé non dubitasse, ma gl'imponesse libera e lietamente tutto ciò che gli fusse in piacere.

Ho io dunque te eletta per secretaria di questo amor mio e mediatrice della amorosa impresa mia. Considera mo' tu qual sia la confidenza mia in te, la facilità del fatto e l'utile che te ne può avvenire e rispondimi qual sia l'intenzion tua.

La Cate accorta, considerato in un subito questo essere il diritto della sua bona sorte, con viso ridente s'offerse non solo a far questo, ma tutto ciò che gli imponesse in altra più importante impresa; e che di sé non dubitasse, ma gli imponesse libera e lietamente tutto ciò che gli fosse in piacere.

"Vieni dunque", soggiunse la Elena. E condottala ove era il canestro, glielo porse, imponendoli che lo portasse all'eccellentissimo suo bell'amoroso e che mettesse ogni saper suo insieme, a fare raccomandazioni atte ad esprimer il suo desiderio e dipinger l'amor suo infinito e riportasse ad ogni guisa qualche buona risposta o di lettera o a bocca. La Momola prese il cesto e subito aviossi verso la casa ove albergava il medico.

"Vieni dunque", soggiunse la Madalena e condottala ov'era il canistro, glielo porse imponendogli che lo portasse al reverendo suo bello amoroso e che mettesse ogni saper suo insieme a fare raccomandazioni atte ad esprimere il suo bisogno e dipinger l'amor suo infinito e riportasse ad ogni guisa qualche buona risposta o di lettera o a bocca. La Cate, preso il cesto, subito avviossi verso il convento ove albergava il frate.

Così essendosi di già poco lontana al luogo appresso al quale era una barberia, fu veduta dal gentiluomo marito di Elena, quale, essendo colà dentro, aperse a caso un finestrin di vetro che batteva appunto verso quella via; e parendogli che fusse dessa, incominciò a dire:

- Momola, Momola mia, non mi ascolti eh?

Ma la volpetta faceva l'orecchia sorda. Il gentiluomo chiamato il barbiere, del quale era molto famigliare ed amico, disse:

Così essendo di già poco lontana al loco, appresso al quale era una barberia, fu veduta dal gentiluomo marito della Madalena, quale essendo colà dentro aperse a caso un finestrin di vetro che batteva appunto verso il loco de' frati e parendoli che fusse desse, incominciò a dire:

- Cate, o Cate, Cate mia, non mi ascolti eh?

Ma la volpetta faceva l'orecchia sorda. Il gentiluomo chiamato il barbiere, del quale era molto famigliare, gli disse:

- Compare se Dio vi guarenti, chiamate la Momoletta mia, qual va colà e fate ch'ella venghi qua a noi, che voglio intendere ciò che porti nel cesto.

Il barbiere subito fu alle spalle alla fante, quale per bene ch'affrettasse il passo pure non puote fuggirli dall'ugne.

Fattala dunque fermare, gl'impose da parte del padrone, ch'ella tornasse adietro; il quale stava sull'uscio della barberia a farli cenno con la mano che tornasse; ond'ella tutta sospesa e di malavoglia tornovi.

- Compare, se Dio vi guarenti, chiamate la Cate mia, qual va colà e fate ch'ella qua venga a noi, che voglio intendere ciò che porti nel cesto.

Il barbiere subito fu alle spalle alla Cate, quale per ben ch'affrettasse il passo, pure non poté fuggirli dall'ugne. Fattala dunque fermare, gl'impose da parte di messere che tornasse a drieto; e messere stava sull'usciolo della barberia a farli cenno con mano che tornasse. Ond'ella tutta sospesa e di malavoglia tornovvi.

E collà giunta, il padrone subito, dato di mano al cesto, l'interrogò ove portasse quelle robbe. La tristarella, qual sapea della lettera di madonna, dubitando di non esser colta in bugia disse che il cesto con le robbe era mandato dalla madonna al suo eccellentissimo medico Corte.

- Sta bene, seguì il padrone, ma non si può egli vedere ciò che vi sia di buono qua dentro.

E colà giunta, misser subito, dato di mano al cesto, l'interrogò ove portasse quelle robe. La tristarella, qual sapeva della lettera di madonna, dubitando di non esser colta in bugia, disse che il cesto con le robe era mandato da madonna al suo reverendo padre predicatore.

- Sta bene, segui missere, ma non si può egli vedere ciò che vi sia di buono qua dentro?

E messosi appresso ad una cassa, sopra ve lo pose e spinto il coperchio da canto, vidde l'imbeccate che dovevano esser del medico, tutte di sottilissimo oro battuto coperte; e presane una gustolla e trovatala d'ottimo sapore, chiamò il barbiere e disse:

- affé compare che questi non mi paiono già bocconi da medici. Assaggiate questa.

E datagliene una, si pose a sedere a l'uno de' canti appresso al cesto e fece sedere il compare dall'altro. E ridendo incominciarono a garra a fare alleggerire il peso al cesto. E datane due alla Momoletta, tutto il resto si cacciarono in corpo.

E tiratosi appresso ad una cassa, sopra ve lo pose e spinto il coperchio daccanto, vide le imbeccate che dovevano esser del frate, tutte di sottilissimo oro battuto coperte. E presane una, gustolla e trovatala d'ottimo sapore, chiamò il barbiere e disse:

- Alla fe', compare, che questi non mi paion già bocconi da frate: assaggiate questa.

E datagliene una, si pose a sedere a l'uno de' canti appresso al cesto e fece sedere il compare dall'altro. E ridendo incominciarono a gara a fare alleggerire il peso al cesto. E datene due alla Cate, tutto il resto si cacciarono in corpo.

E poscia il padrone dato di mano alla lettera, che ivi era, l'aperse e lesse. E per bene che restasse del proprio scorno offeso, pure fatto buon cuore deliberò voler fare una burla alla moglie da galantuomo, con altro che con ferri, bastoni o veleni, come è solito della maggior parte de' pazzi mariti, quali credono le corna spezzare, con furie, furori, sangue e peggio: ma meglio col solo filo di prudenza troncar dovebbonsi o col rasoio della astuzia, che con furori e sangue.

E poscia missere dato di mano alla lettera l'aperse e lesse. E per bene che restasse del proprio scorno offesissimo, pure fatto buon core, si deliberò di volerla fare alla moglie da galantuomo con altro che con ferri e bastoni o veleni, come è solito della maggior parte de' pazzi mariti, quai credono le corna (che col solo filo di prudenza troncar dovrebbonsi, o col rasoio dell'astuzia) spezzarle con furie, furori, sangue e peggio.

Chiamato dunque il suo compare, del quale grandemente si fidava, gli lesse la lettera e poscia disse:

- Compar mio, io me ne voglio vendicare con gentil modo e trattar voglio questa mia ingrata moglie, come ben ella merita. Voi quali sete ottimo rispondente a lettere tali, prendete questa ed andate ove sono gli ordegni vostri da scrivere e rispondetegli più caramente che saperete. Io tra tanto, andarò su nel vostro camerino con la Momola ed informerolla di ciò che debba fare in questo nostro servigio.

Chiamato dunque il suo compare, del quale grandemente si fidava, gli lesse la vergognosa lettera e poscia disse:

- Compar mio, io me ne voglio vendicare con gentil modo e trattar questa mia ingrata moglie come ben merta. Voi, qual sete ottimo rispondente a lettere tali, prendete questa et andate ove sono gli ordegni vostri da scrivere e rispondeteci più caramente che saprete. Io tra sto mentre anderò su nel vostro camerino con la Cate e informerolla di ciò che debba fare in questo nostro servigio.

Rise il compare, qual bene intese la cifra e disse: Andate signor compare par mio. era la Momola una giovinetta di diecinove o vent'anni, tutta viva e tondetta, fresca come rosa d'aurora e chiamava il buontempo di lontano un gran pezzo. E di già il buon gentiluomo gli avea l'animo adosso: ma tanto era il rispetto che portava alla moglie, che per non la far turbare, con gran piacevolezza infino allora aveva sopportato il martello. Ora vedendosi così mal trattato, gettò da canto ogni rispetto. E dato di mano all'erba saporita se la tirò dietro. E giunto nel camerino, senza molta resistenza trovare si prese dua buon bocconi di saporita salatta.

Rise il compare, qual bene intese il zergo e disse:

- Andate, compar mio.

Era la Cate una giovinetta di diecinnove o venti anni tutta viva e tondetta, fresca come rosa d'aurora e chiamava il buon tempo di lontano un gran pezzo. E di già il buon gentiluomo gli avea l'animo addosso, ma tanto era il rispetto che portava alla moglie, che per non la far turbare, con gran pazienza insino allora avea sopportato il martello. Ora vedendosi così maltrattato, gettò da canto ogni rispetto e dato di mano all'erba saporita e tenera se la tirò dirieto. E giunto nel camerino, senza molta resistenza trovare, si prese due buon bocconi di quella.

E l'indusse parte con lusinghe e parte con promesse, a tradir la padrona e portare le lettere, le ambasciate et i presenti a cerco, a nome di Elena e del medico e che facesse sempre capitare ogni cosa nelle mani sue. E che aspettasse sa lì in poi, di dover essere in cambio della sua moglie disonesta e traditora. La Momola, che si sentiva sì caro pegno in potestade, non si fece pregar guari: anzi al primo assalto si rese. E ben d'accordo tornati ove era il compare, trovarono ch'avea sì ben lavorato di penna anch'egli, ch'avea dettato una amorosissima responsiva lettera.

E l'indusse parte con lusinghe e parte con promesse a tradir la padrona e portare le lettere, l'imbasciate e i presenti a cerco e nome della Madalena e del frate e che facesse sempre capitare ogni cosa nelle man sue; e che aspettasse di lì in poi di dover essere in cambio della moglie disonesta e traditora. La Cate che si sentiva sì caro pegno in potestade, non si fece pregar guari, anzi al primo assalto si rese. E ben d'accordo tornati ove era il compare, trovarono ch'avea sì ben lavorato di penna anch'egli ch'avea dettato una amorosissima responsiva lettera.

E speditala la diedero alla Momola, quale tutta gioconda, tornò alla padrona con la lettera a tre sogetti e gliela porse, fingendo raccomandazioni senza fine. Et avendo ragione di starsi lieta, faceva una gran festa delle buone nuove portate alla signora sua. La gentildonna, quale da prima non avea legato il cuore ad altri che al marito, sempre avea gli occhi alla Momola, acciò non capitasse nelle di lui mani, però che, come aveduta, s'era accorta che ella non gli spiaceva e vedea apertamente ch'ei bramava cuocer pane a dua forni.

E speditala la diedero alla Cate, quale tutta gioconda tornò alla padrona con una lettera e tre suggelli e gliela porse fingendo raccomandazioni senza fine. Et avendo ragion di starsi lieta, faceva una gran festa delle buone nuove portate alla signora sua. La gentildonna, quale dapprima non avea legato il core ad altri che al marito, sempre avea gli occhi alla Cate, acciò non capitasse nelle di lui mani; però che come avveduta, s'era accorta che ella non gli spiaceva e vedea apertamente ch'ei bramava cocer pane a due forni.

Ma entrata in questo nuovo amore, tanto aveva l'intenzion sua legata al medico, checché si facesse il marito, poco vi attendeva ella. E ch'egli facesse o non facesse viso alla Momola o ad altra, poco ne prendeva cura. Et anco, siccome da prima faceva romori e strepiti per ciò con essa e la minacciava con mal viso, ora fatta mezana del suo amore, non pure non gli sgridava; anzi senza fine l'accarezzava, onde ne nacque grandissima comodità ai goditori degli amori loro. Andarono le facende in questo modo per qualche giorno: la donna facendo l'amore con iscritte carte ed i dua godendoselo a tutto corso.

 

 

Si continua l'innamoramento della donna sciocca; il suo burlevole e grave gastigo; l'affronto ridicoloso ricevuto dall'innamorato, che nulla dell'amor sapeva; ed il saggio sapere del marito nel condurre a fine onorato gli amori della sua moglie.

 

 

Ma intrata in questo nuovo amore, tanto avea l'intenzion sua legata al frate, che che si facesse il marito, poco attendeva ella e che egli facesse o non facesse viso alla Cate o ad altra poco ne prendea cura. Et anco siccome dapprima faceva rumori e strepito perciò con essa e la minacciava con mal viso, ora fatta mezzana del suo amore, non pure non gli sgridava, anzi senza fine l'accarezzava; onde ne nacque grandissima comodità ai goditori delli amori suoi. Andarono le faccende in questo modo per qualche giorno. La donna facendo l'amore con iscritte carte e i due godendoselo a tutto corso.

Il marito, quando bene ebbe accesa la moglie ingannata e tradita, volse vedere ciò ch'ella risponderebbe all'ultime richieste d'amore. E trovate certe sue scusazioni di liti, che mosse gli erano a Padova, per conto d'alcuni campi, comperati già da suo padre morto, un giorno maledicendo i campi e Padova e le liti volgeva sottosopra un gran fascio inviluppato di scritture. Et interrogato dalla moglie che cosa volesse importare quello suo affannoso rivolger di quelle carte, gli rispose che fra tre dì alla più lunga gli era bisogno andarsene a Padova, per difendere alcune sue ragioni. E dimostrava perciò d'esser il più scontento uomo del mondo.

Il marito quando bene ebbe accesa la moglie ingannata e tradita, volle vedere ciò ch'ella risponderebbe alle ultime richieste d'amore. E trovate certe sensazioni di liti mosseli a Padoa per conto di alcuni campi comprati già da suo padre morto, un giorno maledicendo i campi e Padoa e liti, volgeva sottosopra un gran fascio inviluppato di scritture. E interrogato dalla moglie che cosa volesse importare quello suo affannoso rivolger quelle carte, gll rispose che fra tre dì alla più lunga gli era bisogno andarsene a Padoa per difendere alcune sue ragioni; e dimostrava dl essere il più scontento uomo del mondo per ciò.

Piacque sopramodo questa occasione alla donna, deliberandosi subito che fusse partito, di tirarsi l'amante in casa la notte e goderlosi. Fatto ciò andò il marito dal compare e scrissero una lettera alla mala avventurata amante; ove facevano che il medico dimandava che dopo tanti affanni gli fusse lecito di anco godersi i desiati frutti. La donna avuta l'intenzione del medico disse tra sé ridendo: "a tempo ti sei smedicato". E gli ne scrisse un'altra piena di indicibile allegrezza, intimandoli che in breve averiano copia del bramato tempo, comodo ai suoi pari desiri.

Piacque sopramodo questa occasione alla donna, deliberandosi subito che fusse partito di tirarsi l'amante in casa di notte e goderlosi. Fatto ciò andò il marito al compare e scrissero una lettera alla male avventurata amatrice donna, ove facevano che lo frate dimandava che dopo tanti amorosi affanni gli fusse lecito d'ancor godersi i desiati frutti. La donna, avuta la intenzione del frate, disse tra se ridendo:

- A tempo ti sei sfratato.

E gliene scrisse un'altra ripiena d'indicibile allegrezza, intimandoli che in breve averiano copia del bramato tempo comodo a' suoi pari desiri,

E gli narrò la disposizione del marito per Padova ed indiricciata la Momola collà, il marito vedendo la lettera disse: affé, che costei non vende gamberi per moleche. E dato l'ordine con la Momola per la seguente sera, la mandò alla padrona. Andò egli a trovare uno fisico eccellente e lo pregò che gli volesse dare una ricetta di pillole solutive, ma non d'importanza. E così fu dal fisico ottimamente servito. La mattina seguente, chiamato il suo servitore, fece portare ogni cosa atta a far camino nella sua gondola.

e gli narrò la disposizione del marito per Padoa. E indirizzata la Cate colà, il marito vedendo la lettera, disse:

- Per Dio, che costei non vende gamberi per moliche.

E dato l' ordine con la Cate per la seguente sera, la mandò alla padrona. Andò egli a travare un fisico eccellente e lo pregò che gli volesse dare una ricetta di pillule resolutive, ma non d'importanza: e così fu dal fisico ottimamente servito. La mattina seguente, chiamato il suo servo, fece portare ogni cosa atta a far camino nella sua gondola.

E dato di mano a' suoi scartafacci, maledicendo l'universo mondo, tutto turbato abbracciò la moglie piangente per allegrezza ch'ei si partisse, qual lo pregava che presto ritornasse; e prese comiato ed andò dal compare. Nella lettera ultima scritta a nome del medico, ove era l'ordine del tutto, eravi scritto che a patto alcuno non voleva che vi fusse alcun lume, onde potesse esser visto, così nella camera, ove doveano stare, come altrove per dove accadesse a passare, che altramente non intendeva egli d'andarvi; e la donna gli avea risposto che tanto saria fatto.

E dato di mano a' suoi scartafacci, maledicendo l'universo mondo, tutto turbato abracciò la moglie piangente per allegrezza ch'ei si partisse, qual lo pregava che presto ritornasse; prese egli comiato e andò al compare. Nella lettera ultima scritta a nome del frate, ove era l'ordine del tutto eravi scritto che a patto alcuno non voleva che vi fosse alcun lume onde potesse esser visto, così nella camera dove doveano stare, come per altrove dove accadesse passare, ch'altramente non intendeva egli di andarvi; e la donna gli avea risposto che tanto saria fatto.

Apparecchiossi la donna al duello, al meglio che seppe. Venne l'ora ed il buon marito avendo di già prese le pillole d'una buona ora innanzi e sentendosi per la rocca scorrer gl'inimici, venne involto in certo tabbarone tutto profumato; e pian piano fatto il contrasegno dato tra loro, subito gli fu aperto dalla Momola; e madonna qual stava gongolando in un cantone, subito gli fu al collo e qui stringe e qui bacia e qui sospira; et così doppo i primi abbracciamenti, a collo, a collo si ridussero in camerino apposta adobbato e con mille amorosi scherzi svestiti, si coricarono in letto.

Apparecchiossi la donna al duello al meglio che seppe. Venne l'ora e il buon marito avendo già preso le pillule d'una buon ora inanti e sentendosi per la rocca scorrer gli inimici, venne tutto involto in certo tabarrone; e pian piano fatto il contrasegno dato tra loro, subito gli fu aperto dalla Cate e madonna qual stava gongolando in un cantone, subito gli fu al collo: e qui stringe e qui bacia e qui sospira. E così dopo i primi abracciomenti a collo a collo, si ridussero in uno camerino apposta adobbato e con mille amorosi scherzi svestitisi si coricarono in letto,

Ove il buon marito, in persona del medico, colse i frutti della possessione propria: stati un pezzo sui spassi, sentì il cattivo una gran voglia di sbracarsi e fingendo di sentire crudelissimi dolori di ventre, incominciò a rivolgersi per il letto e gemere ed ansiare con molto affanno, dicendo:

ove il buon marito in persona del frate colse i frutti della possessione propria. Infinito era il diletto della truffata donna. Stati un pezzo sui spassi, sentì il cattivo una gran voglia di sborrarsi e fingendo sentire crudelissimi dolori di ventre, incominciò a travolgersi per il letto e gemere e ansiare con sterminato affanno dicendo:

- Ahimè che io son morto, oh che inusitati dolori sono questi? Oh sorte iniqua, come mi tratti? Che quando io mi credevo d'esser felice et il più contento uomo del mondo, mi fai il più misero et infelice che sia sotto al cielo.

E così sottovoce sempre dolendosi si dimenava et diceva appresso:

- Ah signora, a che fine condurmi qua, per così maltrattarmi? Queste sono malie fattemi, questi sono incantesimi orditi per uccidermi.

La donna dolente a morte pel repentino caso, gli era tutta attorno, dicendo:

- Ahimè che son morto! Oh che inusitati dolori, oh sorte iniqua come mi tratti, che quando io mi credevo d'esser felice e il più contento uomo del mondo, mi fai il più misero et infelice che sotto al cielo sia.

E cosi sottovoce dolendosi si dimenava e diceva appresso:

- Ah Signora, a che fine condurmi qua per cosi maltrattarmi. Queste sono malie fattemi, questi sono incantesimi orditi per uccidermi. La donna dolente a morte pel repentino caso, gli era attorno dicendo:

- Anima mia dolce e che vi sentite voi? Oh me misera sopra ogn'altra donna. Dunque cuore ed anima di questo petto mio, avete tale opinione di me?

E tutta d'afflizion carca ora gli toccava il petto ed ora i fianchi; ora una parte ed ora l'altra del copro e lo richiedeva s'ei volesse che si scaldasser panni o fare altri rimedi. Non attendeva egli a fare altro, che travolgersi e ramaricarsi di lei, come d'una perfida e traditrice maga. Ma ella divenuta tutta fiamme e ramarico, non attendendo a ciò ch'ei dicesse in suo dispregio, gli era d'intorno, né schifava di metterli le mani e il viso in ogni parte.

- Anima mia dolce e che vi sentite voi? Oh me misera sopra ogni altra donna! Dunque core di questo petto mio avete tale opinione di me, qual son colei ch'in terra qual nuovo Dio v'adora? E tutta d'afflizion carca, ora gli toccava il petto et ora i fianchi, ora una parte et ora l'altra del corpo e lo richiedeva se volesse che si scaldasser panni o fare altri rimedi. Non attendeva egli a fare altro che travolgersi e rammaricarsi di lei, come di una perfida e traditrice maga. Ma la tutta fiamme e rammarico, non attendendo a ciò ch'ei si dicesse in suo dispregio, gli era attorno, né schivava di metterli le mani e il viso in ogni parte;

Onde egli prese occasione nel rivolgersi d'accomodarsi di maniera un tratto, che al dirimpetto del viso di lei rivolse le natiche: e come se fusse stato a caso, la pigliò con le mani nelle treccie d'oro e di tal maniera gli aggatigliò dentro le mani, che la puote tener salda, accostò il suo viso di sotto a quello di lei di sopra; e ben accomodato lasciossi uscir con furia una gran quantità d'ambracano dal bossolo suo e tutto il viso, le treccie, la gola, le poppe ed il petto gli profumò compiutamente; né questa bastandogli, subito, con gran prestezza dua altre cannonate gli aventò nella delicata faccia,

onde egli presa destra occasione nel travolgersi, accomodossi di maniera un tratto, che al dirimpetto del viso di lei rivolse le natiche e come se fusse stato a caso, travoltile le dita nelle treccie d'oro, di maniera gli aggattigliò dentro le mani che la poté tener salda accosta al suo viso di sotto a quello di lei soprano e lasciossi uscir con gran furia una gran quantità d'ambracane dal bossolo suo e tutto il viso, le treccie, la gola, le poppe e il petto gli profumò d'avantaggio. Né gli bastò la prima, ma con gran prestezza due altre cannate gli avventò nella delicata faccia;

e mostrò col subito rivolgersi e con l'infinita smania di non s'accorger del caso, ma più sempre di lei dolendosi, come forsennato slanciossi fuor del letto, tutto alordato e lanciossi addosso alla mal giunta femina, villaneggiandola come maga e sporca meretrice e tutta la caricò di pugna, gli ruppe il naso, gli pestò gli occhi, con l'ungie gli graffiò le guancie e malissimamente conciola; e poscia dato di mano a' panni suoi, con gemiti balsi e maledicenze, se ne tornò per dove era venuto.

e mostrò col subito rivolgersi e con l'infinita smania di non s'accorger del caso, ma più sempre di lei dolendosi, come forsennato slanciossi fuor del letto tutto allordato e fu addosso alla malgiunta femina, villaneggiandola come maga e sporca meretrice. Tutta la caricò di pugna, gli ruppe il naso, gli pestò gli occhi, con l' unghie gli graffiò le guancie e malissimamente conciolla; e poscia dato di mano a' panni suoi, con gemiti bassi e maldicenze, se ne tornò per dove era venuto.

E giunto con gran fretta al compare, ridendo a creppacuore, gli narrò l'ottimamente riuscito dissegno. La Momola sentita la fuga corse colà ove trovò la sua padrona tutta di fetente sterco carica e pesta e guasta tutta in viso: onde presto con silenzio portate acque e panni lavolla ed al meglio che seppe, medicolla. Così la misera Elena restò malconcia e beffata in tutto.

E giunto con gran fretta al compare, ridendo a crepacuore gli narrò l'ottimamente riuscito disegno. La Cate sentita la fuga corse colà ove trovò la sua padrona tutta di brutta feccia carica e guasta tutta in viso. E presto con silenzio portato acque e panni lavolla e al meglio che seppe medicolla. Così la misera Madalena restò malconcia e beffata in tutto.

Fatto il giorno seguente, il marito assai consolato tornò con le sue scritture a casa, dicendo che per via avea trovato lettere che dicevano come per mezo de' procuratori suoi era condotta la lite a buon fine. Et entrando in casa dimandò della moglie, quale alla fine comparve malamente in arnese. Il marito vedendola sì malconcia, col farsi il segno della croce, gridando "Giesù, Giesù" dimandò con grande ansietade, che cosa fusse ciò che vedeva. La sconsolata finse che volendo salire sopra alla loggia per stendere alcuni drappi suoi, era caduta da alto e scorsa per sopra alle scale con gran rischio di perdervi la vita. Onde egli mostrando di crucciarsi senza fine, incominciò a dire:

Fatto il giorno seguente il marito tornò con suoi strumenti a casa, dicendo che per via avea trovato lettere che dicevano come per mezzo de' procuratori suoi era condotta la lite a buon fine. Et intrando in casa dimandò della moglie, quale alla fine comparve malamente in arnese. Il marito vedendola si malconcia, col farsi il segno della croce, gridando Gesù, dimandò con grande ansietade che cosa fusse ciò che vedeva. La sconsolata finse che volendo salire sopra alla loggia per stendere alcuni drappi suoi era caduta da alto e scorsa per sopra alle scale con gran rischio di rompersi il collo. Onde egli mostrando di crucciarsi senza fine incominciò a dire:

- E perché tengo io tante servitrici in casa? A che vagliono i miei danari, poscia che ella quale è donna e madonna, vuole impacciarsi in cose impertinenti a sé?

Et mostrava di non volerla in pace col cielo. Pure doppo sgridato e fatto strepito per un buon poco, si racquetò; e pregolla a voler lasciar fare gli uffici a chi apparteneva. Desinato se n'andò a far le sue facende, ma di tanto aver fatto neanco si trovò sazio. Procurò egli di vedere il bel medico e seco incontratesi prese occasione di ragionare con esso, mostrò di farseli affezionatissimo e tanto s'intrinsecò con lui,

- E perché tengo io tante servitrici in casa? E perché pago i miei danari, poscia che ella, quale è donna e madonna, vuole impacciarsi in cose impertinenti a sé?

E mostrava di non volerla in pace col cielo. Pure poscia gridato e fatto strepito per un buon poco, si racquetò e pregolla che volesse lasciar fare gli uffic a chi apparteneva. Desinato se n'andò a far le sue faccende, ma di tanto aver fatto n'anco si trovò sazio. Andò egli passati da tre giorni al monastero ove era il frate e presa occasione di ragionare con esso, mostrò di farseli affezionatissimo e tanto s'intrinsecò con esso,

che garbatamente invitolo per il giorno seguente adesinar seco e da lui fu accettato graziosamente l'invito; onde tornato a casa, ragionando con la moglie, incominciò ad entrare sul fatto della buona ed ottima cura che del suo male avea fatto il signor medico Corte e che per dimostrarseli grato, avendolo veduto a Rialto, lo aveva trovato sopra ad ogni altro uomo garbato.

che garbatamente invitollo per il giorno seguente a disinar seco e fu accettato graziosamente l'invito. Onde tornato a casa, ragionando con la moglie, incominciò ad entrar sul fatto de' religiosi e battuto sopra il predicator suddetto, l estolse sopra ad ogni altro uomo garbato.

- Oh che buon gentiluomo è quello, diceva, oh che uomo compito, oh che medico dabbene, oh che ragionatore eccellente, oh che nuovo Ipocrate, oh che supposito gentile! Tanto m'ha invaghito de' fatti suoi cara moglie mia, che son stato forzato ad invitarlo per dimani a desinar qua con essi noi in casa nostra; onde ti prego cara moglie, quando sarà qua, fagli buon viso ed abbi anco cura (se m'ami) ch'egli sia ben trattato e che mi si fatto onore.

- Oh che padre è quello, diceva, oh che uomo compito, oh che religioso dabbene, oh che ragionator eccellente, oh che predicator d'Iddio, oh che supposito gentile! Tanto m'ha invaghito de' fatti suoi, cara moglie mia, che son stato forzato ad invitarlo per dimani a desinar qui con essi noi in casa nostra; onde ti prego, cara moglie, quando sarà qua fargli buon viso et abbi anco cura, se m'ami, che egli sia ben trattato e che mi sia fatto onore.

Così chiamati i servidori ordinò ciò che si devesse fare; e poi n'andò al letto, ma non con la moglie, quale era tutta turbata e malcontenta, per non darli (come diceva) maggior noia. I guai si raddoppiavano nel rabbido feminil cuore; pure gli convenne fare come volle il marito. Ben credo che s'ella avesse trovato il commodo, averia preparato un qualche boccone per l'odiatissimo medico, d'altro composto che di polpe di capponi e zuccaro.

Così chiamati i servitori ordinò ciò che si dovesse fare e poi n'ando a letto; ma non con la moglie, quale era tutta turbata e malcontenta, per non darli (come egli diceva) maggior noia. I guai si raddoppiavano nel rabido feminil cuore, pure gli convenne fare come voleva il marito. Ben credo che s'ella avesse trovato il comodo che averia preparato qualche boccone per l'odiatissimo frate d'altro composto che di polpe di capponi e zuccaro.

Giunta l'ora, ecco il signor medico con il marito insieme, quale nell'entrare della casa, subito comandò che la moglie comparisse, ma la trafitta donna a patto alcuno non si volea lasciar vedere, sì malconcia in viso; e poi molto meno da colui ch'ella avea tanto in odio e tanto scornata da lui si tenea in cuore. Et andando la cosa in lunga, mandò egli un altro servidore alla moglie, con espresso comando che comparisse e poi volto al medico disse:

Giunta l'ora ecco il frate col marito insieme, quale nell'intrare della casa subito comandò che la moglie comparisse; ma la trafitta a patto alcuno non si volea lasciar vedere si malconcia in viso e poi da colui che gli era tanto in odio e tanto scornata, come si tenea in cuore. Et andando la cosa in lungo, mandò egli un altro servidore alla moglie con espresso comando che comparisse. E poi volto al frate disse:

- Questa mia moglie troppo volontarosa, l'altrieri volse salire in un palco, a stender drappi, quasi che ci manchino servitrici in casa et cadde giù per le scale e si guastò tutto il viso; per il che fa ora la ritrosa a lasciarsi vedere: ma con uno pari di vostra signoria eccellentissima nulla importa.

Il medico laudò la sollecitudine della signora e mostrò di aver compassione di lei. Così stando ecco la vipera venire all'incanto.

- Questa mia moglie troppo volontarosa l'altrieri volse salire in palco a stender drappi, quasi che ci manchino servitrici in casa e cadde giù per le scale e si guastò tutto il viso, per il che fa ora la ritrosa a lasciarsi vedere; ma con uno pari di vostra riverenza nulla importa. Lo frate laudò la sollecitudine della signora e mostrò onesto desio di aver conoscenza di lei. Così stando ecco la vipera venire all'incanto.

Il marito volse che gli toccasse la mano, ma il medico poté ben dire cortesi e care parole, che dalla donna non ebbe giamai risposta che si potesse intendere: il che stimava che da rispetto donnesco procedesse, ma avea il marito ben altro intento. Si posero a tavola ed incominciarono a mangiare. E stando pure la donna sul continente e col viso dell'arme sempre, si finì il desinare. Godeva il marito così vederla trafitta, ma il medico che più che del passato altra conoscenza non n'avea, la stimò pel suo così star una melensa e scimonita donna. Mandò il marito i servidori a desinare, dicendo che voleva stare così alquanto in famigliar ragionamenti tra il signor medico, la moglie e sé. E restati tutti tre, rivolto alla moglie disse:

Il marito volse che gli toccasse la mano, ma lo frate poté ben dire cortesi e care parole, che dalla donna non ebbe giammai risposta che si potesse intendere; e lo frate stimava che da rispetto donnesco procedesse, ma avea il marito ben altro intento. Si posero a tavola e incominciarono a mangiare. E stando pur la donna sul continente e col viso dell'arme sempre, si fini il desinare. Godeva il marito così vederla trafitta; ma lo frate, quale altra conoscenza non n'avea, la stimò nel suo così stare una melensa e scimunita donna. Mandò il marito i servidori a desinare, dicendo che volea star così alquanto in famigliari ragionamenti tra il padre, la moglie e sé. E restati tutti a tre, volto alla moglie disse:

- Elena cara, tu non suoli già star così muta. Che cosa è questa? Ragiona un poco col signor medico nostro amico, né ti dare affanno per questi segni che hai sul viso, quai più presto ti rendono onore, che vituperio: però che scuoprono la sollecitudine tua ed egli già sa il caso tuo e t'ha lodata, come tu meriti: sicché sta lieta e ragiona. Di' su qualche cosa, leva gli occhi e mira, come questo è il signor medico Corte, al quale tu sei tanto affezionata ed il quale con tanta gentilezza e soavi medicamenti ti ha reso la sanità; perloché tu tanto me il lodavi, ora mostri di non conoscerlo? Oh moglie mia e che cose sono queste?

- Madalena cara, tu non suoli già star cosi muta; che cosa è questa? Ragiona un poco col padre nostro amico, né ti dare affanno per questi segni c'hai sul viso, quai più presto ti rendono onore che vitupero; però che scuoprono la sollecitudine tua e il Reverendo già sa il caso tuo e ti ha lodata come tu merti: sicchè sta lieta e ragiona. Di' su qualche cosa, leva gli occhi e mira come questo è il padre predicatore di santa Maria Formosa, al quale tu eri tanto affezionata questa quaresima, che per quanto ti sapea la vita cara, non averesti perduta una delle sue sante predicazioni. Tu tanto mel lodavi e ora mostri di non conoscerlo. O moglie mia e che cose sono queste?

Tutte le parole del marito erano pungenti, anzi mortali dardi, al cuore della turbata donna e veleno espresso alla consapevol coscienza turbatissima, per le sue colpe. Peggio era che il medico del fatto ignorante, talora anch'egli l'invitava a parlar seco. Ma il tutto fu vano, perché la trafitta e beffata signora, avea solo in bocca saliva più d'ogni arsenico amara et isconvenevol fiamme sulle guancie ed ardor tossicoso negli occhi; i quali non alzò ella giamai. Era il viso di lei una vera stanza d'infernali spirti.

Tutte le parole erano pungenti anzi mortali dardi al cuore della turbata donna e veleno espresso alla consapevol conscienza turbatissima per le sue colpe. Peggio era che lo frate del fatto ignorante, talora anch'egli l'invitava a parlar seco. Ma il tutto fu invano, perocché la trafitta e beffata signora aveva solo in bocca saliva più d'ogni arsenico amara e sconvenevol fiamme sulle guancie et ardor tossicoso negli occhi, quali non alzò ella giammai. Era il viso di lei una vera stanza d'infernali spiriti.

S'aveva ella talora posto qualche crostolino di pane in bocca, ma piuttosto avria ella rivolto le cime d'Atlante al basso, che inghiottito nello travagliato stomaco il male aventurato pane. Eran bene gl'intenti loro vari et i desiri diversi. Bramava il medico d'ingraziarsi alquanto con la signora, ma la donna stizzosissima solo attendeva a maledir col cuore l'odiatissimo medico. Così stando in quella cagnina pace e vario duello di concetti, ecco che il padrone con gran sollecitudine fu chiamato da un servidore, con dire che il magnifico tale l'attendeva alla porta, per dirli due parole; ond'egli disse:

S'aveva ella talora posto qualche frustolin di pane bocca, ma piuttosto avria ella rivolto le cime d'Atlante al basso, ch'inghiottito nello indemoniato stomaco il male avventurato pane. Eran bene gli intenti loro vari e desir diversi. Bramava lo frate d'ingraziarsi alquanto con la signora; ma la donna stizzosissima solo attendeva a maledir col cuore l'odiatissimo frate. Così stando in quella canina pace e vario duello di concetti ecco che il magnifico con gran sollicitudine fu chiamato da uno servidore, con dire che il magnifico tale l'attendeva alla porta per dirli due parole; ond' egli disse:

- Signore, or ora ritorno.

E partissi. Aveva egli ordinato dapprima d'esser chiamato. Partitosi egli dunque, ecco l'arrabbiata levare gli occhi lividi nell'odiatissimo viso del medico e tutto ad un tempo lasciossi uscire dalla amaricatissima bocca, alquante sopresse, ma tempestosissime e velenatissime parole e tali furono e simili altre:

- Or ora ritorno.

E partissi. Aveva egli ordinato da prima d'esser chiamato. Partitosi egli dunque ecco l'arrabbiata levar gli occhi lividi nell'odiatissimo viso del frate e tutto ad un tempo lasciossi uscire dalla amaricatissima bocca alquante soppresse, ma tempestosissime e velenatissime parole; e tali furono e simili altre:

- Ah ingratissimo, sporco e fetente porco. Come hai avuto l'ardire, sfacciatissimo ribaldone, di comparirmi innanzi? Ah facchino cacone, ah cestaiuolo sfacciato, come t'ha dato il cuore di venire in questa casa, della quale tu indegnissimo sei anco di mirar le mura? Come è possibile che tu feccia del mondo, non ti vergogni della infinita tua dappocaggine? Dunque tu fetido vaso di bruttissima lordura, monte di letame, arca d'ogni sporco fetore, dunque hai ardire d'anco star alla presenza mia? Lievati cacone da questa tavola, fuggila da te amorbata casa, non aver più giamai animo di presentarmiti innanzi.

- Ah ingratissimo e sporco frate, come hai avuto ardire, sfacciatissimo ribaldone, di comparirmi inanti? Ah frate cacone, ah frate sbringhiero, come t'ha dato il cuore di venire in questa casa, della quale tu indegnissimo sei d'anco mirar le mura? Come è ciò possibile, che tu feccia del mondo non ti vergogni della infinita tua dappocaggine? Dunque tu fetido vaso di bruttissima lordura, monte di letame, arca d'ogni diabolico fetore, dunque hai ardire d'anco star alla presenza mia? Lievati, cacone, da questa tavola, fuggi la da te ammorbata casa, non aver più giammai animo di presentarmiti inanti.

Era il medico il più confuso uomo del mondo. E divenne anch'egli tutto fuoco in viso e stava trafitto e come trasognato. Et era per rispondergli e dolersi di tante ingiurie a torto; ma l'astuto marito troncò le occasioni ed il tempo. E tornando ver la tavola, s'andava dolendo del disturbo datoli, dicendo ch'erano le facende tante, ch'ogni ora l'infestavano, che pure non avea talvolta tempo di cibarsi.

Era lo frate il più confuso uomo del mondo. E divenne anch'egli tutto foco in viso e stava trafitto come trasognato. Et era per risponderli e dolersl di tante ingiurie a torto; ma l'astuto marito troncò l'occasioni e il tempo. E tornando ver la tavola s'andava dolendo dello sturbo datoli, dicendo che erano le faccende tante che ognora l'infestavano, che pure non avea tempo di cibarsi.

E così detto si assise: e mirato sì l'uno, come l'altro viso, conobbe alla moglie essere sovragiunta alterazione alla prima ed il medico non poco turbato ancora e tra sé n'avea uno godimento grande. Incominciò egli a porre altri ragionamenti in campo e nuove favole sopra la donna. Ma guari non stette, che fu la seconda volta dal servidore chiamato per nuove occasioni ordite et egli mostrava di pure non si volere partire, dicendo:

E così detto s'assise e mirato sì l'uno come l'altro in viso, conobbe alla moglie esser sopragiunta alterazione alla prima e il frate non poco turbato ancora e tra sé n'avea uno godimento grande. Incominciò egli a porre altri ragionamenti in campo e nuove favole sopra alla donna. Ma guari non stette che fu la seconda volta dal servitor chiamato, per nuove occasioni ordite. Egli mostrava di pure non si voler partire, dicendo:

- E' una espressa vergogna mia abbandonare il signor medico, quale quanto l'anima mia osservo.

Ma facendo instanza il servidore, pure v'andò. La donna subito ricominciò a ricantar la intemerata in viso al medico e con tanta rabbia, che poco mancò che a guisa di cagna arrabbiata non se gli aventasse alla barba. Né lasciava pure un tantolino di tempo al medico di rispondere: e più ogni ora s'acuivano i ferri. Tornò il marito a tempo e s'accorse del secondo assalto dato alla rocca.

- È un'espressa vergogna mia abbandonare il padre, quale quanto l'anima mia osservo.

Ma facendo instanza il servidore, pure v'andò. La donna subito incominciò a ricantar la intemerata in viso al padre e con tanta rabbia che poco mancò che a guisa di cagna arrabbiata non se gli avventasse alla barba. Né lasciava pure un tantolin di tempo al frate di rispondere: e più ognora s'acuivano i ferri. Tornò il marito a tempo e s'accorse del secondo assalto dato alla rocca.

Et essendo la terza volta con maggior instanza dal servidor chiamato ed andatovi, la donna reiterò i dardi, le saette, anzi i fulmini dal cielo; e tanto ne scaricò sopra al mal condotto medico, che fu egli per fuggirsene: ma la sopravenuta del padrone lo ritenne pure in campo. E così parendo al marito che assai fusse fatto, licenziò la moglie, imponendoli che baciasse le mani al medico. Fu ella bene allora per uscir fuori dei termini della pazienza; pure per non venire a peggio, gliela prese e baciogliela:

Et essendo la terza volta con maggiore instanza chiamato et andatovi, la donna reiterò i dardi, le saette, anzi i fulmini del cielo e tante ne scaricò sopra al mal condotto frate che fu egli per fuggirsene; ma la sopravvenuta del magnifico lo ritenne pure in campo. E così parendo al marito che assai fusse fatto, licenziò la moglie imponendoli che baciasse le mani al padre. Fu ella ben allora per uscir dei termini della pazienza, pure per non venire a peggio, gliela prese e baciogliela,

Dio sa con che cuore. Partitasi ella, lo sconsolato medico, che insino allora per buon rispetto avea tacciuto l'ingiuria, al patrone rivolto, con destrezza ed animo tranquillo, narrò le villanie ricevute dalla donna; dolendosi, non sapendo perché gli dovessero esser dette in casa di sua magnifica signoria.

Dio sa con che cuore. Partitasi ella, lo sconsolato frate che insino allora per buon rispetto avea taciuto la ingiuria, al magnifico rivolto, con destrezza et animo tranquillo narrò le villanie ricevute dalla donna; dolendosi, non sapendo il perché, gli dovessero esser dette in casa di sua magnifica signoria:

- Oh misero me (soggiunse il gentiluomo accorto) dunque questa mattina è sopragiunto l'accidente alla moglie mia, dal quale già gran tempo mi credevo che fusse fatta libera? Ben mi meravigliavo della sua taciturnità e quasi ch'io me ne dubitai; pure poscia considerando che già tre anni passati sono che l'ha insestata, non me lo poteva persuadere. Che s'io l'avessi un tantolin creduto, subito l'avrei mandata altrove. Signor medico abbiate pazienza vi supplico e piuttosto doletevi della disgrazia mia, che purtroppo vostro cordialissimo amico sono.

- Oh misero me (soggiunse il gentiluomo accorto) dunque questa mattina è sopraggiunte l'accidente alla moglie mia, dal quale già gran tempo mi credevo che fosse fatta libera? Ben mi maravigliavo della sua taciturnitade e quasi che me ne dubitai; pure poscia, considerando che già tre anni passati sono che non l'ha infestata, non me lo potevo persuadere. Che se pure l'avessi un tantolin creduto, subito l'averei mandata altrove. Reverendo, abbiate pazienza, vi supplico e più presto doletevi della disgrazia mia, che pur vostro amicissimo sono.

Questa mia moglie soleva entrare in certe melanconiche frenesie, che poscia isfogandosi si voltava contro di chi li abbateva dicendogli di bruttissime et vergognosissime parole. Oh me infelice se vi torna a ricader dentro! Ben vi dico signor medico, che se ella fusse col sentimento in sé or ora la farei venire a chiedermi perdono; ma se ciò si tentasse ella molto peggio farebbe.

Questa mia moglie soleva intrare in certe frenesie melanconiche e poscia si sborrava con dire a me et agli altri di bruttissime e vergognosissime parole. Oh me infelice se vi ricadde dentro! Ben vi dico, padre, che se fosse in sé la farei venire a dimandarvi perdono; ma riesciria a peggio.

Allora il gentilissimo medico, tutto sodisfatto disse che non pure ciò non voleva; ma che appresso grandemente si doleva della disgrazia sua e per quanto ei poteva pregava Iddio che liberarlo il volesse da così tedioso affanno e fatto tutte le belle parole che in ciò ci vanno lasciò il gentiluomo tornar il medico alla sua casa: ed egli restò lieto della sua proporzionatissima vendetta. Ed io non poco lodo la prudenza d'un tant'uomo, il quale così bene seppe troncar le radici alla ignominia che li soprastava ed al sommo dolore, che nato li sarebbe in petto. Certamente che la prudenza, supera ogni inconveniente.

Allora il padre cortese tutto soddisfatto disse che non pure ciò non voleva, ma che appresso grandemente si doleva della disgrazia sua e ch'averia pregato Iddio che liberarlo volesse da sì affannoso tedio. E fatte tutte le belle parole che ci vanno, lasciò il gentiluomo tornare il reverendo al suo convento et egli restò lieto della sua proporzionatissima vendetta.

 

Et è gran prudenza nell'occasioni valersi de' mezzi, per estinguer i gran fuochi. Et non fu poco che il saggio marito portasse in spalla la pazza moglie. L'esser prudente non vuol dir altro che sapersi accomodare ne' bisogni e fare della necessità virtù. Et finalmente a chi la va ben fatta, par savio(8).

 

 

 

Finito la recreazione, la buona vecchia si partì ed io con la mia gente restai in casa, {Giustina narra la positura della Catedrale di Leone.} e la mattina seguente essendo giorno di festa

me n'andai alla chiesa maggiore per vederla, che per di fuori della pareva una cosa molto mirabile, tanto che pensai che non chiesa, ma una fabrica trionfale ella fusse, perché ella era tornata e guarnita di varie, vaghe e belle banderiole.

Comencé a entretenerme en mirar la iglesia. Es bien galana, tanto que pensé que era el carro del día del Corpus adornado de varios gallardetes y banderolas.

Nell'entrare in essa osservai una cosa notabile, la quale era la facciata di essa tutta vecchia et antichissima e pensai che la causa fusse, che siccome tutte le vecchie hanno guasto la bocca e la faccia più che ogn'altra parte et specialmente quando da giovani hanno atteso a lisciarsi, adornarsi et sbellettarsi, che anche la facciata di essa era divenuta tutta rugosa et quasi che senza pelle; et la porta, ch'è la bocca, per la sua vecchiezza pareva molto discontenta et sdegnata in vedere ad entrare tanti uomini e tante donne; ma di tanti così pochi devoti, che più dire non si può et tanto più essendo giorno molto celebre e solenne.

Noté que estaba notablemente envejecida la portada, más que ninguna otra parte de la iglesia, y pensé que la causa era porque todas las viejas gastan más de boca que de ninguna otra parte en especial cuando son afeitadas; pero no es eso, sino que aquella portada está vieja y mohína y gastada de puro enfadada de ver entrar allí tantas caperuzas y tan pocos devotos a oír vísperas y oficios tan solenes.

Ed ancorché io era entrata dentro la chiesa confesso certo che pensai che ancora non ero entrata: anzi pensai che tuttavia io me ne fussi in piazza e questo avviene per esser la chiesa tutto finestre e tutta vetri trasparenti, per questo ciascun uomo sendo fuori può dire d'esser dentro et sendo dentro d'esser fuori; a quella guisa del giuoco della coregiola de' cingani, che dir sogliono o che la è dentro o che la è fuori.

Aunque entré dentro de la iglesia, yo cierto que pensé que aún no había entrado, sino que todavía me estaba en la plaza, y es que como la iglesia está vidriada y transparente, piensa un hombre que está fuera y está dentro, como corregüela de gitano.

Delle altre fabriche, dicono che paiono nello splendore della luce, come un bicchiere d'argento: di quella si può dire che non solo paia, ma ch'è un bicchiere di vetro, che si può bere con esso et vedere e mirare per esso e con esso, che dell'argento questo non si può dire; che se beve egli è di più valore, non è però di più splendore, come dice il proverbio: le gioie vagliono tanto, quanto s'apprezzano; et un uomo ne val cento e cento non ne valgono uno; così in Ispagna il vetro è stimato quasi che gioia, che per questo istimarono i leonesi in far quella fabrica d'aver una gran gioia, per esser tutta luce e fatta di cosa rara, come è il latte di galina et il carbon bianco, che in ogni luogo non se ne trova.

De otras iglesias dicen que parecen una taza de plata, de aquella puédese decir que no sólo parece, sino que es una taza de vidrio, que se puede beber por ella.

Io non so a qual fine facessero una simil fabrica tanto chiara e rilucente: se non fu perché siccome il freddo ed il gran caldo di quella città sono traditori, vollero farla così lucida, accioché non si potessero nascondere, né ricoverarsi in chiesa; perché ella non dà ricetto a' traditori, ma meglio avrebbono fatto a fare le mura, i volti od archi ed il tetto di vetro, che così veduto si avrebbe e dentro et fuori le non buone e buone operazioni che si fanno e Dio volesse che di cattive non se ne facessero.

Yo no sé para qué fin hicieron tan abrinquinado aquel famoso templo, si no fue porque como el frío y calor de aquella tierra son traidores, quisieron que no se pudiesen absconder ni retraer a la iglesia, que la Iglesia no vale a traidores, o quizá el topo, que impidía aquel edificio cuando se comenzó a hacer en aquel sitio Casa Real, debió de sacar en condición que las paredes fuesen de vidrio y las bóvedas de toba; mal año si les mandaran hacer tejados de vidrio, que malas pedradas fueran éstas.

Io sono e parlo come pazzerella: et affé del pensaché che penso che ciò deve esser avvenuto, che sendo la chiesa non molto grande e la città copiosa di popolo, che in quel tempo diedero questo modello di fabrica, acciò si rimanesse la chiesa di maniera tale che ognuno e dentro e fuori potesse udire messa ed i divini offici e questo perché vi è gente tanto spilorcia e da niente nel ben operare, che ad ogni via vollero dargli tutte le sorte di comodità di ben servire il sommo facitore Iddio;

Yo hablo como boba y a fe de penseque, que pudo ser que como la iglesia es chica y la gente de aquella tierra mucha en aquellos tiempos, dieron traza que quedase la iglesia de modo que pudiesen oír misa desde la calle. Ya la gente está apocada, y así han cubierto los claros de las vidrieras y pintado allí unas cosas, aunque se han atajado muchos de los inconvinientes que yo pensé que había, y no debía de haber ninguno, sino que desto de Iglesia a mí no se me entiende más que a puerca de freno.

ma molti usano lo immascherarsi, anzi sempre operare tutte le loro azioni mascheratamente, che perciò il Tentatore pose in cuore a certi di pingere sopra il vetro, che ciò fu oscurare la chiarezza de' difetti altrui e dargli comodità di molto più offendere Iddio; guardinsi da costoro, perché mala cosa è l'essere cattivo, ma molto peggio è l'esser conosciuto tale: {Sentenze e detti notabili.} ogni male è male, ma peggio è uccellare il prossimo e tanto più il lasciarse uccellare e chiunque ciò fa, è un tagliarsi le legne addosso; ed un destare chi dorme; ed un stuzzicare sotto il naso dell'orso: ognuno conosce et vede il bene, eppur al male s'appiglia e non è da maravigliarsi se la persona compera il suo peggio a danari contanti; ed è vero, chi scalda, gratta, rogna attacca; e ciò è un tirarsi molte acque addosso, però bisogna fuggire gl'inconvenienti ed i scandali;

e non dar da dire di se stesso, che poi con questa occasione si mette in tavola la genealogia di tutto il parentado; e d'un pulice, si fa un bue; il bene operare è come il mele, che si fa leccare. Io confesso che sono sempliciotta e massime di queste cose; et tanto me ne intendo io, come fa l'asino di gioie. Iscusatemi.

{Racconta Giustina certi riti che s'usano in Spagna.} Non molto doppo, viddi una novità (a me) stravagante e che giamai i miei occhi cosa tale avean veduto,

e fu che mentre io stava contemplando un tanto singolare artificio di fabrica, entrò una gran truppa d'uomini vestiti di bianco con le camicie sopra il saio, che entrano in chiesa per differente porte; io come quella che più non aveva veduto cosa tale (come ho detto) pensai che fusse la incamisciata di qualche nemici: ma dipoi vedendo che erano uomini quieti, me si allontanò la paura.

A lo mejor de mi miradura entró gran tropa de canónigos, vestidos de blanco, las camisas sobre el sayo, que iban entrando al coro por diferentes puertas. Yo, como era la primera vez que vi cosa semejante, pensé que era la hueste, mas después, viendo que eran hombres como los otros, les perdí el miedo.

Dopo questi vennero molte donzelle, che le chiamano le cantatrici: et udito questo nome pensai ch'elleno avessero da cantar nel coro di vespero et vedendo che poche seggie vi erano, pensai che i canonici, gli dessero le seggie loro et tanto più che sono in numero di ottantaquattro e le cantatrici non erano più che cinquanta, che perciò pensai che non potevano stare nella seggia due persone a un tratto; ma il mio pensare fu un pensare invano, perch'elleno non andavano a cantare, ma bensì a ballare ed a far certi atti che quivi chiamano le ballatrici e non cantatrici e per risparmiare un pensaché dei molti, che ne sopravanzano, ne tralascio più di quattro, che non dico.

Tras esto, vinieron unas danzas de mozas que llamaban las cantaderas, y guiada por este nombre, pensé que habían de cantar en el coro las vísperas con los canónigos, como cuando cantan las sibilas, y como vi pocas sillas respecto del mucho número de prebendados, que me dicen ser ochenta y cuatro, y que las cantaderas eran más de cincuenta, pensé que en cada una silla habían de estar cantando un canónigo y una cantadera, mas todo fue pensar en vago, que no iban a cantar, sino a bailar. Por cierto, que las pudieran llamar bailaderas y no cantaderas, y ahorrarnos de un penseque de los muchos que me sobraban, y hay más de cuatro que yo no digo.

{Cantatrici di Leone ed i loro costumi.} Queste cantatrici erano giovanette e giovanotte di diciotto in venti anni et infino all'eta mia, che perciò non ebbi poca sorte d'entrare nella danza et ingerirmi come fingono Pigargo, che si pose nel seraglio della regina; et questo è un ballo molto capriccioso e bello e benché nel principio io mi dimostrassi timida nel ballare ballando gli altri tutti a suono di tamburo, pensai che andassero facendo gente e siccome noi siamo tutta gente per dieci, che pochi sentarono alla danza per questa causa, perché tutte entrando in ballo si mischiamo tra loro e ballando con gli occhi al suono et alcuni di quelli che ci miravan o ballando col cuore mi dimandarono s'io era una delle cantatrici: io valendomi del nome delle cantatrici e dell'occasione del burlar schernire e gli risposi:

Estas cantaderas eran buenas niñas, pollas de hasta dieciocho o veinte años en fin, de mi edad, que no tuve yo poca gana de entrar en la danza y injerirme, como fingen de Pigargo, que se metió en el sarao de las reinas, y aun al principio estuve por hacerlo, porque como iban bailando con atambores delante, pensé que iban haciendo gente, y como somos gente, pardiez, por pocas nos asentáramos en la danza. Por esta causa, me anduve un rato tras ellas, bailando con los ojos al son, y algunos de los que me veían me preguntaban si era yo cantadera. Yo, aprovechándome del nombre de cantadera y de la ocasión de fisga, le respondí:

- Fratello, io non son cantatrice, perché io sto in muda, come fa il lusignolo; io non canto, se son cantatrice per tutto questo mese e se alcuna cosa canto, canto come fa la chiozza, che cova l'ova; e nati i pulcini li vado raccogliendo e nutrendo et allora sono picciola cantatrice, che non posso cantare come cantar doverei et farei.

Questi vigliachi veri picari all'udir del mio favellare disparirono et nelle nuvole s'ascosero questi dimandatori dell'altrui fatti; ci fur però alcuni di loro che più ardir avevano e dissero:

-No, hermanos, que estoy en muda como colorín. Yo no canto ni soy cantadera por todo este mes, y si algo canto es clueco, como gallina, y es cuando pongo, y entonces soy cantadera para lo que les cumpliere.

Con esto conjuré algunos nublados, con esto desaparecían como trasgos los mancebos pescudadores, aunque alguno dellos hubo que dijo:

- Almeno se non sete cantatrice, avete gesti e garbi d'incantatrice.

A costui, che ridendosi si stava pensando d'aver detto una gran cosa, io dissi:

- Se io sono incantatrice copriti con la colla della tua ignoranza, che d'avantagio ti sopravanza più che a un asinaccio non avanza pelle e petti.

-A lo menos, si vos no sois cantadera, tenéis gesto de encantadera.

No se fue riendo, que yo le dije a él:

-Si yo soy encantadera, tápate con la cola, pues te sobra, asnazo.

Già mi dicono che non sono la cantatrice di diciotto anni, come dir solevano, percioché è un dire, che hanno da esser donzelle et non contaminate giovanette, in memoria di quelli che già solevano essere nel tempo del re Almanzore, ch'è un istoria brava e gentile; io non la so, ma ben penso che se quel tempo durasse al giorno d'oggi e che il cielo non li provedesse e rimediasse, al sicuro ritornerebbe l'Almanzor a scopare e spogliare quanta virginità abbia la Spagna.

Ya me dicen que no son las cantaderas de dieciocho años, como solían, porque diz que han de ser doncellas en memoria de las que lo eran en tiempo del rey Almanzor, que es una historia brava. Yo no la sé, mas bien pienso que si aquello durara y Santiago no lo remediara, llevaba camino el Almanzor de barrer cuanta virginidad había en España.

{Favola del lupo e della pecora.} Pareva a colui ciò la favola del lupo che dimandò alla pecora che di grazia a lui dessero a nutrire li agnelletti che nascevano. Oh quanti lupi Almanzori, oh quanti lupi Almanzori! Iddio abbia sopra di noi la sua destra, perché se egli non aiuta noialtre poverelle, la onestà tutta è per cadere a terra; e tutti professano di aver autorità grande per sverginar vergini, cose tutte da vigliacco picaro.

Parecía aquello a lo de la fábula del lobo, que pidió en parias las ovejitas más bobas, y era el bobo él.

Erano dieci o dodeci cantatrici per ogni parochia et tutte vergini. Sopra l'anima mia che se ciò fusse a questo tempo, lo terrei per mezo miracolo, ancorché a quel tempo ciò non era poco, per il molto rispetto che a tal nome portavano. Ma al tempo nostro non so come ella si vada; basta ch'elleno dicevano ch'erano vergini. Questa è una lite che non ha bisogno solo di un testimonio e trovalo chi può.

Eran de cada perrochia diez o doce cantaderas y diz que todas vírgenes; y en mi ánima que si fuera en este tiempo, lo tuviera por medio milagro, y aun en aquel no era poco. Ellas decían que lo eran, que este es un pleito que nunca tiene más de un testigo.

{Cantatrici, come le scielgono.} Il modo di matricolar queste ballatrici mi quadrò molto, quando me lo narrarono et dicono che uno de' principali della parochia al principio di maggio ricerca dalle maritate tenute per più oneste e dabbene et in ciò et in ciò l'incaricano a dirli la verità dell'onestà di tutte et che poscia le addottrinino al ballare e cantare, accioché al suono corrispondessero e con i piedi e con la voce. Similmente innanzi a loro va un tamburro;

El modo de matricular estas danzantas me cuadró mucho cuando me lo dijeron, que diz que los curas, tres meses antes de nuestra Señora de Agosto, tienen cuenta con las casadas que mejor les parecen, de quien saben que son diligentes, y les encargan que les vistan y lleven una de aquéllas, bien impuesta, corriente y moliente para bailar a son con un salterio que les van tañendo; también les van tañendo delante a las cantaderas unos atambores.

io pensai che ciò fusse un condurle alla guerra, perché pensai che fusse impossibile consentire che in un giorno solenne e di solennità grande, che li cantori avendo poca voglia di cantare dessero il luogo a queste cantatrici e particolarmente a cantatrici forestiere. {Costumi che usano in Spagna.} Et mi parve strano l'udir tamburri (suono militare) nelle messe e nelli divini offici: e tali tamburini suonano così sgraziatamente che paiono propriamente calderari.

Questo modo di fare deve aver qualche origine, ma se io l'intendo, che m'abbrucino. Non ti amirare se ora da me udirai un uso e costume, che ancorch'io sia spagnuola, a me non piace; considera mò tu, che sei uomo perfetto e intendentissimo, la cagione di ciò.

Yo pensé que las llevaban a la guerra, porque pensé que fuera imposible consentir que un día como aquel en que procuran los cantores desgañir los chorros a puro ser cantaderos de los forasteros, se había de permitir henchir la iglesia de ruido de atambores, que totalmente impide el poder oír la misa, y parecen todos caldereros. Ello, causa debe de haber, mas si yo la entiendo, me quemen.

Mi dissero che nelle feste di Leone compariscono alcuni uomini, che li chiamano apostoli; e pensai che similmente ancor eglino dovessero essere cantori e ballarini, ma dopo mi dissero che ciò non si usava più, se non il giorno della festività del Corpus Domini nella processione rappresentando il crapulone, il gigante Golia e molti altri fatti antichi e che più non ballavano, né cantavano gli apostoli, perché quivi non godono l'indulto che godono quelli di Placenzia,

Habíanme dicho que en las fiestas de León salen unos que llaman Apóstoles, y pensé que también habían de ser cantaderos y bailar, mas después me dijeron que no se usaba salir sino el día del Corpus, cuando sale la gomia y el gigante Golías, y que no bailan los Apóstoles, por cuanto no hay allí el indulto que hay en Plasencia

di poter uscire gli uomini rappresentando questo e quel fanno con sonagliere, ballando e cantando, conducendo alla processione giumenti ed asinelle e molte altre cose che non voglio dirtele. Abbi pazienza, amico mio, perché quello non piace e gusta a me, tengo certo che a te gustaria molto meno; considera ora tu il resto. In Leone nelle solennitadi danzano e cantano immascherati e tanti sono che fanno un strepitoso rumore; dicoti il vero che punto ciò non mi piacque.

para salir los Apóstoles con cascabeles y danzas y llevar en la procesión borrico y borrica. Pero ya que no danzan en León no les faltan danzantes baratos, que de casa de el dianche sacan a danzar unos zaharrones, que es danza de mucho ruido y poca costa, que así lo requiere la tierra.

Una cosa viddi, che molto consolò questa anima peccatrice. Nella chiesa suddetta di Leone vi è un chiostro tutto bianco et candido come latte, nel quale vi è una piazza o gran cortile, che per fabricarlo consumarono molti e molti scudi e nel farli il suolo per la molta spesa lo lasciarono la metà imperfetto, {Facezia di un contadino e un barbiere.} come quel contadino che andò al barbiero e tosato la testa venne ad un non so che dire col barbiero, il quale voleva prima di tosarlo esser pagato; al quale le rispose:

- Acconciami la metà della barba, che allora io ti pagherò, se non me ne resterò così malconcio senza pagarti.

Così fanno quegli che hanno animo d'ingannare: anzi senza anima ingannano ciascuno.

Una cosa vi de que se consoló mucho esta alma pecadora; en la iglesia de León hay una claustra o calostra, no sé cómo se llama, sé que en ella hay un patio que gastaron muchos ducados en medio enlosarle y lo dejaron a la mitad, como al labrador de Zahínos, que le hicieron la media barba a navaja y la otra le dejaron, a causa de que pidió plazos para la paga y el maestro para la hecha.

Dicono che il lastricato fu lasciato così imperfetto, perché l'acqua e l'aria tanto disfaceva, quanto si lavorava e di pietra si convertiva in arena. {Delle cose di Dio non si curano.} Ah non poteva il maestro prima d'entrare a questa spesa prevedere a un tanto e così grave danno? Credo che una cosa tanto imperfetta, rende molto difforme quella fabrica e non vi è cavaliero che per l'amor di Iddio la faccia finire? S'ella fusse cosa attenente al mondo et alla carna, si ucciderebbono li uomini per ottenere questa palma.

Dicen que se dejó así, medio enlosarle, porque aquella piedra la desmoronaba el agua y a pocos años se volviera de piedra en arena. ¡Ay, Dios! ¿Y el maestro no pudiera primero mirar los materiales que tenía? Así que en el claustro, donde está este medio enlosado o este remiendo entero, me enteraron que ofrecen las cantaderas de la perrochia de Señor Marciel -que es una iglesia que ha años que está comenzada a hacer de por amor de Dios,

Dunque, perché non si finisce con buona pace ed amore questa bella opra? Se tu sei sordo, tuo danno; vorrai potere, che non potrai. Alcuni giorni dopo le cantatrici e ballarine ascendono sopra un carro tirato da buoi e vanno alla chiesa ad offerirlo; oh che simplicità. {Abusi che si ussano in Leone.} Vedendo io coteste cose tenni per certo e pensai, che fussero casi di gran considerazione, per molte cose di gentilità et usi antichi, che si costumano.

y porque no se acabe tan buen amor, no se acaba la obra-, unas ciruelas y aun no sé si peras, o pan, o queso; y aun me dicen que no sólo ofrecen esto en aquella iglesia, pero que pocos días después, las mismas cantaderas llevan en un carro de bueyes un cuarto de toro y le ofrecen a nuestra Señora. ¡Ay, Dios, qué llaneza! Yo destas cosas de Iglesia siempre pensé que era caso de Inquisición el murmurar, porque si no, desta ofrenda y del tributo de las pescadas, ajos y puerros, a fe que les había de dar una matraca que les enviara a Egipto a los leoneses, no para hacer agravio a nadie, que bien sé que todo es santidad y nació de la antigua devoción pura y llana, sino para entretenerles y galopearles el gusto. Mas como temo no quiera algún bachiller ir a mi costa a besar las manos a los señores inquisidores, no quiero meterme en agudezas, sino creer firmemente que las cantaderas de Señor Sant Marciel

affé se stasse a me, ch'io privarei li leonesi di queste loro non so come io me le debba addimandare. Io so che l'antichità ciò introdosse a devozione; ma a qual devozione? L'emendare le cose che non hanno garbo, è sempre ben fatto. Ma l'uomo al tempo d'oggi trotta e galoppa per dar soddisfazione al guato. Taccio: perché io temo che alcun Scipione non dica e ridica quello che non ho detto, perché oggidì presso d'alcuni chiacchiaroni vagliono molto. Ma è ben vero che la botte rende dell'odore ch'ella ha: e sebben costoro hanno il cervello nella lingua e parlano come per ciarabottana, tuttavia il lor dire e ciccalare par per appunto un calabrone dentro a un fiasco.

{Sotadera, che sia.} Viddi poi una vecchia, ch'era la guida e scorta delle cantatrici, che la chiamavano la Sotadera, che tanto vale a dire quanto una picara eccellentissima, perché ella godeva di quei costumi, che una vecchia picara goder può, ma quel che è peggio, ella era tutta lorda e succida, che avrebbe purgato il stomaco e fatto degerire i sassi al più indigesto corpo di questo mondo. {Donna picara vecchia, sue sporche qualitadi.} Io mi viddi in grandi affanni, essendo che un stomaco delicato non può tolerare schiffolezze tali. Il solo mirarla faceva più opera, che fatto non avrebbono quattro oncie di rebarbaro preparato.

llevaban por guía delante de sí una que llamaban la Sotadera, la cosa más vieja y mala que vi en toda mi vida, que me parece que para purgar una persona y digerir hígado y livianos y todos los entresijos, bastaba enjaguar dos veces los ojos con la cara de aquella maldita vieja cada mañana, que yo fío hiciera esto más efecto que tres onzas de ruibarbo preparado.

La sua faccia pensai visibilmente ch'ella fusse fatta di pelle pellata d'asina vecchia. Gli suoi colori e fattezze parevano per appunto come un boccale da pisciare, tutto brutto, fetente e sporco. Le sue mani erano così nette, che sopra vi si poteva seminare porri, cipolle, ravani e caolicapucci: queste erano dunque mani da entrare in danza con principi e gran personaggi? Insomma ella avea il rovescio d'ogni delicata e pulita mano. Quelle parti che non si veggono, quali e come dovevano essere?

La cara pensé visiblemente que era hecha de pellejo de pandero ahumado; la fación del rostro, puramente como cara pintada en pico de jarro; un pescuezo de tarasca, más negro que tasajo de macho; unas manos envesadas, que parecían haberlas tenido en cecina tres meses.

Liberami Signore di più mai vedere bruttezza tale. Et chi sarà lui che in animo li venga di commendare una cosa del tutto sconcia, brutta, fetida, isporca e totalmente sordida? Certo niuno di giudizio sano. Ella avea un tal fetido odore, che in verità avrebbe istomacato il più forte stomaco di tutto il mondo. Se un condannato a mille tormenti e morte avesse tolto a vivere notte e giorno con Sotadera per mai sempre, io l'averei liberato da quella morte; certissimo che mille volte si sarebbe pentito di non esser morto, per non sentire e vedersi tante morti ogni ora.

Un conforto solo io ebbi, che con un manto la fecero tutta coprire e così coperta andava guidando le cantatrici e ballarine, ma lacune volte iscoprivasi il viso e le mani, che in quel punto mi sentiva venir meno: ed allora malediva la Sotadera e quante sporche sono al mondo e pensai che non donna, ma un basilisco ella fusse, tanto attosicava le genti e di più pensai che ciò permettesse il cielo per gastigo delle mie picaresche colpe. Vi so dire ch'io restai concia di buona maniera e ne ebbi una buona serrata. {Detti singolari.} Chi mal fa, mal va; ed una le paga tutte; e chi mangia l'oca, caca la piuma; così volsi e così ebbi.

 

Sólo en una cosa vi que andaban bien los curas, que la mandaban a la Sotadera cubrir el rostro con una manera de zaranda forrada en no sé qué argamandeles, y con esto no la ven. Con todo eso, algunas veces que soliviaba la zaranda, pensé que aquel maldito basilisco me quería encarar por mi gran culpa, y daba el tranco que me ponía en Baeza.

 

Moralità

 

Qualunque persona, che viva con mala intenzione, è come il ragno che da' fiori ne cava il veneno: così Giustina, delle cose buone e fatte con buon zelo, non se ne serve, se non per dir male; ed il narrare le altrui scempietà e malizie, è un ammaestrarci ad accostarsi al bene, e fuggir il male. È cosa chiara che l'operar bene non fu mai di danno ed è molto più chiara che il male non vien mai poco; e le disgrazie non vanno mai sole, ma il bene sempre trova onore; però abbracciamo il bene e fuggiamo il male, che sempre saremo onorati.

 

 

Aprovechamiento

 

Personas mal intencionadas son como arañas, que de la flor sacan veneno, y así, Justina, de las fiestas santas no se aprovecha sino para decir malicias impertinentes.

 

 

 

 


DELLA VERGOGNOSA INGANNATRICE
 
Numero II
 


Número segundo
 
De la vergonzosa engañadora
 

Ottava sopra il seguente proverbio

 

Hurté a un ladrón, gané ciento de perdón

 

A un jugador famoso gran fullero,

Justina jugadera más fullera,

con ser estitico y maduro(9) que un madero,

le hizo derretir cual blanda cera.

Trocole el oro aparente en verdadero,

purgole la indigesta faltriquera

y a sus oídos canta esta canción:

Hurté al ladrón, gané ciento de perdón.

 

Madre, la mi madre,

remediame vos,

que me miran ojos

con amor traidor.

Prestadme unos ojos,

con el mal mirón,

porque me desquite

y le cante yo:

Hurté al ladrón, gané ciento de perdón.

 

Descrivonsi le accortezze, le burle sode, i colori guidoneschi di Giustina nel trappolare un picaro barro; e si spiega di quanta forza e potere sia l'oro; e narransi istorie, favole, sentenze, motti e detti notabili.

 

Una octava con hijuela, que glosan el pie siguiente

 

Hurté a un ladrón, gané ciento de perdón

 

A un jugador famoso, gran fullero,

Justina, jugadera más fullera,

Con ser estítico y más duro que un madero,

Le hizo derretir cual blanda cera.

Trocole el Oro aparente en verdadero,

Purgóle la indigesta faltriquera,

Y a sus oídos canta esta canción:

Hurté al ladrón, gané ciento de perdón.

 

Madre, la mi madre

Remediadme vos,

Que me miran ojos

Con amor traidor.

Prestadme unos ojos

Contra el mal mirón

Porque me desquite

Y le cante yo:

Hurté al ladrón, gané ciento de perdón.

 

{Detti.} Giacché mi viddi libera da questa meza Celestina, cercai di vedere e lo vissi in fatto, che la pignata dei forastieri è molto magra. Questi leonesi con gli occhi loro mangiavano i miei piedi attillati e non v'era piede o passo, ch'io facessi, che tutti non fussero contati e raccontati. {Giustina sua accortezza nel farsi vagheggiare.} Et l'uscire che io faceva di casa, era appunto nel tempo del concorso delle genti, sapendo io puntualmente che in quell'ora si pesca l'appetito degl'uomini di poco cercello, ma de' savi non già; e fatto una caminata me ne ritornavo a casa, perché a quell'ora istessa soleva ritornare all'albergo il giuocatore degli occhi riversi; anzi egli stesso m'aveva fatto dire ed invitare, che a quell'ora appunto del disinare dovessi trovarmi a casa.

Ya que me vi libre desta medio Celestina y eché de ver que no había más olas de forasteros ni forasteras, comíanme los pies por irme a casa a la hora de las cinco o poco más, porque sabía yo que puntualmente aquella hora era en la que el fullero había de acudir al mesón, y aun él me lo había enviado a decir, y que le viese a la hora de las cinco o poco más.

Già era l'ora: ma davami pena il non saper la pratica delle strade, penai non poco a giungere a tempo. Dio sa con che intenzione egli mi mandasse ad invitare ed a chiamare; io la so: ma la mia era molto differente dalla sua; io te la dirò, ascoltami bene. {Istoria della burla fatta da Giustina al barro da carte.} Egli aveva pensiero di prendersi trastullo col beffeggiarmi, valendosi della medaglia, ch'io portavo al collo ed io determinai col medesimo modo e con l'istessa medaglia fargliene una, che per mai sempre di me si ricordasse.

Ya eran cerca dellas. Dábame pena que no sabía las calles, pero siendo fuerza el haber de ir a las cinco a la posada, quise más dar cinco de calle que cinco de corto. Dios sabe la intención con que él me envió a llamar, y aún yo la sé. La mía era muy diferente. Yo la diré: él me echó la pulla aprovechándose de los agnus que yo traía al cuello. Yo determiné hacerle con ellos mesmos una que se les acordase.

Ciascuno, che ha veduto a cominciare il giuoco, supponga d'avermi detto che egli portasse al collo un bellissimo gioiello d'oro e smaltato, che solo oro pesava duecento reali e di più v'era un pendente attaccato d'una perla molto graziosa e vaga, che in solo udirlo a ciò dire mi congelava il cuore, perché l'oro ha questa proprietà: {Donne amano l'oro.} e le donne che lo veggono si lasciano dall'osso quanto più possono; e molte sono così corrive e correnti, che non si possono detenere,

Pues, para que comiencen a verme el juego, supongan que me habían dicho que traía al cuello un muy hermoso Cristo de oro esmaltado, que de sólo oro pesaba docientos reales, además de unos pendientes de perlas graciosas y costosas, que de sólo oírlo me jinglaba el corazón, que el oro tiene este efecto en las mujeres, que a las quietas las hace corredoras, por cuanto el oro se labró con azogue vivo, y a las corredoras las para y detiene,

{Favola della virtù dell'oro.} come si vidde nella donzella corritora, la quale guadagnò ed avantaggiò il giovane, che a suo concorso correva, il qual veggendosi vinto procurò giungerla e giunta che l'ebbe, cominciò a gittar per terra brancate d'oro; onde la buona giovane si volle rattenere a raccoglierlo ed egli correndo allegramente vinse il palio; così io al solo sentire a dire che quella gioia valeva duecento reali, sentivami il cuore far corbette nel petto della Ginetta.

como se vio en la doncella corredora, a la cual ganó y aventajó el mancebo que yendo corriendo derramaba manzanas de oro, y, por cogerlas la doncella corredora, se paró y perdió la apuesta. Así que sola la memoria desta pieza de oro me hacía traer el corazón a la jineta.

Questa gioia e perla era quella, con la quale scherniva e burlava le povere giovani, il che è come ai fanciulli il mostrarli un bel pomo, acciò gli prendano amore; e non dubito se non che questo modo di fare è un modo troppo efficace e non vi si può resistere, {All'oro non si può resistere.} perché l'oro vince e fa acquisto di qualsisia cosa: e mi ricordo quando per significar questo io cantava:

 

Esta era la pieza que él hacía asomadiza a las pollas, que es treta de motolitos y feos mostrar el vellocino de oro para que les tengan amor y vayan doradas las píldoras de sus faltas, y no dudo sino que es eficaz, que yo me acuerdo cuando para significar esto, cantaba:

 

Tárraga por aquí van a Málaga, ecc.

 

Et diceva l'altro verso:

 

Tárraga por qué camino rendiré de amor el pecho?

 

Tárraga, por aquí van a Málaga etc.

 

Y decía la copla:

 

Tárraga, ¿por qué camino

rendiré de amor el pecho?

 

A cui respondeva Tarraga:

 

Tárraga si fueres beccho, qual Iupiter, de oro fino, replicò Tarraga.

 

No, que el amor es divino, tiene alas y bolará?

 

Però Tárraga stando sui suoi motti disse:

 

Y respondía Tárraga:

 

Párraga, si fueres hecho,

cual Júpiter, de oro fino.

 

Replicaba Tárraga:

 

No, que el amor es divino

tiene alas y volará.

 

Pero Párraga se estaba en sus trece, y decía:

 

Tárraga por aquí van a Málaga:

Tárraga por aquí van allá.

 

Tárraga, por aquí van a Málaga,

Tárraga, por aquí van allá.

 

{L'oro accieca ognuno.} Certissimo era questo un mezo il più picaro et efficace, che immaginar si possa: il suo apparire abbaglia la vista corporale e la intellettuale; anzi accieca l'una e l'altra. {Filippo re di Macedonia, suo detto.} Filippo re di Macedonia acquistò più con l'oro, che col combattere. Lo stesso disse che con l'oro faceva le cose difficili riuscire molto facili.

Así que yo no dudo sino que este medio fuera eficaz si lo que ofrecen a los ojos estos de tú si la viste, dieran con ello en las manos. Amor al Cristo sí que le tenía yo, mas el que a él le tenía era tan poco que con dos de jirapliega le barriera de las faldas del corazón.

{Castigliani sono amatori dell'oro.} L'oro abbagliò talmente la vista a don Pietro I re di Castiglia, che commise una crudeltà, che di molte simili hanno poi commesso molti castigliani nelle Indie contra quei poveri no, ma infelici indiani; se ne vuoi contezza, leggi l'istoria del Benzone milanese, che stupire dalle estreme crudeltà usate da' nostri spagnuoli tra quei meschini e non per altro che per l'oro. {Pietro I re di Castiglia avido dell'oro e come.}

Ritorniamo al re don Pietro di Castiglia, quello che crudelmente fece contra Mahomanda re di Granata, quando egli andò a trovarlo per domandargli soccorso contra gli altri mori: {Atto crudele.} percioché l'avidissimo re don Pietro gli tolse tutto l'oro che quello aveva e per ricompensa comandò che publicamente fusse saetato con tutti i suoi ed egli fu il primo che lo ferì di sua mano. {Frutti acerbi dell'oro.} Questi sono frutti dell'oro, anzi acerbissimi frutti. Però non ti maravigliare se anch'io pizzicai d'amore un tantolino di quest'oro.

Non mi dar pressa, se di me voi aver gusto, perché questo narrare racconti deve esser fatto con comodità, come bere. {Giustina si apparecchia per gabare il barro.} Io aveva due belle medaglie in forma di orologietto, una d'argento sopra dorato e l'altra tutta d'oro e notabilmente simili e fatte con raro arteficio: per questo m'avea già detto il picaro vigliaccone ch'erano sugelli d'alcuna patente reale per andar alla residenza di qualche carico regio;

Vaya de traza y no me maten, que esto de contar cuentos ha de ser de espacio, como el beber. Yo llevaba dos agnusdeis medianos a los dos lados de mi rosario de coral, uno de plata sobredorado y otro de oro, notablemente parecidos. Por éstos me había dicho el bellacón que eran las bulas de coadjutoria del canonicato.

erano le mie medaglie, come ho detto, tanto bene somiglianti nel lavoriero e nella disposizione ed apparenza, che qualsivoglia persona, ancorché perito artefice, non avrebbe saputo conoscere la loro differenza, per la somigliante uguaglianza, ch'elleno avevano in tutte le parti. Che faccio io? Spicco dal mio rosario la medaglia ch'era d'argento indorata, la quale riposi con magisterio in un scatolino d'avorio e la serbai nella manica, unica mia fida segretaria, {Antonio Perez. Cristoforo Mora.} e tanto fedele quanto fedeli furono mai il Perez e il Mora ne' loro carichi regi.

Eran, como digo, los agnus tan parecidos en la labor y aparencia, que a cualquiera que no fuera muy cursado artífice le engañara la indiferencia y rara semejanza que tenían las dos piezas entre sí. ¿Qué hago? Desato de mi rosario el agnusdei de plata sobredorado el cual guardé en la manga de mis cuerpos que para secretaria era tan buena como una de un fraile francisco, de las que llamamos las damas arca de Noé.

L'altra, accioché meglio campeggiasse, l'attaccai ad un rosario di finissimi coralli, co' Pater Nostri di madreperle bianche e rilucenti, {Principessa d'Evoli.} ed il tutto talmente bello e vago, che la principessa d'Evoli non si sarebbe sdegnata di goderlo palesemente nelle maggiori solennità. Di queste medaglie a suo tempo vedrai in che e a che servirono.

El otro, para que más campease, le puse con un rosario de azabache, que entonces era muy estimado, y, con todo eso, costaba menos que ahora, que es el cosi cosi de Fromista, que el pato que valía menos vendían por más. Esto de los agnus a su tiempo verán de lo que sirvió.

Ritornata che fui entrai nell'albergo e sapendo dove il vigliacone dimorava, nella sua stanza entrai, come che di lui non sapessi nulla; ma però v'entrai così ben composta e su passi ritirata, come una mula di passeggio. Non così tosto vidi e fui vista, che il mariolo giuocatore cominciò a far legna ed a mandar giù il piombino per conoscere il fondo e l'altezza dell'acqua, {Picaro vantatore.} ed a dire ch'egli era il don Tantulus tantummodo dello spirito del cuore e dell'anima, dell'animo di tutta la forte e coraggiosa bravura; et che solo non avrebbe istimato Alì Babba con tutte le forze ottomaniche. Oh che pazzia picaresca! Et seguitando diceva vari e molti detti e motti piacevoli et alle volte ne diceva alcuni molto picanti et vivacemente mordenti. {Picari mordaci, a chi assomigliati.} Questi pazzi umori sono come i piccioli lupi: che non sanno scherzare e conversare se non mordono; ma lo lasciai da se stesso ben bene impepare e popare, accioché da se stesso cadesse nel suo precipizio.

Entré en el mesón y, como supe donde estaba entré como que no sabía dél, pero tan compuesta y enfrenada como una mula de rúa. No me hubo visto bien el fullero, cuando comenzó a meter fajina y gastar boliña y decir fanfarrias y muchos donaires, y algunos picantes, que estos necios son como lobitos, que no saben jugar sino a mordicadas.

{Motti e detti notabili di Giustina.} Io feci il mio conto, che poiché egli non m'avea risposto per la via diritta del buon camino, che meglio era inviarlo per la strada di Storgicollo,

Mas yo dejéle gastar el pimentero y híceme cuenta que, pues no había respondido a la echadiza del camino, mejor era llevarlo por la vía de colotorto,

specialmente raccomandata alle dame del tempo di Macastrada che davano cinque agnelli per un paio, ma adesso non è più il tempo che le civette cacano mantelli, né che il frumento si tagli con le scale; non è neanche più vivo il duca Borso, né Bartolomeo da Bergamo, né la Colombina; i gatticini hanno aperto gli occhi, troppo tempo gli han tenuti chiusi; ora non bisogna dormire, ma stare con gli occhi aperti, perché vanno attorno certi bambocci, che si fingono ciechi e hanno gli occhi d'Argo e se alcuno veggono a dormire, gli fanno quante burle possono fare; tu non lo credi? Fingi di dormire e te ne avvederai.

tan encargada de las damas del tiempo de Macastrada.

Io entrai burlata e schernita, tutta pusilanima e pel timore smagrita e smarita, ma però tutta umile e divota, che veramente io parevo un uccellino del cielo. {Donne sanno ben simulare.} Allora mi posi a mirare dentro del mio cuore, per ben vedere quello che noialtre donne sappiamo dissimulare, che ben molto lo sappiamo fare e chi non lo crede, ne facci la esperienza. {Simulazione come si dipinga.} Oh con quanta ragione dipinsero la dissimulazione come donzella modesta e sotto i suoi piedi di un dragone che saliva alla finestra della saccoccia della sua veste. {Giustina sa simulare.} Per certo in me fu così facile il dissimulare e il dissimularmi e mostrarmi tiepida et timorosa, che ancorché io non avessi più vergogna quanto l'uomo, tuttavia faceva con tanta facilità la vergognosa e così con bella maniera accomodava la faccia e i fatti e i detti agli occhi che ogn'accorto uomo accorgere non se ne poteva.

Entré baja encovadera, maganta y devotica, que parecía ovejita de Dios. Entonces eché de ver lo que sabemos disimular las mujeres y con cuánta razón pintaron a la disimulación como doncella modesta, la cual, debajo del vestido, tenía un dragón que asomaba por la faltriquera de su saya. Por cierto, tan en mi mano estuvo disimularme y mostrarme temerosa, que con no tener más vergüenza del hombre que si me la hubieran tundido, hacía de la vergonzosa con tanta facilidad como si mi voluntad y mis carrillos estuvieran hechos del ojo.

{Ester, Giudith e altre seppero simulare.} Del dissimulare raccontò un cavaliere e mi persuase che ancorché spirituali fussimo, la dissimulazione non disconviene e portò per fondamento et a proposito, che Ester finse alla presenza del re Assuero d'esser tanto fiacca e lassa, che senza l'appoggio di dama principale non poteva reggersi in piedi; che Giudith finse di non esser veduta et altre cose; e la moglie di Abraham finse che ella era sua sorella e non moglie.

Esto del disimular, según yo oí a un predicador, aunque seamos santas lo hacemos, y trajo a propósito que Esther fingió delante del rey Asuero estar tan flaca que no podía tenerse en pie sin el arrimo de una dama de palacio, y trajo de Judit, que fingió no ser viuda y otras cosas; y la mujer de Abrahán fingió que era su hermana.

Parvemi che egli dicesse che avevan finto senza mentire. Io non feci così, ma le mie azioni avevano avuto apparenza di finzione. {Simulazione sua origine.} Soggiunse poscia il cavaliere, che la finzione modesta non deve esser biasimata, purch'ella non sia macchiata dai vizi et dalle dissoluzioni; e per farmele conoscer piena di sincerità, dissi che'ella aveva origine dai saluti, la cui condizione esplicò con gentilissima maniera così dicendo(10).

Paréceme que dijo que habían fingido sin mentir; yo no dijera así, sino que habían hecho aparencia de ficción.

{Saluti suoi effetti.} Sono i saluti (o con viva voce o per lettere) indizi, affetti, effetti ed argomenti di affabilità naturale e segni di ben creato uomo. Essi si contengono tra gli uffici che produce la giustizia tra i pari. Ogni simile ama il suo simile. Onde se l'uomo all'altr'uomo dà segni di amore e di piacevolezza, quest'atto risulta da quella commune benevoglienza, che seco porta per natural genere umano. {Dal salutare ciò che ne faccia.} Fra gli atti che rappresentan amichevol et nobilissimo animo, è il saluto, comunque si faccian: imperoché ciascun si rallegra quando si vede con sincerità incontrar con buon viso e salutare come da conoscente, desiderandogli, chi lo incontra, felicità e grazia e contento.

Sono i saluti o con viva voce o per lettere indizi ed argomenti d'affabilità naturale e segni di ben creato uomo. Essi si contengono tra gli uffizi che produce la giustizia tra i pari. Ogni animale ama il suo simile. onde se l'uomo all'altr'uomo dà segni d'amore e di piacevolezza, quest'atto risulta da quella commune benivoglienza, che porta per natura seco il genere umano. {Il saluto è segno d'amore.} Fra gli atti che rappresentan amichevol animo, è il saluto, comunque si faccia; peroché si rallegra ciascheduno quando si vede incontrar con buon viso e salutare come da conoscente, desiderandogli chi lo incontra felicità, grazia e contentamento.

{Saluti veri, quali.} Et perché niuna conversazione ed amicizia si comincia, se non precedendo parole graziose e saluti, dobbiamo volentieri altrui salutare, non come adulatori, ma come affettuosi e desiderosi del lor bene e del lor riposo. Ma, ohimè, quanti sono quelli che oggidì salutano et hanno poi il coltello molto affilato sotto la cintola? {Saluti traditori, quali.} Ioab abbattutosi in Amasa gli disse:

- Ti saluto fratello.

E perché niuna conversazion ed amicizia si comincia, se non procedendo parole graziose e saluti, dobbiamo volentieri altrui salutare, non come adulatori: ma come affettuosi e desiderosi del lor bene e riposo. ma (ahimè) quanti salutan oggi ed hanno il coltello affilato sotto la cintola? Ioab abbattutosi in Amasa gli disse:

- Salve fratello.

E presolo subito per lo collo, come se baciar lo volesse, l'uccise. Non salutano quegli che estrinsecamente vaghi del nostro bene si mostrano e dopo ci diffamano e lacerano; di tali disse il Sannazaro gran poeta italiano:

 

Tal ride del mio ben, che 'l riso simula;

Tal piange del mio mal, che poi mi lacera

dietro le spalle con acuta limula. (11)

 

E presolo subito per lo collo, come se baciar lo volesse, l'uccise. Non salutano quegli ch'estrinsecamente vaghi del nostro bene si mostrano; e dopo ci diffamano e lacerano. Di tali dice 'l Sannazaro:

 

Tal ride del mio ben, che 'l riso simula;

Tal piange del mio mal, che poi mi lacera

Dietro le spalle con acuta limula.

 

{Saluti buoni.} Adunque salutate volentieri e con buono et leale animo visitate et salutate e salutando conciliatevi gli altrui animi; né vogliate esser somiglianti a quella bestia che vide Daniel profeta in sogno, la qual quello che non potea romper co' denti, squarciava con l'unghie, schiacciava co' piedi et scuoteva al vento con le corna. {Amico ove si trovi, come e quali.} Non si cerca nelle piazze o ne' palaggi l'amico: ma nel petto ritrovasi di chi cerca conservarlo. Il salutar è un'entratura all'amicizia, ma non qualunque uomo che saluta è amico. Altri si fanno amici del primo genere et altri del secondo e per avventura né gli uni, né gli altri son veri amici; ed ivi n'è penuria maggiore dove più si crede che copia ne sia. Non saluta chi va detraendo e co' denti della maledicenza rode il nome de' buoni.

Salutate volentieri e con buono et leale animo visitate et salutate e salutando conciliatevi gli altrui animi; né vogliate esser somiglianti a quella bestia che vide Daniele profeta in sogno, la quale quello che non potea romper co' denti, squarciava con l'unghie, schiacciava co' piedi e scuotea al vento con le corna. Non si cerca sotto le loggie o ne' palagi l'amico: ma nel petto ritrovasi di chi cerca conservarlo. Il salutar è un'entratura all'amicizia, ma non qualunque uomo saluta è amico. Altri si fanno amici del primo genere ed altri del secondo e per aventura né gli uni, né gli altri son veri ed ivi n'è penuria maggiore, dove più si crede che copia ne sia. Non saluta chi va detraendo e con le zanne della maledicenza rode il nome de' buoni. Dolcissimo e salutevole saluto sopra tutti i saluto fu l'Ave di Gabriele arcangelo a Maria Vergine, posciaché indi ne successe la nostra salute e la nostra vita.

{Saluti degli antichi quali.} Dolce ed amorevole cirimonia è il salutarsi l'un l'altro ed è civile e convenevole lusinga. Perché riputando gli antichi il capo fra tutte le membra esser venerabile e sacro, come sedia dell'anima ragionevole e della mente, costumarono di far riverenza e salutar altri a capo scoperto: massimamente quegli che degni d'onore riputavano, chiamando questo e quello per nome proprio o per quello dell'ufficio e dignità sua e se non soveniva il nome o non avesse titolo d'ufficio o di grado, chiamar lo solevano sognore e nelle lettere gli antichi communemente augurandosi e salute e felicità, riverir si solevano.

Dolce ed amorevole cirimonia è il salutarsi l'un l'altro ed è civile e convenevole lusinga. Perché riputando gli antichi il capo fra tutte le membra esser venerabile e sacro, come sedia dell'anima ragionevole e della mente, costumarono di far riverenza e salutar altrui a capo scoperto; massimamente quegli che degni d'onore riputavano: chiamando questo e quello per nome proprio, o per quello dell'ufficio e degnità sua e se non soveniva il nome, o non avesse titolo d'ufficio o di grado chiamar lo soleano signore. E nelle lettere gli antichi communalmente agurandosi e salute, felicità, riverir si soleano.

{Tigrane re. Lucullo.} Tigrane re degli Armeni si reccò ad onta il non esser salutato re dei re da Lucullo. {Alessandro Magno.} Alessandro il gran macedone, non essendo salutato da Dario per re, il quale tuttavia si sottoscriveva col real titolo, si sdegnò in guisa ch'egli si dovesse ricordare che qualunque volte gli scriveva, altrettante scrivea ad un re e non sol re, ma re suo: e fu sì altero il gran macedone, che dopo che fu cognominato Magno per la rotta che diede a Dario, non volle mai augurar salute ad alcuno in lettere, fuorché ad Antipatro e Focione. Così usò di fare Demetrio.

Tigrane re degli Armeni si recò ad onta il non esser salutato re de' re da Lucullo. Alessandro il Macedone non essendo salutato da Dario per re, il quale tuttavia si sottoscrivea col real titolo, si sdegnò in guisa che l'avisò ch'egli si dovesse ricordare che quantunque volte gli scrivea, altrettante scrivea ad un re e non sol re: ma re suo. E fu sì altero il gran Macedone, che dopo che fu cognominato Magno per la rotta che diede a Dario, non volle mai agurar salute ad alcuno in lettere, fuorché ad Antipatro e Focione. {Cirimonie varie in salutare.} Così usò di fare Demetrio.

{Uso degli antichi nel salutarsi.} I Persi, voleano salutare ed onorar un lor pari, lo baciavano in faccia. L'istesso i congiunti di sangue soleano fare, costume usitato poi da' Romani. Salutavansi i re degl'Indi, delli Medi e dei Persi (come oggi il Sofi ed il gran Turco) col corpo prostrato in maniera di adorazione, Caligula volle esser salutato come se fusse un de' Dei, dal qual vezzo non s'allontanò punto il superbo Diocleziano.

I Persi se volean salutare ed onorar un lor pari, lo baciavan in faccia. L'istesso i congiunti di sangue soleano fare: costume usitato poi da' Romani. Salutavansi i re degli indi, de' Medi e de' Persi (come oggi il Sofi ed il gran Turco) col corpo prostrato in maniera d'adorazione. Caligula volle esser salutato come se fusse un Iddio, dal qual vezzo non s'allontanò punto il superbo Diocleziano.

I primi furono i re dei Persi, che ambirono questa specie d'adorazione; cosa che molto biasimarono Ottavio Augusto et Alessandro Severo, i quali non volevano che pur a loro si piegasse il capo. Ora nel salutar il Sommo Pontefice, a Sua Santità meritevolmente si bacia il piede, a' re le ginocchia, agli altri il lembo del manto ed a' più inferiori la mano. Tutto l'onor che facevan gli antichi ai maggiori nel primo incontro per saluto, consisteva nel darsi la man destra l'un l'altro, nel bacio, nel ceder la via, nel levarsi in piede e nello scoprir il capo: costume anche tra noi usitato.

I primi furono i re de' Persi, che ambirono questa specie d'adorazione: cosa che molto biasimarono Ottavio Augusto ed Alessandro Severo, i quali non voleano che pur a loro si piegasse il capo. Ora nel salutar il sommo Pontefice, a sua Santità meritevolmente si bacia il piede, ai re le ginocchia, agli altri il lembo del manto ed a' più inferiori la mano. Tutto l'onor che facean gli antichi ai maggiori nel primo incontro per saluto, consistea nel darsi la man destra l'un l'altro, nel bacio, nel ceder della via, nel levarsi in piede e nello scoprirsi 'l capo: costume tra noi usitato.

Nel frontespizio delle lettere invece di salute oggi a tanta insolenza son pervenuti gli uomini, che perfino ogni legnaiuolo et ogni mercantuzzo vuole co' titoli de' grandi esser salutato; et a tal colmo le adulazioni de' saluto sormontate si veggono, che il titolo di Magnifico oggimai sa di rancio e puzza. Onde quasi non ha gentiluomo di qualche affare, che non si sdegni, se nelle lettere non gli si dà dell'Illustre. Et non si trova signore d'un palmo di terra sì positivo, che non voglia nei saluti cirimonie da re.

Nella fronte delle lettere invece di salute oggi a tanta insolenza son pervenuti gli uomini, che perfin ogni legnaiuolo ed ogni mercantatuzzo vuole co' titoli de' grandi esser salutato ed a tal colmo le adulazioni de' saluti sormontate si veggiono, che il titolo di magnifico oggimai pute e sente di rancio. Onde quasi non ha gentiluomo di qualche affare, che non si sdegni se nelle lettere non gli si dà dell'Illustre. Et non si trova signore d'una bicoccucia sì positivo, che non voglia ne' saluti le cirimonie de' re.

{Abusi notabili nei saluti.} I senatori romani nel fiore del loro dominio contenti si rimaneano del prenome e nome solo della famiglia e del cognome e del titolo dell'ufficio e del saluto semplice per giunta, eppur nell'età nostra gl'Italiani si sono sì fattamente inspagnoliti, che ad ogni magnano o vergatore o vignaiuolo o pecoraio o famiglio di mandre gradisce l'esser chiamato signore et il messere et il voi stanno per nulla. Della superbia de' poveri il diavolo se ne netta il messere.

I senatori romani nel fiore del lor dominio contenti si rimaneano del prenome e nome solo della famiglia, o del cognome, o del titolo dell'ufficio e del saluto semplice per giunta e pur nell'età nostra gli Italiani si sono sì fattamente inspagnuoliti, che ad ogni magnano o vergatore di lana gradisce l'esser chiamato signore ed il messere ed il voi stanno per nulla.

Non veggiamo ogni donnicciuola godersi degli epiteti più solenni e più ricchi? Questo non è per certo salutare, ma piuttosto adulare e ciò avviene per aver il cimier alto. Salutare si vuole e dar titoli proporzionati e non strani e trascendenti. E mi ricorda che una gentildonna, non miga delle grandi, stette in corruccio parecchi dì, perché gli fu scritto con titolo, Alla Magnifica, dicendo che anco alle fanti ed alle lavandaie si suol attribuire cotal soprascritta; quasi che l'appellativo di Magnifica appresso di lei fusse poco o niun momento; ed un'altra si tenne per affronto, che la si chiamasse Madonna e non signora; eppur era moglie d'un notaio e venuta di contado.

Non veggiamo ogni donicciuola godersi degli epiteti più solenni e più ricchi? Questo non è per certo salutare, ma pittosto adulare. Salutare si vuole e dar titoli proporzionati e non strani e trascendenti. E mi ricorda che una gentildonna, non miga delle grandi, stette in corruccio meco parecchi dì, perché le avea scritto una mia con titolo "Alla Magnifica" dicendomi che anco alle fanti ed alle lavandaie si suol attribuire cotal soprascritta, quasi che l'appellativo di magnifica appresso di lei fusse di poco o niun momento; ed un'altra si tenne per affronto ch'io la chiamassi Madonna e non Signora; eppur era moglie d'un notaio e venuta di contado.

Illustre parmi titolo, che propriamente convenga a colui o colei, le cui virtù e nobiltà di sangue è chiara in più d'un popolo ed in più d'una città. Ma tanta è oggi l'avidità dei titoli sovr'eminenti, che ardisce chi non è appena noto nella parochia sua, purché abbia quattro soldi, di ricercar il titolo d'Illustre, quantunque anco la sua famiglia per fatti dei suoi progenitori illustre non sia. Et tal è, che si azzuffa e ringalluzza, se non vi si aggiunge il molto o la va male, perché non è alterezza all'alterezza uguale d'un uomo basso e vil, che in alto sale. Ma che non può l'usanza et l'ambizione, se si accompagnano insieme, poiché anco le cirimonie, le galanterie et le attilature delle duchesse si sono domesticate e fatte nostrali tra gentildonne ordinarie et di non molta condizione?

Illustre parmi titolo che propriamente convenga a colui, o colei, il cui valore e nobiltà di sangue è chiara in più d'un popolo ed in più d'una città. Ma tanta è oggi l'avidità de' titoli sovr'eminenti, che ardisce chi non è appena noto nella parochia sua, purché sia ricco, di ricercar il titolo d'Illustre, quantunque anco la sua famiglia per fatti de' suoi progenitori illustre non sia. Et tal è, che si vuol azzuffare, se non vi si aggiunge il molto. Ma che non può l'usanza e l'ambizione, se si accompagnano insieme, poiché anco le cirimonie, le gale e le attilature delle duchesse si sono dimesticate e fatte nostrali tra gentildonne ordinarie e di non molta condizione?

Ma non pur tra le donne di bassa mano si va incaminando questo ridicolo vezzo, che anco tra uomini popoleschi o di legnaggio oscuro et plebeo talvolta si è fatto vedere; però che non ha gran tempo che uno che ben avea di molti campi, ma era da padre rustico uscito, avendo invitato un gentiluomo de' primi della città seco desinare, si pose in capo di tavola et quante volte volea bere, si facea recare un nappo et con la sopracoppa far saggio e crdenza, come i principi sogliono.

Ma non pur tra le donne di bassa mano si va incaminando questo ridicolo vezzo, che anco tra uomini popoleschi, o di legnaggio oscuro e plebeo talvolta si è fatto vedere; peroché non ha gran tempo, un idiota, che pur avea di molti campi ed era da padre rustico uscito, avendo invitato un gentiluomo de' primi della città seco a desinare, si pose in capo di tavola; e quante volte volea bere, si facea recare un nappo e con la sopracoppa far saggio e credenza come i prencipi sogliono.

Et un altro, ch'era stato paggio d'un prencipe, ritornato che si fu alla patria, già fatto maturo, si facea portar i piatti e le vivande quando sedea per mangiare, con quelle cirimonie ed inchini, che solea il duca e quasi sua scimmia ed istrione diventato fusse, usava quella grandezza et quel decoro medesimo, che l'altezza del suo Signore. Ma ritorniamo ai saluti, nella maniera de' quali a siffatta licenzia ed evidente adulazione si condescende ancora tra lombardi, che l'uso de' cavalieri napolitani, che mandan a baciar i zoccoli, nonché la mano alle lor baronesse, passo passo si trasporterà, se non è già venuto, tra loro.

Et un altro, ch'era stato paggio d'un prencipe ritornato che si fu nella patria sua già fatto maturo, si facea portar i piatti e le vivande quando sedea per mangiare, con quelle cirimonie ed inchini, che solea il duca prencipe suo e quasi sua simia ed istrione divenuto fusse, usava quella grandezza e quel decoro medesimo, che l'altezza del suo signore. Ma ritorniamo ai saluti, nella maniera de' quali a sì fatta licenzia ed evidente adulazione si condescende ancor tra Lombardi, che l'uso de' cavalieri napolitani, che mandan a baciar i zoccoli, nonché la mano alle lor baronesse, passo passo si trapporterà, se non è già venuto, tra loro.

Salutar si vuole l'amico, il vicino e qualunque uomo incontriamo di qualche affare, se non con viva voce, almeno con alcuno atto di riverenza: ma non sì, che in andando per le vie sembriamo nottole con lo storcer il capo di qua e di là; nemmeno dobbiamo uccellare lontano un miglio un inchino. A che ci saluta, non si dev'esser tardi in dar loro il cambio e rispondere amorevolmente. Onde non può esser se non sconvenevole e dispettoso il coloro costume, i quali, come se avessero il diadema e lo scettro sopra a quegli che li salutano et inchinano, non si degnano di far motto o segno veruno d'accoglienza e d'onore:

Salutar si vuole l'amico, il vicino e qualunque uomo incontriamo di qualche affare, se non con viva voce, almeno con alcuno atto di riverenza; ma non sì, che in andando per le vie sembriamo nottole con lo storcer il capo di qu e di là; nemmeno dobbiamo uccellare lontan un miglio un inchino. Chi ci saluta non siamo tardi in dar lor il cambio e rispondere amorevolmente. Onde non può esser se non sconvenevole e dispettoso il coloro costume i quali, come se avessero il diadema e lo scettro sopra quegli che si salutano ed inchinano, non si degnano di far motto o segno veruno d'accoglienza e d'onore;

anzi torcono il mostaccio, se puntualmente non si danno a loro tutti i titoli o non si chiamano in modo d'invocazione, sicché da tutta la contrada si odano. Dai saluti vengono le visite necessarie e le ufficiose, come quelle degl'infermi, specialmente quando ne ricevono ristoro e conforto; quelle dei pupilli e delle vedove nei loro affanni; quelle degl'incarcerati e dei miseri. {Visite come far si devono.} Ci sono le visite cortegiane, quelle di creanza in tempo di duolo e di nozze, tutte voglion esser fatte opportunamente e con diletto e ricreazione dei visitati.

anzi torcono il grifo se puntalmente non si dan a loro tutti i titoli, o non si chiaman in modo d'invocazione sicché da tutta la contrada si odano. Sotto i saluti si contengon le visite necessarie e le ufficiose, come quelle degli infermi, specialmente quando ne ricevono ristoro e conforto; quelle de' pupilli e delle vedove ne' loro affanni; quelle degli incarcerati e de' miseri. Ci sono le visite cortegiane, quelle di creanza in tempo di duolo e di nozze, tutte voglion esser fatte opportunamente e con diletto e ricreazione de' visitati.

Onde non si deono fare ad occupatissimi e nelle lor bisogne avvilupati, né tanto tempo logorarvi che rechino tedio e nausea; e quando cade ragionamento, {Modo di dire nelle visite.} posto che l'uso abbia privilegio di dire, vostra signoria m'ha giovato, vostra signoria si portò eroicamente, vostra signoria mi conceda, sia contenta o si degni di onorar la mia casa e d'esser mia comare o compare o di far tal ufficio o di licenziar o di favorire o di ricever o di sopire o di perdonare e cotali modi di dire assai civili, non so già come accomodare si posta questa signoria tanto avvilita, poi alle naturali bisogne o difetti (fuorché se per beffar altrui non si fa), come il dire vostra signoria ha la tosse?

Onde non si deono fare ad occupatissimi e nelle lor bisogne avviluppati, né tanto tempo logorarvi, che rechino tedio e nausea e quando cade ragionamento, posto che l'uso abbia privilegio di dire: vossignoria m'ha giovato, vossignoria si portò eroicamente, vossignoria mi conceda, sia contente, o si degni di onorar la mia casa, o d'esser mia commare, o compare, o di far tal ufficio, o di licenziar, o di ricever, o di favorire, o di perdonare e cotali modi di dir assai civili; non so già come accomodar si possa questa signoria tanto avvilita, poi alle naturali bisogne, o difetti (fuorché se per beffar altrui non si sa) come il dir vossignoria ha la tosse?

{Abusi che si usano nelle visite.} È venuto pizzicor a vostra signoria. Sua signoria è catarrosa, è raffreddata o s'è levata poco fa dall'agiamento o vostra signoria ha sudato troppo o mangia o bee poco e cotali altre inezie che dicono molti, pensando d'usar maniere che a' galantuomini si convengano, purché quel vostra signoria si frametta ogni quattro parole; et pur recano fastidio notabile, se non fusse qualche monna Mestola o qualche ser Cornacchione, che non men lo appetisce, che il villan la ricotta.

E' venuto pizzicor a vossignoria? Sua signoria è catarrosa, è raffreddata, over ha il cimorro, o sìè levata poco fa dall'agiamento, o vossignoria ha sudato troppo, o mangia, o bee poco e cotali altre inezie che dicono molti, pensando d'usar maniere ch'a' galantuomini si convengano, purché quel vossignoria si frametta ogni quattro parole; e pur recano fastidio notabile, se non fusse qualche monna mestola, o cornacchione, che non men lo appetisse che il villan la ricotta.

Chi saluta altrui e simula, contamina il bene commune, pervertendo le leggi dell'umanità et nuoce al ben peculiare ed è un tirare il sasso e nascondere la mano; e come la pecchia, che ha in bocca il mele e l'ago nella coda. Amano molti nei saluti i superbi titoli, né con un semplice ed usitato modo di dire, addio, sicontentano, se con pompose clausule e consecrazioni non sono salutati. In alcuni personaggi germoglia sì altamente l'ambizione, che non aspettando che gli esserciti da lor medesimi gli gridino per augusti, per grandi, per invittissimi e per sacrosanti, anco da se medesimi dimandano ed a faccia aperta chieggono i titoli.

Chi saluta altrui e simula, contamina il bene commune, pervertendo le leggi dell'umanità e nuoce al ben pecoliare. Salutatevi l'un l'altro (dice l'Apostolo) nel bacio santo ed altrove: salutate i frategli nel bacio della pace. Non dee chi predica il Vangelo per salutar il fratello divertir dall'ufficio suo o dimenticarsene. Amano molti ne' saluti i superbi titoli, né con un semplice ed usitato modo di dir a Dio so contentano, se con pompose clausule e consecrazioni non sono salutati. In alcuni prencipi germoglia sì altamente l'ambizione, che non aspettando che gli eserciti da lor medesimi gli gridino per augusti, per grandi, per invittissimi e per sagrosanti, anco da se medesimi dimandano ed a faccia aperta chieggiono i titoli. Tanto piacque e piace questa vanità all'orecchie d'alcuni dotti, che per parer discesi da qualche chiaro uomo antico, over atti a rappresentarli, si hanno guasto i nomi ed acconciatili alla lor ambiziosa natura. Onde Giovanni battista Egnazio, di Fabian dalla vecchia Fabio vegghia, di Tomasso Ingeramnio Fedro Volaterrano, di Dominico Domizio, di Giovanni Paolo Giano ulo Parrasio, di Antonio maria Marcantonio, di Bernardino Pomponio Leto, di Muto Muzio, di Matello Metello, di Pietro Gatto, Marco Catone, di Marco mario, di Porta Porzio ecci chi si ha fatto il cognome, quasi avisando d'esser un nuovo Porzio Catone caduto da cielo.

Con amorevolezza aperta e non infinta si deono fare i saluti: onde non senza misterio nell'anticamere delle audienze e dei saluti si mettevano le mela cotogne, quasi dicessero gli antichi, che i saluti vogliono esser saporosi, come le cotogne(12).

Con amorevolezza aperta e non infinta si deono far i saluti, onde non senza misterio nell'anticamere delle audienze e de' saluti si mettean le mela cotogne, quasi dicessro gli antichi che i saluti voglione esser saporosi come le cotogne.

{Giustina si finge tutta umile, a che fine.} Ma che vado io qual pazza raccontando cose morali degli antichi et altrui riprendendo, tralasciando di narrarvi le azioni del mio picaro giuocatore? Dico che quando egli mi vide, disse con molta alterezza di sossiego:

- Non vi spaventate signora, entri vostra signoria.

Et io qual peccatrice umiliandomi seppi molto ben fingere et dissimulare.

Mas, ¡qué boba! ¿Ahora me subo yo a quebrar púlpitos? Bájome con decir que no se espanten que las pecadoras sepamos fingir y disimular.

Come lo studiante giuocatore mi vide tanto umile et rispettosa et che del suo solo lodarmi di bella ero divenuta tutta foco et colorita et con gentil maniera bolendomi il sangue et facendo sincope lo commossi di siffatta maniera, che a poco a poco anch'egli si umiliò et depose l'orgoglioso suo orgoglio, perciò mi tenne molto semplice e modesta; che però fu sempre verdadera quella sentenza del maestro che la vergogna modesta nella donzella raffrena l'ardente fuoco altrui et estingue le proprie scintille. Finalmente fatto domestico incominciò meco a ragionare et con tanta famigliarità, come che si fussimo stati nasciuti e nudriti insieme.

Como el estudiante me vio tan humilde y vergonzosa y que de sólo alabarme de hermosa me ponía colorada, iba quebrantando olas y haciendo síncopas. En fin, poco a poco se iba enfrenando y hablaba con menos orgullo, ca siempre fue verdadero aquel dicho del maestro: "La vergüenza en la doncella enfrena el fuego y apaga su centella." En fin, ya vino a desfalcar y hablar con menos hipo; íbamos a menos y calló.

{Giustina cacciatrice d'un barro picaro.} Già Giustina aveva la pernice nelle mani, guarda mo tu se io son buona per andare a caccia di pernigoni. Aiutommi molto il fare il mio tiro che questo barro fino non s'accorse, né sapeva, ch'io era quella che da tutti era chiamata la ostessa burlatrice o se lo sapeva, acciecollo il diavolo, ch'egli non se lo ricordò;

Ves, aquí ya tenía Justina la perdiz parada; mira tú si soy buena para perdiguero. Ayudóme mucho a hacer mi tiro que este barrabasino no sabía que yo era la que llamaban la mesonera burlona, o si lo sabía, cególe el diablo, que no se le acordó.

e non me ne maraviglio, perché come questi guidoni e picari barri vegliano tutta la notte studiando carte, come uomini di false sette, per ingannare altrui e perché mai non escono dall'impressione di Pietro Papin, non giunge alla notizia sua queste famose mie burle, fatte con ogni discrezione, più che se io fussi nell'anticamera del mio re: nel cui luogo o quante se ne dicano o quante se ne fanno o quante se ne pensano, buono è ch'abbiamo il sommo creatore, che tutto il vede e scopre ed a' suoi divini occhi nulla cosa può star celata. Questa è verità e tutti la sanno, perché da' colpi si scuoprono i pensieri altrui. Si avvicinò a me con gentil modo cavalleresco il barro giuocatore et dissemi:

Y no me espanto, porque como esos fulleros lo viven todo de noche como predicadores de sectas falsas, y como nunca salen de la emprenta de Pierrepapín, no llegan a su noticia estas burlas largas y discretas más que si fueran misas de pontifical, que para ellos es pueblos en Francia, pues hay hombre dellos que el día de Pascua oye misa para todo el año; así que no me conoció.

Respondíle con gran mesura:

- Bacio le mani a vostra signoria.

Che sarebbe stato meglio che detto m'avesse:

- Che cosa te narrerò io?

Molto li quadrò la mia virginal vergogna ed il poco parlare ch'io faceva e soggiungendo disse:

-Yo beso las manos de v.m.

¿Qué sería bueno que me dijese? ¿Qué te contaré? Cuadróle tanto mi virginal vergüenza y cortedad de palabras, que comenzó a decir:

- Che donna è questa? A che tanta vergogna, a che tanto rossore et a che tanta ritiratezza? Veramente è molto bene impiegata questa gran gioia et addornata di così fine perle, che una tale non è in tutto il mondo. Io mancherei a me stesso, se per una giovane, come è questa, io non dessi quanto che ho al mondo. Di questa qualità devono li uomini trovar le donne per amogliarsi: queste rosseggianti ritirate, timorose e ben composte sono un finissimo smalto sopra l'oro della lor bellezza.

-¡Qué mujer ésta! ¡Qué vergüenza! ¡Qué agrado! ¡Mal haya yo si no diera por una mujer como ésta cuanto tengo! Así han de buscar los hombres las mujeres para casarse, con estas vergonzosas encogidas, temerosas, compuestas, que todo es esmalte sobre el oro de la hermosura, harto fue,

{Gatta di Venere che sia.} Quando io sentì nominare oro, parvemi d'esser divenuta la gatta di Venere per tragugiarmi la sua medaglia di doicento reali, ma per non isconciare la coda al fagiano e per non smarrire la caccia, ch'io aveva già nelle mani, comandai al mio gran coraggio che si rattenesse nei suoi limiti e che coprisse gli occhi del mio molto desiderio, {Gioie virtuose, quali.} accioché per la gola ed appetito dell'oro non abbandonassi, negassi e rifiutassi tutte quelle qualità che rendono una persona qualificata di veritiero, di fedele, di ubbidiente, di timorato, che queste sono le maggior gioie, delle quali si possono pregiare ed addornare la bellezza interiore ed esteriore.

oyendo oro, no saltar como la gata de Venus, mas como era el punto aquel de cazar o espantar la caza, mandé al corazón que se metiese adentro y a los párpados que echasen la tapa a los ojos de ello; éstas quieren de veras, éstas son fieles, éstas obedecen, éstas regalan, éstas entretienen,

Questa è quella bellezza che si deve prezzare: questa è la bellezza che si deve amare, queste son le doti che deono buscar gli uomini e chi gode queste condizioni, gode una somma felicità.

 

 

Si continua l'istoria dell'artificioso furto fatto da Giustina la picara al gran picaro barro di carte; ove si scorge varie invenzioni e vivaci astuzie per aggabarsi l'un l'altro; esempio a noi da guardarsi dagli artigli grifanti de' picari.

 

 

esta es la hermosura que se ha de preciar esta es la hermosura que se ha de amar este es el dote que han de buscar los hombres esta es la dicha y suma felicidad.

Il galantuomo del barro vedendomi adornata di queste condizioni rattenne il portante, percioché egli s'intoppò nella pietra del rubino della mia vergogna, il quale mi coprì d'una rosseggiante bellezza, assomigliante ad un vino scarlato. Cominciomi oltremodo a lodare ed in poco spazio compose un libro degli epiteti, delle grazie e delle gentilissime doti mie, che s'io non fussi stata biasimatrice, come sono i picari, averei ad ogni loda risposto:

- Così è, così è.

Aquí detuvo el portante, porque topó en la piedra del rubí de mi vergüenza, lo cual me cubrió de una hermosa púrpura sembrada de escarlates, cuando me alababa. Llanamente, él me compuso una letanía de epítetos y gracias mías que, a ser yo tan blasfema como el pícaro del auto de Llerena, fuérale respondiendo ora pro nobis.

Onde veggendo che egli mandava alla luce i grani della mia granata, celebrandomi per quella ch'io non ero, eppur pareva che tale io mi fussi; e tuttavia proseguendo nel lodarmi et essaltarmi pareva a a lui che ciò fusse per essere una catena di ben stretta legarmi alla volontà e desiderio da lui; ma da me tali sue chiachere non erano poste in considerazione alcuna: anzi stavo con molta attenzione, attendendo occasione di far il mio colpo, non partendomi punto dalle mie dissimulate modestie. {Complimenti di picaro cortegiano.} Onde veggendomi egli in questa guisa apperse lo scrigno delle più interne cerimonie e de' più compiuti complimenti; e finalmente dissemi:

Lo que más sacaba a luz los granos de mi granada era ver que, como el hombre me había perdido el miedo por tenerme en posesión de parvulita e inocente, cuando me dijo aquella arenga, daba de mano y traía la punta en par de os ollos, como quien prueba vista de burra que anda en venta.

Tras toda esta laudatoria, arrojó un celemín de ofertas cordiales:

- Signora, prego la sua gentil modestia a favorirmi d'alcun suo commandamento, certificandovi in parola di real cavalliero, che ancorché voi mi chiedesti gli occhi, nonché la vita tutta e quanto io possedo, tutto pronto in qual si sia onesta e onorata cosa mi troverà ai suoi commandamenti; {Adulazione notabile, come e quale sia.} né guardi che io vivi senza timor di Dio e della gente, che per amor suo di tutto mi pento e ripento e per l'avvenire professarò tutto all'opposito di quello che finora ho fatto, non ad altro fine, che d'esser fatto degno cavaliero d'una tanto virtuosa et modesta donzella. Io giurerei che vostra signoria è nata di padre et madre illustri e nel bianco dei vostri occhi veggo pullulare un bel bambino.

-Mándeme, señora, que mal haya yo si no la sirva de ojos, que aunque me ve apicarado y sin temor de Dios y de las gentes, de que me arrepiento, vive Dios, que me muero por doncellas virtuosas y de vergüenza. Juraré yo que está v. m. criada a pechos de buena madre, que en el blanco de los ojos se lo echará de ver un niño.

En diciendo esto, trocó la lengua en ojos.

Dico che una modestia, ancorché finta, di una donzella è bastante a porre le porte al mare et abbracciare tutti i maggiori fiumi et più veloci, che corrono sopra la terra.

Veggosi quello, che per me pazzamente diceva questo uomo, tratto dalla mia rosseggiante modestia, che in una tale disposizione lo teneva, che nell'ardore del suo petto si potria cuocere più pane, che non starebbe in un forno,

Digo que una modestia, aunque sea fingida, de una mujer pondrá puertas al mar y quemará un río con toda su corriente. Véanlo por mi hombre, a quien mi vergüenza tenía en tal disposición que en el calor de su pecho, pudieran cocer más masa que en un horno de concejo,

et delle vampe e fiamme, ch'escono dai suoi occhi abbruciar si potrebbe tutta Dardena; ed i suo cuore doveva esser più ardente e fiammeggiante, che non è il monte Etna; et il polmone dovea batterli a lato, a guisa di forte maglio e darli colpacci, che atterito avrebbono ogni fortissima torre; et ciò n'era cagione un finta modestia ed una dissimulata vergogna.

en las llamaradas de sus ojos se pudiera quemar Dardín Dardeña, y le debía de dar su corazón y el dios machorro más recios golpazos que mazo de batán o que cordoncito de santera.

Quando io viddi così buona congiuntura e tale che ogni oncia delle mie parole pesavano ed valevano altrettanto di buon incontro e però veggendomi aperto il prato entrai col mio fiorito gregge e fingendo che di puro rossore non osavo aprir la bocca e che tuttavia ingiottiva saliva non poca, dimostrando sentirne gran pena; ma ciò cagionava dal sentirmi isforzata dal desiderio a lasciar uscire qualche parolina per tanto meglio invischiarlo e li dissi:

Como yo vi buena coyuntura, y tal que pesara él cada onza de mis palabras a otro tanto de topación entré con mis once de oveja y fingiendo que de pura vergüenza tenía caídas las golillas, y que tragaba saliva a duras penas, y tantas que a garabatadas de ruegos era necesario partearme las palabras, le dije:

- Signor licenziato, per certo che vostra signoria non è punto ingannata, in offrirmi con tanta cortesia ogni suo potere; onde io in segno di gratitudine sono forzata ad offerirvi ancor io tutto quel poco ch'io posseggo e però avendo inteso che questa notte qui nell'albergo cercavate d'impegnar una pezza d'oro per alcuni denari, che vi bisognavano e che vostra signoria non la trovò e quando ciò mi fu detto, pregai la fante a chiamarla, che io ero pronta, senza alcun pegno a prestarle tutto il denaro che meco porto,

-Por cierto, señor licenciado, que no está v. m. engañado en ofrecerme toda esa merced, que es cierto, verdad, que anoche, aquí en la posada, me dijeron que v. m. pretendía empeñar una pieza de oro por no sé qué dinero prestado, y dije que me le llamasen a v. m., que yo quería, sin otra prenda más que su palabra, prestarle todo el dinero que trayo, que son cincuenta y cinco reales y dos cuartos, porque yo sé que el señor su tío de v. m. es muy abonado y rico, y v m. puede pagar más que eso, que ha días que una mal lograda hermana que tengo, a quien no me parezco en la condición, antes, por huir sus libertades, vengo a buscar mi remedio y encomendarme a nuestra Señora del Camino; ésta me dijo quién era su tío de v.m.

A esta razón, como fundada en falsa presumpción, él se hizo de nuevas, y dijo:

che sono cinquanta e più scudi in tanti reali da quattro, sapendo io che il signor suo zio può pagare non così picciol somma, ma migliara di scudi; et in ciò mi basta solo la sua parola, ch'io per il bisogno mio provederò da una mia parente di quel poco che mi basta per andare a visitare Nostra Signora del Cammino.   

Questa fante mi disse che era suo zio, onde per questa ragione e per altre ch'io seppi dire egli si fece molto ammirativo e dissemi: {Il barro risponde a' tiri e tratti di Giustina.}

- Per certo signora in quello che tocca all'avermi offerto l'imprestito, è stata una gentilezza tale, che mi ha posto un cerchio di ferro al collo a guisa di schiavo, un chiodo, una freccia, un ceppo, una catena, una gomena e per meglio dire, una bardella con cingia tutta di ferro, che mi ha incatenato, ferito e legato di tal sorte che mentre ch'io viverò giamai dalla mia gran memoria mi uscirà:

-Por cierto, señora en lo que toca al ofrecerme el empréstito, v. m. me ha echado una ese y un clavo, y una argolla, y un virote, y una cadena, y unos grillos, y una amarra, mejor dijera: y una albarda, para todos los días que yo viviere.

ma dell'impegnar quella pezza d'oro, ch'io mi ritrovo, giamai ho avuto questo pensiero, perché trovomi al mio servizio meglio di conquecento reali, li quali pure sono al servizio di vostra signoria.

Io stava attendendo che egli si discostasse dalla ripa, ma egli era uomo accorto, nulladimeno tanto lo insinuai, che lo ridussi a termine tale, che il vigliaccone di crudo era divenuto cotto; sebbene egli faceva il valent'uomo vantandosi (all'uso di questi paesi) di voler vivere in Leone, ancorché non sia patria, illustremente e portar anco via dal giuoco un miliaio di scudi, perché non vi è niuno nel giuoco, che me la pigli della mano, essendo eglino pazze pecorelle, che non sanno ciò che si pescano;

Mas eso de empeñar mi pieza, no me ha pasado por el pensamiento, porque a mí me sobran quinientos reales a su servicio de v. m., y harto mal me habían de andar las manos si a costa de bobos no hubiese yo de sacar de León horros unos ochocientos y el papo fuera, que el trato que yo tengo es más seguro que en cueros de Indias.

oltrediché tengo un'imagine di nostro Signore d'oro e la pezza è talmente bella, che avendola mostrata a Giulietta fante di casa, anco ad essa gli piacque, la quale potrà certificare vostra signoria, ch'io giamai ho trattato di tal imprestito, nemmeno di fare pegno. Solo dissi a questa garzona per via di burla:

Tener un Cristo de oro, sí que le tengo, y le mostré a Julianica, la moza de casa, mas ella podrá decir si yo he tratado de tal empeño. Sólo le dije por vía de chacarra:

- Che me voi tu dare per questa pezza d'oro?

Così cred'io dissi:

- Che questa pezza d'oro non l'averebbe vostra signoria rivenduta, né impegnata tenendola sempre seco per divozione.

- Così è (dice il picaro giuocatore) e vegga vostra signora.

¿Cuánto me darás, Juliana, por esta pieza?

-Así lo creo yo, dije, que esa pieza no la había v. m. vendido ni empeñado, sino que la debe de traer consigo.

-Así es, dijo el hombre, y véala v.m.

Et in ciò dire cominciò a sbottonarsi il saglio. Io come viddi a sbottonarsi mi spaventai e da lui mi allontanai alquanto, fingendo atto di molta onestà; ma egli mi s'appressò e mi fece guardare e mirare per forza, dicendomi:

Y comenzó a desabotonar el sayo.

, como vi a hombre quitar botones de sayo, atemoricéme y apartéme un poco, mas él se me llegó un mucho y me hizo miralle por fuerza, diciendo:

- Miratela signora, che certo non averà mai visto una tal pezza.

Io, con non poco rossore di vergogna, mi venne voglia di addimandarle di nuovo una cosa, ma me pentei, poscia mirai e rimirai a mio gusto et a sua soddisfazione et credetemi che dubitai che l'anima m'uscisse dagli occhi et appresso di lei le tre potenze, nel mirare la detta pezza d'oro.

-Mírele, señora, que quizá no habrá visto otra tal pieza.

Yo no con pocos ademanes de vergüenza, soltándole y tornándole a tomar, le miré y remiré a mi sabor, por señas, que creo que se me salió el alma a los ojos, y tras ella las tres potencias a mirar la pieza.

Io la lodai a parte per parte e la posi in eminenza altissima e la inalzai sin sopra le nuvole, solo per vedere se egli me l'offeriva o donava: ma chi era colui che acquistar la poteva avendola io posta sopra le nuvole? Più e più volte le dissi:

Alabésela parte por parte y púsele en las nubes por ver si me le daba, mas, ¿quién le había de alcanzar, habiéndole puesto en las nubes? Repetíle mil veces:

- Vostra signoria goda sì bella gioia con quella dama che lei ama.

Pensando che egli dovesse rispondere:

- Vostra signoria la goda lei, perché amo lei, né altra cosa curo che lei.

Ovvero ch'egli mi dimandasse che se io la voleva era al servigio mio ovvero:

- Prendala vostra signoria, ch'io gli la dono.

Ovvero:

- Tenga vostra signoria questa pezza in memoria pel desiderio ch'io tengo di servirla ed accioché alcuna volta si raccordi di me.

Ma per allora non li cadde in pensiero alcune di queste cose, né altro volle farne.

-V. m. le goce con quien más bien quiere.

Pensando que quizá me respondiera.

-Pues v.m. la goce, porque v.m. es a quien yo más quiero.

O, si quizá me preguntase si me quería servir dél, mas paréceme que por entonces no quizó.

È molto ordinario nelle donne le lusinghe e di sempre lodare le cose che veggono e d'innalzarle et sublimarle quanto possono, accioché a lor si donino o diano; o per acquistar la nostra volontà ovvero per temer di non dar disgusto. Questo è tanto in uso, che già non v'è uomo alcuno per vile che egli si sia, che in tal laccio non si lasci cadere. Ma io ho conosciuto un vigliacco picaro, che con gran gentilezza et accortezza se ne usciva di questo laccio. Se alcuna donna lodava molto alcuna gioia o pezza d'oro, stava attento ad udire e nulla diceva e quando già era stancata di più lodare o per meglio dire, di dimandare, dimandava egli molto riposatamente dicendo:

Es muy ordinaria treta de mujeres alabar una cosa para que nos la den, o por ganar nuestra boca, o por temer no reventemos de antojadas. Están tan en uso esto, que ya se tiene por vil quien no se deja caer en este lazo. Mas yo conocí un bellaco que con gran subtileza se salía dél. Si le alababan mucho alguna buena pieza, oíalo, y ya que se habían cansado de alabarla, o, por mejor decir, de pedírsela, preguntaba muy de reposo:

- Veramente signora, ch'ella ha un perfetto giudizio.

Se dicevano sì e ressì mille volte, era sordo, non intendeva ed a tutti dava di paletta; ma il mio signore giuocatore con molta nobiltà e gravità disse:

- Godo che questa pezza d'oro sia qualificata e di tanta eccellenza, che però da qui avanti per esser da lei approvata tale la terrò per cosa privilegiata.

A persone più moderne soleva dire, quando lodavano le cose loro:

- Non mi maraviglio che a vostra signoria le paia cosa tanto bella, che per bella e buona mi costò.

-¿De veras, señoras, que a vuesas mercedes les parece bien?

Decían sí y resí mil veces, por entender que a cabe de paleta estaba el decir: pues sírvase v. m. de la pieza. Mas él entonces, con mucha pausa, decía:

-Huélgome que esta pieza esté calificada con tan buenos votos, por estimarla más de aquí adelante. Yo, por ser tal la aprobación, la terné por pieza avinculada.

A gente más moderna solía decir cuando le loaban sus cosas:

-No me espanto que a v, m. le parezca bien, que por buena me costó a mí.

Ma il mio uomo non sapeva tanto di risposte, quante che di mirarmi e pavoneggiarsi: anzi penso che mi averebbe gratificata, ma dovete credere che per vergogna non l'averei ricevuta, né egli volle correre a questo titolo di darla, sapendo forsi quel proverbio che dice: chi ben dona, caro vende, se villan non è chi prende; e non sa donare chi tarda a dare, anzi chi dà presto raddoppia il dono: ed in questo punto non mi seppe né donare, né dare, né vendere, percioché, donato è morto e ristoro sta male.

Este mi hombre no sabía tanto de respuestas como de echar cerraderos, y hízose gorra, aunque pienso que lo debió de hacer por pensar que de vergüenza no la recibiera yo a título de dada.

Già ch'io viddi che questo tiro non aveva colpito et che i miei strattagemmi allora non mi valsero, mutai pensiero e cominciai a fingere, con storcermi così il capo, come la vita, ingiottendo pugni di saliva ed induritami la faccia ed il collo, in attitudine che non ardiva, ancorché cercava, di dimandarli o chiederli una cosa.

Ya que vi que este tiro había salido incierto eché el resto de mis estragemas, y comencé a fingir con ademanes y tragantones de saliva y encorvadas de rostro y cuello, que no me atrevía, aunque quería, decirle una cosa.

Ma egli (che dalle mie parole annitriva come un ronzino che vegga l'erba fresca) non vedeva tantosto accomodata la mia bocca per proferire una parolina, quando ch'egli con ogni potere ed industria cercava cavarmela, non solo dalla bocca, ma dal cuore et con tutta la radice; e di questa sorte e con protesta signorile, ch'io dire dovessi il mio intento, che tutto quello ch'io li dimandassi mi darebbe, ancorché fusse la metà del regno suo; allora mi cavò dall'intimo del petto questo mio breve ragionamento:

Mas él, que de mis palabras rozaba más que rocín de yerba nueva, no vía bien asomada a mi boca una palabra, cuando me la procuraba sacar con raíz y todo, y desta suerte, y con protesta de que cuanto le pidiese me daría, aunque fuese la mitad de su reñón, me sacó la razón siguiente:

- Signore io desiderarei (se però piace a lei ch'io lo dica) io bramarei dico di fare un cambio di questa mia medaglia d'oro così bella, come vostra signoria vede, con quella sua pezza d'oro che mi ha mostrato. E questo perché a noialtre donne piacciono sempre cose nuove e però la supplico a gratificarmi, che io le pagherò prontamente o lei pagherà a me quello che pesarà di più a giudizio e parere di orefice intendente, che in altra guisa io non la pigliarei.

-Señor, yo quisiera, no sé si lo diga, yo quisiera trocar este agnusdei de oro, y así, si v. m. en algún tiempo ha de trocar esa pieza de oro, yo trocaré con v. m., y lo que pesare más yo lo pagaré a v. m., que ya yo he dicho a v. m. que

Io tengo danari e se questi non basteranno, ho meco un manto nuovo superbo e ricco, da principessa, ho una collana d'oro, ho anella, ho coralli e altre gentilezze, le quali darò in pegno a vostra signoria sin tanto ch'io farò lo sborso del denaro et fidaromi che il tutto tenga in suo potere e basterami in ciò la sola parola sua; {Guardati dalle parole.} e se lei averà da pagare me, io non le ricerco pegno alcuno, solo un cenno mi basta per cauzione, crdendo più all'ombra sua, che non farei al tesoriero del re.

traigo dinero y, si no alcanzare, aquí traigo un manto de soplillo y estos corales para paga o empeño, cuanto y más que bien sabe v. m. y bien saben los de la posada, que yo quería fiar de v. m., y así mesmo creo me fiará, pues soy abonada.

{Belle parole sua forza.} Che ti pare, non erano forse queste mie parole e queste mie ragioni da intenerirlo? Non era forse questa una rete da farlo cadere? Non era forse questo un laccio da prenderlo? Non ebbi così tosto finito di dire, quando ch'egli si sbottonò il saio e levossi dal collo e dal petto la bella pezza d'oro et con subita prestezza me la pose in mano.

¿Qué razones éstas para no le enternecer? ¿Qué cabe para no le tirar? ¿Qué lazo para no caer? No hube bien dicho esto, cuando descuelga la pieza de oro del cuello y me la pone en las manos.

Guardino di grazia che duro passo per una donzella vergognosa e modesta come io, perché in quel punto sentendomi toccar la mano divenni tutta fuoco nella faccia e tutta conquassata dimostrandomi tremavo e non potevo star quieta e porgendoli tutte due le mani con la sua pezza d'oro gli dissi:

¡Miren qué duro trance para una doncella vergonzosa como yo! Yo, cuitándome toda, sonrojada e inquieta, andando el medio caracol y orejeando con las dos manos, le dije:

- Ahi signore, che ciò non voglio.

- Tengala signora e se non la terrà, mi lamentarò di lei.

{Giustina usa sottili astuzie per ingannare il picaro barro.}

- Ahi sventurata me, questo non farò signore.

- Et io (soggiunse egli) non la ripigliarò in modo alcuno, perché quello che le ho dato, voglio che sia dato et che lo tenga.

- Signor licenziado, risposi io, quello che io inconsideratamente le ho chiesto, non l'ho chiesto perché se ne privi; ma bensì per darle la mia pezza d'oro ed aggiustarsi insieme e però vostra signoria resti servita, ne la supplico, a far venire qua un orefice, con la sua bilancia e pietra del tocco, accioché vegga la bontà dell'oro,

-Ay, señor, que no quiero. ¡Tómelo allá! ¡Desdichada de mí! No quiero yo nada dado, lo que quiero es que lo tase un platero, y lo que fuere de más a más de su Cristo a mi agnus de oro yo lo pagaré a dinero. ¿Qué dirán de mí los primos y primas que vienen conmigo, sino que soy alguna mala mujer?

e poi le dia il peso e faccia il giusto conto, per potersi tra noi sodisfare: che in altra guisa non sono per tenerla e levisi da pensiero, né s'imagini, ch'io sia donna cattiva, che tale fussi, io verrei seco, ma l'onor mio nol comporta; e però faccia vostra signoria qui star meco la padrona e le sue figlie, per sicurezza sua sino ch'ella ritorni con l'orefice; altrimenti piglisi la sua pezza d'oro.

Gentilissimo leggitore, di grazia sia meco e non mi tenere per troppo sempliciotta, ch'io ben vedeva e sapeva ove cader doveva il folgore; vuoi saper perché gli dissi che volevo un orefice? Ciò feci e dissegli, accioché io potessi dire che il baratto o cambio fatto (o per meglio dire, l'inganno), era stato fatto alla presenza e con lo intervento di mercatante publico, affinché giamai chiamar si potesse inganno, né travagliarmi alla giustizia e per altre cose, come appresso vederai. Tanto lo stimolai et pregai, che finalmente fui esaudita. Egli andò solo e poscia ritornò con un orefice principale e suo caro amico e dissegli:

Vaya conmigo el piadoso lector y no me tenga por boba, que yo me entendía. ¿Quieres saber por qué lo dije esto del platero? Hícelo y díjelo, porque pudiese yo decir que el trueco, o por mejor decir el engaño, había sido a vista de oficiales, sin poderse llamar jamás a engaño ni ponerme ante justicia, y para otras cosas que luego verás.

Tanto le porfié, que por mi ruego trajo un platero amigo, a quien dijo:

- Signore, io qui vi ho condotto et vi prego che in tutto siate contra di me e niente contra la dama, con la quale faccio il baratto: ed il mio gusto era ed è, ch'ella si fusse servita della pezza d'oro, senza verun altro cambio; ma di ciò non ha voluto compiacermi.

-Señor, a esto os llevo encárgoos que en todo seáis contra mí y en nada contra la dama con quien trueco, que vive Dios que mi gusto era que ella se sirviera de la pieza de bueno a bueno.

{Vantatori come siano.} Quanti vantamenti e smargiassate, ch'egli disse all'orefice, sopra la paga ch'egli aspettava dalla sua Alessandria, non voglio alcun per testimonio, solo il cielo: né d'altre cose tali che purtroppo è cosa nota, che simili uomini il più delle volte si lodano, non di quello ch'è o fu, ma anche di quello che bramano o desiderano che fusse: lo spirito è pronto, ma il poter è zoppo; dove il desiderio è pronto, le gambe sono deboli; perché col bramare cresce la doglia e chiunque ha poco, sempre desidera assai.

De las fanfarrias que él dijo al platero sobre la paga que él esperaba de su alejandría no me haga Dios testigo, ni de otras tales; mas vaya, que ya se sabe que los hombres las más veces se alaban, no de lo que es o fue, sino de lo que les estaba bien que hubiera sido.

Venne l'orefice con il suo peso et con tutti li altri recapiti et io da timore mossa non mi lasciai trovare e per vergogna io mi nascosi. {Onestà finta di Giustina.} Vero è, che dalla finestra guardai, come Ero a Leandro o come Alessandro et dopo ch'io vidi ch'erano entrati in camera, mi nascosi dietro alle cortine; tutto ciò era ragion di stato picaresco. Oh quante se ne fanno soto questo colore di onestà et di altre virtù, che se pigliar ti potessero la camiscia ed il fegato nel petto, certo te lo pigliarebbono. Oh come sono trincati picari codesti picari. Aprite li occhi, altramente restarete senza mantello e senza brache.

Vino mi platero con su peso y todo recado, y por pocas no me hallara, que me escondí de vergüenza. Verdad es que a la ventana aguardé, como Hero a Leandro, a lo menos como a Alejandro, y después que vi que estaba en casa, me metí detrás de una cortina. Todo lo llevaba la jacarandina.

Cavarono la bambina dal petto della balia. Gli riguardai: l'orefice sguaginò il suo peso, che ciò non fu stoccata et le bilanze non furono sassate; pesò egli la pezza d'oro del signor barro e disse:

Sacaron a la infanta detrás de la manta. Mirélos, desenvainó su peso el platero, que no fue estocada, y las pesas, que no fueron pedradas. Pesó la pieza y dijo:

- Questa pesa trecento reali.

Io allora gli feci una faccia agrestata et acettosa et il giuocatore fece d'occhio all'orefice, accioché egli non andasse tanto per pelo. Soggiunse l'orefice di fattura, perle e smalto otto scudi (credemi certo che valevano altrettanti reali) che però mi valse molto il turbarmi la faccia, che divenne di perle.

-Pesa ducientos reales.

Hícele un gesto de probar vinagre. El fullero hízole del ojo al platero para que no anduviese tan en fiel.

Añadió el platero:

-De hechura, perlas y esmaltes, tres ducados, no medre yo si no valían otros ducientos reales.

Y así enmendé el rostro y púsele de perlas.

Pesò poi la mia medaglia, considerò il lavoro, fatto in tutta eccellenza et smaltata tanto sottilmente, che abbagliava gli occhi del picaro; e perché vi era alcun poco di sconcerto, che ben me n'accorsi dalle guattature dell'uno et dell'altro et dopo aver ben veduto il tutto, disse il mercante:

Llegó a pesar mi agnus, no tan en el fiel del peso cuanto en el de los ojos del fullero, y como eran algo desconcertadillos, no tomó bien el tino, y dijo:

-Pesa el agnus solos diez ducados.

- Dalla pezza della dama a quella del signor cavaliero licenziato, saglie di più settantaquattro reali. Però signor licenziato a vostra signoria toccarà rimborsar a questa dama la detta valuta.

Il vigliacco del barro giuocatore, che non perdeva punto di misura alcuna della mia faccia, perché me la vide inacerbita, sgridò et diede una palmata all'orefice, quasi che non giudicasse bene a profitto mio, pesando molto più la mia modesta vergogna, che non faceva tutto l'oro e però egli tassò che il mio signor cavaliere mi pagasse gli reali detti disopra, dicendo che ben considerato et veduto il tutto et di punto in punto tanto doveva pagare il gentiluomo; il quale pagò all'orefice il travaglio e fatica sua, come quelli che pagano il boia che li frusta.

El fullero, que no perdía compás alguno de mi rostro, como me le vio avinagrado en segunda instancia, dio un golpe al platero y, de conchabanza, mientras yo luchaba con la vergüenza que tanto me azotaba, tasaron que yo pagase solos dieciséis reales, diciendo que bien mirado todo no iba de más a más del Cristo al agnus, sino solos dieciséis reales. Pagó el fullero al platero su trabajo, que fue como quien paga al verdugo.

{Giustina ordisce altri inganni al barro.} Licenziossi l'orefice; ma io per porre in tavola un altro secondo et maggior inganno (che ti darà gusto udirlo) dissi all'orefice:

- Che le pare signor maestro di questa mia pezza? Non è ella pezza di buon oro e molto fina e meglio di quella del signor don licenziato?

Egli disse:

- Vostra signoria dice verità, perché egli è oro di Portogallo.

Despidióse el platero, mas yo, para entablar otro segundo y mayor engaño, que te dará gusto el oírle, le dije al platero:

-¿Qué le parece, señor maeso? ¿No le parece que es buen oro y muy fino el de mi agnusdei que doy en trueco al señor licenciado?

El dijo:

-Muy bueno, señora, de Portugal.

Allora io m'accorsi che l'orefice aveva preso alquanto del pizzicante verso di me e che per gli occhi gli usciva un poco di fumicino; laonde in tutto et per tutto dimostrossi verso di me, che per non venir in tassa con esso meco, egli se n'andò senza tassa: ma perché prese suspetto del signor licenziado, licenziossi col suo peso e pietre e come egli se ne venne, se n'andò.

Y aun el platero pienso yo que era algo de allá, que sus fumeciños daba de muito galante, que a no venir de tasa, él saliera de ella; mas como temió al fullero, tornóse con su peso y pesas como se vino.

Detto questo posi mano alla borsa e quasi che tremando per il dare et pigliare, che si fa con gli uomini, diedi al suo giovane la mercede che nulla volle; anzi ciò vedendo il signor picaro, esequì la sentenza data, con lo sborso de' settantaquattro reali in mano del predetto giovane, il quale ricevuti, gli contò per me. {Giustina è tutta vigliacca ed in che.} Allora io mi sentei tutta colma di rimordimento di coscienza e dissegli:

Dicho esto eché mano a un bolso que traía y, temblando de vergüenza de dar y tomar con hombres, le di al escolar en sus manos los dieciséis reales en que fui condenada y al dárselos me animé a reír un poco, mostrándome contenta, agradecida y halagüeña más que perrilla de falda, que siempre acompaña la alegría con temor de que le destierren de las faldas a título de ¡Cipe, zucio!

Díjele:

- Signore, vostra signoria si ripigli questi ventiquattro reali, perché non più mi costa la mia medaglia.

Ed egli mezo adirato, non solo i ventiquattro, ma altri sedici appresso mi rese e diede a me e per forza me gli porse nella mia fedelissima manica. onde io veggendo un tal atto tutta mi posi in paura e tratto fuori i danari volli contarli, perché m'accorsi del tiro. Oh come sono picari questi nostri uomini!

Trovai essergli di più alquanti reali, quasi subito gli diedi, con le debite maniere che io dovevo: et nel darglieli feci un tantino bocca ridente e gli occhi alquanto più vivaci e lieti, dimostrandomi aggradita ed appieno di lui sodisfatta, {Giustina assomigliata ad una cagnolina gentile.} come cagnolina gentile, che sempre accompagna le sue azioni con allegria, non per altro che per captare benevolenza ed anche perché teme e paventa di non essere iscacciata e con aspre parole sbandita, con titolo di poco accorta. Dissegli io:

- Vostra signoria, ripigli i sui denari e Dio mi facci godere i miei, che tanto mi basta.

Ed in un istesso tempo gli posi e sparsi sopra la tavola. Et egli allora, quasi che collerico d'amore, tutti li raccolse et a viva forza me gli rispose nella manica. Già ti ho riferito che in questa manica tenevo imboscato lo scatolino, con la mia pezza d'argento, che pareva d'oro ed accioché non s'incentrasse in esso, in cui tenevo confidenza certa della seconda burla; perciò prontamente ricorsi con tutte due le mani alle maniche et assicurai la mia fortezza.

-Tome v.m. los dieciséis reales, con lo mío me haga Dios bien entablando para que no pidiese paga en otra moneda.

Él entonces me volvió los dieciséis reales, y aun me los metió por fuerza en la manga. Ya te he referido que en esta manga tenía yo emboscado el bolsillo con el agnus de plata parecido al de oro, y así, porque no encontrase con este bolsito en quien yo tenía envuelta mi segunda treta, acudí a la manga y metí mi mano a las vueltas de la saya.

{Atti di vergogna usati da Giustina.} Questo mio atto molto gli piacque e l'ebbe a sommo favore, ma verità è che la mano che posta aveva nella manica, ne la cavò subito, perché compatì egli ch'io più mi abbruciassi di vergogna e tanto più ch'io m'era posta in atto di troncarmi la mano, che tocco m'avea o per radermi la pelle ove la sua appressato s'era quanto sarebbe la grossezza d'un capello; et tanto più per vedermi che tra denti io borbottava e diceva:

Él lo tomó por favor. Verdad es que la sacó presto, porque se compadeció de ver que yo, de pura vergüenza estaba por cortarme la mano o por raer el cuero donde las suyas me habían dado un cabe, y, sobre todo, por verme que decía yo entre dientes:

- Non più, non più. Giamai altra mano d'uomo mi toccò, giamai mi accadde in vita mia tanto.

In questa congiuntura entrò in scena la seconda burla.

{Burla seconda fatta da Giustina al barro.} Io finsi d'esser alquanto disgustata, per darli ad intendere ch'io punto esserli obligata non voleva e disseli:

- Datemi la mia medaglia d'oro.

-Nunca más, nunca otra en mi vida tal me acaeció con hombre.

En esta coyuntura entró la segunda burla.

Yo, para darle a entender que me daba pena el verme tan obligada, le dije:

-Muéstreme v. m., muéstreme v. m. ese mi agnus de oro, que no me ha de llevar por ahí, que yo quiero no quedar a deber más que buena voluntad.

Él se hizo de pencas, por pensar que yo quería deshacer el trueco, pero como le importuné, me lo dio al cabo, diciendo:

Et replicai due e tre volte, che darmela dovesse, ma temendo egli del disgusto mio, gli replicai con faccia lieta et bocca ridente e disseli:

- Signore mi faccia grazia di darmi la mia, ma non più mia, pezza d'oro, che io voglio farli vedere che non sono se non generosissima e di grazie datemela, che vi prometto di ritornarvela avvantaggiata e senza disfare il cambio fatto.

Allora egli mi disse:

- Signora Giustina ecco la sua pezza d'oro, se la pigli; è padrona di lei, faccia ciò che ne vuole, poiché sua è e faccia di lei guerra et pace, come li piace; ma ben la supplico di pace et non di guerra.

{Uomini pazzi con donne, quali e come.} Oh come sono gl'uomini pazzia a colma misura, quando trattano con donne! Io pigliai la medaglia mia d'oro di Portogallo et dissi:

-Torne, señora Justina, veamos lo que manda. Suyo es, haga dél guerra y paz.

Tomé el agnus de oro, y dije:

- Se non fusse per farmi conoscere mancatrice di parola io vorrei disfare il concertato, però poiché vedo in lei tanta gentilezza io me ne contento e lo confermo: anzi di più le voglio dare di mia propria mano cosa che tanto vale quanto vagliano li settantaquattro reali datimi.

E in questo dire quasi che arrossita di vergogna, gli voltai le spalle, accioché egli non vedesse ciò che far volevo. Egli stette come una statua, mirandomi solo e con molto rispetto, senza intentare verso di me cosa alcuna per vedere ciò che io mi faceva.

-Si no fuera grosería yo deshiciera el concierto, pero ya que v. m. quiere hacerme tanta merced, yo le quiero dar de mi mano cierta cosa con que se desquiten los dieciséis reales.

Entonces, como de vergüenza niñera, le volví las espaldas porque no viese lo que quería yo hacer. Él estuvo quedo como un cepo mirándome sólo por detrás, como si yo tuviera vidrieras en el espinazo, sin intentar ver mis manos ni lo que hacían.

{Amore perché è cieco.} Ben si dice che l'amore è cieco, non solo perché ama il brutto ed il nero, ma anco quello che è tutto bianco; accieca accioché si pensi che l'inganno è allegrezza, il tradimento servigio, il danno obbligazione ed il male bene. Verità è che quando questo amante avesse gli occhi di lince, la burla era talmente bene ordita e tramata, che egli punto si accorgerà, nemmeno farà acquisto, perché il tutto passava per le mani della fidelissima manica mia, che verso di lui e per lui ella fu una colombina contro la sua borsa e più forte che manica di veste di donna.

Bien dicen que el amor es ciego, no sólo porque ama feo, sino porque aquello en quien él pone su blanco le ciega, para que piense que el engaño es gozo, la traición servicio el daño obligación y el mal bien. Verdad es que cuando este amante tuviera ojos de lince estaba la burla tan bien trabada que no la alcanzara, porque toda pasaba de mi manga adentro, que para él fue manera de arcabuceros contra su bolsa más que manga de sayuelo.

{Giustina in che guisa facesse la burla al barro.} In questa manica io posi la pezza d'oro, che dal nuovo amante pigliai e da essa ne cavai il scatolino di avorio, tutto intarsiato e smaltato, dentro e fuori, nel quale v'era la medaglia d'argento simile a quella dell'oro; la qual cosa avendo io previsto l'osservai per una simile congiuntura. Tratto che ebbi lo scattolino dalla manica gli feci una solenne riverenza ed allargando la mano gli diedi il bello scattolino, dentro una borsa di raso bianco tutta ricamata d'oro ed aperto quella ne trassi quello ed aperto questo ne trassi la pezza di argento indorata, accioché vedesse e toccasse e ch'egli non pensasse in me essere inganno alcuno.

En esta manga metí el agnus de oro que le tomé y saqué el bolso de tela con el agnus de plata el cual había yo guardado para esta sazón y coyuntura. Alargué la mano, hícele una solemne reverencia y dile el bolso. Sacó el agnus de plata sueltos los cerraderos para que le viese y no pensase que era engaño.

Io non aveva punto dubbio ch'egli tutto non mi credesse e credere non lo doveva; {Sentenze e detti notabili.} perché chi crede senza pegno, non ha punto d'ingegno; e molte volte, chi più sa, men sa ed in tutte le azioni bisogna andar pian piano al credere; e non assomigliarsi alla farfalla, che per troppo credere ella si abbrucia le ali. Il cavaliere giuocatore teneva per certo ch'io non avessi peli per coprire un tal difetto et pure io n'ebbi tanti che stravederlo feci. {Liberalità di Giustina.} Valeva la borsa, il scatolino e la pezza d'argento al più al più quattro scudi e nel dargliela in mano dissi:

Mas no dudo sino que, aunque le diera un pardal piando dentro del bolso, pensara que era agnusdei y pensara que en mi poder le había cubierto pelo. Valía el bolso y agnus de plata, todos gordos, cuatro ducados.

Al darle, dije:

- Pigli vostra signoria questa mia gentilezza, la quale è una borsa come ella vede tutta bella e vaga, la qual mi fu data da un nobil giovane, che desiderava essere mio sposo e le costò quattro scudi e per sei non sarebbe in mio potere; oltra di ciò veda vostra signoria questo scatolino d'avorio e qual sia la sua bellezza, {Venezia lodata.} e questo è stato fabbricato nella bella e miracolosa città di Venezia: oh quante belle cose vengono in queste parti da di là! Oh che bella gente e tutta cortese è quella di quella città! Certo deve essere un mezo paradiso terrestre, io muoio i vederla.

Ritorno al mio giuoco.

Disseli:

-Tome v.m., que en verdad este bolso me le dio por vistas uno que había de ser mi esposo, y le costó cuatro ducados, y por seis no estuviera en m poder.

- Tutte queste cose io le dono a vostra signoria e sono benissimo impiegate per due ragioni, l'una è perché non è cosa lecita che le donzelle si carichino di obbligazione che non possono sodisfare; l'altra è poiché ella ha da godere questa mia bella gioia d'oro, abbia anco in che conservarla e tanto più essendo ella d'oro di Portogallo, che è il più fino ed il più perfetto, che si ritrovi; la borsa poi gli la do, accioché conservi e l'uno e l'altro et lo tenghi per memoria di questo mio felice incontro.

Bien empleado va. Dóisele a v. m. por dos cosas: lo uno, porque no es cosa lícita que las doncellas se carguen de obligaciones que no pueden desquitar; lo otro, porque ya que lleva mi agnus de oro, tenga en qué le guardar, porque es de oro de Portugal, él cual, de puro fino, se toma de cualquier cosa si no anda muy guardado.

{Cortesia del barro.} Non ebbi così presto detto il costo della borsa e del scatolino, che il domine licenziado cavò fuori della sua indigesta secretezza il denaro e me lo diede; et io per non mostrarmi discortese et male acostumata gli pigliai con due dita. {Donne suoi privilegi, quali.} Entrai nel numero delle dame il cui nome vuol dire da mas, che in nostra favella viene a dire da più, che nel licenziado ben gli avvenne, poiché essendo egli tanto buon ladrone seppe dare più che non doveva et è un dire, io diedi troppo: è chiara cosa che noi donne poiché fussimo create d'una costa et ossa dell'uomo, abbiamo privilegio per ricevere et dimandare sino al rasciar il buono in sull'ossa et anco di più potiamo per termine di giustizia domandargli tutte l'ossa.

No hube bien dicho lo del coste de los cuatro ducados, cuando el dómine licenciado escupió otros tantos de su indigesta faltriquera y me los dio. Yo, por no ser porfiada, tomélos con dos deditos. Entré en el número de damas, cuyo nombre quiere decir da más, y él en el del buen ladrón, que es di más. Y es claro que las mujeres, pues fuimos hechas de una costilla de hueso de hombre, tenemos privilegio para recebir y pedir hasta dejar al hombre en los huesos, y aun después de todo, pedir los huesos por justicia.

In risoluzione la mia burla ebbe effetto et in un istesso tempo ridussi il suo in mio potere et schiavo si rimase l'uomo e la bella pezza d'oro et tutte le sue forze interiori et esteriori. {Proverbi e detti.} Oh pazzia delle pazzie degli uomini, che per uno sensuale appetito tanto si lasciano acciecare!

Il mio baratto ritornò con miglioramento di cinquanta e più scuti d'oro. Chi non sa scorticare guasta la pelle. Io m'assicurai di non dover patire cosa alcuna essendo caminata cautamente,

En resolución, haciendo avanzo de la burla, yo saqué horro el Cristo de oro enteramente, pues me quedé con el agnus de oro y los dieciséis reales que había dádole en trueco. Ítem, vendí mi agnus de plata y mi bolsillo muy honradamente, sin miedo de que mi burla sea conocida, ni descubierta, ni probada hasta que nos veamos el fullero y yo de patas en el valle de Josafat.

e per duplicarli la burla, la istessa sera mentre egli giuocava, mi posi a cantare una canzoncina, che andava molto a pelo e tanto a pelo che più non poteva essere. Egli si pose a rimirarmi con grazioso gesto e gusto e dicevami:

Y aun para doblar la burla, de ahí a un hora estando él jugando, me puse a cantar una canción que entonces andaba muy valida, pero tan a propósito que no pudo ser más. Al principio del número la puse.

Él se puso a escucharme con harto gusto. Y decía:

- Signora Giustina in tutte le cose vostre avete e tenete una somma grazia.

Meglio averebbe detto che nel burlarlo avessi avuto ogni grazia. Mi conforto però che le mie erano graziose burle e di non molto momento, ma di molto peggio veggo che oggi corre una certa cosa, ch'io non te la so dire; ed è che si fanno altre sorti di burle, stabili (perché le mie erano mobili) che l'uno priva l'altro, chi di un campo di terra, chi d'una possessione, chi d'una villa, chi d'una città, chi di una valle, chi d'una provincia e di molto più ancora; e questi tali dicono:

-En todo tiene gracia esta doncella.

Mejor dijera:

-En todo tiene agraz esta matrera.

 

- A me s'aspettano, sono di mia ragione.

E con mille mascarate invenzioni burlano il prossimo, contro il precetto di Dio e senza veruna vergogna vogliono sostentare che il far ciò è burla: ma brutte burle. taccio, che così mi convien fare, di' tu il resto. Ma poiché qui sopra ho spesse volte tocco della vergogna ch'io professava per cogliere chi ho colto, di essa voglio narrarti un breve discorso e sarà di molto tuo gusto et diletto: il quale sentei narrare ad un qualificato cavaliero e lo ridirò come egli lo disse. Ascoltatemi(13).

 

Trattasi della vergogna, delle sue qualitadi, effetti ed affetti. Amaestramnento a ciascuno di ben incaminarsi nella via delle virtù, ch'è il più bel tesoro che acquistar si possa.

 

 

Se in qualche modo affetto o passione alcuna nella appetitiva facoltà dell'anima nostra piantata è conforme a virtù, ne è una la vergogna, {Vergogna, suoi effetti ed affetti.} la quale secondo i filosofi, chiamar non si può veramente virtù, sì perché non altronde nasce, che da timore d'infamia per cosa fatta o che si faccia o sia per farsi; sì perché non conviene, come la virtù a tutte le età; nondimeno per esser sempre accompagnata dall'onestà, indizio e germe di virtù ragionevolmente addimandar la possiamo virtù. Pudore l'addimandarono i latini: onde pudiche sono le donne et pudicizia quella virtù che è contra al dire, ad ascoltare, ad operar cosa, che a provocarsi a libidine accomodata sia.

Volendo io parlare delle virtù, parmi che prima della vergogna ragioni, peroché se affetto, o passione alcuna nell'appetitiva facoltà dell'anima nostra piantata è conforme a virtù, n'è una la vergogna, la qual avegna Dio che secondo il filosofo chiamar non si possa veramente virtù; sì perché non altronde nasce che da timore d'infamia per cosa fatta, o che si faccia, o sia per farsi; sì perché non conviene, come la virtù, a tutte le età; {Che la vergogna è indicio di virtù.} nondimeno per esser sempre accompagnata dall'onestà, indizio e germe di virtù ragionevolmente dimandar la possiamo. Pudore la dimandarono i latini, onde pudiche chiamate sono le donne e pudicizia quella virtù che ci ritiene di dire, o d'ascoltar, o d'operar cosa, che a provocarci a libidine accommodata sia.

{Erubescenza che sia.} Vi è la erubescenza: ma questa ha sol riguardo al tempo andato, dove la vergogna ha luogo in tutti tre i tempi, l'un l'altro da ingenuo e generoso animo opportunamente deriva, il quale temendo di molto vituperio si guarda da operare disonestamente; anzi in cose che li ponno reccare riputazione ed onore si travaglia, né qui per vergogna intendiamo quel repentino disturbo, che sente alcuno, quando è colto in fallo e convinto; ma un certo effetto nell'animo abituato et impresso, che ci svia sempre da far cose brutte e disonorate, non proponendoci avanti gli occhi altra disonestà, che quella che alle virtù ripugna;

Ecci l'erubescenza. Ma questa sol ha riguardo al tempo andato, dove la vergogna ha luogo in tutti etre i tempi. L'un'è l'altra da ingenuo e generoso animo opportunamente deriva, il quale temendo di scorno si guarda d'operar disonestamente; anzi in cose che riputazione ed onore recar gli ponno, si travaglia. Né qui per vergogna intendiamo quel repentino disturbo, che sente alcuno quando è colto in fallo e convinto: ma un certo affetto nell'animo abituato e impresso, che ci svia sempre dal far cose brutte e disonorate; non proponendoci innanzi agli occhi altra disonestà, che quella ch'alle virtù repugna: {Vergogna maliziosa.}

conciosiaché, se alcuno temesse di divenire ignominioso, per essercitare il vero culto d'Iddio, non sarebbe vergogna la sua, ma una perfida ed empia timidità, come a chi per tema d'esser riputato santarello ed ipocrita si rimanesse di frequentar la chiesa ed i sacramenti suoi: tutta la forza della vergogna è posta nel timore di cosa che, che incivile, disonesta ed infame sia; e più a garzoni, a giovani et a donne conviene l'aver rossore di cosa malfatta, che a donna vecchia e uomo d'età provetta. {Vergogna è custode delle virtù.} Custode delle virtù è la vergogna, nemica del disonore e meritevole di non picciol lode e come possiamo noi lodevol cosa operare giamai, se da questi due pungentissimi sproni solicitati non siamo?

conciosiaché se alcuno temesse di divenir ignominioso per essercitar il vero culto di Dio non sarebbe vergogna la sua: ma una perfida ed empia timidità, come chi per tema d'esser riputato santoccio ed ippocrita si rimanesse di frequentar la chiesa ed i sagramenti suoi. Tutta la forza della vergogna è posta nel timore di cosa che incivile, disonesta ed infame sia; e più a garzoni e giovani ed a donne conviene l'aver rossore di cosa malfatta, che a donna vecchia ed uomo d'età provetta. Custode delle virtù è la vergogna, nemica del disonore e meritevole della laude. {Due sproni al ben operare.} E come possiamo noi lodevole cosa operare giamai, se da questi due pungentissimi sproni sollecitati non siamo,

 

Cioè: timor d'infamia e sol desìo d'onore. Con esso lei siede la onestà radice di tutte le virtù e specialmente della temperanza, alla cui norma s'incamina; non dovendosi desiderare o fare cosa veruna, che nell'onesto et nell'onorato terminato non sia. {Temperanza, che sia.} Riputiamo che l'onesto et l'onorato siano gli archipenzoli co' quali la temperanza misura le cose utili et dilettevoli, non permettendo cosa per gioconda e profittevole che sia, se non è convenevole, decora e buona. {Simile della vergogna.} Come i fiori spuntano innanzi ai frutti, così la vergogna ne' giovani e giovane è argomento di abito virtuoso.

Timor d'infamia e sol desìo d'onore?

 

Con essolei siede l'onestà radice di tutte le virtù; e specialmente della temperanza, alla cui norma s'incamina: non dovendosi desiderar, o far cosa veruna che nell'onesto terminata non sia. Riputiamo che l'onesto sia l'archipenzolo col quale la temperanza misura l'utili cose e le dilettevoli, non permettendo cosa per gioconda et profittevole che sia, seconvenevole, decora e buona non è. Come i fiori spuntano innanzi ai frutti, così la vergogna ne' giovani è argomento di abito virtuoso.

Et come un arboscello, che per esser ancor tenero non ha prodotto ancor frutto alcuno, non lo addimandiamo fruttifero, ma solo pianta di buona aspettazione, così dalla vergogna non chiamaremo alcun giovanetto buono, non avendo ancor egli conseguita la virtù, ma solo per giovane di buona speranza, come dimostrò quel vecchio appresso Terenzio, quando disse: {Terenzio, suo detto.}

- Egli s'è arrossito.

Et come un arboscello che per esser ancor tenero, non ha prodotto ancor frutto alcuno, non dimandiamo fruttifero, ma solo pianta di buon aspettazione; così dalla vergogna non chiameremo alcun giovanetto buono, non avendo ancor egli conseguitato la virtù, ma solo giovane di buona speranza, come dimostrò quel vecchio appresso Terenzio, quando disse:

- Egli s'è arrossato.

La cosa è in buon termine, non essendo il rossore per vergogna nei giovanili volti altro che indizio d'animo ingenuo e vago d'onore. {Rossore, suoi effetti.} Non si vidde giamai guancia di donna meglio colorita che quella che è dipinta dalla vergogna: di qui viene che la sfacciatezza nimica sua è pessimo vizio, percioché ella non avendo riguardo all'onestà, porge baldanza ad ogni sceleratezza. {Sfacciatezza nimica della vergogna.} Laonde lo sfacciato non serva decoro, né misura, né ordine, ma rilassato il freno della vergogna, in ogni viziosa e laida operazione senza paura di scorno si abbandona.

La cosa è in buon termine, non essendo il rossore per vergogna ne' giovanili volti altro che indizio d'animo ingenuo e vago d'onore. Non vidi giamai guancia di donna meglio colorita, che quella ch'è dipinta dalla vergogna. Quinci viene che la sfacciatezza nemica sua è pessimo vizio, percioché ella non avendo risguardo all'onestà, porge baldanza ad ogni sceleratezza. Laonde lo sfacciato non serva decoro, né misura, né ordine: ma rilassato 'l freno della vergogna, in ogni viziosa e laida operazione senza paura di scorno s'abbandona.

Questa sfacciataggine professata da' picari è un'insolente e temeraria licenza d'animo profusamente nei vizi e ne' disonori rilassati. {Due sono le sorti della vergogna.} Di due maniere è la vergogna, l'una che ci preserva dal vizio e questa può convenir a tutti, non dovendo mancar mai nell'uomo già fatto adulto questo freno, che ne impedisce e ritiene dal viziosamente operare. L'altra è quella che dopo il fallo commesso ci gastiga e flagella con rimorso e dolore interno, accioché con altrettanta onorata et laudevole impresa risentiti ammendiamo l'errore e questa più alla giovanezza, che ad altra età conviene.

Questa sfacciatezza è un'insolente e temeraria licenza d'animo profusamente ne' vizi e ne' disonori rilassati. {Che due sono le sorti della vergogna.} Di due maniere è la vergogna, l'una che ci preserva dal vizio e questa può convenir a tutti, non dovendo mancar mai nell'uomo già fatto adulto questo freno, che ne impedisce e ritiene dal viziosamente operare. L'altra è quella che dopo 'l fallo commesso ci gastiga e flagella con rimorso e dolor interno, accioché con altrettanta onorata e laudevol impresa risentiti ammendiamo l'errore. E questa più alla giovinezza, ch'ad altra età conviene.

Dalla paura di ritrar disonore risulta l'una, che ci sveglia ad opre generose ed alte, defendendosi dalle lordure del vizio e dalla conoscenza della colpa; l'altra che di rossore ci suol tingere il volto, qualor d'esser colti in errore da persone autorevoli si conosciamo. Or perché la vergogna di sua natura è schifa d'ogni bruttezza et vituperio, essendo presa questa bruttezza in più modi egli è bene distintamente parlarne.

Dalla paura di ritrar disonore risulta l'una, che ci sveglia ad opre generose ed alte, difendendoci dalle lordure del vizio; dalla conoscenza della colpa l'altra che di rossore ci suol tinger il volto, qualor d'esser colti in errore da persone autorevoli si conosciamo. Or perché la vergogna di sua natura è schifa d'ogni bruttezza e vitupero essendo presa questa bruttezza in più modi egli è bene distintamente parlarne.

{Bruttezza, che sia.} Bruttezza è l'operar cosa che al decoro ed onestà della umana natura è contraria, come chi senza modestia, giustizia e mansuetudine vive; e brutta cosa è quando quelle membra et quell'atto palese facciamo, che dopo la perdita della originale innocenza, isregolato et disubbidiente si mostra; brutte ancora tutte quelle cose, chiamiamo, che per lor natura sono laide et stomacose et la cui ricordanza di necessità movendo la fantasia, ci conturba et molto più, se teneri et delicati ci ritroviamo. Laonde è men lecito il favellarne (cosa che permetteano i Cinici) che far menzione di qualunque scelerità;

{Che cosa è bruttezza.} Bruttezza è l'operar cosa ch'al decoro et onestà della umana natura è contraria, come chi senza modestia, giustizia e mansuetudine vive. E brutta cosa è quando quelle membra e quell'atto palese facciamo, che dopo la perdita della original innocenza, isregolato et disubidiente si mostra. Brutte ancora tutte quelle cose chiamiamo, che per lor natura sono laide e stomacose e la cui ricordanza di necessità movendo la fantasia, ci conturba e molto più, se teneri e dilicati si ritroviamo. Laonde è men lecito il favellarne (cosa che permetteano i Cinici) che far menzione di qualunque scelerità;

conciosiaché il dire, rubare, uccidere, spergiurare et simili vizi, non conturbano tanto lo stomaco, come il ricordare co' propri termini gli agi et gli atti più laidi della natura. Anzi i savi e prudenti uomini così tacciono quelle cose che offendono l'immaginazione e il sentimento, come quelle che distruggono i commerci, la quiete e la tranquillità delle republiche, specialmente quando essi s'accorgono che corrano pericolo, che non siano imitate e seppur ne parlano, con veraci et severe invettive le biasimano.

conciosiaché il dir, rubare, uccidere, spergiurare e simili vizi, non conturba tanto lo stomaco, come il ricordar co' propri termini gli agi e gli atti più fecciosi della natura. Anzi i savi e prudenti uomini così tacciono quelle cose che offendono l'imaginazione e il sentimento, come quelle che distruggono i commerci, la quiete e la tranquillità delle republiche, specialmente quando essi s'accorgono che corran pericolo, che non siano imitate; e seppur ne parlano, con veraci e severe invettive le biasimano.

{Infamia di onde nasca.} Da queste sorti di bruttezza nascono ancora quelle tante infamie che vergogne usiam ancor dimandare, le quali sono imbevute nell'opinioni degli uomini secondo il diverso rito delle nazioni del mondo s'appoggiano. Onde nascono le varie censure secondo i coloro desideri ed affetti, tra' quali nostra vita meniamo; come tra soldati non è cosa più vergognosa ed infame della codardia e viltà; tra mercatanti del falire e del mancar di fede; tra letterati e filosofi dell'imperizia; tra cortegiani della creanza e costumatezza.

Da queste sorti di bruttezza nascono ancora quelle tante infamie che vergogne usiam ancor dimandare, le quali sono imbevute nell'opinioni degli uomini secondo 'l diverso rito delle nazioni del mondo s'appoggiano. Onde nascono le varie censure secondo i coloro desideri e affetti, tra i quali nostra vita meniamo; come tra soldati non è cosa più vergognosa ed infame della codardia e viltà; tra mercatanti del falimento e del mancar di fede; tra letterati e filosofi dell'imperizia; tra cortegiani della creanza e costumatezza.

{Alcune cose sono disoneste per legge di natura ed alcune solo per opinione.} Diremo dunque altre cose per loro natura in ogni parte del mondo essere disonorate, come l'empietà, l'eresia, la bestemmia, il battere ed uccidere i genitori, il non ubbidire alle leggi e cotali vizi; altre non per loro natura, ma per opinione e costume, come il non corteggiare, il non bevere provocati, il non vestire secondo l'uso. Ma in universale, come non è cosa che più ci possa onorare, delle virtù, così non è cosa che più ci possa far vergognare de' vizi e delle loro sembianze ed imagini.

{Che delle cose alcune son disoneste per legge di natura e alcune solo per opinione.} Diremo dunque altre cose per lor natura in ogni parte del mondo esser disonorate, come l'empietà, l'eresia, la bestemmia, il batter e uccider i genitori, il non ubbidir alle leggi e cotali vizi; altre non per lor natura, ma per opinione e costume, come il non corteggiare, il non bevere provocati, il non vestir secondo l'uso. Ma in universale, come non è cosa che più ci possa onorare delle virtù, così non è cosa che più ci possa far vergognare de' vizi et delle loro sembianze e imagini.

{Infamia, che sia} Laonde senza dubbio infame riputeremo sempre colui che contra le leggi, gli ordini, i costumi, gli avvisi, i consigli de' suoi maggiori, della patria e de' savi ogni cosa confonde e perverte. Tutto quello, non solo, che stortamente facciamo, è disonorato: ma eziandio ogni cosa, che altri per nostra colpa malamente operano. Costumiamo d'avere vergogna non solo de' vizi dell'animo manifesti, ma eziandio de' difetti del corpo. Né solo ci vergogniamo delle nostre, ma dell'altrui bruttezze et disonestà, quanto per sangue od amistà sono a noi congiuntissimi.

Laonde senza dubbio infame riputeremo sempre colui che contra le leggi, gli ordini, i costumi, gli avisi ed i consigli de' suoi maggiori, della patria e de' savi ogni cosa confonde e perverte. Tutto quello non solo che stortamente facciamo, è disonorato: ma eziandio ogni cosa che altri per nostra colpa malamente operano. Costumiamo d'aver vergogna non sol de' vizi dell'animo manifesti, ma eziandio de' difetti del corpo. Né solo si vergogniamo delle nostre, ma dell'altrui bruttezze e disonestà, quando per sangue od amistà sono a noi congiuntissimi.

Onde pare che l'infamia dell'avolo o del padre o l'evidente vergogna della madre o de' parenti ed amici faccia passaggio, come per eredità ne' nepoti, ne' figli e congiunti. Ma niuna di queste vergogne, che per altrui mancamento s'appiccano, è vera e legittima, secondo il dritto parere de' savi; ma vergognose e brutte ben sono quelle che per nostra colpa si commettono.

Onde pare che l'infamia dell'avolo o del padre, o l'evidenti vergogne della madre, o de' parenti e amici faccia passaggio come per eredità ne' nipoti, ne' figliuoli e congiunti. Ma niuna di queste vergogne, che per altrui difaltas'appiccano, è vera e legittima secondo 'l dritto parer de' savi. Ma vergognose e brutte ben son quelle che per nostra colpa si commettono.

Laonde se per dapocaggine del marito la moglie diventa adultera o per negligenza della madre la figliuola precipita o per trascuraggine od imperizia del capitano o del maestro, il soldato ovvero il discepolo cade in errore o se il pupillo, cliente, famigliare o suddito per colpa di tutore, avvocato e padrone, fallisce e pecca: la vergogna sempre ritorna in coloro alla cui cura e providenza commessi sono. Et però tutti gli scorni ridondano in quegli che avrebbono potuto schifare ammendando le persone che alla loro cura raccomandate sono e non hanno voluto.

Laonde se per dapocaggine del marito la moglie diventa adultera, o per negligenza della madre la figliuola precipita, o per trascuraggine, od imperizia del capitano, o del maestro, il soldato, ovver il discepolo cade in errore; o se pupillo, cliente, famigliare, o suddito per colpa di tutore, avvocato, padrone e prencipe fallisce e pecca; la vergogna sempre in coloro alla cui cura e providenza commessi sono, ritorna. Et però tutti gli scorni ridondano in quegli che averebbono potuto schifare ammendando le persone ch'alla lor cura raccomandati sono e non han voluto.

Onde avviene che ancora le leggi, la pietà, la buona dottrina ed ogni istituto che invano e senza profitto ricevuto abbia alcun popolo, infamato dall'altre genti sia, come l'imperito medico, il quale importunamente ministra i medicamenti, li vergogna ed infama. {Vergognarsi d'altri, perché e di che.} Si vergogniamo altresì dell'altrui vergogne, quando con esso loro abbiamo posto mano in fatti vergognosi e disonorati, come loro auttori, consiglieri, maestri e compagni.

Onde avviene che ancora le leggi, la pietà, il Vangelo ed ogni bell'istituto che invano e senza profitto ricevuto abbia alcun popolo, infamato dall'altre genti sia; come l'imperito medico, il quale importunamente ministra i medicamenti, li vergogna e infama. Si vergogniamo altresì dell'altrui vergogne, quando con esso loro abbiam posto mano in fatti vergognosi e disonorati, come lor autori, consiglieri, maestri e compagni.

Suole ancora modesto uomo ed onesta matrona vergognarsi dell'altrui svergognata licenza. Si vergognano i grandi, quando non si veggiono dai loro sudditi od inferiori rispettati e riveriti: e non solo addiviene che si vergognino, ma si sdegnano e si crucciano fieramente.

Suole ancora modest'uomo e onesta matrona vergognarsi dell'altrui svergognata licenza. Si vergognano i grandi, quando non si veggiono dai lor sudditi, od inferiori rispettati e riveriti; e non sol adiviene che si vergognino, ma si sdegnino e si cruccino fieramente.

Sogliono le proprie laudi in faccia predicate fare vergognare gli onesti ed ingenui animi, sospettando essi, che non siano tenuti arroganti, se con saldo volto le accettano; chi non sa distinguer bene quale cosa veramente gli può far vergogna e qual no e nondimeno fugge quanto può il disonore, per l'esperienza che s'ha de' giovani e giovane e molti dei rustici, vergognansi spesso senza cagione.

Sogliono le proprie laudi in faccia predicate far vergognare gli onesti e ingenui animi, sospettando essi che non siano tenuti arroganti, se con saldo volto le accettano. Chi non sa distinguer bene quale cosa veramente gli può far vergogna e quale no; e nondimeno fugge quanto può il disonore, per l'inesperienza suole, come i garzoni, le giovani donne e molti de' rustici, vergognarsi spesso senza cagione.

{Sfacciatezza, che sia e da essercitata.} Sogliono molti per non conoscere il decoro, perdere la vergogna e divenire sfacciati o perché siano in tal maniera allevati, come i villani et quegli che nati sono da facchini o perché spogliatisi d'ogni rispetto e convenevolezza, dati si sono in preda alle sceleraggini come le meretrici, i ruffiani, i ladroni, i picari e cotali escrementi del genere umano; o perché dalle loro miserie cacciati per disperazione hanno in odio il decoro et l'onore, come i furfanti et cotali sordide et ignominiose persone.

{Che più sono le cause della sfacciatezza.} Sogliono molti per non conoscer il decoro, perdere la vergogna e divenire sfacciati, o perché siano in tal maniera allevati, come i villani e quegli che nati sono da tapini, o guatteri, o perché spogliatisi d'ogni rispetto e convenevolezza, dati si sono in preda alle sceleraggini, come le meretrici, i ruffiani, i ladroni e cotali escrementi del gener umano; o perché dalle lor miserie cacciati per disperazione hanno in odio il decoro e l'onore, come i furfanti e cotali sordide e ignominiose persone.

Sono alcuni che per non vergognarsi dimorano volentieri tra persone delle quali non hanno per la loro bassezza riguardo, come quei signori che per operar più licenziosamente et senza vergogna, vivono sempre tra contadini e rustiche donne; percioché dispregiando essi cotai genterelle, come di gran lunga di loro inferiori, ogni cosa per vergognosa che sia, lecita si fanno.

Sono alcuni che per non vergognarsi dimorano volentieri tra persone delle quali non han per la lor bassezza risguardo, come que' signori che per operar più licenziosamente e senza vergogna, vivono sempre tra contadini e rustiche donne; percioché dispregiando essi cotali genterelle, come di gran lunga di loro inferiori, ogni cosa per vergognosa che sia, lecita si fanno.

Sogliono molto più vergognarsi coloro che non si stimano molto, che quegli che ricercano di parer i più savi et illustri del mondo, anzi quanto più si arrogano et si stimano maggiori di tutti, vanno uccellando l'occasioni di non vergognarsi dove bisogna, per mostrare più la loro impudentissima confidenza. Ma non ha uomo che meglio alla bilancia del vero sappia librar la vergogna del savio, il quale si fa beffe delle vulgari et non vere vergogne. Una cosa medesima sarà più vergognosa una volta dell'altra per rispetto del luogo, del tempo e della persona.

Sogliono molto più vergognarsi coloro che non si stimano molto, che quegli che ricercano di parer i più savi e illustri del mondo, anzi quanto più si arrogano e si stimano maggiori di tutti, vanno uccellando l'occasioni di non vergognarsi dove bisogna, per mostrar più la lor impudentissima confidenza. Ma non ha uomo che meglio alla bilancia del vero sappia librar la vergogna del savio, il quale si fa beffe delle vulgari e non vere vergogne. Una cosa medesima sarà più vergognosa una volta dell'altra per rispetto del luogo, del tempo e della persona.

Cresce più la vergogna, quanto il giudizio, la gravità e l'onestà di coloro che ci giudicano, è maggiore e più venerabile. Non si vergogniamo in cospetto de' fanciulli e d'insensati e stupidi uomini, perché non facciam capitale del lor parere. {La vergogna è in più sorte di persone, quali.} Quanto più sono gravi le persone e ci veggono alcuna sozzura, tanto più sovrabonda la vergogna. Per la qual cosa si vergogniamo più quando disonestamente operando veduti siamo da riportatori e loquaci, che da discreti e pratici.

Cresce più la vergogna, quanto il giudizio, la gravità e l'onestà di color che ci giudican, è maggiore e più venerabile. Non si vergogniamo in cospetto de' fanciulli e d'insensati e stupidi uomini, perché non facciam capitale del lor parere. Quanto più sono gravi le persone che ci veggono alcuna sozzura, tanto più sovrabonda la vergogna. Per la qual cosa si vergogniamo più, quando disonestamente operando veduti siamo da riportatori e loquaci, che da discreti e prattici.

Et molto più si dee vergognare l'uomo di portarsi laidamente in cospetto di qualche suo nemico o di celebratissimo scrittore o di persona, che per le corti tra grandi personaggi conversi, che d'altri; percioché l'uno bramosamente discoprirà le sue vergogne, è gli altri spargere ne ponno il grido, l'un con la voce e l'altro con iscrittura. Amore e stima dell'altrui onorevole condizione guidano seco la vergogna.

Et molto più si dee vergognare l'uomo di portarsi laidamente in cospetto di qualche suo nemico, o di celebratissimo scrittore, o di persona, che per le corti tra grandi personaggi conversi, che d'altrui; percioché l'uno bramosamente discoprirà le sue vergogne e gli altri spander ne ponno il grido, l'un con la voce e l'altro con iscrittura. Amore e stima dell'altrui orrevole condizione guidano seco la vergogna.

Costumiamo ancora di vergognarsi peccando appresso coloro dai quali speriamo alcun bene et ciò per paura di rimanerne defraudati, i segni coi quali notiamo la bruttezza di alcuna cosa e facciamo arrossire il colto in errore, sono i ribuffi, le sgridamenti, li scherni, i motti falsi ed arguti, le villanie, gli atti che contraffanno, i fischi e le voci a bel studio incondite e grosse. Suole arrossirsi il volto per la vergogna essendo ivi la sedia dell'onore, quasi voglia l'animo, che teme l'infamia, velar la faccia col sangue, per dar ripulsa al rinfacciato disonore.

{Che cosa ci fa vergognare.} Costumiamo ancora di vergognarsi peccando appresso coloro dai quali speriamo alcun bene e ciò per paura di rimanerne defraudati. I segni coi quali notiamo la bruttezza d'alcuna cosa e facciamo arrossare il colto in errore, sono i ribuffi, li sgridamenti, li scherni, i motti falsi e arguti, le villanie, gli atti che contrafanno, i fischi e le voci a bello studio incondite e grosse. Suole arrossarsi il volto per la vergogna essendo ivi la sedia dell'onore, quasi voglia l'animo, che teme l'infamia, velar la faccia col sangue, per dar ripulsa al rinfacciato disonore.

La vergogna è il colore della virtù nelle guancie de' giovanotti, disse quel filosofo; e Catone soleva dire che non gli piaceva un garzone che s'impallidisse per vergogna, né un soldato che nel pericolo s'arrossisse, dovendosi tener più a scorno, che la riprensione e più la sospizione, che il pericolo; perché l'uno con la pallidezza suol dare segno di sfacciataggine e l'altro col rossore di pusillanimità e codardia. La paura è propria delli schiavi e la vergogna de' liberi. Suole anco più il vedere, che l'ascoltare una cosa disonesta e schifa con citare maggior vergogna.

La vergogna è il colore della virtù nelle guancie de' giovanetti, disse quel filosofo; e Catone solea dire che non gli piacea un garzone che s'impallidisse per vergogna, né un soldato che nel pericolo s'arrossasse, dovendosi tener più lo scorno, che la riprensione e più la sospizione, che il pericolo e perché l'uno con la pallidezza suol dare segno di sfacciataggine e l'altro col rossore di pusillanimità e codardia. La paura è propria delli schiavi e la vergogna de' liberi. Suol anco più il vedere, che l'ascoltar una cosa disonesta e schifa con citare maggior vergogna.

Onde molti sogliono ne' vergognosi spettacoli o chiudere o divertire od abbassar gli occhi. Le giovanette per natura vergognandosi si sogliono con le mani nascondere gli occhi e la faccia.

{Socrate si vergognava e di che.} Socrate gravissimo filosofo anch'egli dovendo divisare lungamente d'amore, si nascose il volto nel mantello, come se di materia trattasse che indegna fusse del severo costume suo, né senza cagione si dice esser la vergogna negli occhi.

Onde molti sogliono ne' vergognosi spettacoli, o chiuder, o divertir, o abbassar gli occhi. Le giovanette per natura vergognandosi si sogliono con le mani nasconder gli occhi e la faccia. Socrate gravissimo filosofo anch'egli dovendo divisare lungamente d'amore, si nascose il volto nel mantello, come se di materia trattasse che indegna fusse del severo costume suo, né senza cagione si dice: "la vergogna è negli occhi".

La notte con le tenebre sue nasconde la vergogna. Perché gli amanti eleggono la notte per sollazzare con le loro dame, acciò si levi a loro la vergogna al buio.

 

 

Si continua il discorrere della vergogna e si fa vedere l'utilità a chi l'usa in bene e il danno a chi l'usa in male.

 

 

La notte con le tenebre sue nasconde la vergogna. Perché gli amanti eleggon la notte per sollazzare con le lor femmine, acciò si levi a lor la vergogna al buio.

{Vergine virtuosa come e quale.} Sono alcuni di sì generoso animo, che anco quando si ritrovano soli, si vergognano o se fanno cosa che non convenga o se si rammentano d'alcun fatto loro disdicevole. La vergogna per certo talvolta a' coraggiosi disordina e confonde l'animo, il che in molti veduto abbiamo i quali ritrovandosi al cospetto di principi o d'un gran popolo perduti si sono, quantunque valentuomini fussero, nel principio d'un parlamento.

Sono alcuni di sì generosa anima, che anco quando si ritrovan soli, si vergognano, o se fanno cosa che non convenga, o se si rammentano di alcun fatto lor disdicevole. La vergogna per certo talvolta a' coraggiosi disordina et confonde l'animo, il che in molti veduto abbiamo, i quali ritrovandosi al cospetto di prencipi, o d'un gran popolo perduti si sono, quantunque valentuomini fussero, nel principio d'un parlamento.

Un'ingorda brama d'alcuna cosa coglie la vergogna, come negli amanti veggiamo e nello sviscerato affetto verso i figliuoli o la nostra vita. Per questa cagione gli avari perdono ogni vergogna, dove corre il loro interesse. Né molti vecchi si vergognano tra' giovani o perché riputano i giovani inferiori e come figliuoli o perché tengono più conto del commodo loro che dell'onesto et seppur hanno qualche vergogna di loro, questo nasce o perché son ricchi o perché sono loro padroni e signori.

Un'ingorda brama d'alcuna cosa toglie la vergogna, come negli amanti veggiamo e nello sviscerato affetto verso i figliuoli, o la nostra vita. Per questa cagione gli avari perdono ogni vergogna, dove corre il loro interesse. Né molti vecchi si vergognano tra' giovani, o perché riputan i giovani inferiori e come figliuoli, o perché tengon più conto del commodo loro, che dell'onesto; e seppur hanno qualche vergogna di loro, questo nasce, o perché son ricchi, o perché son loro padroni e signori.

{La vergogna è maestra dell'uomo.} La vergogna insomma fu data all'uomo per maestra, laonde i giovanetti e le donne ingenue, gli uni come inesperti e l'altre come molto timide dell'infamia hanno la vergogna per isprone alla fuga del disonore ed al mantenimento del decoro: e perciò si acquetano agevolmente al consiglio de' savi. Non è cosa più profittevole a chi non è pratico ed esperto per sostenere l'onor suo, come l'acquetarsi al giudizio di chi per età, per uso, per costumi e per fama prevale ed il creder alle leggi, agli usi, all'etadi ed ordini de' maggiori.

La vergogna insomma fu data all'uomo per maestra. Laonde i giovanetti e le donne ingenue, gli uni come inesperti e l'altre come molto timide dell'infamia hanno la vergogna per isprone alla fuga del disonore e al mantenimento del decoro e perciò s'acquetano agevolmente al consiglio de' savi. {Perché ci è data la vergogna.} Non è cosa più profittevole a chi non è prattico ed esperto per sostener l'onor suo, come l'acquetarsi al giudizio di chi per età, per uso, per costumi e per fama prevale ed il ceder alle leggi e ordini de' maggiori.

{Vergogna sua utilità.} La vergogna è freno agli uomini e ritegno alle donne, che a brutte e disoneste operazioni non si diano in preda; né si può dire cosa più disdicevole a femina, che chiamarla di perduta vergogna. Sono alcuni i quali, ancorché siano sodi e costanti d'animo, nondimeno se hanno da parlare in publico, tremano a loro le ginocchia, dirompono in sudore grande, come s'avessero a terminare o fremono co' denti o vacillano, balbottano con la lingua o si ristringono le labbra.

La vergogna è freno agli uomini e ritegno alle donne, che a brutte et disoneste operazioni non si deano in preda; né si può dir cosa più disdicevole a femmina, che chiamarla di perduta vergogna. Son alcuni i quali ancorché siano sodi e costanti d'animo, nondimeno se han da parlare in publico, tremano a lor le ginocchia, dirompon in sudor grande, come se avesser a terminare, o fremon co' denti, o vacillano e balbettano con la lingua, o si ristringon le labbra.

La natura in loro essercita le forze sue et a robustissimi uomini ricorda ancora il difetto del poco animo loro. Laonde avviene che fin nel volto a persone gravi talvolta si diffonde subito il fuoco della vergogna. I vecchi liberi non ne sono, ancorché per la copia del colore e del sangue i giovani siano più spesso da questo rossore dipinti e massimamente gli ingenui. Sono alcuni che allor più tenere si vogliono, quando s'infuocano nel volto, come se avessero allora sfogato ogni ritegno di vergogna e tale costume ebbe Sila. {Molti alla presenza dei grandi e di un popolo per vergogna perduti si sono.} Pompeo il grande ne' publici parlamenti sempre (tal era la sua dilicata natura) s'arrossava.

La natura in lor esercita le forze sue ed a robustissimi uomini ricorda ancora il difetto del poco animo loro. Laonde avviene che fin nel volto a persone gravi talvolta si diffonde subito il fuoco della vergogna. I vecchi liberi non ne sono, ancorché per la copia del calor e del sangue i giovani siano più spesso da questo rossore dipinti e massimamente gli ingenui. Sono alcuni che allor più temer si vogliono, quando s'infuocan nel volto, come se avessero allora sfogato ogni ritegno di vergogna e tale costume ebbe Sila. {Che molti alla presenza de' grandi e d'un popolo per vergogna perduti si sono.} Pompeo il grande ne' publici parlamenti sempre (tal era la sua dilicata natura) s'arrossava.

Teofrasto e Demostene, come che eloquentissimi, l'uno dovendo dar diceria al popolo d'Atene e l'altro arringar in presenzia del re Filippo figliuolo d'Aminta di paura e vergogna mutoli si rimasero. Ma che dico io degli antichi; poiché si narra che il Sozzino giurisconsulto, il maggiore due volte ammutì, l'una parlando innanzi al papa Alessandro e l'altra innanzi al serenissimo principe di Venezia Agostin Barbarico.

Teofrasto e Demostene, come che eloquentissimi, l'uno dovendo far diceria al popolo d'Atene e l'altro arringar in presenza del re Filippo figliuol d'Aminta di paura e vergogna mutoli si rimasero. Ma che dico io degli antichi; poiché si narra che 'l Sozzino giurisconsulto, il maggiore, due volte ammutì, l'una parlando innanzi al papa Alessandro e l'altra innanzi al serenissimo doge di Venezia Agostin Barbarico e Francesco Barbato dotto ed eloquente dicitore dovendo parlare innanzi a Filippo duca di Milano dopo 'l primo periodo perduto e confuso rimase?

Questo rossore in alcuni per debolezza di cuore non aviene: ma solo per la novità del fatto, la quale se non sempre conquassa e confonde i non avezzi di stare a fronte a una moltitudine, ti commove almeno e conturba e specialmente quando sono di sangue sottile e agevole a correre al volto. Queste sono naturali mancanze, che nostra voglia non si ponno levare. Partesi e torna il rossore della vergogna secondo la condizione et temperatura del corpo a malgrado nostro.

Questo rossore in alcuni per debolezza di cuor non avviene, ma solo per la novità del fatto, la quale se non sempre conquassa e confonde i non avezzi di star a fronte a una moltitudine, li commove almeno e conturba e specialmente quando sono di sangue sottile ed agevole a correr al volto. Queste sono naturali mancanze, che a nostra voglia non si ponno levare. Partesi e torna il rossore della vergogna secondo la condizione e temperatura del corpo a malgrado nostro.

Perché ponno i rappresentatori di scena et gli infinti amanti isprimere artificiosamente riverenza, sgomento, allegrezza, tremore e pianto; ponno abbassando il guardo parlar in voce sommessa e languida, troncar le parole, fingere il duolo et simular la vergogna; ma il diventar vermigli et pallidi a loro posta non già. Nelle tenebre par che non abbia luogo la vergogna et come conosciuti non siamo, men la temiamo, così avviene agl'immascherati, che fanno cose in quell'abito che conosciuti nel proprio ed ordinario non farebbero punto.

Perché ponno i rappresentatori di scena e gli infinti amanti isprimer artificiosamente riverenza, sgomento, allegrezza, tremore e pianto. Ponno abbassando il guardo parlar in voce sommessa e languida, troncar le parole, finger il duolo e simular la vergogna. Ma il diventar vermigli e pallidi a lor posta non già. Nelle tenebre par che non abbia luogo la vergogna e come conosciuti non siamo, men la temiamo. Così avviene agli immascherati, che fanno cose in quell'abito che conosciuti nel proprio ed ordinario non farebbero punto.

{A tutti conviene la vergogna.} Conviene a tutti la vergogna per preservatrice: ma assai più a donne, acciò non vadan a petto nudo, né faccino atto laido et vituperevole. Onde Dante sgridò le donne fiorentine ch'a suoi dì mostravan il petto nudo, onde disse:

 

Conviene a tutti la vergogna preservatrice: ma molto più alle donne, perché non vadano a petto ignudo, né faccian atto laido e vituperevole. Onde Dante sgridò le donne fiorentine ch'a tempi suoi, come le viniziane a' tempi nostri, mostravano tutto 'l petto ignudo, laddove disse:

 

Oh dolce frate, che vuoi tu ch'io dica

tempo futuro m'è già nel cospetto,

cui non sarà quest'ora molto antica;

nel quale sarà in pergamo interdetto

a le sfacciate donne fiorentine

l'andar mostrando con le poppe il petto. (14)

 

Oh dolce frate, che vuoi tu ch'io dica

tempo futuro m'è già nel cospetto,

cui non sarà quest'ora molto antica;

nel quale sarà in pergamo interdetto

a le sfacciate donne fiorentine

l'andar mostrando con le poppe il petto.

 

{Vergogna gasticatrice, qual sia.} I Persi posti una volta in fuga da' Medi, punti da quella vergogna che gastigatrice si chiama, s'innanimarono, peroché le madri e mogli loro veggendoli fuggire, alzatisi i panni e mostrando loro ignudo il ventre li ripresero dicendo:

- Ah vili e più che noi femine timidi, volete voi forse rientrare nei corpi nostri?

I Persi posti una volta in fuga da' Medi punti da quella vergogna che gastigatrice si chiama, s'innanimarono, peroché le madri e le mogli loro veggendoli fuggire, alzatisi i panni e mostrando loro ignudo il ventre li ripresero dicendo:

- Ah vili e più che noi femmine timidi, volete voi forse rientrare nei corpi nostri?

Essi sì fattamente si vergognarono, che ritornati a combattere animosamente vinsero e rimasero vincitori; {Nomi gloriosi della vergogna.} primizia perciò di virtù dimandarono la vergogna guardiana della fama, ornamento della vita, laude della natura e gloria dell'innocenza. Sono alcuni di sì generoso cuore, che ancorché solitari siano di sé medesimi si vergognano o per aver fatto o perché sian persuasi a fare cosa che brutta sia, onde il famoso Petrarca:

 

Essi sì fattamente si vergognarono, che ritornati a combattere, animosamente vinsero i poco anzi vincitori. Primizia perciò di virtù dimandarono la vergogna, guardiana della fama, ornamento della vita, laude della natura e gloria dell'innocenza. Sono alcuni di sì generoso cuore, che ancorché solitari siano di sé medesimi si vergognano, o per aver fatto, o perché sian persuasi a fare cosa che brutta sia, onde 'l Petrarca:

 

Solo ov'io era tra boschetti e colli

vergogna ebbi di me, ch'a cor gentile

basta ben tanto ed altro spron non volli.

E veggio or ben, sì come al popol tutto

favola fui gran tempo, onde sovente

di me medesimo meco mi vergogno. (15)

 

Solo ov'io era tra boschetti e colli

vergogna ebbi di me, ch'a cor gentile

basta ben tanto ed altro spron non volli.

E veggio or ben, sì come al popol tutto

favola fui gran tempo, onde sovente

di me medesimo meco mi vergogno.

 

Di più pregiata corona non si ponno adornar le donne le chiome loro della vergogna. {Di che si dovemo vergognare specialmente.} Le cose di cui più d'ogni altre vergognar si debbono gli uomini, son queste delle disonestà innanzi ai parenti, che gli han generati; della menzogna innanzi a' presidenti; del delitto innanzi a' giudici; della malvagità innanzi al popolo, di furto e d'un atto ingiusto innanzi ad amico o compagno. Ma il vergognarsi d'esser povero, purché d'atto vizioso non venga, non è vergogna, ma sciocchezza. Il vergognarsi di confessar Dio e la parola sua per timore d'esser beffati dagli empi servi del mondo è pestilente vergogna.

Di più pregiata corona non si ponno adornar le donne le chiome loro della vergogna. Le cose di cui più che d'ogni altre vergognar si debbono gli uomini son queste,delle disonestà innanzi ai parenti, che gli han generati; della menzogna innanzi a' presidenti; del delitto innanzi a' giudici; della malvagità innanzi al popolo; di furto e d'un atto ingiusto innanzi ad amico o compagno. Ma il vergognarsi d'esser povero, purché d'atto vizioso non venga, non è vergogna, ma sciocchezza. Il vergognarsi di confessar Cristo e la parola sua per timore d'esser beffati dagli empi servi del mondo è pestilente vergogna.

Chi si vergogna d'esser nato in servil condizione, ignobile o brutto piuttosto s'appoggia alla falsa opinione de' vulgari, che de' savi, i quali solamente riputano vergogna il dispregio, che per la colpa e per la pena che segua la colpa, risulta. Non è atto brutto né vergognoso la povertà, la bruttezza, l'ignobiltà, la servitù e simili mende della natura e della sorte: ma brutti atti son i vizi e la negligenza e sprezzatura, massimamente del culto di Dio. Non è vergogna l'esser beffato da' scelerati, anzi è infamia l'esser commendato da loro, com'è disonore l'esser laudato per qualche brutto et indegno fatto.

Chi si vergogna d'esser nato in servil condizione, ignobile, o brutto, piuttosto s'appoggia alla falsa opinione de' vulgari, che de' savi, i quali solamente riputano vergogna il dispregio, che per la colpa e per la pena che segue alla colpa, risulta. {Di che si dovemo vergognare specialmente.} Non è atto brutto, né vergognoso la povertà, la bruttezza, l'ignobiltà, la servitù e simili mende della natura e della sorte: ma brutti atti sono i vizi e la negligenza e sprezzatura massimamente del culto di Dio. Non è vergogna l'esser beffato da' scelerati, anzi è infamia l'esser commendato da loro, com'è disonore l'esser laudato per qualche brutto ed indegno fatto.

Chi non sa che gli empi hanno in abbominazione coloro che caminano dirittamente, come fronde volatile è la parola schernevole, per cui si arrossiscano gl'uomini di far bene, temono l'ombra del male, ma non il vero male. Come non è da lodare il rigido e impronto animo di quegli che ci guattano fisamente con guardo canino: così non è da fomentare, ma biasmar la rustica e troppo circospetta vergogna di alcuni teneri e dilicati uomini, che sospettando in ogni occorrenza vergogna et infamia s'arrossiscono, né sanno disdire, ancora che si veggia apertamente alcuna loro sconvenevolezza e danno.

Chi non sa che gli empi hanno in abbominazione coloro che caminano drittamente? Come fronde volatile è la parola schernevole, per cui si arrossano gli uomini di far bene, temono l'ombra del male: ma non il vero male. Come non è da lodar il rigido ed impronto animo di quegli che ci guatano fisamente con guardo canino; così non è da fomentare: ma biasmar la rustica e troppo circospetta vergogna di alcuni teneri e dilicati uomini, che sospettando in ogni occorrenza vergogna ed infamia s'arrossano, né sanno disdire, ancora che si veggia apertamente alcuna loro sconvenevolezza e danno.

Di questi due estremi cotal mezo ritrar si vorrebbe, che né alla sfacciatezza dei presentuosi affrontatori, né alla pusillanimità dei troppo rispettosi e arrendevoli somigliasse. Niuno per vano timore si doverebbe a guisa di cavallo lasciar porre la sella e il freno. Et quanti ne ha il mondo, che per non parer viziosi e inessorabili ad ogni richiesta condescendono per brutta vergogna? A quanti giudici e consiglieri questa villana et estrema vergogna tura la bocca e torce il giudizio?

Di questi due estremi cotal mezo ritrar si vorrebbe, che né alla sfacciatezza dei presentuosi affrontatori, né alla pusillanimità de' troppo rispettosi e arrendevoli somigliassimo. Niuno per vano timore si doverebbe a guisa di cavallo lasciarsi porre la sella e 'l freno. Et quanti ne ha il mondo, che per non parer viziosi ed inessorabili ad ogni richiesta condescendono per soverchia vergogna? A quanti giudici e consiglieri questa villana ed estrema vergogna tura la bocca e torce il giudizio?

{Vergogna rustica e dannosa e qual sia.} Ma che impertinente vergogna hanno quegli che donano affrontati a buffoni e giuocolari ed a letterati modesti ne' lor bisogni non soccorrono? Promettono per vergogna molti, dopo non attenendo la promessa cadono in maggior ignominia e vergogna.

{Vergogna rustica e dannosa.} Ma che impertinente vergogna hanno quegli che donano affrontati a beffoni e giuocolari ed a letterati modesti ne' lor bisogni non soccorrono? Promettono per vergogna molti, dopo non attenendo la promessa cadono in maggior ignominia e vergogna.

Altri grandeggiano sopra le forze, a poco a poco si dileguan dal mondo per vergogna di confessar la miseria loro. Per vergogna si rimangon altri nell'esser mallevadori o nel prestar danari d'aver le loro cauzioni, ma dopo (cotal è la lor scioccaggine) sono costretti per riaverlo a ricorrer ai giudici ed alle leggi con detrimento dell'amicizia. Da tal pazza vergogna molti altri si muovono a far lettere di credenza e di favore a tristi et indegni o per non parer uomini di niuna auttorità o per non saper negare cotali dimande. Ma non è mendosa et inetta la costoro vergogna?

Altri grandeggiando sopra le forze, a poco a poco si dileguan dal mondo per vergogna di confessar la miseria loro. Per vergogna si rimangon altri nell'esser mallevadori, o nel prestar danari d'aver le lor cauzioni. Ma dopo (cotal è la lor scioccaggine) sono costretti per riaverli a ricorrer ai giudici ed alle leggi con detrimento dell'amicizia. Da tal pazza vergogna molt'altri si muovono a far lettere di credenza e di favore a tristi e indegni, o per non parer uomini di niuna autorità, o per non saper negar cotali dimande. Ma non è mendosa ed inetta la costoro vergogna?

Certo sì. Vale assai l'uso, l'essercizio et la cognizion dell'onesto a temperar quest'affetto. Ora a proposito ritornando diciamo che non è men impertinente vergogna il non saper disdire a chi ne invita bere et a giuocare contra il nostro bisogno et talento; come il non sapersi sbrigar da chi c'impaccia et tratiene, quando abbiamo penuria di tempo per nostro negozio: fu ripreso una volta un savio uomo di timidezza, perché non volle giuocar a dadi, ond'egli rispose:

Certo sì. Vale assai l'uso, l'esercizio e la cognizion dell'onesto a temperar quest'affetto. Ora a proposito ritornando diciamo che non è men impertinente vergogna il non saper far disdetto a chi ne invita a bere ed a giuocare contra nostro bisogno e talento, come il non sapersi sbrigar da chi c'impaccia e trattiene quando abbiamo penuria di tempo per nostro negozio. Fu ripreso una volta un savio uomo di timidezza perché non volle giuocar a dadi. Ond'egli rispose:

- Confesso che nelle cose a me sconvenevoli non solo son timido, ma timidissimo. A voi lascio l'ardire in queste.

Ma non è fanciullesca forse la vergogna d'alcune donne, che si scantonano al presentarsi di gentile e riverendo uomo et poi non si arrossiscono a cinguettar tutto il dì col castaldo, co' famigli et co' ragazzi? Dannosissima è quella vergogna quando ad altrui prieghi si lasciamo sedurre quasi nostro malgrado in un luogo sospetto e malsicuro.

- Confesso che nelle cose a me sconvenevoli non solo son timido, ma timidissimo. A voi lascio l'ardire in queste.

Ma non è fanciullesca forse la vergogna d'alcune donne, che si scantonano al presentarsi di gentil e riverendo uomo e poi non si arrossano a cinguettar tutto 'l dì col castaldo, co' famigli e co' ragazzi? Dannosissima è quella vergogna quando ad altrui prieghi si lasciamo sedurre quasi nostro malgrado in luogo sospetto e malsicuro.

E quanti ne sono come pecore al macello guidati per vergognarsi di contradire, dov'era mestiero? Quanti da veleno? Quanti da ferro sono rimasi spenti per questa sconcia e soverchia vergogna? Come ammoniremo chi male si porta negli uffici della città, ne' magistrati, nei famigliari governi? Illecita e mendosa vergogna è per certo questa: ma se si avezzeremo a non lodar un dicitor goffo, un musico disconcertato;

E quanti ne sono come pecore al macello guidati per vergognarsi di contradire dov'era mestiero? Quanti da veleno? Quanti da ferro sono rimasi spenti per questa sconcia e soverchia vergogna? Se alcuno ci stordirà col recitar un numero di versi storpiati e rozi, ovver una prosa dissipita e malacconcia, ma piuttosto per sostenerlo nella sua corrotta imaginazione la commenderemo e ne faremo le maraviglie, ne lo vorremo per vergogna isgannare secondando l'umor suo; come ammoniremo chi male si porta negli uffici della città, ne' maestrati, ne' famigliari governi et ne' principati? Illecita e mendosa vergogna è per certo questa. Ma se si avezzeremo a non lodar un dicitor goffo, un musico disconsertato;

{Sfacciataggine isquisita.} se appareremo a non far buon volto ad un buffon da schiavine, non permetteremo anco che tant'oltre passi un amico che ardisca di chiederci un giuramento falso per suo servigio. Ma come è lecito sfrontar un affrontatore e rintuzzar l'audacia di coloro che ci chieggono cose, che render non vogliono o son illecite: perché anco non lece il divulgare la coloro sfacciataggine, che occupando quello d'altrui gliele negano a buona fronte; e perché altresì non si concede il poter flagellar lo svergognato stile di que' signori, che l'opere dei valentuomini a lor dedicate rinonciano e di notabile ingratitudine le compensano?

e se appararemo a non far buon volto ad un beffon da coltre, non permetteremo anco che tant'oltre passi un amico che ardisca di chiederci un giuramento falso per suo servigio. Ma com'è lecito sfrontar un affrontatore e rintuzzar l'audacia di coloro che ci chieggono cose, che render non vogliono, o son illecite; perché anco non lece il divulgar la coloro sfacciataggine, che occupando quello d'altrui gliele negano a buona fronte? {Sfacciataggini isquisite.} E perché altresì non si concede il poter flagellar lo svergognato stile di que' signori, che l'opere de' valentuomini a lor dedicate renonciano e di notabile ingratitudine le compensano?

Ma non conosco io la maggiore, né la più infame sfacciataggine al mondo di quella di coloro che godendo de' benefici di Cristo e di santa chiesa, non solamente non ne communicano e dispensano a poveri, ma neanco li riconoscono dal lor autore e benefattore. Non si vergognan a peccar gli uomini e poi si vergognan a confessar i peccati. Si vergognerà alcuno a dire una parola sconcia e disonesta e non si vergognerà di trafugare la roba altrui e di usureggiar grossamente, che vergogne sono coteste? Per certo incomposte e soverchie(16).

 

Ma non conosco io la maggiore, né la più infame sfacciataggine al mondo di quella di coloro che godendo de' benefici di Cristo e di santa chiesa, non solamente non ne comunicano e dispensan a' poveri, ma neanco li riconoscono dal lor autore e benefattore. Non si vergognan a peccar gli uomini e poi si vergognan a confessar i peccati. Si vergognerà alcuno a dire una parola sconcia e disonesta e non si vergognerà di trafugare la robba altrui e d'usureggiar grossamente. Che vergogne sono coteste? Per certo incomposte e soverchie.

 

Moralità

 

La modestia e la vergogna, ancorché sia finta, è aggradevole e molto conviene alle donzelle; e gran peccato è l'appropriarsi con inganno le cose altrui; ma chi è tristo per natura sino alla fossa dura e chi di gatta nasce, sorci piglia e se non li piglia non è sua figlia; percioché il lupo cangia il pelo, ma non cangia il vezzo: bisogna guardarsi da incontri tali, aprir molto ben gli occhi e schifare il male.

 

 

 

Aprovechamiento

 

La modestia y vergüenza, aunque sea fingida es agradable y muy decente a las doncellas, y gran pecado el aprovecharse mal de una cosa, de suyo tan buena y loable, para fines malos.

 

 

 

 


DELLA BURLA FATTA AL GUIDONE VESTITO FINTAMENTE DA EREMITA
 
 


Número tercero
 
De la burla del ermitaño
 

Sestine da' piedi rotti, in spagnuolo

 

Fue un hermitaño ladrón,

llamado Martín Pavón,

a dar una pavonada

en la ciudad de León,

y posó en el mesón

en que estaba aposentada

Justina,

gran zahorí y adivina

de gente desta bolina.

Él era muy redomado,

mas ella fue tan ladina

que a puro meter fajina,

le cogió como a un cuitado

sus dineros.

 

Si narrano le pessime azioni di un ladron picaro, che per coprire le sue malvagità, si vestì fintamente da eremita, il quale fu molto bene schernito da Giustina. S'apprende in questo capo a fuggire gli uomini doppi, ippocriti e scelerati; ed ad onoratamente vivere.

 

Sextillas de pie quebrado

 

Fue un ermitaño ladrón,

Llamado Martín Pavón,

A dar una pavonada

En la ciudad de León,

Y posó en el mesón

En que estaba aposentada

Justina,

Gran zahorí y adivina

De gente desta bolina.

Él era muy redomado,

Mas ella fue tan ladina,

Que a puro meter fajina,

Le cogió como a un cuitado

Sus dineros.

 

{Ippocriti, perché sono abborriti.} Tutti i giorni di mia vita volli male e gran male agli vigliacchi ippocritoni e ragioni non mi mancano. Gli cattivi giustamente sono abborriti, per le virtudi che non hanno e che gli mancano e come deboli e fiacchi nel bene operare: ma gli ippocriti solo per quello che hanno e per quello che mentiscono. Oh che stravaganti cose fanno e cercano costoro, rispetto alle virtudi che non hanno? Che chiamano il scimmiotto uomo, il fango oro, il vetro perle e le ribalderie i tradimenti e i ladrocini, tesori d'ogni bene. Il cielo mi liberi da vigliaccherie, che parlo libero et chiaramente e non come fanno queste sirene immascherate.

Todos los días de mi vida quise mal a bellacos hipocritones, y no me falta razón. Los malos justamente son aborrecidos por las virtudes en que faltan como flacos, pero los hipócritas sólo por lo que tienen y por lo que mienten. Caso bravo que quieran éstos que respectemos las virtudes que no tienen, que llamemos al mono hombre, al lodo oro, al oropel perlas y a sus marañas y latrocinios tesoro de bienes. Dios me deje avenir con un bellaco de pan por pan, y no con estos sirenos enmascarados.

{Picaro in abito di eremita.} Nel mio paese ci fu uno di questi tali, tanto gran ladrone, come ippocrita, che in abito di eremita era un finissimo et sottilissimo ladro; e per tale lo fece carcerare il signor correggitore o podestà. Fu egli tanto sottile et eccellente, che se ne fuggì a mezo agosto e se ne andò ad albergare nella stessa osteria ove alloggiava il mio signor ladron, giuocatore di vantaggio et compiuto barro, con il quale aveva e teneva special pratica e stretta parentela, che per questo si addimandavano pavoni.

En mi pueblo hubo uno de éstos, tan gran ladrón como hipócrita, que en hábito de ermitaño era gran garduño; por tal le prendió el corregidor. Escapóse dos días antes de nuestra Señora de Agosto y fue a posar en el mesmo mesón del fullero con quien tenía especial conocencia, porque se llamaban Pavones.

La viliacca, ch'era la pavona, non osava comparire di giorno, accioché non cadessero o perché non ricadessero nel peggio, percioché è molto più dannevole la ricaduta. Per il giusto diritto si fece chiamar Pavone di tutti i più segnalati, occhiuti et picarissimi ladri (come mi disse un mio amico di sincerità) perché uno si addimandava Beccaperle, che ne' loro nomi aveano ciascuno i contranomi o sopranomi significanti la lor qualificata et viziosa qualità, che veniva tra loro ad esser il segno o marca della più fina marca de' ladroni, perché dove potevano arrivare con le mani, non vi bisognavano uncini, né scale.

¡La bellaca que fuera la pava! No osaba salir de día porque no cayesen o porque no recayesen en él, y fuese por la recaída. Al justo le venía llamarse Pavón, proprio de bellacos famosos, según he oído decir a uno que llamaban Pico de Perlas es traer puestos en el nombre el marbete de su marca, como Luthero y Manes, author el uno de los lutheranos y el otro de los manicheos, que el un nombre quiere decir una cosa sucia en su lengua, y el otro, Luthero en la nuestra significa una cosa de burla y mofa.

Pavón se llamaba, y es proprio este nombre para que por él y por las cualidades desta ave me vaya yo acordando de las malas y perversas bellacón.

{Pavone vuol dir ladrone.} Uno della mia terra soleva dire, come hidalgo pratico, che a rubar bene si richiede destrezza, accortezza, fortezza, leggierezza ed una cavezza per disgraziati, perché rubano per gli altri e non per sé. {A rubare, ciò che se gli conviene.} Costui si chiamava Pavone e gli conveniva questo nome, perché così per lui, come per le qualità del pavone si faceva una concordevole melodia di molte picaresche e perverse qualitadi di questo solenne vigliaccone.

{Il picaro eremita assomigliato nelle vigliaccherie al pavone.} Il pavone è propria figura di un ippocrita: perché li pavoni hanno speciali proprietadi, che l'uno mentisce l'altro e in parola di verità pare una cosa et è un'altra. Tiene il pavone nella testa un indizio d'imperare avendo una cresta la qual dinota bellezza e gentilezza, come quella del gallo ed ha il potere come di serpente: il maschio è molto debole e di poca forza e la femina è di così poco calore, che il più delle ova che se lo sottopongono per covare, rimangono sceme e senza alcun frutto.

El pavón es propria figura de un hipócrita, porque tienen propriedades tales los pavones que unas desmienten a otras, y en hecho de verdad, parece uno y es otro. Tiene el pavón en la cabeza crestas en las cuales denota lozanía como la del gallo y poder como de serpiente, pero el macho es muy flaco y de pocas fuerzas y la hembra de tan poco calor que los más huevos que pone los enhuera.

{Martin Pavone ladro e suoi ladronecci.} Tal era il mio Martin Pavone: chiunque udirà dire, avanti che egli si ritirasse, aveva servito il re in Oram, in Malta ed altre frontiere, pensarà ch'egli sia stato un gallo di cento creste, il quale per la sua vaghezza e bellezza e canto vince ed atterisce il leone, poderoso animale, temuto da tutti gli uomini;

Tal era mi Martín Pavón. Quien le oyera decir cómo antes que se recogiese había servido al rey en Orán en Malta y otras fronterías, pensara que era gallo de cien crestas, que es tan lozano que vence al león, y poderosa serpiente temida de todo hombre.

non vi è uccello che così dolcemente canti il suo nome, come egli cantava le prodezze delle sue picare vigliaccherie: ma quando era sovragiunto nel errore, era così gran poltrone, che nulla più, eccetto che nelle battaglie di tagliaborse e ferariuoli et nelle guerre delle galine, caponi e polastri, pecore, porci, vitella, buoi, muli e cavalli, niun'altra opera celebre fece, né altro uccise o troncò il capo, che ad animali di doi piedi e di quattro talvolta domestici, degli altri ne faceva vendetta.

No hay cuclillo que así cante su nombre como él cantaba y cantaba sus hazañas, pero venido al fallo era tan grande lebrón que, si no es en la batalla de cortabolsas y en la guerra de gallinas, nunca otro acometimiento hizo ni otra cabeza cortó.

{Il pavone è occhiuto, ma non vede.} Il pavone è tutto pieno d'occhi, eppure vede così poco, che se la pavona si nasconde, giamai la può discoprire, si lei da se stessa non si discopre.

El pavón todo está lleno de ojos, y ve tan poco, que, si la pava se le asconde, jamás la puede descubrir hasta que ella quiere.

Questo vigliaccone aveva tanti occhi, come lingue et più che un spione, per vedere e censurare le vite altrui, che perciò impiegavasi continuamente in dar memoriali e notificare li concubinati e altri errori non di pesce, ma di carne, che accadevano in Mansiglia. Onde per tal cosa le povere garzone dell'osterie erano forzate a ritirarsi e non esser più affabili come solevano; tuttavia verso di chi li pareva, chiudeva gli occhi e lasciava trascorrere di molte cose che trapassavano le oneste pedate.

Este bellacón tenía tantos ojos para censurar vidas ajenas, que nunca hacía sino dar memoriales y en ellos noticia de los amancebados y amancebadas de Mansilla. Teníanos enfadadas a las pobres mozas de mesón, y él tenía tres, por falta de una, todas hormas de su zapato.

{Pavone sua carne è pessima.} Chi vedrà un volatile così bello e così gentile come un pavone pensarà ch'egli abbia carne più dilicata o gentile, che il pavone d'India, ma in parola di verità ella non è men cattiva, anzi pessima, negra e dura. Così chi vedrà questo ippocritone, caricato delli occhi altrui per le vigliaccherie sue, discalzo, con la faccia macilente, affumicato e tutto squalido, pensarà che sian sue proprie miserie e questa è una calamita che tira gli occhi altrui a mirarlo et a compassionarlo:

Quien viere una ave tan linda como un pavón, pensará que tiene la carne más blanda que el pavo de Indias, mas en hecho de verdad, no la hay más mala, más negra ni más dura. Así, quien viera a este hipocritón tan cargado de los ojos de todos como de trapos, descalzo, maganto, ahumado, macilento, pensara que sus proprias miserias le pusieran ojos y compasión de las ajenas,

ma però all'incontro egli era un Neron ladro, che dove poneva le mani, rubava ed assassinava il meglio e senza verun rispetto; veggasi che anima era questa da riporre al governo d'un ospitale. {Qualitadi pessime di uomini cattivi.} Credete voi che egli avesse partito il suo mantello e la sua cappa e data la metà a poveri? Non, no certo. Io so che vi fu un cittadino che gli diede un manto confidentemente a salvare et per usar la carità lo partì per metà, dando a quello l'una parte et tenendosi l'altra per sé e però non per dare, ma per pigliare chiamavasi di Martín Pavon.

pero era un Nerón, y donde él hurtaba con mejor denuedo era en los hospitales. ¡Qué ánima ésta! ¿Quién fuera a él en confianza que había de partir con ella la capa como San Martín? Yo sé que se le averiguó que de un manto que le dieron a guardar partió la mitad, pero no para dar, sino para tomar..., y llamábase Martín.

{Azioni di un vero ippocrito.} Il pavone ha il petto dorato et di colore di finissimo zaffirro, ma i piedi son brutti ed abbominabili. Così chi vedesse la modestia di costui penserebbe che fusse tutt'oro quello che in lui fintamente riluceva: stava mesto, sempre aveva l'officio in mano ed in recitando dava sospiri, anzi erano fischi, come di uno che suppia o spira in una chiave;

El pavón tiene un pecho dorado, de color de finísimo zafiro, pero los pies son feos y abominables; así, quien viera la modestia, pensara que era oro todo lo que en él relucía. Hacía que rezaba y daba el silbo como cañuto de llave;

sospirava e sospirando rendeva tremore e timore; flagellavasi e nel flagellarsi pareva che il mondo cadesse per li suoi singulti; insomma faceva mille finti giuochi, che appunto pareva un zaffirro di vera ippocrisia. Ma i suoi passi erano negri e brutti, perché impiegavali molto male, non essendovi borsa che egli non conquistasse, né donna che egli non solecitasse; et se il tiro non gli riusciva, ritornava all'atto della ippocrisia, flagellandosi per esser tenuto uomo dabbene.

sospiraba, hacía ruido como que se azotaba y hacía mil embelecos con que parecía un zafiro de santidad en la tierra, mas sus pasos eran negros y feos, que ni había bolsa que no conquistase ni mujer que no solicitase, y en saliendo el tiro en vano echábalo por lo de Pavía y tornábase a azotar a santo.

Il pavone è di terribile et spaventevole voce, ma nel caminare va tanto piano, che pare ch'egli abbia i piedi foderati di fina e folta felpa, come hanno i scaltri e fini ladroni. Alle volte dava stridi, esclamando e dicendo che fussimo buoni.

El pavón es de terrible y espantosa voz, mas los pasos tan sin sentir como si pisara en felpa. Así, éste daba gritos que fuésemos buenos y metía más herrería que un Ferrer,

Di notte nel suo picciol albergo non si udiva se non catene di ferro, ceppi, manette, stafili di catenelle pur di ferro, che nel silenzio notturno tutto pareva l'albergo della vera astinenza e che ivi fusse un fabbro, che ad altro non attendesse che ad apparecchiare nuovi ingegni per altrui tormentare.

mas de noche, sin sentir, descorchaba cepos y ganzuaba escritorios con el silencio que si fuera llover sobre paja.

Il pavone alla vista par bello, ma la sua voce è orrida,et i passi ha di fin ladron, simili a quegli di Martín Pavon: guardinsi da simili pavoneggiamenti, come pestiferi et avvertasi che se Spagna n'è piena, il resto non è voto.

 

 

Giustina segue a raccontar le furbarie del finto eremita e con graziosa maniera le fa una bella burla.

 

 

En suma el pavón tiene figura de ángel, voz de diablo y pasos de ladrón: puro y parado Martín Pavón.

Se non vuoi che 'l si sappia, nol fare. Infine tutta la sua vita et le pessime operazioni sue si scopersero: fu preso e carcerato, ma finalmente se ne uscì libero e sciolto, percioché (come ti dissi) era tutto ingegno et avea che dare. Era più ingegnoso, che 'l topo; avrebbe fatto i piedi e la coda alle mosche et gli occhi alle gatte; era egli plusquam commento finissimo picaro e più penetrante dell'oglio di sasso.

En fin, como no hay cosa encubierta si no es los ojos del topo, vínose a saber su vida y milagros. Prendiéronle. Soltóse.

Avea seco di molti reali: se ne venne a leone a dar una pavonata nelle feste d'agosto. Stavasi in abito di eremita e per buona sorte alloggiò nel mio stesso albergo e lo vidi la primas sera a un'ora di notte, ma non lo conobbi: lo conobbi bene il giorno seguente, ma egli non conobbe me; {Due fingimenti picareschi notabili qui si narrano.} anzi il mariuolo vedendomi pigliò un libro in mano, ch'egli disse si chiamava la Guida de' Peccatori (oh che guidone!) ed io come peccatrice sviata e fuori del diritto camino, mi accostai a lui, accioch'ei mi guidasse nel ben fare.

Llevaba muchos reales. Fuese a León a dar una pavonada en las fiestas de agosto. Estaba en el mesón en hábito de ermitaño. Vile a las dos de la tarde, otro día después del tiro del rezmellado. Conocíle y no me conoció, y en viéndome tomó un libro en la mano que decía llamarse Guía de Pecadores, y yo, como pecadora descarriada, lleguéme a él para que me guiase.

Egli ben s'accorse che la donzella che a lui accostata s'era, non putiva; tuttavia non mi volle mirare maliziosamente, dandomi ad intendere che lo faceva per non cadere nella tentazione e m'avicinai a lui così vicino con il corpo, come egli molto più m'era vicino con la volontà. Da valent'uomo, con ogni umile riverenza salutomi dicendomi:

El bien vio que la moza que entraba no hedía, mas no me quiso mirar en tientas, dando a entender que lo hacía por no caer en la tentación. Yo me llegué tan cerca dél con el cuerpo como él lo estaba con la voluntad.

Saludóme humildemente, diciéndome:

- Dio sia nell'anima vostra sorella cara.

Io confesso che come quella che non era essercitata in queste salutazioni spirituali, non seppi, né mi si offerse cosa che risponderli; solo dissi:

- Lodato sia Iddio.

Et ei disse:

- E così sia.

{Sotto coperta di bontà s'inganna altrui.} Già ch'egli mi trovò apparecchiata et tale, che a suo parere non ero boccone da dar a' cani, dissemi:

-Dios sea en su alma, hermana.

Yo confieso que como no estaba ejercitada en esas salutaciones a lo divino, no se me ofreció qué responder, porque ni sabía si le había de decir et cum spiritu tuo, o Deo gratias, o sur sum corda, mas a Dios y a ventura, díjele:

-Amén.

Ya que me tuvo parada, y tal que a su parecer no era censo de al quitar, me dijo:

- Figliuola è ben dovere che diamo principio a leggere questo divoto e fruttuoso libro e particolarmente questo capitolo, che or ora ho cominciato, perché sendo cose di Dio, non è ragione che le lasciamo per le cose terrene, vane, caduche e transitorie dal tetto in giù.

-Hija, razón será que se acabe de leer este capítulo que tengo comenzado, porque como son cosas de Dios, no es razón que las dejemos por las terrenas, vanas, caducas y transitorias de las tejas abajo.

Quando io udii quel dal tetto in giù, sospirai un sospirazzo, con un sospirone appresso immediatamente, che poco mancò ch'io non facessi tremare le colonne di Pampalona, come quando la città sparò quelle orribili moschetate. Egli proseguì il suo sermoneggiarmi e dissemi:

Yo, cuando oí aquello de las tejas abajo, sospiré un sospirazo que por pocas hiciera temblar la taconera de Pamplona, como cuando la ciudadela mosquetea.

El prosiguió con su sermona:

- Potrebbe essere, figlia mia, ch'io la incamminassi per la via del cielo, perch'io andarò tocando alcuni punti, toccanti alla salute dell'anima, che poscia avrà comodità di ben bene considerarli e dopo considerati communicar meco i pensieri ed il frutto, che sentirà d'aver concetto in sé, che in breve divenirete perfetta serva del Signore.

{Becco castigliano, che sia.} Per dieci ch'egli servò di fuori tutti cotesti suoi pensieri, coperti con lana di becco castigliano, che in verità mi annoiò ed infastidì di sorte tale, che gli troncai il filo et attesi a convertir lui e dissegli:

-Podrá ser, hija mía, que la haya encaminado el Espíritu Santo, para que oya algo que le aproveche, y si tiene algo tocante a su alma, después habrá lugar para comunicarlo.

Pardiez, por entonces tapóme y hízome oír lo que bastó para enfadarme, y díjele:

- Padre mi io sono informata della sua divota vita e perché mi trovo tanto afflitta, grande bisogno io ho d'essere consolata e la consolazione spero riceverla dalla vostra caritatevole bontà; e tanto più ch'è cosa che molto importa alla salvazione dell'anima mia.

-Padre mío, yo traigo lengua de su buena vida y tengo necesidad de consolarme con su reverencia. Traigo priesa y no me puedo detener. Ruégole que, si es posible, deje eso por ahora y oya una cosa que quiero comunicar con él, que importa a la salvación de mi alma.

Egli allora (che non desiderava altra cosa, se non che aspettava occasione corrispondente al suo desiderio) lasciò il libro e lo serbò a parte, {Canto piano picaresco.} e per consolarmi mi prese la mano, che fu un consolarmi con arte di canto piano, che comincia per la mano. Oh che vigliaccone era costui! Ma io, che non era men vigliacca di lui, attendeva al mio fine, perché, se egli tentava una cosa per consolarsi et io ne intentava un'altra con un contrapunto a gabbarlo: lo avvantaggiai nella diligenza e gli proposi un pensiero e disseli:

Él entonces, que no quería otra cosa, sino que aguardaba a que yo le hiciese el son, dejó el libro, y aun y aun asomó a quererme consolar por la mano, por consolarme en arte de canto llano, que comienza por la mano. Mas yo, como intentaba consuelos en contrapunto, ahorréle esta diligencia, y propuse y dije:

- Padre io sono una povera giovane, ma onorata e hidalga maritata in un mercatante, che fa battere oro; sono nativa di Maiorca et io venni con un mio parente a questa devozione della benedetta madre d'Iddio et a starmene qui alcun giorno in casa d'una delle prime cittadine e devote, che siano in questa città, facendo qualche lavoro, per vivere de' miei sudori; ma la sorte mi fu nimica. Udite per carità, vi prego.

-Padre, yo soy una mujer honrada casada con un batidor de oro. Soy natural de Mayorga. Vine aquí con unos parientes míos a las fiestas de la bendita Madre de Dios y a estarme aquí algunos días en casa de una prima mía, beata, haciendo algo y comiendo de mi sudor.

{Giustina finge gli sia stato rubato tutto il suo avere e chiede aiuto all'eremita.} Io aveva una borsa con alcuni ori per mio refugio, la quale mi è stata rubata et non si sono contentati di essa, che rubato mi hanno anco i vestiti et quanto di buono avevo meco. Ora mi vedo in tal stato et in tanto mala condizione et con molta più tentazione, ch'io sto a rischio di fare un mal giuoco et di capitar poco bene, con affronto et macchia del mio nobile legnaggio:

Hanme hurtado la bolsa y algunos de mis vestidos y la almohadilla y los majaderos que traía para hacer puntas de palillos, que las hago muy buenas. Véome tal, que estoy a pique de hacer un mal recado y afrentar a mi linaje.

pregovi padre per carità ed ove non vagliono i prieghi, supplichino queste mie cadenti lagrime a movervi a compassione di me; e perché io so che gente benedetta, come voi, ha domestichezza con molti signori e con onorati cittadini e mercatanti et chi ha cotal amistà con voi, lo averà anco verso di me per giustizia, però ne supplico ad intercedere per me quel più maggior soccorso, che mi bisogna, accioché in tanta mia necessità ed afflizione riceva dalle caritative anime il mio desiderato sollevamento. Non resterò di dirli anco che se ella avesse preso di sé alcun aiuto, me ne faccia parte.

Por caridad, le ruego que, pues la gente bendita como su reverencia tiene mano con los señores honrados y ricos, y también quien tiene mano para ricos la terná con la justicia, que dé orden cómo me socorran, y si su reverencia tiene algo, reparta conmigo.

Risposemi e dissemi molte cose, che davano indizio d'un castissimo uomo, se egli non costringeva con la forza, per isforzare la persona che era. Diceva veramente senza alcun dubbio buone cose; ma però con una coperta tale, che distruggeva la sostanza della dottrina, che ben pareva che opera fusse di differente auttore, perché la sustanza odorava di bene e la coperta odorava d'inferno. Oh quanti ce ne sono che sotto nome di buoni, sono peggiori che diavoli!

Respondióme y díjome muchas cosas que de suyo provocaran a castidad, si él no castrara la fuerza dellas con ser quien era. Decía sin duda, buenas cosas, pero con un modillo que destruía la substancia de la dotrina, que bien parecía obra de diferentes dueños, pues la sustancia olía a Dios y el modillo a Bercebú.

Dopo d'aver detto l'uno e l'altro lunghi et larghi discorsi, tanto cattivi da intendersi come buoni da sospettare, non potei far opera che mi valesse, {Consiglio di uomo pessimo.} solo iscopersi che in buona lingua mi consigliava che io morissi di fame, nell'amor di Iddio, se pensava esser buona e se cattiva egli mi offeriva la sua camera: e che minor scandalo era l'appigliarmi a lui con segretezza, che con niun altro. E che quanto al procurar il mio aiuto con gentiluomini ed altri, vedendolo renitente, creo che nel suo cuore egli dicesse che non poteva caminare, avendo la gotta della giustizia;

Después de alargar arengas, tan malas de entender como buenas de sospechar, no pude atar cosa que dijese, sólo colegí que en buen romance, me aconsejaba que muriese de hambre en amor de Dios, si pensaba ser buena, y si mala, que él me aplicaba para la cámara, y que menos escándalo era que entre Dios y él y mí quedase el secreto; y que cuanto al pedir para mí, pienso que dijo que tenía gota y no podía andar,

e che quanto al darmi de' suoi denari, che egli non ne aveva e che piuttosto cadesse dal cielo un folgore e gli abbruciasse le mani, che con esse toccasse denari e quanto più il tenerlo conservato. Mi venne collera del procedere falso di questo ingannatore. Sempre è cabbato quel che più si fida et è gran ventura trovar buona guida. Io sapeva benissimo che questo doveva essere il primo atto di questa picaresca comedia: però io andava con la piana da pulire, per lisciar ben legno della sua ruvidezza, {Astuzia volpina di Giustina.} e dissegli:

y cuanto a darme de su dinero, que él no lo tenía, y que antes un rayo abrasase sus manos que en ellas cayese dinero, cuanto y más tenerlo.

¡Tómenme el despecho del ermitaño! Ya yo sabía que éste había de ser el primer auto, pero yo iba pertrechada de fajina. Díjele, pues:

- Ahi non piaccia a Dio ch'io faccia male o danno alcuno, ad un servo suo, come sete voi.

Ma parlando con me medesima, dicea:

- Già che deve seguire alcun danno, meglio è che lo patisca costui, perch'è il maggior picaro vigliacco che sia in tutto il mondo, perché era minor errore, essendosi da se stesso posto nella rete; la macchia in panno villano non gli rende danno, ma bensì profitto e molto profitto. Qui ci vuole coraggio ed il malanno vada a cader dove vuole.

Ritornai a battagliarlo e dissi:

-¡Ay, padre! ¡No quiera Dios que yo llaga mal a un siervo suyo como él! Ya que yo haya de serlo, acá con estos bellacos del mundo es mejor, porque lo uno es menos pecado, porque es caza que se sale ella al encuentro es mancha en más ruin paño y es más a provecho; en fin, saca el vientre de mal año.

- Ahi padre, voglio narrarvi la mia debolezza, giacché vi ho cominciato a dire tutta la vita mia, con tanta verità e sincerità, poiché a ciò fare mi sforza il vederlo tutto umano e tutto pietà e m'assicuro che grande compassione averà di me. Saprà vostra signoria che un servitore dell'ammirante, uomo molto gentile e cavaliero, podestà o correggitore d'una certa terra non molto di qui distante, ch'è venuto in questa città mi ha offerto molti reali, accioché lo compiacessi ne' suoi gusti; e se il cielo e voi padre non vi rimediate, dubito, non avendo altro riparo, di prendermi la carica, per non cader in peggio.

¡Ay, padre!, quiérele confesar mi flaqueza, ya que le he comenzado a decir toda mi vida con tanta verdad y me parece tan humano que se compadecerá de mí. Sabrá, padre, que un criado del Almirante, muy gentil hombre y caballero, corregidor de cierto pueblo suyo aquí cerca, que ha venido aquí a León, me ha ofrecido muchos reales porque acuda a su gusto, y si Dios y él, padre, no me remedian por otra vía, pienso echarme con la carga.

{Ippocrito perfetto.} Quando egli udì correggitore vicino alla città di Leone e servitore dell'ammirante, subito sospettò (come colpevole e divenne tutto pauroso) s'era quello di mansiglia e dissemi:

- Giesù! Chi è cotesto malvagio giudice e di che terra? Dio abbia pietà, per sua misericordia, di un popolo governato da un tal uomo e di così poco governo. Ditemi figliuola: di che terra sete, accioché io vi raccomandi a Iddio?

Él en oyendo corregidor de cerca de León, criado del Almirante, luego sospechó, como culpado y temeroso, si era el de Mansilla, y preguntóme:

-Jesús! ¿Quién es ese mal juez o de qué pueblo? Dios tenga piedad, por su misericordia, de pueblo gobernado por un hombre de tan poco gobierno. Decidme, hija, de qué pueblo es, para que yo le encomiende a Dios.

Io, con innocenza apparente, mi diedi una palmata nella fronte e dissi:

- Sono tanto afflitta, tormentata e bersagliata dai travagli, che a dirgli il vero non me lo ricordo, so bene ch'ella è tre leghe lontana da qui.

Et egli disse:

- È ella di Mansiglia?

Gli risposi:

Yo, con inocencia aparente, me di una palmada en la frente, y dije:

-No se me acuerda; bien sé que es tres leguas de aquí.

Él me dijo:

-¿Es Mansilla?

Respondíle:

- Sì sì sì, questa è d'essa: e qui è venuto il correggitore a vedere le feste et quando m'ha veduta, dissemi che se io gli voglio far piacere, che altre feste, né piaceri non è per cercare.

{Il peccato genera gran timore.} Allora tutto si conturbò egli e tanto timore se gli aventò addosso e dubitò non poco ch'ei fusse venuto a buscarlo e carcerarlo; e con la presenza della sua persona usar verso di lui straordinarie diligenze per averlo nelle mani; e perch'io gli dissi che di ciò non s'inquietasse, mi rispose:

-Sí, sí, sí ese es el pueblo. Y ha venido aquí el corregidor a ver las fiestas, y como me ha visto a mí, dice que si yo le hago placer, no quiere más fiestas.

Lo que él se inquietó y azoró no se puede significar, porque se le traslució que le venía a buscar y a prender y a hacer extraordinarias diligencias, pero el hipocritón, como yo le dijese que no se inquietase, me respondió:

- Non vi spaventate punto figliuola, che le offese di Dio in un petto cristiano sono polvere che lo minano e fanno che la creatura s'inquieta ed esce di sé; però con tutto questo ditemi figlia: questo correggitore sa egli che dimorate qui? Non vi potete voi nascondere da lui? Di più, se io vi buscassi danari, come fareste voi a nascondervi?

A questo gli risposi:

-No os espantéis, hija, que las ofensas de Dios en el pecho de un cristiano son pólvora que le minan y hacen que se inquiete y salga de sí. Pero con todo eso, decidme, hija, ¿ese corregidor sabe adónde vivís?, ¿no os podíades vos esconder dél? Ítem, si yo os buscase dineros, ¿cómo le habíades de huir el rostro?

A esto le respondí:

- Padre, il signor correggitore molto bene sa ch'io abito qui, a m'ha fatto dire che in questo albergo ha egli da venire questa notte, per un certo suo importante negozio; ed è che di sicuro vuole far prendere un famoso ladrone, che in Mansiglia si chiama il Pavone, il quale se n'è fuggito dalle sue carceri et ha per spia che costui è in Leone. Io credo che molto non possono stare con le sue genti a venire: però, se punto è caritade in voi, pregovi a prestarmi alcun soccorso, certo facendovi che dal Signore ne riceverete ampia ricompensa;

Padre el corregidor bien sabe que yo poso aquí, y dice que aquí, a este mesón donde estamos, ha de venir a la noche, y que para esto tiene un buen achaque, y es que anda espiando un famoso ladrón que en Mansilla llaman el Pavón el cual se le fue de la cárcel de Mansilla y se vino aquí a León, y creo no tardarán mucho en venir.

et io ricevendo aiuto, con facilità mi ridurrò in luogo sicuro, perché subito metterei in ordine le mie giumente et me n'anderei questa notte a Nostra Signora del Camino, con le mie compagne, che ancora loro vengono a questa divozione: e per appartarmi da loro, nell'andarvi, dirò che mi conviene andare con prestezza a Mansiglia et che di meno non posso fare et con questo modo licenziarommi dalle parenti et dalle compagne.

Mas si su reverencia me buscase algún remedio, muy fácilmente me escaparía yo dél, porque aprestaría luego mi jumentilla y iríame esta noche a nuestra Señora del Camino con mis compañeras, que van allá todas, y si me dice algo, diréle que en la romería se verá su negocio; en la romería excusaréme con mis parientes y compañeras, diréle que me lleve a Mansilla, que es camino de mi pueblo;

Et subito giunta collà avvisarò sua moglie, accioché lo possa cercare e prestargli ogni aiuto, come dee fare una buona moglie verso il suo marito. Ma il punto sta che avendo impegnato il manto nuovo, una vesta et una sottana, mentre sono dimorata qui, che debbo et come poss'io fare? Ahi sventurata me!

Et qui subito mi diedi in preda al pianto.

en Mansilla avisaré a su mujer que mire que su marido anda perdido y le recoja, y con esto iré mi camino y él se quedará en su casa. Pero si voy sin manto a mi casa y sin la hacendilla que traje aquí para entretenerme algunos días, ¿qué he de hacer?

Allora il vigliaccone si alterò non poco et tanto più intendendo che il correggitore venir doveva quella notte et che lo averebbe trovato in fragrante. Nulladimeno ebbe ancora tanto ardire il picarone di volermi fare un altro sermoncino, però con miglior metodo del passato, perché la conclusione fu il darsi una palmata e confortandomi, disse:

Entonces el bellacón se alteró aún más, viendo que si el corregidor venía, le había allí de coger in fraganti. Con todo eso, me hizo otro sermoncete, pero con mejor método que el pasado, porque la conclusión fue darse otra palmada en la frente, confrontábamos, y decir:

- Già, già il Signore ha proveduto, lodata sia la sua divina bontà; io e non so come, mi trovo alcuni denari et credo certo siano per sovenire alle vostre necessitadi: aspettate qui, ch'io andarò a trarmeli fuori.

E poco dopo se ne ritornò et dissemi:

- Sorella nel Signore, con questo patto io vi do questi denari, che per ogni reale recitate un rosario.

-¡Ya, ya, alabado sea el Redentor! Algún ángel dejó aquí unos dineros de un mi compañero para tal necesidad. Yo me quiero atrever a tomárselos, con que vos le recéis otros tantos rosarios como os doy de reales.

{Giustina cava danari dalle mani del picaro finto eremita.} Et ciò detto cavò dal seno sei scudi d'oro e me li pose in questa mano mia destra peccatrice et in quel punto finsi un timore et tremore di pura vergogna per avermi egli preso et toccato la mano et restai muttola et egli altresì più muttolo et senza scudi. S'approssimò la sera, egli s'absentò et io me ne fuggì.

Dicho esto, sacó de un zurrón seis escudos y me los puso en estas manos pecadoras. Juntáronse su temor y mi contento para que ni él me dijese otra palabra ni yo a él. Fuime.

Il giuoco mutò partita, perché egli si accompagnò col picaro giuocatore et io posi all'ordine la mia giornata et me ne andai con celerità.

Él luego mudó de traje y se fue a ver con el fullero. Yo ensillé mi burra y marché, porque los Pavones no me cayesen en la treta.

Pavón fue éste que en mi vida más supe dél, que ha sido mucho para la mucha tierra que he visto y para la dicha que he tenido en encontrar con bellacos.

Il barro giuocatore dalli occhi rovesci non mi vide mai più, però mi scrisse alcune lettere et io gli risposi.

Del Pavone ladron, finto eremita, non seppi mai novella alcuna, solo che una lettera alla quale non risposi, perché di vigliacchi pari suoi non se ne deve tener conto.

El del ojo rezmellado no me vio jamás, pero escribióme una donosa carta, y yo en respuesta, otra no menos,

Per mia fé, che sebbene ti doverei riferire la partita mia di Leone et la ritornata alla mia terra di Mansiglia, lo farò dopo averti sodisfatto delle lettere accenate qui di sopra, le quali credo che grandissimo gusto siano per darti.

y por mi fe, que aunque sea detener la historia de la vuelta de León a mi tierra, te he de referirlas, y si te parecieren larga cartas, ya te he dicho que yo siempre peco por carta de más, y si buenas, holgaréme de que encartaré gente honrada.

 

Moralità

 

Gli ippocriti sono gente che non vivono in communità e fanno ostentazione di essercizi di devozione, d'abiti inventati, solo per coprir le loro ribalderie e per ingannar le semplici genti; sicché sempre furono tenuti per uomini di sospetto e lontani dal camino delle virtù, che però il fuggirli ed il scacciarli sarà sempre cosa di profitto e nel particolare et nell'universale. Fuggire si deve anco la conversazione e pratiche di donne triste, perché simili genti o che scotano o intingono o abbruciano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aprovechamiento

 

Hipócritas y gente que no viven en comunidad y hacen ostentación de ejercicios y ceremonias y hábitos inventados por sólo su antojo, siempre fueron tenidos por sospechosos en el camino de la virtud.