Parte seconda, libro II, capitolo I (edizione complanare)
   
   


DELLA VITA DELLA PICARA GIUSTINA DIEZ
 
Parte II. Libro II
 
DELLA PELLEGRINA DI LEONE
 
Capitolo Primo
 
Della dormigliona, pellegrina risvegliata
 
Numero Primo
 


Capítulo cuarto
 
De la romera de León
 
Número primero
 
De la romera dormida y dispierta
 

Sonetillo de sostenidos

 

Ni dormida mas dispierta,

ni dispierta mas dormida,

ni ganada(1) mas perdida,

ni perdida mas alerta.

Fisgona mas encubierta,

devota mas sin rezar,

pagadora mas en venta,

veladora mas en vano(2),

cubierta mas descubierta,

cosiente mas descosida,

gineta mas a la brida,

huéspeda mas sin pagar

cual este numero cuenta,

jamás la vido christiano.

 

 

 

 

 

Giustina in abito di pelegrina si parte da Leone; discorre del sonno tra se stessa; narra diversi costumi e burle fatte a' diversi.

 

 

Un sonetillo de sostenidos

 

Ni dormida más dispierta,

Ni dispierta más dormida,

Ni ganada más perdida,

Ni perdida más alerta.

 

Cubierta más descubierta,

Cosiente más descosida,

Jineta más a la brida,

Fisgona más encubierta.

 

Devota más sin rezar,

Pagadora más en venta,

Veladora más en vano,

 

Huéspeda más sin pagar,

Cual este número cuenta,

Jamás la vido cristiano.

 

Già ch'io ho dato conto di quanto mi successe in Leone e del germoglio che d'indi a nove anni produsse, il quale posi insieme, accioché si conoscesse più da vicino la materia che trattavan le carte, però voglio che ne scartiamo alcune per caminare innanzi, dandovi conto di questa mia giornata.

Ya que he dado cuenta de lo que me sucedió en León y del retoño que de ahí a nueve años hubo, lo cual puse junto porque se conociese más de próximo la materia de que las cartas trataban, quiero que nos descartemos de cartas para ir adelante con el cuento de mi jornada.

{Giustina si parte di Leone e ciò perché.} La notte della vigilia di Nostra Signora, accioché per sorte quei sempliciotti e babuini non mi aparissero in sogno e m'addimandassero carta di pagamento di quello che li dovevo e mi facessero iscontare gl'inganni e le burle fatteli; per levarli questa fatica mi levai dalli occhi loro, accioché eglino non venissero per guardia e custodia mia, non come buoni, ma come cattivi angioli e perché non mi conoscessero determinai di vestirmi da pelegrina, come fanno quelle che vanno a Roma.

Aquel día de Nuestra Señora en la noche, porque acaso aquellos pavitos no me apareciesen en sueños y pidiesen carta de pago de mis deudas y desengaño de mis burlas, y por quitarles del cuidado que querían tomar de ser de mi guardia sin ser ángeles buenos, determiné ser romera, como quien va a Roma por todo.

{Prende abito di pelegrina.} Comandai al mio bagaglione che ponesse la sella alla mia giumenta e che me la conducesse al prato de' Giudei ove similmente ritrovai altre giovane in quel medesimo punto, che di compagnia andavano in pelegrinaggio a Nostra Signora del Camino, la quale è sol discosta una lega da Leone ove quella notte concorrono e vanno molti forastieri.

Mandé a mi mochillero que ensillase mi hacanea y que me la sacase al Prado de los Judíos, donde también encontré otras mozas que aquella misma hora iban de tropel a la romería que llaman de Nuestra Señora del Camino, que es una legua de León, donde van aquella noche casi todos los forasteros.

{Le consolazioni alleggeriscono le pene de' viaggi.} Il conto, che io feci con l'osta albergatrice, fu il non dirgli nulla e se ella non fu pagata, basta che io fussi contenta, sebbene ella non fu sodisfatta.

La cuenta que hice con la huéspeda fue ninguna, sólo hice cinco reverencias a un San Cristobal que tenía junto a una lamparilla y le encomendé la huéspeda, que lo había menester, porque como era colérica -como verás abajo- y se ahogaba en poca agua, le sería de mucha importancia un tan buen barquero de a pie, y si San Cristobal me oyó, bien pagada quedó, y si no, basta que yo fuese contenta sin que ella quedase pagada.

La strada, ch'avevamo a fare, non era molto buona, ma bensì la compagnia e con essa e con la profonda considerazione della medaglia d'oro, ch'io portavo meco, la passai con molta consolazione e come buona e vecchia cristiana sempre avevo la mente al cielo. In quella notte non fu possibile svegliare la lingua, come era mio solito, perché il sonno mi faceva stare con la bocca chiusa e se non fusse stato che il mio picariglio di quando in quando mi sollevava e svegliava, con un cantare pian piano e tutto dolce e spesso replicando diceva:

El camino de la romería no es muy bueno, pero la compañía lo era, y con ella y con la profunda consideración de mi Cristo lo pasé con mucho consuelo y como muy buena cristiana. No pude a la ida despabilar mucho la lengua, porque el sueño me hacía hacer mucha pavesa; si no fuera que mi picarillo de cuando en cuando me soliviaba con un cantarcito que decía:

No durmays ojuelos veredes, que por la mañanita lo dormiredes, che in nostra favella viene a dire, non dormire occhietti verdi, che dimattina dormirete; {Giustina è tutta sonnolenta.} ben credo che il pelegrinare dar dovesse a me occasione per la gran sonnolenza di cader a terra, né mi giovava il mutarmi di mano la briglia, pormi a cavalcare da uomo, quando con le staffe longhe e quando alla ginetta e voltandomi or quinci or quindi;

"No durmáis, ojuelos verdes, que por la mañanita lo dormiredes", bien creo que la romera diera un par de romeradas en aquel suelo de JesuCristo. Ni me aprovechaba mudarme de bridona en jineta, ni mudar más posturas que veleta en campanario, que en fin el sueño es volteador y me enseñaba las vueltas peligrosas. La postrera me vi en gran peligro, porque no estuve dos dedos del duro suelo, y entonces, con el gran espanto, desperté despavorida y no pude tornar a pegar ojo.

ma tuttavia il sonno mi assaliva fortemente et io allora voltava posta, ritornando a cavalcare con una gamba al collo alla giumenta et facendo bandrola, come quella di campanile et neanco questo mi giovava, {Il timore scacccia il sonno.} perché il traditor del sonno qual assassino mi assaliva e mi conduceva in certe balze pericolose e l'ultima che io vidi, mi vidi anche in un notabilissimo pericolo, che poco mancò ch'io non precipitassi; et allora per il gran spavento mi risvegliai tutta impaurita, né più potei tornare a chiuder occhio.

{Sonno suoi effetti.} Maledetta sia cosa tanto cattiva, come è il sonno. Il sonno è pazzo, s'egli dà nel continuare, non si sveglia mai, se non a suono di bastonate e se egli si fugge, per ratenerlo non bastano le corde. {Donne pazze in due maniere.} Dicono che noi donne abbiamo due estremi di pazzia: l'uno è che se diciamo di no, si trovano persone tanto attaccaticcie, che sovente ce ne sono abbondanza e sono più vigliacconi che onorati, ma non tanto quanto noialtre; l'altro è che se diciamo di sì, abbiamo la disgrazia, perché ci conviene pregarli, come a cocodrilli. {Donne sono figlie del sonno e loro iscuse.} Ciò dico, perché così è la verità; però dittemi, oh maldicenti, se la donna è figlia del sonno d'un uomo addormentato e talmente sonnolente ed immerso nel sonno, che gli fu cavato una costa, senza ch'egli sentisse alcun dolore, né s'accorgesse che una costa li mancava e però vi maravigliarete delli accidenti che occorrono a una donna?

Maldita sea cosa tan mala como el sueño. El sueño es loco; si da en seguir, no hay quien le eche a palos, y si da en huir, no hay traerle con maromas. Dicen que las mujeres tenemos dos extremos de locas: el uno, que si decimos de no y tijeretas, no hay villanchón como nosotras, y el otro, que si decimos de sí, rogaremos a un caimán. Yo digo que sea así verdad, pero decidme, maldicientes, si la mujer es hija del sueño de un hombre dormido, y tan dormido que le sacaron una costilla sin sentir dolor de más ni hueso de menos, ¿qué os espantáis de los siniestros mujeriles?

E quando la donna fusse la medesima finzione ed inganno, la pura vanità e menzogna, non vi avereste da maravigliare, poiché ella è figlia del sonno, vano, fantasticatore e pazzo. {Oloferne ed altri nel sonno perderono la vita.} Oloferne ed altri, che erano sepolti nel sonno, al mezzo della vita loro perderono la vita: ben si sa s'io dico verità, poiché il sonno cambiò in suo riposo in ale, la sua quiete in travagli, il suo letto in spine ed il suo riposo si colocò in una forca o in un pugnale:

Cuando la mujer fuera la misma ficción y engaño, la pura vanidad y mentira, no había que espantar, pues es hija del sueño vano, phantaseador y loco. Holofernes y otros que durmieron a medias en esta vida y en la otra bien saben ser verdad lo que digo, pues el sueño trocó su descanso en alas, su quietud en azogue, su lecho en potro y su reposo en horca y cuchillo.

dico questo a proposito del mio acuto sonno, che mi pose a stretto pericolo di far una torta col mio corpo, tant'egli mi perseguitava; et in un momento si partì da me e con disprezzo s'allontanò così leggiero, presto e sdegnosamente, come s'io gli avessi ucciso il padre. Egli è vero e chi lo sa? Dirà il sonno che così è; perché noi donne insieme con Eva uccidessimo il primo uomo, primo padre del sonno e per questo noi donne siamo di poco dormire; percioché il sonno in vendetta ed odio, che uccidessimo suo padre, non cerca di far camerata stretta con noialtre.

Dije esto a propósito de mi cabezudo sueño, que me puso a pique de hacer tortilla de sesos para perseguirme, y en un momento se ausentó de mí y desvió con el denuedo que si yo hubiera muerto a su padre. Y, la verdad, quizá dirá el sueño que sí maté, porque las mujeres matamos con Eva al primer hombre, padre primero del sueño, y por eso las mujeres somos de poco dormir, porque el sueño en odio y venganza de que matamos a su padre, no quiere hacer con nosotras mucho rancho.

In tutto il tempo di mia vita non vidi svegliata più addormentata, né addormentata così svegliata, com'era io. Giacché del tutto svegliai gli occhi, stavo pensando mille cose ad ogni momento e quella che più sollecita assaliva la mente mia, era se a caso in questo pelegrinaggio mi succedea alcun altro giuoco da dar marzo, come feci a quei picari vigliacchi di Areniglia. Alle volte quando ciò mi ricordo, se mi commove tutto il stomaco con un appetito di mangiare cavolicapozzi d'oro e ciò molto meglio sarebbe per la mia pignata.

En mi vida vide dispierta más dormida ni dormida más dispierta. Ya que del todo despabilé los ojos, iba imaginando mil cosas por momentos, y la que más a menudo salteaba mi pensamiento era si acaso en esta romería me sucedía otra gatada como la de Arenillas. Si las veces que esto se me acordó se convinieran en repollos de oro, mejor estuviera mi olla.

{Chiesa di Nostra Donna del Camino ove situata e suoi ornamenti e gran concorso.} Giunti alla divozione veramente ch'io presi grandissimo gusto in vedere il sito allegro, ch'è una campagna larga e spaziosa, che tutta rende odore soavissimo di maggiorana d'Inghilterra, ricca di case, tezze ed altri luoghi da tener bestiami; e ci sono persone che non così facilmente, né presto si possono cavare da quelle loro casette; dicono, perché ingrassano tanto che li creppa il ventre. La chiesola, ancorché picciola, è molto bene fabricata, adornata, curiosa, chiara, ricca d'acconciamenti, cera e lampade e di molti ornamenti d'argento ed altre cose appresentate a quella santa imagine.

Ya llegué a la ermita, y de veras que me dio gusto el sitio, que es un campo anchuroso que huele a tomillo salsero, proveído de caserías, y aun hay allí personas que no las podrán sacar tan presto de sus casillas; dígolo porque engordan mucho las venteras. La ermita, bien edificada, adornada, curiosa, limpia, rica de aderezos, cera y lámparas, ornamentos, plata, telas y presentallas.

Gran concorso di gente ivi si vede e tanto più per esser sul camino, che va a San Giacomo di galizia, che perciò questo luogo si chiama Nostra Signora del Camino. Quivi vi è gran provigione di mangiari diversi, di vino e di frutti. Restomi impresso nella mente vedendo tanto concorso, una interna divozione di godere e vedere tutte le divozioni che sono sopra la terra.

Et mentre che io quivi riposavo un tantino, venne un certo galante giovane, che poco discosto da me stava giuocando alle carte, non danari, ma frutta, il quale guadagnò non poco e vedendomi mi convitò ad accostarmi a lui e disse:

Gran concurso de gente, que por eso y por estar en el camino de Santiago, se llama Nuestra Señora del Camino. Notable provisión de todas frutas, vino, comidas.

Acuérdome que desde esta romería quedé muy devota de los perdones de aquella tierra. Fue el cuento que un cierto galán estaba rifando al naipe ciertas avellanas y genobradas, lo cual ganó, y viéndome, me convidó a ello, y dijo:

- Pigli vostra signoria il perdono, signora bella.

{Frutti chiamati perdoni.} Io non intendeva l'uso della terra, che la mia sorte m'avesse apparecchiato un altro Pietro Grullo, perché con simili gente io riesco con molto mio proffitto, ma loro non tanto con me. {Un tristo pensa sempre male.} Replicò il giovane (che secondo il parer mio era persona comoda) e disse:

-Tome perdones, señora hermosa.

Yo no entendía el uso de la tierra, y pensando que se burlaba y que me había deparado Dios otro obispo de romería, le dije:

-Beso a v. m. las manos, señor obispo, que en verdad que me suele a mí ir bien con obispos, aunque a ellos conmigo no tanto.

Replicó el galán, que era a mi parecer galán comedido:

- Non pensate signora bella, che di voi mi burli, perché in questa terra è usanza chiamar perdono tutto quello che si dà a pelegrine e pelegrini e ciò perché si dà e si riceve con molta divozione, come se fosse pane benedetto. Udendo questo mi quietai e resi grazie a Dio nostro signore d'essermi incontrato in paese, dove la gioventù sta radicata nelle cose spirituali.

-No piense, señora hermosa, que me burlo, que en esta tierra es uso llamar perdones todo lo que se da en la romería, porque se tiene por devoción como si fuera pan bendito.

Con esto me quieté, y di grandes gracias a Dios Nuestro Señor de haber encontrado tierra donde los galanes saben tan de raíz las cosas eclesiásticas.

{Il recipe, ciò che sia.} Vero è, che innanzi di dirmi questo, io aveva ricevuto li perdoni con una mano, perché questo è il recipe ed è cosa che noialtre donne l'onoriamo insino nel ventre di nostra madre e per questo siamo chiamate spiziale, perché sempre siamo pronte al recipe.

Verdad es que antes de decirme esto, había yo recebido los perdones con una mano, porque esto del récipe es cosa que las mujeres lo decoramos en el vientre de nuestras madres, y por eso nos llaman boticarias, porque nunca salimos de récipe. Estos perdones fueron para mi jubileo plenísimo, porque como partí sin cenar más que de una empanada, a la salida de la ciudad, traía picado el molino, y en un punto comí tanto del perdón que, si como quedé sin pena, quedara sin culpa, fuera jubileo de veras.

Al lume della luna, ancorché non fusse molto chiara, legai i piedi alla mia giumenta e col mio bordoncino a lato mi colcai in terra, vicino ad alcune donne, che quivi stavano tutte in un cerchio, che le mie compagne dal sonno stavano a capo chino e davano alle volte certi crolli di capo ed alcuni rompicolli sopra la terra, che se fussero stati rompicolli in aria, meglio fora per loro, che uscite sarebbono dai guai.

Al candil de la luna, que la hacía no muy clara, pude maniatar mi borrico y tender mi albardoncito en el duro suelo, junto a unas mujeres que allí estaban en un corrillo, que las de mi pueblo a cabezadas me huyeron; digo mohínas de verme dar con el sueño cabezadas contra el aire,

{Giustina si burla delle compagne dormiglione.} Et ancorché una mia amica a me vicina alcuna volta mi dasse punture con un bastoncello, il mio sonno si burlava d'ogni cosa e giuocava meco a punta e capo: volli vedere che ella fusse, ma non potei, perché la lucerna della luna rendeva oscura luce; questo atto posi a credito delle donne, che ben tosto saldai il loro conto, come udirai nel fine di questo capitolo.

y aunque algunas veces una amiga me daba con la punta de un palillo, mi sueño burlaba de todo y jugaba a punta con cabeza. También es verdad que las busqué con el candil de la luna, mas no las hallé porque alumbraba mal.

La mia sorte volse che io m'accomodai vicino ad una donna grandissima stranutatrice e ciò faceva dormendo e con tanto rumore et strepito ed abbondanza di materia che parevano sanguinazzi che li uscissero dal cervello; {Stranuti non uditi, come e quali.} mi accomodai al meglio ch'io puoti ed accioché non mi mancasse sentinella, che mi facesse corpo di guardia, diedi al mio bagaglione un pezzo di pan bianco duro duro,

Echéme junto a unas mujeres, grandes estornudadoras en sueños; eran morcilleras de pato; reclinéme, y porque no me faltase centinela que me hiciese cuerpo de guardia, di a mi mochillero un pedazo de mollete duro,

di quello ch'io portai nella saccoccia da Mansiglia, accioché egli s'intratrenesse e rodendo stesse svegliato ed aveva certo che rodere, perché era più duro che biscotto di galera; {Leonardiglio fa la sentinella per la sua padrona e come.} ma io feci conto che quel pane nelle sue mani le serviria come di pietra alla grue, per sentire se si dorme o no. Io le dissi:

de lo que metí en la alforja en Mansilla, para que se entretuviese y royese en él; y bien tenía que roer, mas hice mi cuenta que aquel pan en la mano le serviría de lo que a las grullas les sirve una piedra que llevan en la suya para sentir si duermen las que son de guarda.

Yo le dije:

- Leonardiglio mangia questo pane a poco a poco, perché egli è come un biscotto e come l'averai finito, risvegliami. Guarda non t'addormentare, che se ciò farai, ti prometto in pagamento darti un cetriolo che io tengo nella saccoccia; e se alcun uomo s'accostasse a noialtre, chiamami. {Diligenza e desiderio delle donne quale.} Non notate la natural diligenza che noi abbiamo, che li uomini ci veggano e che pensate che sia ciò per ventura fuggir da loro?

-Leonardillo, come este pan poco a poco, que está como unos bizcochos entendíase de galera, y en acabándosete, despiértame. Mira, no te duermas, y en pago te prometo para almorzar el mayor pepino que traemos, y si algún hombre llegare muy junto a nosotros, recuérdame.

¿No notas el natural cuidado que tenemos las mujeres que no nos vean los hombres? ¿Qué piensas que es? Por ventura, ¿huir dellos?

Non signor mio; anzi molto ben tu dei desiderare che poche donne rimangono d'uscir di casa per paura d'incontrarli. Non è se non una di due: o che, come basilischi cerchiamo acquistarli e conquistati ucciderli, ma che non muoiano; o perché il mostrarsi noi di considerazione e di legnaggio e di onestà, accompagnate da bella naturalezza con giudizioso artificio siamo sempre proviste e provedute, accioché niuno ci colga improvisamente.

No, hermano, y si no, mira tú cuán pocas dejan de salir de casa por miedo de encontrallos. No es sino una de dos; o que como basiliscos queremos ganar por la mano, por matar y no morir, o porque nuestro bien parecer es de casta de purgas, que nunca se hacen con sola naturaleza, sino con artificio, y por eso no queremos que quien nos viere nos coja descuidadas,

Et però vedrai sempre che in guardando una donzella all'improviso, subito da se stessa s'inquieta e cerca coprirsi e discoprirsi come meglio li torna ed in quella forma e maniera che pare a lei e per mettersi in guardia dimostrarsi aggradevole e non aggradevole. Iddio non mi dia mai bene, si mai io feci male a uomo: con tutto questo giammai ebbi gusto d'esser colta da loro improvisamente, ancorché di loro non temo, né mi spavento.

y así verás que en mirando a una mujer de repente, luego se inquieta y se remira, acude a cubrirse y descubrirse en aquella forma y manera que a ella le parece que es más a propósito de agradar. Mal me haga Dios si jamás quise mal a hombre; con todo eso, nunca gusté que me cogiese de repente, aunque ni mato ni espanto.

{Giustina non avea paura d'uomini.} Leonardiglio incominciò a rodere il suo biscotto et al romore che faceva col menar le ganasse, rendeva un certo mormorio, ch'io m'addormentai come cane al suono dei colpi che si danno sopra un'ancudine. {Cane, come si addormenti.} Riposai, ancorché il sonno fusse poco più d'un ora e meza e di questo poco rimasi sodisfatta; perché è cosa naturale delle donne contentarsi del poco, perché dormono poco ed anco quel poco che dormono, è ad occhi aperti come il leone et giammai chiudemo gli occhi, se non a pura forza di naturalezza.

El muchacho comenzó a tascar con su bizcocho, y al ruido que hacía con el juego de las muelas -que era mayor que el de los veinte y ocho majaderos de la pólvora de Pamplona-, me dormí como perro al son de los golpes del ayunque. Descansé, y aunque el sueño fue poco más de hora y media, con todo eso me satisfizo, porque las mujeres, como vivimos depriesa, dormimos poco, y aun si dormimos es a ojo abierto como leones, y no cerramos ojo sino a pura fuerza de naturaleza.

Io dormii e per essermi colcata da un lato non stetti troppo bene e mi fu talmente inquieto, che non fu sonno, ma sogno; ed il sogno fu il ramentarmi le burle fatte in Leone, per le quali m'avevano bandita un anno. Cosa notabile, che veramente mi parve che il bando fusse reale e che veramente aveva già passato l'anno, che da ciò mi posi in considerazione quanto facile sia a Dio nel giorno del Giudizio dare ad una creatura in un istante tanta pena di fuoco nell'anima e nel corpo, che le paia esser stato un anno continuo e che l'abbia da tormentare e dolere, come se avesse a patire dieci corsi d'inferno.

Dormí, y debíme de echar de mal lado, porque todo se me fue en soñar, y fue el sueño que, por las burlas que había hecho en León, me habían rrado un año. ¡Cosa notable! Que me pareció real y verdaderamente que había pasado por mí un año, por donde eché de ver cuán fácil será a Dios el día del juicio dar a un hombre en un instante tanta pena de fuego en alma y cuerpo que le parezca que ha sido un año, y que le haya de doler como si tuviera diez cursos de infierno.

Similmente mi confermai in ciò, sentendo in atto pratico, quanto sia traditore il sonno, poiché ugualmente apre la porta al gusto ed al danno nostro, accioché ugualmente anco ci mostri nella nostra imaginazione ed insieme opera, accioché entri la morte nel sonno, in quella guisa che fa il ladrone o che qualche mattacino o maschera, che va saltellando per la casa.

{Sonno, a noi tutto finto nei suoi pensieri.} Da tutto ciò consideravo quanto e quale traditor sia il sonno, che a quello a cui feci la burla, se ne stava quieto e senza adimandar giustizia ed il mio traditor sonno mi sbandì per un anno e senza udirmi la giustizia.

También me confirmé en sentir cuán traidor es el sueño, pues igualmente abre las puertas a el gusto y al daño nuestro, para que igualmente haga suertes en nuestra imaginación, y aun abre puerta para que entre la muerte en sueños, como el ladrón que saltea con máscara. Miren quién y cuán traidor es el sueño, que aquel a quien yo hice la burla estaba quieto y sin acordarse de pedir justicia, y mi traidor sueño me rró, y por un año, y sin oírme de justicia.

Mille cose potrei dire del sonno e molto a proposito, ma non voglio che mi si dica che essendo io cavaliera di giumenta, salisca sopra catedra, oltre che non conviene a donne far lezioni, che per me la farà il dottor Lopez de Vega(3), che in fine di questo capo si porrà, a gusto, a sodisfazione del mio gentil lettore e nel quale si comprenderà quanto dannevole sia il sonno e l'ozio suo compagno.

Mil cosas pudiera decir del sueño muy a propósito, mas no quiero que me digan que yendo caballera en una burra predico el sermón de las vírgines locas. Dígalo otra, que a mí no me vaga.

Parevami essere in un prato e che il mio Leonardiglio continuando la sua macina s'incontrasse in una dura pietra, che era dentro al pane e cercando di farne acquisto et dalla colera vinto fece un rumore e tale che mi risvegliò e molto per tempo, perché allora incominciava la gente a moversi, che parevano come un formicaio ed era un bel vedere, {Sonnolenti svegliati suoi effetti.} che tutta a garra l'uno dall'altro stiracchiandosi le braccia e le mani e stiracchiando insieme le game e li piedi ed in un istesso punto storcendosi in mille guise la vita e ciò fatto ciascuno si rizzava in piedi ritornando a far li medesimi atti;

Parece ser que mi mochillero, siguiendo su molienda, debió de encontrar algún nudo en el mollete, y, queriendo conquistalle, avivó el ruido, y con él me despertó a muy buen tiempo, porque ya la gente se rebullía y parece que hormigueaba el trato.

ma io nel levarmi fui più forte che un aglio, dando d'un piede nelle terra me ne saltai diritta; {Leonardiglio tentato e che tentava.} ma il mio Leonardiglio fu sempre svegliato e molto si affaticò per isvelare la radice del sonno a certe mandrocone ed ispensierate, che si posero ad accarezzarlo, come fa il porco alla scroffa; o come parevano brutte! Oh che brutti gesti elle facevano, erano veramente il ritratto del discontento e la maschera del fuggiappetito!

Di dos o tres esperezos y levántome más tiesa que un ajo, dando de camino un pescozón al mochillero para sacarle el sueño con raíces y todo; y las porconas todavía roncando como unas poltronas. Parecióme mucho sosiego y buen aparejo para darles un poco de almagre de mi mano. Pardiez -si no lo han por enojo-,

Altre poi secondo mi parlarono le mie narici, erano poco discoste di tale intenzione, per il che ciò veggendo mi venne colera ed in un istesso tempo volli fare la mia vendetta, perché sebben io era gran peccatrice, molto però mi spiaceva la poca riverenza che si portava a Dio, come ben disse un savio: vuoi far vendetta del tuo nemico? Governati bene. {Giustina entra in colera e fa una burla a quelle che dormono.} Ma io non potei ciò fare; perché non mi mordè mai cane che col suo pelo non mi medicassi e sovente, chi non può batter il cavallo, batte la sella: erano maggior parte di loro ancora molto bene adormentate e l'aria piuttosto oscura che chiara ed essendomi accanto una giovane fu pronta con un aco ed io ponendo la mano a quella parte la posi nell'istesso punto nella saccoccia,

et venemi alle mani un gomitolo di refe molto forte, con dentro un'aguchia; valsemi allora dell'occasione e con essa e con refe mi posi a cucire il lembo delle vesti ch'erano di tela bianca l'una all'altra e l'altra all'una, di modo tale che in brevissimo tempo congiunsi insieme una lunga e larga camisciata. Laonde l'una volendo levare iscopriva le coscie e le gambe all'altre e l'altra saltando in piedi iscopriva non solo le gambe e le coscie a un'altra, ma più su ancora;

viendo que una dellas traía aguja y hilo en la vuelta de una alforza y un ovillito de hilo de buen tomo en la de la saya, cosílas muy a mi gusto por las faldas de las sayas del lienzo, que en aquella tierra se llaman camisas. Por el hilo y su olor, saqué que aquéllas eran tan malcocinadas como bien cochinadas, y debían de estarse allí a hacer morcillas de pato, y, las otras, según me lo parlaron mis narices eran del oficio también.

un'altra credendo levarsi in piedi cadè per terra e nel cadere giù la compagna e l'una e l'altra cadeva e l'altre insieme cadevano; una, che volle fare del Rodomonte, credendo di far un bel colpo si rovesciò tutta la veste nel capo e nuda rimase, il che fu un bel vedere, perché le altre incominciarono a darle palmate che vi so dire, che tutte ridevano. Onde a questo romore tutte volevano ridursi in piedi et non potevano per essere cucite insieme: nemmeno se ne accorgevano per cagione del sonno.

Io mi ritirai cucito che ebbi le lor vesti insieme, alquanto discosto, perché con l'allontanarsi in simil burle molto più bella pare la pittura, percioché la prospettiva è quella che dimostra la sua perfezione con la lontananza: così io mi allontanai da loro, per vedere quanto seguiva. Non fui io sola guardatrice di queste ridicolose ed ammirabili tresche, che certo Michelangelo Buonaruoti, né il famoso de' nostri tempi Giulio Cesare Procacino(4), che nella pittura e nella scultura con sommo gusto di chi vede le sue opere eminentissimo vive, spiegarebbe né col pennello,

Ya que tuve hecha mi tarea, parecióme que estas burlas son como pintura, que se ha de ver de lejos para que parezca bien, y así me aparté a ver la labor que había hecho. No fui yo sola la mirona, que en breve espacio tuvieron al auditorio que bastó para reír asaz la encamisada.

né col scalpello così vaga, così stravagante, così graziosa e sgraziosa maniera di atti, azioni ed attitudini, ch'io per non servirmi la penna tralascio, riserbandomi, acconciata ch'ella sia, d'impiegarla nelle lodi di lui e con la nobile stampa fare che le sue opere immortali vivino perpetuamente.

Il vedere quelle donne in quella guisa era cosa bellissima, perché si vedeano gli effetti ed affetti del sonno in una, la rabbia ch'avea un'altra per il snudarsi gran parte del candido corpo; una vecchia tutta isporca, secca ed arida, con un certo, fetente odore, che ammorbava; v'era una che per certo dovea essere fantesca, la qual per voler esser presta gli rimasero iscoperte le parti posteriori e come quella che viaggiava con avedutezza, per esser tempi di sospizione di peste,

Era cosa donosa ver la labor que hacían sueño enojo, vergüenza y descoberturas. Andaban en torno unas tras otras, que parecían el toro de las coces;

aveva buona meza dozina di bolette di sanità, sottoscritte dal notaio dell'officio con lettere rosse maiuscole e faceva una prospettiva che il Vignola(5) nella sua bell'opera non ve ne ha di simili; ciascuno pensi e s'imagini come e quale doveva esser una così bella comedia, rappresentata da numerose donne, delle quali chi caduta, che per cader si stava, chi tirata e stratirata si trovava, chi calpestata od altra che altre calpestava: parevano che un toro tutto furioso scompigliate le avesse.

Infine elleno andavano, cadevano e si rizzavano come cucite e di loro io mi ridevo di tutto cuore, come discucita. ma poiché del sonno abbiamo sovente in questo capitolo ragionato, sarà se non bene, ch'io vi acconci la bocca con un ragionamento di don Lopez di Vega(6) promessovi di questa stessa materia, accioché più di me apprendiate le utili maniere del conversare e discorrere; come disse l'Olivarez, cioè, chi non sa correre, non sa discorrere.

 

 

en fin ellas andaban como cosidas y yo me reía como descosida.

Moralità

 

Quegli che pigliano la santità e la divozione per via di burla, non istimano i luoghi pii e divoti, ma verrà tempo che, mal lor grado, nel giorno del Giudizio renderanno d'ogni loro azione minutissimo conto: che però lo incaminarsi nella via del cielo, è camino sicuro della salute nostra.

 

 

Narransi le male qualitadi del sonno e de' sonnachiosi ed il danno che ci arreca l'ozio fratello del scioperato e del dormiglione.

 

Aprovechamiento

 

Los que toman la santidad por vía de burla, hacen la de los santos lugares, pero tiempo verná en el cual lo baga de ellos el Juez Universal.

 

 

 

Le notti da letterati, ufficiosi e cristiani uomini non si consumano nel sonno: ma nelle vegghie. Più oglio, che vino spender sogliono i virtuosi ed amici di Dio. Le vergini savie vegliarono e le sciocche si lasciarono cogliere nel sonno. A vigilanti e non a dormiglioni si rende favorevole Iddio. Con la lucerna più dimora il savio e prudente, che col piatto e con la tazza. Se alcun trascuratamente cade in errore o per tedio in una lunga fatica inciampa, dicesi per proverbio che dorme, onde colui:

 

Le notti da letterati, ufficiosi e cristiani uomini non si consumano nel sonno: ma nelle vegghie. Più oglio, che vino spender sogliono i vertuosi ed amici di Dio. Il sonno è simbolo della morte e la vegghia della vita. Le vergini savie vegliarono e le sciocche si lasciarono coglier nel sonno. A vigilanti e non a dormiglioni si rende favorevole Iddio. Con la lucerna più dimora il savio e prudente, che col piatto e con la tazza. Se alcun trascuratamente cade in errore, o per tedio in una lunga fatica inciampa, dicesi per proverbio che dorme, onde colui:

 

Talor nel sonno è involto il buon Omero;

 

ed altrove:

 

Si concede talor, che in gran volume

dal sonno preso sia lo scrittor saggio.

 

Talor nel sonno è involto il buon Omero,

 

ed altrove:

 

Si concede talor, che in gran volume

dal sonno preso sia lo scrittor saggio.

 

Ma una man d'uomini o piuttosto d'ombre di uomini si vede, i quali tutto il dì sonnacchiosi sbadigliando si stanno nelle barberie, nelle spezierie et in quella bottega a sedere, senza far nulla. Mostrano questi che hanno ricevuto la loro anima invano. Ma ecco che Iddio venendoci all'improviso a visitare, gli oziosi, molli e corpulenti sono in qualche vegghia impensata dalla notte chiamati, onde tuffati nell'onde di un vizioso sonno taciti si stanno e non avendo oglio per le loro lucerne, si rimangono esclusi, come quelle vergini sciocche che non potettero, per non aver oglio, incontrar lo sposo.

Ma una man d'uomini, o piuttosto d'ombre d'uomini si vede, i quali tutto 'l dì sonnacchiosi sbadigliando si stanno nelle barberie, nelle spezierie e in questa e quella bottega a sedere senza far nulla. Mostrano, questi, che hanno ricevuto la lor anima invano. Ma ecco che Iddio venendoci all'improvviso a visitare, gli oziosi, molli e corpulenti sono in qualche vegghia impensata dalla notte chiamati onde tuffati nell'onde d'un vizioso sonno taciti si stanno e non avendo oglio per le loro lucerne, si rimangon esclusi, come quelle vergini sciocche che non potettero per non aver oglio incontrar lo sposo.

Iddio soccorre alli svegliati e faticosi, che a gloria sua vegghiano e s'affaticano. Non può affaticarsi e vegghiare ne' nobili studi, chi è guattero del suo ventre. Demostene eloquentissimo bevea solo acqua et vegghiava tutta la notte, prima che a parlamentare in publico si disponesse: meditando egli ed alla memoria raccomandando quanto era per dire. Per la qual cosa gli suoi emuli diceano che li scritti e l'orazioni sue putivano di lucerna.

Iddio soccorre alli svegliati e faticosi, che a gloria sua vegghiano e s'affaticano. Non può affaticarsi e vegghiare ne' nobili studi chi è guattero del suo ventre. Demostene eloquentissimo bevea solo acqua e vegghiava tutta la notte prima ch'a parlamentare in publico si disponesse: meditando egli ed alla memoria accomandando quanto era per dire. Per la qual cosa gli suoi emuli diceano che li scritti e l'orazioni sue putivano di lucerna.

Per acquistar una somma di danari e per goder dell'altrui donne o per isfogarsi in qualche memorabil vendetta o per la conquista d'una città, d'una prelatura molti veggiano: ma pochi per la sapienza e per posseder il regno de' cieli fuggono le piume e 'l sonno. Que' piaceri che seguono alle fatiche et alle vegghie, si vogliono cercare e non quegli che a loro precedono.

Per acquistar una somma di danari e per goder dell'altrui donne, o per isfogarsi in qualche memorabil vendetta, o per lo conquisto d'una città, d'una prelatura molti veggiano: ma pochi per la sapienza e per posseder il regno de' cieli fuggono le piume e 'l sonno. Que' piaceri che seguono alle fatiche ed alle vegghie si voglion cercare e non quegli che a loro precedono.

Chi è assiduo ne' pasteggiamenti, diventa impaziente, tenero, doglioso, tardo ed inetto. Bene riputan gli uomini ciechi il gradir il gusto con vini finissimi e soavi e con delicate vivande. Bene stimano lo star senza cura veruna ne' morbidi letti, il ronchiar tutta la notte et gran parte del giorno. Bene riputan il non far nulla, bene l'esser riccamente vestiti, bene il darsi agl'immondi venerei piaceri, bene ogni cosa finalmente che aggrada il corpo:

Chi è assiduo ne' pasteggiamenti diventa impaziente, tenero, doglioso, tardo ed inetto. Bene riputan gli uomini ciechi il gradir il gusto con vini finissimi e soavi e con delicate vivande. Bene stimano lo star senza cura veruna ne' morbidi letti, il ronchiar tutta la notte e gran parte del giorno. Bene riputan il non far nulla, bene l'esser riccamente vestiti, bene il darsi agl'immondi venerei piaceri, bene ogni cosa finalmente che aggrada il corpo.

{Quali sono i veri beni.} ma questi non sono i beni che operar si deono. Le virtù, per cui si vive bene, sono beni. Né accetti sono que' beni agli occhi di Dio, che per la mescolanza de' mali sono macchiati. Onde non men vero è l'uomo buono, che la fenice che ogni cinquantesimo anno muore e rinasce. Molte cose i mortali riputan beni, che non sono veri beni. Percioché se fusser beni, l'uomo sarebbe più felice di Dio, che non usa cotali beni.

{Quali sono i veri beni.} Ma questi non sono i beni che operar si deono. Le virtù, per cui si vive bene, son beni. Né accetti sono que' beni agli occhi di Dio, che per la mescolanza de' mali sono macchiati. Onde non men raro è l'uomo buono, che la fenice ch'ogni cinquecentesimo anno muore e rinasce. Molte cose i mortali riputan beni, che non son veri beni. Percioché se fusser beni, l'uomo sarebbe più felice di Dio, che non usa cotali beni.

Et questi sono il piacer della gola, il diletto della carne, il godimento delle pompe, la dolcezza del sonno, l'agio del letto et il fruir le ricchezze. Queste cose non ha Iddio: ma incredibil è, che manchi alcun bene a lui. Segno è dunque che quelle cose che Iddio non fruisce, non sono veri beni; oltre che molte cose che parono buone, sono da brutti animali maggiormente godute, conciosiaché essi più saporosamente di noi si cibino et si accopino, che noi, siano più liberi ed abbiano forze maggiori.

E questi sono il piacer della gola, il diletto della carne, il godimento delle pompe, la dolcezza del sonno, l'agio del letto ed il fruir le ricchezze. Queste cose non ha Iddio, ma incredibil è che manchi alcun bene a lui. Segno è dunque che queste cose che Iddio non fruisce, non son veri beni, oltre che molte cose che paiono buone, sono da bruti animali maggiormente godute; conciosiaché essi più saporosamente di noi si cibino e s'accoppino, che noi, siano più liberi e abbiano forze maggiori.

Vivono le bestie senza scelerità, senza fraudi, gustano i piaceri senza paura di pentirsi o di vergognarsene. Sicché s'inganniamo chiamando tal cosa bene, che bene non è. Bene è quello che ci somministra la ragione et la divina legge. Ben è quello che non può scemare o cadere; bene è quello che fa l'uomo buono; dal bene non nasce male, come dal fico non spunta il pruno.

Vivono le bestie senza scelerità, senza fraudi, gustano i piaceri senza paura di pentirsi, o di vergognarsene. Sicché s'inganniamo chiamando tal cosa bene, che bene non è. Bene è quello che ci somministra la ragione e la divina legge. Ben è quello che non può scemare, o cadere. Ben è quello che fa l'uomo buono. Dal bene non nasce male, come dal fico non spunta il pruno.

Tutte l'altre cose sono buone per opinione ed hanno solo il nome di bene: ma per loro natura beni non sono. Non è cosa che più ci svii dall'operare, che la torpidezza et languidezza dell'animo: quando non ci piace di leggere, ci rincresce l'orare ed il contemplare ci fastidisce. In questo vizio spesso caggiono i solitari e nell'eremo abitanti:

Tutte l'altre cose son buone per opinione e han sol il nome di bene; ma per lor natura beni non sono. Non è cosa che più ci svii dall'operare, che la torpidezza e languidezza dell'animo. Quando non ci piace di leggere, ci rincresce l'orare e 'l contemplare ci fastidisce. In questo vizio spesso caggiono i solitari e nell'eremo abitanti.

cessa il pigro dall'opera e si lascia persuadere a rimanersi di continovare nelle fatiche, nelle veglie e nelli studi per tema di dolor di capo, di perder la vista, d'infermarsi di tutto il corpo. Oh sciocco e malaccorto uomo, le migliaia delli spiriti ministrano a Dio ed i milioni degli angeli gli stanno assistenti; e tu presumi di servirlo sedendo?

Cessa il pigro dall'opera e si lascia persuadere a rimanersi di continovare nelle fatiche, nelle veglie e nelli studi per tema di dolor di capo, di perder la vista, d'infermarsi di tutto 'l corpo. Oh sciocco, oh malaccorto uomo, le migliaia delli spiriti ministran a Dio ed i milioni degli angeli gli stanno assistenti; e tu presumi di servirlo sedendo.

{Uomini faticosi e vigilanti, suoi essempi.} Il cielo non tocca ai dormiglioni, né la beatitudine è promessa agl'infingardi et accidiosi uomini. Oh snervata ed imbecille natura umana, che reputa tormento il non aver vino, l'astenersi da carne, il destarsi all'alba, il levarsi di notte, il sofferir arsure, il patir il freddo;

{Esempli d'uomini faticosi e vigilanti.} Il cielo non tocca ai dormiglioni, né la beatitudine è promessa agl'infingardi ed accidiosi uomini. Oh snervata ed imbecille natura umana, che riputa tormento il non bever vino, l'astenersi da carne, il destarsi all'alba, il levarsi di notte, il sofferir d'arsure, il patir il freddo:

eppur i Ginnosofisti (come si legge) vivendo solo de' frutti d'un albero caminavano vigilantissimi sopra le terre bollenti dalla mattina alla sera e miravano fiso nel sole. Così stava Socrate fermo in una guattature tutto un giorno talvolta contemplando alcuna cosa.

eppur i Ginnosofisti (come si legge) vivendo solo de' frutti d'un albero caminavano vigilantissimi sopra le terre bollenti dalla mattina alla sera e miravano fiso nel sole. Così stava Socrate fermo in una guatatura tutto un giorno talvolta contemplando alcuna cosa.

Li spartani garzoni avezzi alla fame non ardivano di chieder cibo, se prima col loro sudore non l'avevano meritato e fattone acquisto. Toleravano le battiture senza pur mandare gemito: i Pitagorici con poco cibo vegghiando davano opera alla loro dottrina. Vigilantissimo e faticosissimo fu il beato Girolamo, posciaché per apprendere la lingua ebrea e i misteri suoi, andava ad udire di notte Barbano ebreo e Didimo cieco. Oh quante volte angosciò egli per apprendere non solo l'idioma ebreo, ma il greco, il caldeo, l'arabo ed il medo.

Li spartani garzoni avezzi alla fame non ardivano di chieder cibo, se prima col lor sudore non l'aveano meritato e fattone acquisto. Toleravano le battiture senza pur mandar gemito. I Pitagorici con poco cibo vegghiando davan opera alla lor dottrina. Vigilantissimo e faticosissimo fu il beato Girolamo, posciaché per apprender la lingua ebrea ed i misteri suoi andava ad udir di notte Barbano ebreo e Didimo cieco. Oh quante volte angosciò egli per apprender non solo l'idioma ebreo: ma il greco, il caldeo, l'arabo e 'l medo.

Gli Esseni attentissimi vegghiavano di notte per acquistare le scienze. Chi fu più desto e vigilante di Aristotele, il quale (come riferisce Laerzio) per non lasciarsi vincere dal sonno la notte, tener soleva una palla di metallo in mano e sotto un vaso di bronzo, accioché con quel suono, come ordinato aveva, cadendo lo destasse? Molti per indurare i corpi e disprezzare il dolore, vaghi solo di sapere nei ghiacci orridissimi del monte Caucaso, vissi sono.

Gli Esseni attentissimi vegghiavano di notte per acquistar le scienze. Chi fu più desto e vigilante d'Aristotele, il quale (come riferisce Laerzio) per non lasciarsi vincere dal sonno la notte, tener solea una palla di metallo in mano e sotto un vaso di bronzo, accioché con quel suono, come ordinato avea, cadendo lo destasse? Molti per indurar i corpi e disprezzar il dolore, vaghi sol di sapere ne' ghiacci orridi del monte Caucaso vissi sono.

Molti per acquistare qualche nome e qualche grido ad evidente morte sono corsi e noi per guadagnare la virtù e l'eterna vita non solo si dorremo e si rammaricheremo della fatica nell'operar bene: ma pigri, sonnacchiosi e con le mani spenzolate staremo? Niuna fatica aspra, niun tempo lungo ed increscevole ci dee parere per esser virtuosi e felici.

Molti per acquistar qualche nome e grido ad evidente morte son corsi e noi per guadagnar la virtù e l'eterna vita si dorremo, si rammaricheremo della fatica nell'operar bene; ma pigri, sonnacchiosi e con le mani spenzolate staremo? Niuna fatica aspra, niun tempo lungo ed increscevole ci dee parere per esser virtuosi e felici.

Euclide megarese vestito d'abito femminile (essendo capitale pericolo, se alcun megarese fusse colto nel contado di Atene) partivasi di notte dalla patria per gire in Atene ad udir Socrate, non senza gran rischio di perdere la vita; e noi per apprender la sapienza e la parola di Dio, che non è altro che spirito e vita, peneremo a levarsi la mattina per tempo? Con molti sudori un'eredità vana si brama e procura e noi con minor prezzo potendo comperar così inestimabil tesoro, lenti e neghittosi staremo?

Euclide megarese vestito d'abito femminile (essendo capitale pericolo, se alcun megarese fusse colto nel contado d'Atene) partivasi di notte dalla patria per gir in Atene ad udir Socrate, non senza gran rischio di perder la vita; e noi per apprender la sapienza e la parola di Dio, che non è altro che spirito e vita, peneremo a levarsi la mattina per tempo? Con molti sudori un'eredità vana si brama e procura e noi con minor prezzo potendo comperar così inestimabil tesoro, lenti e neghittosi staremo?

Bene vive chi soffre il male ed operando bene, persevera in bontà fin alla morte. Non è forte e valoroso colui che cede alla fatica e fugge il disagio e s'avilisce ed allenta nella difficoltà delle cose. Non è vizio, che non s'espugni con una costante orazione, con un rigoroso digiuno, con una assidua veglia e con un'intensissima cura ed essercizio.

Bene vive chi soffre il male ed operando bene, persevera in bontà fin alla morte. Non è forte e valoroso colui che cede alla fatica e fugge il disagio e s'avilisce ed allenta nella difficoltà delle cose. Non è vizio, che non s'espugni con una costante orazione, con un rigoroso digiuno, con una assidua veglia e con un'intensissima cura ed esercizio.

Niuna fatica potette domar giamai Origene, il quale durando ne' studi e nelle vegghie fu cognominato Adamantio, perché resisteva a guisa di diamante ai colpi della laboriosa sua vita. La fatica nudrisce gli animi generosi e grandi. Non è cosa virile lo sgomentarsi nelle fatiche. Quell'opera è cattiva, il cui principio è il livore, il fin l'odio ed il continovarla travaglio. Dal fine che si propone, l'opere nostre acquistano il merito ed il pregio.

Niuna fatica potette domar giamai Origene, il quale durando ne' studi e nelle vegghie fu cognominato Adamantio, perché resistea a guisa di diamante ai colpi della laboriosa sua vita. La fatica nudrisce gli animi generosi e grandi. Non è cosa virile lo sgomentarsi nelle fatiche. Quell'opra è cattiva, il cui principio è il livore, il fin l'odio e il continovarla travaglio. Dal fine che si propone, l'opere nostre acquistan il merito ed il pregio.

Non ci rallentiamo nell'operar bene, che i tiepidi confidando si precipitano e dalla bocca di Dio vomitati, come acqua tepida, sono. Chi s'impigrisce perde la divozione ed il fervore, prolunga con mille iscuse l'operar suo, si contrista, si dispera, rompe la perseveranza, diviene tardo, tedioso, negligente ed irresoluto. Non son mai (disse Scipione il minore) così poco ozioso, che quando sono in ozio;

Non si rallentiamo nell'operar bene, ch'i tiepidi confidandosi precipitano e dalla bocca di Dio vomitati, com'acqua tepida, sono. Chi s'impigrisce perde la divozion ed il fervore, prolunga con mille iscuse l'operar suo, si contrista, si dispera, rompe la perseveranza, divien tardo, tedioso, negligente ed irresoluto. Non son mai (disse Scipione il minore) così poco ozioso, che quando son in ozio.

onde l'ozio de' virtuosi è un continovo negozio. Studi ciascheduno d'operar bene e bene opera chi virtuosamente ed a fin di piacere a Dio opera. Non uomini, ma ghiri e tassi sono quegli che poltroneggiando menano la loro vita inutile e vana senza fare opera veruna laudevole: cotale non è già vivere, né si può dire che viva chi sol in mangiare, bere, dormire ed ai piaceri del corpo impiega ogni suo pensiero.

Onde l'ozio de' vertuosi è un continovo negozio. Studi ciascheduno d'operar bene e bene opera, chi virtuosamente ed a fin di piacer a Dio opera. Non uomini: ma ghiri e tassi sono quegli che poltroneggiando menano la lor vita inutile e vana senza far opra veruna laudevole. Cotale non è già vivere. Né si può dire che viva chi sol a mangiar a bere, a dormire ed a piaceri del corpo impiega ogni suo pensiero.

Et qual cattività o dapocaggine maggiore sia mai, che consumar il tempo preziosissimo ne' letti od alla mensa o sopra una seggiola sbadigliando? Chi non sa usar l'ozio, ha più negozio che chi negozia: percioché chi negozia e sa e ha che fare, senza travaglio travaglia ed ivi applica l'animo e si diletta;

Et qual cattività o dapocaggine maggiore sia mai, che consumar il tempo preziosissimo ne' letti, od alla mensa, o sopra una seggiola sbadigliando? Chi non sa usar l'ozio ha più negozio, che chi negozia. Percioché chi negozia e sa e ha che fare, senza travaglio travaglia ed ivi applica l'animo e si diletta.

ma l'ozioso e scioperone non sa che si faccia, né che si voglia; errando va il cuor suo, non ha dove fermarsi, vive e non vive e se vive, vive por ogn'altra cagione che per vivere. Solone quel gran legislatore condannava agramente gli oziosi e lenti uomini e per infami li pubblicava.

Ma l'ozioso e scioperone non sa che si faccia, né che si voglia. Non è in casa, né fuori. Errando va il cuor suo, non ha dove fermarsi. Vive e non vive e se vive, vive por ogn'altra cagione, che per vivere. Solone quel gran legislatore condannava agramente gli oziosi e lenti uomini e per infami li pubblicava.

Fu già un cavaliere, il quale avea un figliuolo tanto gnocco e poltrone, che ad altro non era acconcio, che a sedersi tra famigliari tutto il dì senza mai far cosa veruna, che buona fusse. Or avenne che il mocicone morì, perloché un de' servidori correndo al padre, ch'era in villa, gli disse:

- Male nuove, vostro figliuolo è morto.

Fu già in Ravenna un cavalier dimandato Lucio Cesena, il quale avea un figliuolo tanto ignocco e poltrone, ch'ad altro non era acconcio, che a sedersi tra famigliari tutto 'l dì senza mai far cosa veruna, che buona fusse. Or avvenne che il mocicone morì perché un de' servidori correndo al padre, ch'era in villa, gli disse:

- Male nuove vostro figliuolo è morto.

- Questa non m'è nuova, rispose il padre; dovevi dir piuttosto sepolto, che nuova mi sarebbe, che bene sapeva io ch'era morto, ancora quando era vivo.

L'istesso espresse leggiadramente il Vega(7), tolto dal Pontano in un epitafio che fece sopra uno disutilaccio, dimandato Hia e tal è il suo sentimento:

 

- Questa non m'è nuova, rispose il padre. Dovevi dir piuttosto sepolto, che nuova mi sarebbe, che ben sapeva io ch'era morto, ancora quando era vivo.

L'istesso ispresse leggiadramente il Pontano in un epitaffio che fece sopra uno disutilaccio, dimandato Hia, che tal è il suo sentimento:

 

Hia non visse mai: ma è ben riposto

 

in quest'avello. Ora semmai non visse,

adunque posso dir, che non è morto.

 

Hia non visse mai: ma è ben riposto

in quest'avello. Ora semmai non visse,

adunque posso dir, che non è morto.

 

La natura umana nell'ozio s'invecchia e come legno da tarlo corroso s'infracidisce. Laonde quegli che mutoli coricandosi e con le mani a cintola si stanno sulle panche, non solo quanto al corpo, ma quanto all'animo marciscono. Produce l'ozio la noia ed il tedio ed è fomento di lascivia, maestro di malizia, principio di maleficio e ricetto di sordidezza.

La natura umana nell'ozio s'invecchia e come legno da tarlo corroso s'infracidisce. Laonde quegli che mutoli coricandosi e con le mani a cintola si stanno sulle panche, non solo quanto al corpo, ma quanto all'animo marciscono. Produce l'ozio la noia ed il tedio ed è fomento di lascivia, maestro di malizia, principio di maleficio e ricetto di sordidezza.

Per l'ozio spianata Cartagine, mancò Roma, dall'ozio molte opulenti città, molti superbi regni diserti furono, dall'ozio l'ignoranza, gli adulterii, i furti, le discordie e le risse nascono, dalle parole oziose alle nocive e dalle leggierezze agli oltraggi si viene. Ogni parola, che da ragione non è sostentata, è oziosa ed anco ozioso è quel parlare che non produce frutto veruno.

Per l'ozio spianata Cartagine, mancò Roma. Dall'ozio molte opulenti città, molti superbi regni diserti furono. Dall'ozio l'ignoranza, gli adulterii, i furti, le discordie e le risse nascono. Dalle parole oziose alle nocive e dalle leggierezze agli oltraggi si viene. Ogni parola, che da ragione non è sostentata, è oziosa ed ozioso è quel parlar che non produce frutto veruno.

Niuna cosa è peggiore in un buon proponimento dell'ozio: conciosiaché non solo si rimane di augumentarlo, ma lo distrugge. Niun giorno senza linea, disse Apelle. La santa vita per l'ozio languisce e muore. Ruggine di questa vita è l'ozio: il fuoco s'estingue se non ha materia, nella quale s'adoperi.

Niuna cosa è peggior in un buon proponimento dell'ozio. Conciosiaché non solo si rimane d'augumentarlo: ma lo distrugge. Niun giorno senza linea disse Apelle. La santa vita per l'ozio languisce e muore. Ruggine di questa vita è l'ozio. Il fuoco s'estingue se non ha materia, nella quale s'adoperi.

L'aere pestilenzioso diviene, se da buon vento essercitato non è; l'acqua, se non corre, fetida si rimane; la terra, se dalle marre e dall'aratro non è lavorata, inculta produce solo bronchi, sterpi ed inutili erbaggi. Chi snervò Annibale cartaginese, se non l'ozio? Chi fece infame e misero Antipatro? L'ozio. Chi condusse Sardanapallo a perder la vita e 'l regno? L'ozio. Chi avvilì Tolomeo re d'Egitto? L'ozio. Chi lasciò perduto Lucullo nelle isquisite delizie? L'ozio.

L'aere pestilenzioso diviene, se da buon vento esercitato non è. L'acqua, se non corre, fetida si rimane, la terra, se dalle marre e dall'aratro non è lavorata, inculta produce solo bronchi, sterpi ed inutili erbaggi. Chi snervò Annibale cartaginese, se non l'ozio? Chi fece infame e misero Antipatro? L'ozio. Chi condusse Sardanapallo a perder la vita e 'l regno? L'ozio. Chi avvilì Ptolomeo re d'Egitto? L'ozio. Chi lasciò perduto Lucullo nelle isquisite delizie? L'ozio.

Chi rese ridicolo Domiziano ultimo de' Cesari? L'ozio. Onde nacque il cieco Cupidine? Dall'ozio. Chi lo fomenta e chi ha sbandita la virtù oggimai dal mondo, se non la gola, il sonno e l'ozio? L'ozio rese schiava la Grecia e volse sossopra l'imperio romano, distrusse Creso e 'l suo regno, rese vituperoso e vile Demetrio secondo re della Siria, privò quasi della vista Dionigi, prostrò la gloria di Marcantonio triumviro e d'altri molti.

Chi contaminò Carlo ottavo re di Francia? L'ozio. Chi rese ridicolo Domiziano ultimo de' Cesari? L'ozio. Onde nacque il cieco Cupidine? Dall'ozio. Chi lo fomenta e chi ha sbandita la virtù oggimai dal mondo, se non la gola, il sonno e l'ozio? L'ozio rese schiava la Grecia; volse sossopra l'imperio romano; distrusse Creso e 'l suo regno; rese vituperoso e vile Demetrio secondo re della Siria; privò quasi della vista Dionigi; prostrò la gloria di Marcantonio triumviro.

Fuggasi l'ozio dunque, come pestilentissima fera ed abominevolissimo mostro: fuggasi come la morte, posciaché anco morto e sepolto si può dire colui che si giace in ozio; fatica, studio e coltura convienci, se vogliamo le sementi delle virtù poste negli animali nostri dala bontà di Dio condurre a maturità.

Fuggasi l'ozio dunque, come pestilentissima fera ed abominevolissimo monstro, fuggasi come la morte, posciaché anco morto e sepolto si può dir colui che si giace in ozio. Fatica, studio e coltura convienci, se vogliamo le sementi delle virtù poste negli animi nostri dalla bontà di Dio conducere a maturità.

Restauriamo, come col cibo il corpo, così la mente con nuovi e giornali augumenti di virtù in virtù caminando alla vera felicità: come segue al pacchio ed all'ubbriachezze la sonnolenza e l'ozio, così con l'ozio s'accompagnano le lascivie di Venere e li scherzi di Cupidine, come vicini sono i genitali ed il ventre(8).

Restauriamo, come col cibo il corpo, così la mente con novi e giornali augumenti di virtù in virtù caminando alla vera felicità. Come segue al pacchio e all'ubbriachezze la sonnolenza e l'ozio; così con l'ozio s'accompagnano le lascivie di Venere e li scherzi di Cupidine. Come vicini son i genitali ed il ventre.

 

 

Finito ch'io ebbi di riferire questo nobil discorso, mi si scoperse vicino una nobil matrona, accompagnata da quattro hidalghi, la quale mi invitò nella sua conversazione, con gentilissime parole, che mi costrinsero a compiacerla e così unitamente entrassimo in chiesa, visitassimo la santa imagine di Nostra Signora e quivi facessimo le nostre divozioni; e poscia usciti si riducessimo sotto ombrosi arbori e quivi facessimo una gran buona colazione e molto lietamente; e dopo finito la nobil matrona, che Fulvia si nomava, disse:

- Poiché il sonno e l'ozio sono cagione di tanti mali, vorrei pregarvi signori miei cortesissimi, che fuggissimo l'uno e l'altro di questi vizi: e perché eglino sono cagione che Venere e Cupido isforzano le carte e con infiniti ardori assaliscono i mortali, vorrei che cadauno di noi narrasse qualche fruttuoso essempio che sia successo a noi o ad altri, che sia per essere a ciascuno particolare ammaestramento; e però comandi la signora bella pellegrina presente, che s'io sapessi il suo proprio nome, per nome la chiamarei.

Allora io gli risposi che povera pelegrina era e non degna di questa conversazione. Ma un leggiadro gentiluomo disse:

- Qui siamo cinque principalmente, lasciando da parte cotesta gente qui d'intorno; se così voi signori comandate diasi principio e fate che prima si senta lo scoppio, che si veggia il baleno.

- Così si faccia, risposero tutti e li nominati siano don Fabrizio Orosco, don Pietro Gama, don Alonso Tostado, donna Fulvia Enriquez e donna Giustina Diez.

In quel punto uscì la voce del signor don Fabrizio Orosco e storcendosi esalò un veemente sospiro e disse(9):

 

 

Don Fabrizio Orosco narra l'amor suo e la sua gelosia cagionata dalle delizie di questo pazzo mondo.

 

 

Oh me meschino, oh me infelice, poiché con verità dir posso, che non conobbi giamai quiete. Non ero io per anco giunto all'età di quindeci anni, che la mia sorte crudele (riposta nelle mani del fiero Cupidine) così m'astrinse in dolorose e mortalissime fiamme; tanto infocomi le tenere midolle, non solo dell'ossa, ma dell'anima appresso, che ben non so come ad ogni picciol mirare della donna mia non mi risolvessi in cenere.

Oh infelice me. Ben con verità dir posso che non conobbi giamai quiete. Non ero io per anco gionto all'età di anni quindeci che il mio destin crudele (riposto nelle mani del fiero cupidine) così m'astrinse in dolorose e mortalissime fiamme; tanto infoconmi di tenere midolle, non solo dell'ossa, ma dell'anima appresso; che ben non so come ad ogni picciol sguardo della donna mia non mi risolvessi in cenere.

Ahi quante volte per gelosia d'amore (che insino allora incominciò ella a stracciarmi) quante volte, dico, mi levai io dal fianco dell'avo mio amorevole, al tempo della meza oscura e spaventosa notte, mentre egli avea legate le membra lasse dal sonno e gli occhi chiusi da un profondo sopore ed andaimene quasi nudo (al tempo anco del gelo) a fare la sentinella al mio ardore e ciò per molte ore, sotto alla fenestra di lei, stando di continuo con gli occhi attentissimi in alto: oh pazzia notabile. Udite il perché.

Ahi quante volte per gelosia (che infino allora incominciò ella a stracciarmi), quante volte, dico, mi levai io dal fianco dell'avo mio amorevole, al tempo della meza oscura e spaventosa notte; mentre egli avea legate le membra lasse dal sonno e gli occhi chiusi da un profondo sopore et andarmene quasi nudo (al tempo anco del gelo) e fare la scorta per molt'ore, sotto alla fenestra di lei; stando di continuo con gli occhi attentissimi in alto. Et udite il perché.

Avendo io udito dai favolosi poeti come Giove, Apolline ed altri dei talora scandevano dal cielo, convertendosi chi in toro, chi in montone, chi in cavallo e chi in pioggia do'oro; chi in questo uccello e chi in quell'altro; e che con tale arti andavansi a godere le vaghe donzelle amate, stimando io di certo che nulla al mondo donna fusse quanto la mia donna bella, stimava io ancora che alcuno di loro (invaghito della bellezza rara) dovesse in terra scendere ed entrando per le fenestre goderlasi;

Avendo io udito da i favolosi poeti (letti dalla diserta bocca del dotto precettor mio) come Giove Apolline ed altri dei, talora scendevano dal cielo; convertendosi chi in toro, chi in montone, chi in cavallo e chi in pioggia d'oro; chi in questo uccello e chi in quell'altro; e con tale arti andavansi a godere le vaghe donzelle amate. Stimando io di certo che nulla al mondo donna fosse quanto la mia bella (dal quale umore per anco non son libero) stimava io ancora ch'alcun di loro (invaghito della bellezza rara) devesse in terra scendere ed intrando per le fenestre, goderlasi,

dal qual pensiero governato e punto, trovandomi di nascosto un arco di mezano vigore, con alquante freccie e stava attento per ferire chiunque n'apparisse in aria; e tanto ne perseverai in quello affanno, che ne passarono due anni, che poco meno che ogni notte seguivo la fanciullesca, ma dolente impresa mia; ed allora massime, che dall'avo mio fui liberato di seco dormire: percioché col mio inquietarlo gli donavo noia ed affanno.

dal qual pensiero, governato e puro, trovaimi di nascosto un arco di mezano vigore, con alquante frecce; e stava attento per ferire chiunque n'apparisse in aria; e tanto ne perseverai in quello affanno che ne passarono due anni che poco meno ch'ogni notte seguivo la fanciullesca madolente impresa mia; ed allora massime che dall'avo mio, fui liberato di seco dormire: perciò che col mio inquietarlo gli donavo noia ed affanno.

Volse la mia buona sorte, che un giorno ragionassi col figliuolo del precettor mio, Sancio Fonseca, gentilissimo ed umanissimo cuore, quale, avendomi visto già molto tempo quasi sempre con gli occhi lagrimosi ed infiammati e continuamente esalar sospiri affocatissimi, così pietosamente mi disse:

- Fabrizio dolce, l'affezione, qual vi porto, non permette ch'io resti di nuovamente dimandarvi qual sia la cagione della infelice e miserabil vita che passate.

Volse la mia buona sorte ch'un giorno ragionassi col figlio del precettor mio, Alessandro Borealto, gentilissimo ed umanissimo di cuore, quale, avendomi visto già molto tempo quasi sempre con gli occhi lagrimosi ed infiammati e con continuamente esalar sospiri affocatissimi, così pietosamente mi disse:

- Levanzio dolce, l'affezion qual vi porto non permette ch'io resta di novamente dimandarvi qual sia la cagione della infelice e miserabil vita che passate.

Deh se punto m'amate ed in me avete fede, narratemi la cagione che quando noi ci possiamo trovar rimedio, non restaremo d'applicarcelo, sebbene vi dovessimo cara ispendere la vita. sapete pure lo intenso amore che il mio onorato padre (vostro maestro) vi porta.

Così detto e di nuovo con preghiere e lagrime validissime scongiuratomi, facevami forza a volermi iscoprir seco.

Deh (se punto m'amate ed in me avete fede) narratemi la cagione, che quando ci si trovi rimedio, non restaremo d'applicarcelo, sebbene vi dovessimo ispendere la vita cara. Sapete pure l'intenso amore quale il mio onorato padre (vostro maestro) vi porta.

Così detto e di nuovo con preghiere validissime scongiuratomi a volermi iscoprir seco,

Io, come prima versai abbondantissime lagrime calde, risortemi della più intensa e fina vena dell'affocato cuore, risposi:

- Sancio verace amico, tanta è la passione mia, che bene stimo che a me fora assai men male il morire, che vivere: ma pure, poscia che così piace al cielo di tormentarmi, ho stimato finora et anco stimo, che meglio sia tacere, che scoprir la cagion del mio dolore, posciaché irremediabili sono i duri affanni miei.

io (con prima versare abondantissime lagrime calde, risortemi dalla più intensa e fina vena dell'affocato cuore) risposi:

- Alessandro verace amico: tanta è la passion mia che ben stimo che a me fora assai men male il morire che vivere. Ma pure poscia che così piace al cielo di tormentarmi, ho stimato finora ed anco stimo, che meglio sia il tacere che scoprire la cagion del mio dolore: poscia che irrimediabil sono i duri affanni miei.

Et così narrai l'amor mio, quale insino allora avevo sì bene tenuto nascosto nel mio segreto, che niuno per ancora se n'era accorto. Et aggiunsi la cagion della gelosia mia mortale. Rise e pianse, tutto ad un tempo il buono Alessandro, della simplicità e della pena mia; e poscia abbracciatomi (che altro non sapevo fare che lagrimare e mandar dal petto afflittissimi singhiozzi) soggiunse:

Et così narrai l'amor mio, quale insino allora avevo io sì ben tenuto nascosto nel mio segreto: che nullo peranco se n'era accorto. Et aggionsi la cagion della gelosia mia mortale. Rise e pianse (tutto ad un tempo) il buono Alessandro, della simplicità e per la pena mia; e poscia abbracciatomi (che altro non sapevo fare che lagrimare e mandar dal petto afflittissimi singhiozzi) soggiunse:

- Deh Fabrizio, dunque essendo anco di quindeci anni, così sete divenuto esca delle amorose fiamme? Ed io che son giunto ai ventiquattro, ne sono esente? Ben assai mi dolgo delle disgrazie vostre, ma vieppiù assai, che prima non me n'abbiate voluto far motto, ché certo se l'aveste fatto v'averei, come facilmente son ora per fare, liberato da tanto cruccio e dall'amoroso ardore.

- Deh Levanzio: dunque essendo anco de quindeci anni, così sete divenuto esca delle amorose fiamme: ed io qual son giunto a i ventiquattro, ancor ne sono esente? Ben'assai mi dolgo delle disgrazie vostre: ma via più assai che prima non me n'aggiate voluto far motto; che certo se l'aveste fatto v'avrei (come facilmente son'ora per fare) liberato da tanto geloso cruccio, se non dall'amoroso ardore.

E così con leggiadria gentile e dotte ed accorte dichiarazioni mistiche, smantò tutte le favole dei finti e vani dei; al quale dando io intiera fede, subito dal cuore e fuor del petto spiccomisi un gran pezzo di durissimo e freddissimo ghiaccio; e parvemi in un momento saltar dal tartareo fondo alla felicità del cielo.

E così con leggiadria gentile e dotte ed accorte dichiarazioni mistiche, smantò tutte le favole de i finti e vani dei; al quale dando io intiera fede, subito dal cuore e fuor del petto spicconmisi un gran pezzo di durissimo e freddissimo ghiaccio; e parvemi de in un momento saltar dal tartareo fondo alla felicità del cielo.

- Don Fabrizio (disse allora don Pietro) bene aventurato fusti, ma se non vi cale l'udirmi, narrarovi una maravigliosa saetta, quale iscaricò sopra di me Cupido. Deh, sì, per cortesia, narratene un'altra, perché questa è stata molto bella, replico la pelegrina. Così Iddio per sempre ve ne faccia essente Giustina mia, come ella fu vera. Ma dite pure signor Pietro, che non mi sarà di picciol spasso e giovamento, l'udir d'avere sì onorato compagno, in tanta perigliosa passione.

- Bene aventurato fusti: ma se non vi cale l'udirmi, narrarovene ed io una delle maraviglie, quale iscaricò sopra di me Cupidine.

- Deh sì per cortesia, narratene un'altra tale delle novelle, perché questa n'è stata sì bella.

- Così Iddio per sempre ve ne faccia essente dolcissima Eurina mia come ella fu vera. Ma dite signor Cleonio che non mi sarà di picciol spasso e giovamento, l'udir d'avere sì onorato compagno, in tanto perigliosa passione.

- Sì, disse, don Alonso Tostado, ma con patto che io narri i miei simili ai vostri guai.

- Sì soggiunse don Pietro non vi mancheranno orecchie pronte no, ad udir simil facende(10).

 

 

Don Pietro Gama cavalier illustre narra l'amor suo e l'afflizion sua: per cagion della sua Marogila.

 

 

- Sì, ma con patto, che anch'io narri i miei simili ai vostri guai.

- Sì si non vi mancheranno orecchie pronte no ad udir simil facende.   

Invero, signor Fabrizio, fu bene il vostro un duro e strano intoppo: ma quando avrete udito il mio crederò, se nol vorrete giudicar maggiore, che almeno lo porrete al pari del vostro. Volse la sorte mia (non so s'io la debba nomar iniqua o buona) che essendo io giunto all'etade di che avete voi menzion fatta (poco più o poco meno) m'accendessi della Marogila mia e udite il come.

Invero, signor Levanzio, fu bene il vostro un duro e strano intoppo: ma quando avrete udito il mio, crederò: se nol vorrete giudicar maggiore che almeno lo porrete al par del vostro. Volse la sorte mia (non so s'io la debba nomar iniqua, o buona) ch'essendo io giunto all'etade di che avete voi menzion fatta (poco più, poco meno) m'accendessi della sirena mia ed udite il come.

Giunsi io a caso in un fiorito prato ove mirai colei che sempre dopo emmi restata viva ed in mezo al cuore inserta e sì stretta, che ben piuttosto crederò che il maggior lume con tutti gli altri appresso se n'usciranno dai suoi eterni luoghi e cadranno al basso, ch'ella fuori del mio cuor n'esca.

Giunsi io a caso in un fiorito prato, ove mirai colei che sempre doppo emmi restata viva, in mezzo al cuore inserta e sì stretta, che ben piuttosto crederò che il maggior lume con tutti gli altri appresso se n'usciranno da i suoi eterni luoghi e caderanno al basso; ch'ella fuori del mio cuor n'esca.

Era ella in compagnia d'altre quattro donzelle, sopra ad una delle parti del prato, più dell'altre elevata ed adorna di gran moltitudine e varietà di fiori, il terzo giorno di maggio, quando si fa festa e solennitade, in rimembranza della grandezza di Santa Croce del Signore.

Era ella in compagnia d'altre quattro donzelle, sopra ad una delle parti del prato più dell'altre elevata ed adorna di gran moltitudine e varietà di fiori, il terzo giorno di maggio; quando si fa festa e solennitade, in rimembranza della grandezza si S. Croce del Signore.

Stava ella con leggiadro modo, succinta con la vesta insino al mezo della schietta e diritta gamba e con destro ed agile andamento si rivolgeva ora da questo ed ora da quel lato, cogliendo fiori in gran quantitade e riponendosegli in grembo, per adornarsene, come fece poscia.

Stava ella con leggiadro modo, soccinta con la vesta insino al mezzo della schietta e diritta gamba e con destro ed agile andamento si rivolgeva ora da questo ed ora da quel lato, cogliendo fiori in grande quantitade e reponendoeli in grembo, per andarsene, come fece poscia.

Quando bene se n'avide avere (se non a sodisfazion del desio, almeno abbastanza per caricarsene il capo, inghirlandarsene le tempie, intrecciarne i bei capelli d'oro longhissimi ed empirsene anco il petto ed incingersene a' fianchi) si pose ella a sedere sotto ad un ombroso frassino e con quella varietà leggiadrissima di vivi e nobili colori adornossi.

Quando bene se n'avide avere (se non a sodisfazion del desio, almeno) abbastanza per caricarsene il capo, inghirlandarsene le tempie, intrecciarne i bei capelli d'oro longhissimi ed empirsene anco il petto ed incingersene e fianchi; si pose ella a sedere sotto ad un'ombroso frassino e con quella varietà leggiadrissima di vivi e nobili colori adornossi.

Non credo che Diana giamai giungesse a tal vaghezza. Gioivano i fiori e parevano (tutto ad un tempo) arder nel chiaro lampo, che dal bel viso e dalle belle membra usciva. Deh perché non dico io più presto che quanti fiori gli mirai io in quel giorno adosso, tanti focosi ed immortali incendi mi si aggroppassero e chiudessero nel petto?

Non credo che Diana giamai, o Proserpina, giungessero a tal vaghezza. Giovano e fiori e parevano (tutto ad un tempo) arder nel chiaro lampo: che dal bel viso e dalle belle membra usciva. Deh perché non dico io più presto, che quanti fiori gli mirai io quel giorno addosso, che tanti focosi ed immortali incendi mi si aggroppassero nel petto?

Ben so, che d'allora in poi non ho saputo giamai che cosa si sia quiete o riposo. Mentre che allora la mirai erami la vita cara e mi godeva (al parer mio) una consolazione inestimabile. Ma non sì tosto i miseri occhi miei restarono privi del dolce lume, che subito mancomi la vita ed ogni lena in cuore, che già non so come restassi ritto e vivo e non piuttosto (qual Eco) non mi trasformassi in freddo e duro sasso.

Ben so che da allora in poi non ho saputo giamai che cosa si sia requie, o riposo. Mentre che allora la mirai erami la vita cara e mi godeva (al parer mio) un paradiso vero. Ma non sì tosto i miseri occhi miei restarono privi del dolce lume che subito mancommi la vita ed ogni lena in cuore, che già non so come restassi ritto e vivo e non piuttosto (qual Eco) non mi trasformassi in freddo e duro sasso.

Ma un conforto solo fu quello che mi ritenne in vita e fu che passando ella per il luogo ove gran pezzo ero stato a mirarla, con un suo soavissimo sguardo ridente mi raddoppiò nell'alma le vitali virtudi: onde non puote poscia la morte di me portare il desiato trionfo.

Ma un conforto solo (credo io) fu quello qual mi ritenne in vita e fu che passando ella per il luogo, ove gran pezzo ero stato a mirarla, con un suo soavissivo sguardo ridente, credo io mi raddoppiasse nell'alma le vital virtudi: onde non puote poscia la morte di me portare il desiato trionfo.

Passarono da dieci giorni, dopo ch'io divenni prigion d'amore, ch'io non potei mirare il lume da me tanto bramata: né fu già questo per difetto mio, anzi non era giorno che dua volte almeno non aggirassi colà intorno, ove era la sua abitazione e stranamente dolevomi di non la poter rivedere. Oh quante volte bramai io che le mura ed il tetto si facessero a guisa di cristallo trasparenti.

Passarono da dieci giorni (doppo ch'io divenni prigion d'amore ed assoluto mancipio delle amorose doglie) ch'io non potei mirare il divin lume, da me tanto bramato, né fu già questo per difetto mio, che dua volte, almeno, non aggirassi colà intorno, ove era la sua abitazione e stranamente dolevomi di non la poter rivedere. O quante volte bramai io che le mura e il tetto, si facessero a guisa di cristallo diafane e trasparenti.

Ovvero, che un qualche aquilonare furioso vento la levasse di peso e riportassela ad affondare in mezo al mare, senza far danno a Marogila, in vendetta mia. Quante volte, vedendo io stesso alcun velo innanzi alle finestre sue et immaginandomi ch'ella con le sue mani glielo avesse steso, bramai di convertirmi in velo per dover capitarli in mano?

Overo che un qualche aquilonare furioso vento la levasse di peso e riportassela ad affondare in mezo al mare, senza far danno a quella, in vendetta mia. Quante volte, vedendo io stesso alcun velo inanzi alle finestre sue (imaginandomi ch'ella con le sue maniglie lo avesse steso) bramai di convertirmi in velo, per dover capitarli in mano?

Ah, diceva tra me, almeno mi fusse lecito, a mio piacere, di convertirmi in fiore, che tanto spierei, quando fosse ella per andarsene a spasso ed intesolo, seguirela tanto ch'io la vedessi entrare in alcun prato per coglierne ed io allora tra erba ed erba, a guisa della serpe andrei insino ch'io giungessi ove ella fusse e subito o in giglio o in un giacinto o in un narciso o in viola od altro fiore, cangiareimi.

Ah, diceva tra me, almeno mi fosse lecito, a mio piacere, di convertirmi in fiore, che tanto spierei quando fosse ella per andarsene a spasso ed intesolo, seguireila tanto ch'io la vedessi entrare in alcun prato, per coglierne ed io allora tra erba ed erba, a guisa della serpe andrei, insino ch'io giungessi ove ella fusse e subito, o in ungiglio, o in giacinto, o in narciso, o in viola, od altro fiore, cangiareimi.

Et acciò che ella non mi lasciasse, piegandomi, ora da quello or da quel lato, tanto m'aggirerei, che pure gli caderei in mano e così toccandole mille fiate, al meglio che a me possibil fusse, le bacierei. Oh bene allora me felice, s'ella adattandomi in cima della fronte, mi fusse lecito nel muover d'essa, al tremolar mio, sopra di quella stendermi ed al basso volgendomi, a mio modo mirandola, goderlami.

Et acciocch'ella non mi lasciasse, piegandomi, ora da questo, or da quel lato, tanto m'aggirerei che pure gli caderei in mano e cos' toccandole, mille fiate, al meglio che a me possibil fosse, la bacierei. Oh bene allora me felice, s'ella adattandomi in cima della fronte, mi fosse lecito nel muover d'essa, al tremolar mio, sopra di quella stendermi ed al basso volgendomi (a mio modo mirandola) goderlami.

Ma se per alta mia sorte, con la sua bella mano, me tra le molli e candide ritondette tetine locasse, che cosa più poscia resterebbemi da desiderare in terra? Bene allora mi saria dolce il morire, languidendomi a poco a poco nel golfo del dolcissimo e soavissimo calore che da quelle sì caramente risorge. Così in pensier tali ed altri simili n'andai per quei pochi giorni spendendo la mia vita.

Ma se per alta mia sorte, con la sua bella mano, me tra le molli e candide ritondette mamme locasse, che cosa più poscia resterebbemi da desiderare in terra? Bene allora mi saria dolce il morire inlanguidendomi, nel golfo del dolcissimo e soavissimo calore, che da quelle siì caramente risorge. Così in pensier tali ed altri simili, n'andai per quei pochi giorni spendendo la mia vita.

N'uscì ella doppo dieci giorni, con due altre compagne a lei simili: onde non le sapevo assomigliare ad altro, che alle graziosissime figliuole di Giove Aglaia, Eufrosina e Telia; quali fossero di nuovo dal ciel discese per bear noi e rallegrare il mondo.

N'uscì ella doppo dieci giorni, con due altre compagne a lei simili; onde non le sapevo assomigliare ad altro, che alle graziosissime figliuole di Giove Aglaia eufrosina e Telia; quali fossero di nuovo dal ciel discese, per bear noi e rallegrare il mondo.

Oh Dio, qual leggiadria nel muoversi, qual modesto girar nel rivolgersi talora, mostravano? Qual gentilezza nel saluto gli usciva di bocca, seppure ad alcun si volgevano per donarglielo? Qual dolce si scopriva nei semplici e puri risi? Qual divin lume ballenava nell'aria ovunque rivolgessero i soavissimi suoi sguardi? Qual felicità seminava ovunque fermava il ben formato e delicato viso?

Oh Dio, qual leggiadria nel muoversi, qual modesto girar nel rivolgersi talora, mostravano? qual gentilezza nel saluto gli usciva di bocca, seppure ad alcun si volgevano per donarglielo? Qual dolce si scopriva ne i semplici e puri risi? Qual divin lume ballenava nell'aria, ovunque rivolgessero i soavissimi suoi rai? Qual felicità e beatitudine seminavano ovunque fermavano il ben formato e delicato viso?

Andavo io quasi al par di loro et ciò era ascritto alla gran famigliarità. quale è tra la di lei e la famiglia mia; ed eravi anco qualche affinitade. Pure se i prudentissimi uomini e le accortissime donne non sanno o ponno coprire questa amorosa fiamma, anzi quanto più l'atringono, più allor si fa palese, come bene iscrisse il Sulmonese nelle Trasformazioni lib. 4:

 

Andavo io quasi al par di loro ed era ascritto alla gran famigliarità, quale è tra della di lei e la famiglia mia; ed eravi anco qualche affinitade. Pure se i prudentissimi uomini e le avertitissime donne non sanno, o ponno coprire, qusta amorosa fiamma, anzi quanto più l'astringono, più allor si fa palese, come bene iscrisse il Sulmonese {Trasf. lib. 4}:

 

Quanto più il foco si nasconde e cela

Tanto più abbrugia e ogn'or più si rivela.

 

Et altrove anco in Epist. Paridis ad Helenam:

 

Quanto più il foco si nasconde e cela,

Tanto più abbrugia e ognor più si rivela.

 

Et altrove anco {In epis. Paridis ad Helenam},

 

Chi è che possa celar la fiamma accesa,

S'ella col proprio lume si palesa?

 

Chi è che possa celar la fiamma accesa,

S'ella col proprio lume si palesa?

 

Che dovevo o potevo far io tenero fanciullo, incontro ad un imperator sì terribile, anzi incontro al Dio di tutto l'universo, Cupido trionfatore? Andava io ragionando con la mia diva e dicevo cose tali, per benché fanciullo e parole di tal sentimento amoroso, ch'ella (simplicissima ancora in impresa tale) incominciò a sentire, benché tolte in ischerzo, di che valore fossero gli amorosi incendi e le mie fiamme. Et io (già fatto accorto alle mie spese) ben m'avidi come ella incominciava ad entrare nell'amorosa scuola.

Che dovevo o potevo fare io tenero fanciullo, incontro ad un imperator sì terribile: anzi incontro al Dio di tutto l'universo e d'uomini e di tutti e dei trionfatore? Andavo io ragionando con la mia diva e dicevo cose tali, per ben che fanciullo e parole di tal sentimento amoroso, ch'ella (simplicissima ancora in impresa tale) incominciò a sentire di che valore fossero gli amorosi incendi e le mie fiamme, da prima tolte in scherzo. Et io (già fatto accorto alle mie spese) ben m'avidi, come ella incominciava ad intrare, nell'amorosa torma.

E tu Cupidine gli proponevi i primi elementi della tua famosa dottrina, me duce, precettore et maestro? Nell'intrare ella nel sacro tempio (per astare ai sacrosanti tremendi sacrifici dell'altare) si ruppero i ragionamenti nostri: ma non già si spensero o rallentarono le fiamme, ma sì ben nuove doglie e nuovi ardori rinacquero. L'invidiosa sorte del ben mio (aspettando io ch'ella del tempio uscisse per accompagnarla) fece apparire un mio zio, qual chiamatomi, vieni, disse, che voglio ch'andiamo a visitar tua ava, quale hammi imposto ch'io ti ci conduca.

E tu Cupidine, gli proponevi i primi elementi della tua famosa scola; me duce, precettore e mastro. Nell'intrare ella nel sacro tempio (per astare ai sacrosanti tremendi sacri fici dell'altare) si ruppero i ragionamenti nostri: ma non già si spensero, o rallentar le fiamme. Ma sì ben nuove doglie e nuovi ardori rinacquero. L'invidiosa sorte del ben mio (aspettando io ch'ella del tempio uscisse per accompagnarla) fece apparire un mio zio, qual chiamatomi:

- Vieni, disse, che voglio ch'andiamo a visitar tua ava, quale hanmi imposto ch'io ti ci conduca.

Con sì scontento cuore v'andai, che non sapendo, a guisa d'orbo ove io fermassi i piedi, andavo facendo lo storto viaggio della biscia, del che avedutosi il zio, più volte mi sgridò; ma vedendomi tutto alterato ed attonito (dubitando di qualche strano accidente) datomi di mano, a casa mi condusse ed impose ch'io fussi corricato in letto.

Con sì scontento cuore v'andai, che non sapenso, a guisa d'orbo, ove io fermassi i piedi, andavo facendo il viaggio della biscia; del che avedutosi il zio, più volte mi sgridò, ma vedendomi tutto alterato e attonito (dubitando di qualche strano accidente) datomi di mano, a casa mi condusse ed impose ch'io fussi corricato in letto. Finsi io d'aver talento dormire; onde tutti mi lasciarono.

Ma guari non stetti io così, che pian piano, uscito di camera, volai colà ove m'imaginavo di dover poter rivedere il cuor mio; e vidila insieme con la madre sua e con le compagne, ch'erano uscite del tempio e giunsile all'entrar che far volevano nella casa loro. L'accorta sua genitrice (essendosi insin dal principio avista del mio fuoco) presto fece retirar di dentro la figlia, qual mostrò in un volgersi gran desio di rivedermi. Entrate che furono, subito fu ella ad una finestruccia e salutommi con dire:

Ma guari non stetti io così, che, pian piano, uscito di camera, volai colà ove m'imaginavo di dover poter rivedere il cuor mio; e vidila insieme con la madre sua e con le compagne ch'erano uscite del tempio e giunsile all'entrar che far volevano nella casa loro. L'accorta sua genitrice (essendosi insin dal principio avista del mio foco) presto fece retirar di dentro la figlia, qual mostrò, in un volgersi, gran desio di rivedermi. Entrate che furono subito fu ella ad una finestruccia e salutommi con dire:

- Don Pietro mio, sovengavi spesso ch'io grandemente vi ami.

Et subito (come poscia seppi) tirata dentro fu dalla madre ed io baciato il muro al basso, ma diritto alla finestra, mi partì e tornai senza ch'alcuno se n'accorgesse nel letto e dopo poco mi addormentai: e dormendo ecco aparirmi in sogno la mia dea, più bella e più lieta, ch'io la mirassi mai e seco ragionando, pareami di fruire tutte le soavitadi e dolcezze ch'in petto umano possono esser raccolte.

- Cleonio mio, sovengavi spesso, ch'io grandemente v'ami.

Et subito (come poscia seppi) tirata dentro fu dalla madre ed io baciato il muro al basso, ma diretto alla finestra, mi partì e tornai senza ch'alcuno se n'accorgesse nel letto e dopo poco m'addormentai. E dormendo ecco apparirmi in sogno la mia dea, più bella e più lieta ch'io la mirassi mai e seco ragionando, pareami di fruire tutte le soavitadi e le dolcezze, ch'in petto umano possino esser raccolte.

Ma ben durò poco quella gioia, perciò ch'uno uomo selvaggio sopra ne aggiunse e dato a lei piglio (veloce al par del vento) se la portò in un folto ed oscuro bosco, nell'entrar del quale, ella a me rivolgendo il lagrimoso viso, gridò:

 

Ma ben durò poco quella gioia, perciocch'uno uomo selvaggio sopra n'aggiunse e dato a lei dipiglio (veloce al par del vento) se la portò in un folto e scuro bosco, nell'entrar del quale ella a me rivolgendo il lagrimoso viso, gridò:

 

Non sperar più giamai di rivedermi.

 

Gettai io un strido sì tremendo e sì alto che tutto il vicinato l'udì e colà corse tutta la famiglia e trovaronmi quasi spento. La madre mia postami la man sul cuore e chiamandomi con gran pianto e ramarico, fece sì ch'io ritornai in me ed incominciò il cuore a saltellarmi in petto di sorte, che parea del certo di dover spezzare il petto e borrirsene fuori.

Non sperar più giamai di rivedermi.

 

Gettai io un strido sì tremendo e sì altro che tutto il vicinato l'udì e colà corse tutta la famiglia e trovarommi quasi spento. La madre mia postami la man sul cuore e chiamandomi, con gran pianto e ramarico, fece sì ch'io ritornai in me ed incominciò il cuore a saltellarmi in petto di sorte che parea del certo di dover spezzare il costato e orrirsene fuori.

Non facevo io altro che sospirare e piangere, né potevo rispondere alla dolce madre, quale istava ch'io gli dovessi dire la cagion del mio dolore. Ma io chiedevo per grazia, che mi lasciassero solo. Andò la fama intorno onde la genitrice della mia Marogila subito venne e miratomi disse:

Non facevo io altro che sospirare e piangere, né potevo rispondere alla dolce mamma, quale instava ch'io gli dovessi dire la cagion del mio dolore. Ma io chiedevo per grazia che mi lasciassero solo. Andò la fama intorno, onde la genitrice della mia sirena subito venne e miratomi disse:

- Signor don Pietro figlio bello, troppo per tempo cominciate e poscia si pose a ridere.

La madre mia, dopo poco, accompagnatasi con essa, si ritiraro in un'altra camera ove narolli il proceder mio ed il mio amore. Inteso ciò la sollecita della mia salute e del mio bene, la notte tra sé ed il consorte suo, il mio umano padre, subito deliberarono di levarmi dalla casa e non passarono cinque giorni, che mi mandarono ad un castello in dozina, appresso al mio onorando precettore, quale è ancor tanto da me osservato e tenuto in prezzo, lontano dalla terra nostra dieci miglia.

- Cleonio figlio bello, troppo per tempo cominci.

E poscia si pose a ridere. La madre mia, dopo poco, accompagnatasi con essa; si ritirarono in un'altra camera, ove narrolli il proceder mio ed il mio amore. Inteso ciò la sollecita della mia salute e del mio bene, la notte tra sé e il consorte suo, il mio umano padre, subito deliberarono di levarmi dalla casa e non passarono cinque giorni che mi mandarono ad un castello in Dozina, appresso al mio onorando precettore, quale è ncor tanto di me osservato e tenuto in prezzo, lontano dalla terra nostra dieci miglia.

So bene che se al partire m'avessero caciato uno acuto coltello nel cuore, invece di sangue, sariano uscite orride e mortal faville. Fecero i miei parenti avisato il maestro della infirmità mia; quale come dei più discreti uomini essendo, che giamai creasse la natura, con salutevoli ammonizioni, come di dolcezza, incominciò a riprendermi, come ch'io di vile e di poco animo, che col mezo delle virtù non mi bastasse il cuore di fare acquisto della cosa amata.

So bene che se al partire m'avessero cacciato uno acuto coltello nel cuore, invece di sangue, sariano uscite orride e mortal faville. Fecero i miei parenti avisato il mastro della infermità mia; quale come dei più discrezionati uomini essendo, che giamai creasse la natura, con saluberrime ammonizioni colme di dolcezza, incominciò a riprendermi, come ch'io fussi di vile e di poco animo, che col mezo delle virtù non mi bastasse il cuore di fare acquisto della cosa amata.

E con sì gentil garbo mi punse e sì fattamente m'accese alle virtudi, che per presto mostrarmi degno di colei che tanto amavo, giorno e notte assiduamente spendevo negli onorati studi e perseverai da tre anni di sorte che ero a chiunque mi praticava un ritratto di stupore. Ma essendo ormai in speranza di conseguire il palio da me tanto bramato, ecco ch'intendo un giorno, come il padre di lei l'avea promessa ad un altro.

E con sì gentil garbo mi punse e sì fattamente m'accese alle virtudi che per presto mostrarmi degno di colei che tanto amavo, giorno e notte, assiduamente, spendevo in gli onorati studi e perseverai da tre anni, di sorte che ero a chiunque mi praticava in ritratto di stupore. Ma essendo io omai in speranza di conseguire il palio da me tanto bramato; ecco ch'intendo un giorno, come il padre di lei l'avea promessa a un altro.

Quando ne fui fatto certo, tanto gelo mi si raccese in petto, che non credo che giamai tanto ne scorresse o albergasse nei nevosi ed agghiacciatissimi monti d'Aquilone. Stetti io venti giorni attonito tanto e di me fuori, che non mi fu giamai possibile snodar la lingua per formar parola.

Allora che ne fui fatto certo, tanto gelo mi si raccese in petto che non credo che giamai tanto ne scorresse, o albergasse, nei nivosi ed aggiacciatissimi monti d'Aquilone. Stetti io venti giorni attonito tanto e di me fuori, che non mi fu giamai possibile snodar la lingua per formar parola.

Furono le amorevoli riprensioni del precettore, le lusinghe dei cari compagni, i ricordi de' fidi amici, sparsi al vento. Passati i venti giorni, la sera, che fu d'un sabbato, con destro modo m'uscì di casa, da sì estremo e sfrenato amor e dolor trapunto e sferzato, che deliberai d'andarmi a soffocare in un rapido e grosso fiume, che colà appresso passa.

Furono le amorevol reprensioni del precettore, le losinghe dei cari compagni, i ricordi de'fidi amici, sparti al vento. Passati i venti giorni, la sera, che fu d'un sabbato, con destro modo m'uscì di casa; da sì strema e sfrenata gelosia trapunto e sferzato, che deliberai d'andarmi a soffocaro in un rapido e grosso fiume, che colà appresso passa.

Et inviatomi colà, così andando, fui sovrapreso da uno orrore d'infernal disperazione onde non potendo più muovermi, m'assisi sotto a' rami d'uno umoroso gran salice. E s'allora avevo cosa atta a ferirmi, certissimo n'era ben giunto il fine di ogni opera mia.

Et inviatomi colà, così andando, fui sovrapreso da un orrore d'infernal disperazione; onde non potendo più movermi, m'assisi sotto a rami d'uno umoroso gran salice. E s'allora avevo cosa atta a ferirmi, certissimo n'era ben giunto il fine d'ogni opera mia.

Stetti io roverscio tra l'erbe, così per ben due ore ed incominciando a rifrancarmi, risorsemi in cuore uno più salutevole pensiero; e diceva:

Stetti io roverscio tra l'erbe, così per ben due ore ed incominciando a rinfrancarmi, risorsemi in cuore uno più salubre pensiero.

- Deh Pietro, perché così vilmente con te stesso ti porti? E perché non vai tu a ritrovar la donna tua e narrarli gli alti tuoi martiri? Forse ch'ella pietosa di te venendo, essendo (come ella è) saputa, troverà rimedio (per sua cortesia) ai tuoi gran mali.

- Deh (diceva) Cleonio, perché così vilmente con te stesso ti porti? E perché non vai tu a ritrovar la donna tua e narrarli gli alti tuoi martiri? Forsi ch'ella pietosa di te venendo essendo (come ella è) saputa, troverà rimedio (per sua cortesia) ai tuoi gran mali.

Subito risorsi e deliberaimi di far tanto ed inviaimi a gran passo verso la casa di lei ed in picciol spazio di tempo giunsi alla patria. Non sapevo risolvermi ove prima devessi andare o a trovare i parenti o a rivedere il luogo della Marogila mia. Stato alquanto perplesso, deliberaimi pure d'andarmene a lei e così appressatomi alla finestruccia (ministra pietosa sola ai miei tormenti) non sapevo altro fare, che baciare i duri e freddi sassi.

Subito risorsi e deliberaimi di far tanto ed inviaimi a gran passo verso la casa di lei ed in picciol spazio di tempo aggiunsi alla patria. Non sapevo risolvermi ove prima devessi andare, o a trovare i parenti, o a rivedere il loco della sirena mia. Stato alquanto perplesso, deliberaimi pure d'andarmene a lei e così appressatomi alla finestruccia (ministra pietosa sola ai miei tormenti) non sapevo altro fare che baciare i duri e freddi sassi.

Languivo morendo e non potevo morire; ma vinto dalla crudel passione, cadei in terra e supino rivolto nella polve, miravo le stelle, non facendo altroche sospirare e piangere. Così il restante della notte stetti. Facendosi il giorno e non men avedendo io, fui sovrapreso da uno fratello della donna mia. E credendo egli ch'io fussi alcuno ucciso dalle mani de' suoi nemici, venne per mirarmi. Et appressatomisi sentì i miei sospiri.

Languivo morendo e non potevo morire vinto dalla crudel passione, cadei in terra; e supino rivolto nella polve, miravo le stello non facendo altro che sospirare e piangere. Così il restante della notte stetti. Facendosi il giorno e non men avedendo io, fui sovrapreso da uno fratello della donna mia. E credendo egli ch'io fussi alcuno ucciso dalle mani de'suoi nemici, venne per mirarmi. Et appressatomi sentì i miei sospiri.

E presto conosciutomi (essendomi amico molto, accortosi anco del mio male) presemi per lo braccio destro e sollevommi da terra, abbracciandomi, confortandomi ed anco caramente riprendendomi della mia gran follia. Et essendo ormai chiaro il giorno, alla casa mia mi condusse ove narrò ai genitori miei, dove m'avesse ritrovato. Piansero gli amorevoli genitori ed al meglio che seppero, mi donarono conforto.

E presto conosciutomi (essendomi amico molto, accortosi anco del mio male) presemi per lo braccio destro e sollevommi da terra, abbracciandomi, confortandomi et anco caramente riprendendomi della mia gran follia. Et essendo omai chiaro il giorno, alla casa mia mi condusse: ove narrò a i genitori miei, onde m'avesse ritrovato. Piansero gli amorevoli ed al meglio che seppero mi donarono conforto.

Nel partirmi dal luogo ove ero stato la notte, si fecero la madre e la figlia alla finestra, per vedere ciò che fusse e parte intesero e videro la disgrazia mia; onde la pietosa e bella donna mia, rivolta alla madre, disse, tanto alto, ch'intesi il tutto:

Nel partirmi dal loco ove ero stato la notte, si fecero la mdre e la figlia alla finestra, per vedere ciò che fusse; e parte intesero e videro la disgrazia mia, onde la pietosa e bella donna mia, rivolta alla madre disse, tanto alto ch'intesi il tutto:

- Se don Pietro non mi sarà consorte, non sia giamai vero ch'altri possedino questa persona mia; pittosto voglio monacarmi.

Non restarono queste parole molto ascose, anzi non giunse l'ora del desinare, che quasi tutta la terra ne fu ripiena. Ne guari stette a porre in esecuzione il minacciato intento suo, ma all'ora del vespro destramente con una sua compagna andò ad un monastero d'onorate gentildonne e di gran buono e religioso nome; e tanto seppero ben dire, che furono allor allora introdotte.

- Se Cleonio non mi sarà consorte, non fia giamai vero ch'altri possedino questa persona mia; piuttosto voglio io monacarmi.

Non restarono queste parole molto ascose, anzi non giunse l'ora del desinare, che quasi tutta la terra ne fu ripiena. Né guari stette a porre in esecuzione il minacciato intento suo, ma a l'ora del vespro, destratamente, con una sua compagna, andò ad un monastero d'onorate gentildonne e di gran buon nome onesto; e tanto seppero ben dire che furono allor allora introdotte.

Quanto m'aggradisse risoluzion tale, solo Iddio (intimissimo conoscitor de' cuori) misurar lo puote, così per anco con onorato credito vi persevera. Et io per suo amore ho fermato il pensiero di non voler giamai congiungermi in matrimonio con qualsivoglia donna. Quale si sia la mia vita, tu Cupido sai, che sovente a te solo iscopro i pensieri miei(11).

 

 

Don Alonso di Toledo racconta lo isventurato amore per la perdita della sua Clarina ed il suo acerbo ed irrimediabil dolore.

 

Quanto m'aggradisse risoluzion tale, solo Iddio (intimissimo conoscitor de' cuori) misurar lo puote, così per anco con onorato credito vi persevera. Et io per suo amore ho fermato il pensiero di non voler giamai congiungermi in matrimonio, con qual si voglia donna. Quale si sia la mia vita tu amor lo sai, che sovente a te solo iscopro i pensier miei.   

Quando vi penso, per certo che conosco l'amor con la gelosia esser una strana e fantastica febbre, perché ove non è quiete in amore, ivi è febbre ardentissima e perciò li amanti sempre sono febbricitanti et dicono perdere quello che non perdono; e perché gli nasce in cuore questa passione, questo isvenimento e questa amara languidezza? Non per altro che per dubbio di perderlo.

Per certo, che quando vi penso, conosco la gelosia esser una strana febre.

- Parmi che vi forziate a narrar favole simili a quelle del Boccaccio. Dio sa poscia come la cose stanno.

- Se il vostro Levanzio (il che non consenta giamai Iddio) volgesse i suoi pensieri altrove e di voi fatto sazio, cercasse altro amore, allora (Eurina gentile) provereste queste non esser favole. Ma la sorte vostra buona; così v'ha impegnato (poscia che non voglio dir venduto) il cuor di lui nelle mani, che lieta ve ne potete vivere senza questo affanno.

- Deh Signor Infiammato non dite così, se non volete che io m'attristi. Solo a pensar talora sopra a disgrazia tale, io languisco e muoro; pensate mò che farei poscia allora, quando ciò m'accadesse.

- E perché così vi nasce in cuore quello isvenimento ed amara languidezza?

- Perché non lo vorrei perdere.

- Come intendete voi perderlo? Ch'egli in qualche lontan paese se ne gisse, o fosse ucciso, o se ne morisse, o che?

- Se per viaggio essiglio, o morte, io da lui fussi divisa, credo quasi che fora il consolarmi facile; pure ch'io fussi sicura che il suo cuor fosse mio: percioché allora non mi saria difficile l'assomigliarmi alla gentile e famosa Ipsicratea, quale, così fidamente, seguì il gran Mitridate: ovunque dalle possanze de i vincitor Romani, se ne fuggisse: per selve, valli, monti, deserti ed incognite genti. E quando anco da questa vita care (a me dolce solo per amar lui) facesse partita, non stimerei gran danno; poscia che mi fora lecitoil subito seguirlo e goderlomi in l'altro mondo sin in eterno; seguendo l'orme e chiari essempi dell'altre due moglie d'esso gran Mitridate, Monima Millesia e Veronica Chia, quali udendo la di lui morte, nunziatali da Bacchide Eunuco, la prima dato di mano a un laccio, tosto s'appese e rompendosi quello gridò:

- O corona regale essecranda e vile; quale anco al morire non mi può dare aita.

E poscia con alto animo, porgendo la bella e candida gola all'Eunuco, pregollo che gliela segasse e così fu essequito. L'altra dato di mano ad un bel nappo d'oro, vi rovesciò dentro gran quantità di velenoso e mortal suco; e tutto intrepida se lo versò nel stomaco ammaricato e dolente: ma da durissimi cruciati vinta, pregò lo stesso Eunuco che la ferisse (come fece egli) per presto uscir d'affanno. Le non indegne sorelle di questo gran re Mitridate, Statira e Roxana, al crudo annonzio della sudetta morte, seguironlo subito, per mezo d'uno presentissimo veleno. O quanto mi conforto quando leggo il chiaro essempio di te Porzia, degna figlia al gran Catone e di Brutto fidissimo moglie. Vedendo ella il carissimo suo marito esser stato ucciso, con altiero cuore corse per rapir un ferro: ma tosto gli fu levato dalla torma famigliare; ond'ella (de nobil cuor dottata) per lasciar di sé a quelli ch'aveano a venire uno chiaro e spaventoso esempio, subito volò ove era un grand'acervo de vivissime bragie e presone un gran pugno, se lo gettò in gola. E così generosa e lieta, seguì colui, ch'in terra avea cotanto amato. Sì che poco, anzi per nulla ed io stimerei la morte; credendola esser ottimo mezo per seguire il mio amato Levanzio. Ma bene allora mi terrei nel fondo delle miserie immersa; ch'io vedessi altra donzella (me lasciando) esser da lui amata.

Questo è quel solo pensiero al quale talora girando la mente intorno, trasportato sono a patire più che mortal tormento. E qual danno accader potrebbe, che maggiore, anzi ne fusse uguale a questo? Ma prima ch'entriamo nel golfo di questo soggetto, udite il miserabil caso mio, disse don Alonso di Toledo, degno ch'io giamai non rasciughi questi tristi e languidi occhi miei.

Questo e quel solo pensiero, al quale talora girando io la mente intorno, mi trasporta a patire più che mortal tormento.

- Parebbevi dunque Eurina gentile, il vostro un gran danno e perciò inducetevi a dolorosa vita eh?

- Danno dite sig. Infiammato? E qual danno accader mi potrebbe, che maggiore, anzi ne fusse uguale a questo?

- In tal stato erano il sig. Levanzio et il signor Cleonio e voi dite poscia che narrano favole. Ma prima ch'entriamo nel golfo di questo nostro soggetto, udite il miserabil caso mio, degno ch'io giamai non rasciughi questi tristi e languidi occhi miei.

Nelli anni miei più teneri (abitando io nella città di Barcelona) volse la sorte mia ch'io m'invaghissi d'una tenera virginella, figlia d'una nobile gentildonna vedova. Et ben mi potevo chiamar felice, poscia che non m'era negato il continuo star seco: anzi tornando io la sera dalla scola subito (per imposizione della madre sua) la bella Clarina (che così si nomava ella) a me veniva per apparare a leggere e scrivere.

Nelli anni miei più teneri (abitando io nella città di Nizza di Prevenza, per contento d'alcuni miei strettissimi parenti) volse la fortuna mia ch'io m'invaghissi d'una tenera virginella, figlia d'una nobile gentildonna vedova. Et ben mi potevo chiamar felice, poscia che non m'era negato il continuo star seco; anzi tornando io la era dalla scola, subito (per imposizione della madre sua) la Fidelia mia (che così si nomava ella) a me veniva per apparare a leggere e scrivere.

Venimmo in picciol tempo in tanta famigliaritade ed affezione tra noi, che forsi si potevamo dar vanto d'essere i primi caldi tra l'amorose squadre ed i più contenti ancora. Et certo con ogni onestà: perché portandogli io infinito amore e conoscendo che il tentarla in interesse d'onore saria stato un darli morte, non ebbi mai ardire di pur pensarci. Già non ero io privo de' suoi dolcissimi baci ed amorosissimi abbracciamenti: ma il mio unico e felicissimo contento era di, pregandola, farla stare co' suoi bellissimi lumi intenta a mirar negli occhi miei.

Venimmo in picciol tempo in tanta famigliaritade ed affezion tra noi, che forsi si potevamo dar vanto d'esser i primi caldi tra l'amorose squadre: e i più contenti ancora. Et certo con ogni onestà: peroché (portandogli io infinito amore; e conoscendo che il tentarla in interesse d'onore, saria stato un darli morte) non ebbi mai ardire di pur pensarci. Già non ero io privo di dolcissimi baci ed amorosissimi abbracciamenti: ma il mio unico e felicissimo contento era di pregandola, farla stare coi suoi divini, intenta a mirar ne gli occhi miei.

Parevami così stando di bearmi e di fruire quanto di bene e dolcezza sapessi desiderare in terra. Era pari il diletto nostro. Oh con quanta ansietade aspettavo io che il festivo giorno ne venisse: peroché con lei, con una zia mia e la sua madre n'andavo insieme per quelle deliziosissime contrade ed amenissimi giardini. Le vecchie nostre sempre ad uno givano, ragionando delle famigliari feminil facende loro e noi n'andavamo ripetendo sempre i nostri dolci amori, con ad ogni passo volgere gli amati rai, l'uno negli sguardi dell'altro, dietro a' quali subito ne seguivano risi cordialissimi e soavissimi.

Parevami così stando di bearmi e di fruire quanto di bene e dolcezza sapessi desiderare in terra. Era pari (credo io) il diletto nostro. O con quanta ansietade aspettavo io che il festivo giorno ne venisse: peroché con lei, con una zia mia e la sua madre n'andavo insieme per quelle deliziosissime contrade ed amenissimi giardini. Le vecchie nostre sempre ad uno givano, ragionando delle famigliari feminil facende loro e noi n'andavamo ripetendo sempre i nostri dolci amori; con ad ogni passo volgere gli amati rai; l'uno ne gli sguardi dell'altro; dietro ai quali, subito ne seguivano risi cordialissimi e soavissimi.

Onde potevo mirare dentro a due finissimi corallini una filzettina rinchiusa di preziosissime perlettine; alla quale accostando io i miei labri, coglievo un dolce non so che, che leva il vanto di dolcezza a' più fini licori. Nettare ed ambrosia e coglievo un odore, che da quella felicissima cava n'usciva, che dagl'Indi o Sabei non ne venne giamai di tale in queste nostre parti. Se era tempo di fiori, ella con le carissime mani (di finissimo, polito e candidissimo marmo fatte) me n'attaccava uno all'orecchie, ora tessevane una ghirlanda con qualche fila d'oro e me ne cingeva le tempie.

Onde potevo mirare dentro a due finissimi corallini una filzettina rinchiusa di preziosissime perlettine; alla quale accostando io e miei labri, coglievo un dolce non so che, che leva il vanto di dolcezza a i celesti liquori, nettare ed ambrosia e coglievo un odore, che da quella felicissima cava ne usciva, che dagl'Indi, o Sabei, non ne venne giamai di tale in queste nostre parti. Se era tempo di fiori ella con le carissime mani (di finissimo e polito candidissimo marmo fatte) me n'attaccava uno all'orecchie; ora tessevane una ghirlanda con qualche fila d'oro e me ne cingeva le tempie.

Et io n'intersiavo a lei le belle treccie d'oro, con mille verità e con mio indicibil diletto glien'empivo il seno, più molle e più candido che il latte allor allor compresso, tra quei dua crudetti e soavissimi pomettini; più cari al toccar delle mie mani, che agli occhi il poter mirare il celeste splendentissimo sole. Ahi, che mi disfaccio pel desire di ritornarci ed agghiaccio per l'eccessivo dolore, ogni ora che penso a sì gran perdita.

Et io n'intersiavo a lei le belle treccie d'oro, con mille varietà e con mio indicibil diletto glien'empivo il seno, più molle e più candido, che il latte allor'allor compresso; tra quei dua crudetti e soavissimi pomettini; più cari al toccar delle mie mani che agli occhi il poter mirare il celeste splendentissimo sole. Ahi che mi disfaccio pel desire di ritornarci; ed agghiaccio per l'eccessivo dolore; ogni ora che penso a sì gran perdita.

Oh, che spassi erano i miei, quando mi trovavo con essa, sopra ad una qualche spaziosa particella d'un verde e bel fiorito prato e che m'invitava a far seco alla lotta. Ahi infinito contento, quando ella mi cingeva i fianchi ed il petto ed io a lei; e ch'accostavamo insieme ora i visi ora le guancie ed ora le tempie; ed ella col piede, con la gamba e col ginocchio s'ingegnava di farmi inganno per atterrarmi.

Oh che spassi erano i miei; quando mi trovavo con essa, sopra ad una qualche spaziosa particella d'un verde e bel fiorito prato e che m'invitava a far seco alla lotta. Ahi infinito contento; quando ella m'incingeva e fianchi e il petto ed io al ei; e ch'accostavamo insieme, ora i visi, ora le guancie ed ora le tempie; ed ella col piede, con la gamba e col ginoccchio s'ingegnava di farmi inganno (come in tal'arte si suol fare) per atterrarmi.

Et più allora ch'io a bel studio mi lasciavo abbattere sulle tenere erbette: ond'ella faceva sì maravigliosa festa ed insultavami, come de' vinti accade. Vantisi pur Delia degli spassi avuti col suo Endimione o altra fanciullo, oh Dea; che non crederò io giamai che giungessero al giubilo de' nostri. Ben vi dico, che più oltre io non ne saprei desiderare di gioia in terra, quando sperassi (come, ahimè, giamai non spero) di tornare anco a sì alto contento.

Et più allora ch'io a bel studio mi lasciavo abbattere su le tenere erbette: ond'ella faceva sì maravigliosa festa; ed insultavami come de vinti accade. Vantisi pur Delia, de gli spassi avuti col suo Endimione, o altra fanciulla, o dea: che non crederò io giamai che giungessero al giubilo de'nostri. Ben vi dico che più oltre non saprei desiderar di gioia in terra, quando sperassi (come, ahimè, giamai non spero) di tornar'anco a sì alto contento.

Perseverammo da tre anni in tal felicità, senza giamai intraporvi gocciola alcuna d'amaritudine; ella di me ed io di lei sicura in sommo. ma quei giorni furono sì brevi, che ognuno di loro mi pareva un picciol momento. Ahimè, che gli altri cinque seguiti da poi che io ne fui privo: non visse Nestor tanto o la Tebana vate, quanto a me sono parsi di soverchio lunghi, mercé dell'infinito mio mortalissimo dolore, quale mi tormenta ogni ora.

Perseverammo da tre anni in tal felicità; senza giamai interporvi gocciola alcuna d'amaritudine; ella di me ed io di lei sicura in sommo. Ma quei giorni furon sì brevi, che mi parvero un momento. Ahimè che gli altri cinque seguiti dapoi, ch'io ne fui privo: non visse Nestor tanto, o la Tebana Vate; quanto a me son parsi di soverchio lunghi: mercé dell'infinito mio mortalissimo dolore, qual mi tormenta ogni ora.

Ahi, che al solo raccontare sì smisurato danno, mi si schianta in mille parti il cuore e morire bramo e da me fugge la cruda morte: percioché vivendo il desiderio di rivederla, mi fa forza restarmene in tanto amara vita. Ma udite il miserabile e lagrimevole caso della perdita di lei. Intrammo a' ventisette d'aprile con alcuni amici in un battello in mare, per andarsene alquanto a diporto la mattina, intorno intorno alla spiaggia, sottoposta all'occhio della città.

Ahi, che al solo raccontar sì smisurato danno, mi si schianta in mille parti il cuore; e morir bramo et da me fugge la cruda morte: percioché vivendo ella (come credo) il desir di rivedella, mi fa forza restarmene in tanto amara vita. Ma udite il miserabile et lagrimevol caso, della perdita di lei. Intrammo un ventisette d'aprile in un battello in mare; per andarsene alquanto a diporto la mattina: intorno intorno alla spiaggia, sottoposta all'occhio della città: quale è una delle più belle, che ne conquassi e veggia il gran mar Tirreno.

Et essendo la marina tranquillissima n'andavamo con indicibil spasso battendo co' remi sulle fragili ed flessibil onde; et sì dilongammo in acqua da cinque miglia, con canti e suoni ed appresso ci veniva un legnetto d'altra gente, similmente da diletto, nostri amici e conoscenti e faceano forza per giongerci e farci prigioni per spasso. Et per essere il legnetto loro più agile assai del nostro e meglio fornito di gente atta a ciò, ci sopragiunsero. Et fatti lieti gridi, ci fecero arrendere e volsero me per prigione ed ostaggio della sua cattura.

Et essendo la marina tranquillissima n'andavamo con indicibil spasso; battendo co remi su le fragili e flussibil onde; e sì dilongammo in acqua da cinque miglia, con canti e suoni; ed appresso ci veniva un legnetto d'altra gente, similmente da diletto, nostri amici e conoscenti; e faceano forza per giongerci e farci prigioni per spasso. Et per essere il legnetto loro più agile assai del nostro e meglio fornito di gente atta a ciò, ci sopragiunsero. E fatti lieti gridi, ci fecero arrendere; e volsero me per prigione ed ostaggio della sua cattura.

Et io salito ove essi erano, ne videro un altro: quale essendo da lor conosciuto per gente da spasso, volendo fare come avevamo fatto al nostro, volta la prora verso quella parte (cioè verso terra) cacciarono il sottil legno a guisa d'uccello ed in breve erano per giungerlo;

Et io salito ove essi erano, ne videro un altro; quale essendo da lor conosciuto per gente da spasso; volendo fare, come avevamo fatto al nostro, volta la prua ver quella parte (cioè verso terra) cacciarono il sottil legno a guisa d'uccel marino; ed in breve erano per giungerlo:

quando ecco volgendosi un di loro, verso il battello (ahimè infelice) sopra al quale era assiso il mio cuore, vide due galeotte Turchesche, andar di volo incontro al sgraziato e sfortunatissimo legnetto ed in un sesto d'ora essergli adosso e presolo tirar le genti sopra i vasseli suoi e volgersi altrove con gran fretta. Al primo grido di colui che vide il miserabil caso, tutti si volgessimo e vedemmo il tutto. Oh che infinita passione allora generomisi in cuore per non sradicarsi gimai. Subito i compagni colmi di spavento a tutta sua maggior forza spinsero ver la terra.

quando ecco volgendosi un di loro, verso il battello, ahimè, infelice, sopra al quale era assiso il mio cuore, vide dua galeotte turchesche, andar di volo incontro al sgraziato e sfortunatissimo legnetto ed in un sesto d'ora essergli addosso e presolo tirar le genti sopra a vasselli suoi e volgersi altrove con gran fretta. Al primo grido di colui che vide il miserabil caso, tutti si volgessimo et vedemmo il tutto. O ch'infinita passione, allora generommisi in cuore, per non sradicarsi giamai. Subito i compagni colmi di spavento, a tutta sua maggior fora, spinsero ver la terra.

Et io altissimamente piangendo e pregavo coloro che portar mi volessero ai rapaci corsali, acciò potessi andar compagno a colei senza la quale mi è odiatissima la vita; e vedendo i preghi miei non aver frutto, incominciai a spogliarmi, a gran furia, da dosso i drappi, per nudarmi e poi seguirla a noto: ma due uomini sensati, a viva forza mi ritennero, insino che fummo a riva e sbarcatomi sul lido, vedendo io più sempre gl'infami legni dilongarsi con sì pregiata e delicata preda, con tanto mio danno, dato un cocentissimo sospiro, cadei esangue a terra senza anima, credo io. Subito mi presero coloro e mi portarono alla città:

Et io altissimamente piangendo, chiamavo la dolcissima Fidelia mia e pregavo coloro che portar mi volessero a i rapaci corsali, acciò potessi andar compagno a colei, senza la quale mi è odiatissima la vita; e vedendo i sconvenevoli preghi miei non aver frutto, incominciai a spogliarmi, a gran furia, da dosso e drappi, per nudarmi e poi seguirla a nuoto: ma due uomini sensati, a viva forza mi ritennero insino che fummo a riva; e sbarcatomi sul lido; vedendo io più sempre gl'infami legni dilongarsi con sì pregiata e delicata preda, con tanto mio danno: dato un cocentissimo sospiro, cadei esangue a terra; senza anima, credo io. Subito mi presero coloro e mi portarono alla città:

ove la zia mia, quanto a me cara madre, tante fatiche m'ispese intorno, stropiciando le mie carni, insieme con altre donne, che pure ritornò l'anima alla prigione dolente di queste membra lasse. Et il suo far ritorno ed il dar principio al mio lungo amarissimo pianto fu in un sol punto. Oh che cose dicevo io! Oh che smanie facevo! Ad ogni guisa volevo io correre al mare e con legno o senza, seguir l'anima mia: ma i miei furono tutti riforzi vani, per allora.

ove la zia mia, quanto a me cara madre, tante fatiche m'ispese intorno, stropicciando le mie carni, insieme con le altre donne, che pure ritornò l'anima alla prigion dolente, di queste membra lasse. Et il suo far ritorno e il dar principio al mio lungo amarissimo pianto fu in un sol punto. Oh che cose dicevo io; o che smanie facevo. Ad ogni guisa volevo io correre al mare e con legno, o senza seguir l'anima mia: ma i miei furono tutti riforzi vani, per allora.

Divenni io rauco innanzi che la sera giungesse, pei gridi e miei lamenti, che più non potevo formar parola; onde s'imaginarono pure che il mio più non poter languir di fuori fusse uno essersi il dolor racchetato alquanto. Non fu giamai possibile inghiottirmi per due giorni, qualsivoglia maniera di cibo, ma solo pascevomi di guai e di martiri. Il terzo giorno pure presi alquanto d'esca e fu a dissegno.

Divenni io fioco tanto inanti che la sera giungesse; pei gridi e miei lamenti, che più non potevo formar parola; onde s'imaginarono pure che il mio più non poter languir di fuori, fosse uno essersi il dolor racchettato alquanto. Non fu giamai possibile inghiottirmi per due giorni, qual si voglia maniera di cibo: solo pascendomi di guai e di martiri. Il terzo giorno pure presi alquanto d'esca; e fu a disegno.

M'ero io deliberato di trasfugarmi la mattina del quarto giorno ed andarmene al lido e trovato qualche legno, fuggirmene per costiere del mare, insino a tanto che m'incontrassi in qualche corsale; qual presomi, mi conducesse in Barberia ove credo che fusse condotta la mia dolcissima Clarina: ovvero, quando non mi succedesse questo, pormi a caminare sopra le rive d'esso mare, tanto che pure m'incontrassi in tale (come la stimavo io) ventura.

M'ero io deliberato di traffugarmi la mattina del quarto giorno; ed andarmene al lido e trovato qualche legno, fuggirmene per costiere del mare; insino a tanto che m'incontrassi in qualche corsale; qual presomi, mi conducesse in Barberia: ove credo che fusse condotta la mia dolcissima Fidelia. Overo, quando non mi succedesse questo, pormi a caminare sopra le rive d'esso mare, tanto che pure m'incontrassi in tale (come la stimavo io allora) ventura.

Ma non sì presto andai, che la mia zia, sollecitissima di me, andata al letto mio, non mi trovando, subito mandò gente attorno e trovaronmi già inviato verso il porto; e mi condussero adietro. Dovevasi partire quello istesso giorno un bregantino, armato di gente catelana per Genova, con alcuni signori spagnuoli e gentiluomini barcelonesi: onde ella mi ci fece sopra condurre, per mandarmi al marito, qual era in Genova. Raccomandomi ella molto ai cortesi signori, i quali udito il mio affannoso caso, presero di me gran compassione e pietosa cura, stimandomi non poco pel mio amoroso ardore, quale appo a' spiriti gentili e cortesi suol essere argomento d'anima pregiata e nobile.

Ma non sì presto n'andai, che la mia zia, sollecitissima di me, andata al letto mio; non mi ci trovando, subito mandò gente attorno e trovarommi già inviato verso il porto di Villafranca; e mi condussero adietro. Dovevasi partire quello istesso giorno un bregantino, armato di gente catelana per Genova, con alcuni signori spagnuoli e gentil'uomini nizzardi: onde ella mi ci fece sopra condurre, per mandarmi al marito, qual'era in Genova. Raccomandommi ella molto a i cortesi signori, i quali udito il mio affannoso caso, presero di me gran compassione e pietosa cura: stimandomi non poco pel mio amoroso ardore; quale appo a spiriti gentili e cortesi, suol'essere argomento d'anima pregiata e nobile.

Giunto in Genova, il mio amorevol zio (poscia ch'ebbe udito il caso) assai si dolse della perduta donzella e vedendomi ogn'or più fieramente languire e come in brieve il dolor troppo presente mi condurrebe a morte, volse che bene accompagnato venissi in Lombardia; acciò fatto lontano dal mare, mi s'ammorzasse in cuore alquanto la occasione del continuo pianto che facevo sempre mai.

Giunto in Genova, il mio amorevol zio (poscia ch'ebbe udito il caso) assai si dolse della perduta donzella. Et vedendomi ogn'or più fieramente languire e come in brieve il dolor troppo possente mi condurrebbe a morte; volse che bene accompagnato venissi in Lombardia; acciò fatto lontano dal mare, mi s'ammorzasse in cuore alquanto la occasione del continuo pianto, che facevo sempremai.

Et anco, acciò vedendo varie cose e con gente varia praticando ed in Pavia massime, città nobilissima e pel studio famosa, mi si svariasse la fantasia. Così feci, ma di malissima voglia, perché pure era il mio intento d'andarmene colà ove mi persuado ch'ella dimori. L'estate seguente io ritornai in Spagna e dalla zia fui mandato in Leone da un suo e mio stretto parente. Così sono ito io smaniando, con tanto geloso affanno, che maraviglia è bene, come questo mio ramaricato petto dalla dura orridezza del gelo non sia stato mille volte spezzato e franto.

Et anco, acciò vedendo varie cose e con gente varia praticando ed in Pavia massime, città nobilissima e pel studio famosa; mi si svariasse la fantasia. Così feci: ma di malissima voglia; perché pure era il mio intento d'andarmene colà, ove mi persuado ch'ella dimori. Così son ito smaniando, con tanto geloso affanno, che maraviglia è bene, come questo mio ramaricato petto, dalla dura orridezza del gelo, non sia stato mille volte spezzato e franto.

Ahi quando penso ch'ella sia giunta in mani le più impure e sporche, oltre che villane, che sieno sotto il sole, non posso fare che quasi non mi dolga di tutto il cielo. Sicché, se 'l mio trapassa ogni estremo dolore, giudicatelo voi cari signori miei. Deh infelice anima mia, come sei sì possente che queste membra da sì alto martire sbattute et percosse, che ritenghi insieme radunate e vive? Allora disse don Pietro:

Ahi quando penso ch'ella sia giunta in mani; le più impure e sporche, oltre che villane, che sieno sotto il sole; non posso fare che quasi non mi dolga di tutto il cielo. Sì che, se'l mio trapassa ogni estremo dolore: giudicatelo voi cari signori miei. Deh infelice anima mia, come sei sì possente, che queste membra da sì alto martire sbattute e percosse, che le ritenghi insieme radunate e vive?

- Invero è alta la cagione dell'estremo affanno (signor don Alonso) quale ogni ora vi veggio in viso pinto; ma se i cieli pietosi avranno a mirare ai chiari merti d'un nobile e valoroso cuore, spero anco che un giorno faranno rinverdire e fiorire le allegrezze vostre.

- Signor Infiammato ben per Dio è alta la cagione dell'estremo affanno, quale ogni ora vi veggio in viso pento: ma se i cieli pietosi aranno a mirare a i chiari merti d'un nobile e valoroso cuore; spero anco che un giorno faranno rinverdire e fiorire l'allegrezze vostre.

- Deh che più per me non si può trovar radice di conforto (rispose don Alonso) anzi (sì come ho già concetto in cuore) avotaromi a solitaria vita, posciaché non vi veggio ordine di trovar soggetto che più in me desti l'amore focoso; e quando ben lo trovassi anco, nol vorrei, per non fare incarco a quelle sì chiare e nobil fiamme prime.

- Eh che più per me non si può trovar radice di conforto. Anzi (sì come ho già concetto in cuore) avotaromi a solitaria vita; poscia che non vi veggio ordine di trovar soggetto, che più in me desti l'amoroso fuoco e quando ben lo trovassi anco, nol vorrei; per non fare incarco a quelle sì chiare e nobil fiamme prime.

Ben vi dico signor (diss'io) che il cuor mi geme e non posso contenermi dalle lagrime, pensando a sì acerbo caso della signora Clarina vostra. Oh che dolore doveva essere il suo, vedendosi separar da voi suo dolcissimo conforto e condurre da sì vile canagliatra barbara, cruda ed inessorabil gente. Ma sentite il caso che non è men compassionevole(12).

 

 

Avvenimento lagrimevole di Riffirio gentiluomo toletano, nel quale si tratta dell'innamoramento suo ed i prieghi pietosi fatti ad Amore; come egli cadesse in dubbio per alcuni inganni fattigli e l'infelice esito suo e della sua amata Lauretina.

 

 

- Ben vi dico signor Infiammato che 'l cuor mi geme: e non posso contenermi dalle lagrime, pensando a sì acerbo caso della signora Fidelia vostra. Oh che dolore doveva essere il suo, vedendosi separar da voi suo dolcissimo conforto; e condurre de sì vil canaglia, tra barbara, cruda ed inesorabil gente.

Nacque Riffirio (che tale era il nome di quello di chi io sono per ragionarvi) di ricca e nobile famiglia di Toledo, tutto atto alle virtudi; bello e ben formato del viso e del corpo, piacevole nel conversare e magnifico molto nel spendere. Era giunto all'età di ventisei anni che per anco non sapeva che cosa fusse amorosa fiama: anzi si prendeva in burla i lamenti dei suoi compagni amanti ed il così prendersi spasso di loro avea per il suo maggior diletto.

Nacque Fillirio (che tale era il suo nome) de ricca e nobil famiglia, tutto atto alle virtudi. Bello e ben formato del viso e del corpo; piacevole nel conversare, e magnifico molto nel spendere. Era giunto all'età de ventotto anni, che per anco non sapeva che cosa fusse amorosa fiamma: anzi si prendeva in burla i lamenti de i suoi compagni amanti; ed il così prendersi spasso di loro avea per il suo maggior diletto.

Faceva egli talora le più onorate e dotte invettive appologetiche incontro a Cupido, che ogni facondo e dotto oratore ci si saria perduto. E certo, che chi non è invischiato nelle amorose panie, vede in viso e ne' gesti delli amanti cosa di compassionevole e reprensibil stupore: onde ha soggeto e non picciol cagione (credo) di stomacarsi.

Faceva egli talora le più onorate e dotte invettive apollogetiche, incontro a Cupidine, ch'ogni facondo e dotto oratore ci si saria perduto. E certo che chi non è invischiato nelle amorose panie, vede in viso e ne' gesti delli amanti cose di compassionevole e reprensibil stupore: onde ha soggetto e non picciol cagione (credo) di stomacarsi.

Pregavano gli amanti il suo signore, che incontro a questo incredulo e crudele sacrificasse gran parte del suo potente sdegno. Cupido, quale non suole sopportar incarco, senza da poi farne memoranda vendetta e terribile, desto al ribombo dei lunghi prieghi e grevi suoi dispregi, trovò via di altamente vendicarsi incontro al temerario. Passando egli un giorno con gran comitiva di onorati signori innanzi ad un palazzo di un gran gentiluomo, videvi una fanciulla di dodeci in tredeci anni starsene assisa sopra ad uno polito e candido marmo, qual era accosto ad uno de' lati della porta;

Pregavano gli amanti il suo Signore, ch'incontro a questo incredulo e crudele scaricasse gran parte del suo potente sdegno. Cupido quale non suole sopportar incarco senza dapoi farne memoranda vendetta terribile; desto al ribombo dei lunghi preghi e grevi suoi dispregi, trovò via di altamente vendicarsi incontro al temerario. Passando egli un giorno con gran comitiva di onorati signori inanzi ad un palazzo di un gran gentiluomo, videvi una fanciulla d'undeci, in dodeci anni, starsene assisa sopra ad un polito e candido marmo, quale era accosto ad uno de' lati della porta;

e giungendo a dirimpetto a lei mirolla, quale ed ella simplicemente rivolse dua occhiolini sì lustri, sì splendenti e sì soavi, ch'avrian potuto ardere il gelo e liquefare i marmi. Restò Riffirio al folgorar vivace trafitto molto. Avea egli uno artificioso pomo d'oro in mano, ripieno d'eccellentissimi odori, quale soleva dire per scherzo, che donerebbero alla prima donna che in amorose fiamme l'accendesse; al quale mirando la gentil fanciulla disse:

e giungendo a dirimpetto a lei mirolla, quale ed ella semplicemente rivolse dua occhiolini sì lustri, sì splendenti e sì soavi, ch'avrian potuto ardere il gelo e dileguare e marmi. Restò Fillirio al folgorar vivace traffitto molto. Avea egli uno artificioso pomo d'oro in mano, ripieno d'eccellentissimi odori, quale soleva dire per scherzo; che donerebbelo alla prima donna che in amorose fiamme l'accendesse; al quale mirando la gentil fanciulla disse:

- Oh che bel pomo.

Con sì bel modo e sì soave grazia espresse queste parole, ch'egli subito fattosi innanzi e baciatolo gliene fece un cortese dono; ed ella nol rifiutò. Anzi presolo con gran giubilo, lo mostrò alla sua signora madre, qual stava dentro alla porta assisa sopra ad una pomposa seggia in compagnia d'altre gentildonne ragionando.

- Oh che bel pomo.

Con sì bel modo e sì soave grazia espresse quelle parole, ch'egli subito fattosi inanzi e baciatolo, gliene fece un cortese dono ed ella nol rifiutò: anzi presolo con gran giubilo, lo mostrò alla sua signora madre, qual stava dentro alla porta, assisa sopra ad una pomposa seggia; in compagnia d'altre gentildonne ragionando.

Inteso la gentildonna da chi ricevuto lo avea e vedendolo di gran bellezza e perciò stimatolo di gran pregio ancora, lo pregò che se lo volesse ripigliare adietro; ma furono tutti i preghi e riforzi di lei spesi invano: onde poscia (invece della bellissima sua figlia) rese grazie infinite al cortese donatore.

Inteso la gentildonna da chi ricevuto l'avesse e vedendolo di gran bellezza e perciò stimatolo di gran pregio ancora, lo pregò che se lo volesse ripigliare adietro: ma furono tutti i preghi e riforzi di lei spesi invano; onde poscia (invece della bellissima sua figlia) rese grazie infinite al cortese donatore.

Ma non costò quel pomo meno ai dua nuovi amanti (che tali sempre da poi furono insieme) che si costasse a Troia quell che alla nobil tavola gettasse la dissipatrice d'ogni bene, la dea della discordia. Faceva la fanciulla maravigliosa festa del ricevuto pomo. Baciavalo, se lo metteva sugli occhi, se lo nascondeva nel candido, molle e delicato seno e mostrava ne' gesti non poca affezione al liberal donator di quello.

Ma non costò quel pomo meno ai dua nuovi amanti (che tali sempre dapoi furono insieme) che si costasse a Troia quello che alla diurna tavola gettasse la dissipatrice d'ogni bene, la dea della discordia. Faceva la fanciulla maravigliosa festa del ricevuto pomo. Baciavalo, se lo metteva sugli occhi, se lo nascondeva nel candido, molle e delicato seno e mostrava ne gesti non poca affezione al liberal donator di quello.

Riffirio co' compagni stette gran pezzo a bersi il veleno con gli occhi dal viso della bellissima Lauretina (che così avea nome la virginella) sempre ragionando con le nobili signore. Alcune di quelle entrate sui ragionamenti di spasso e d'amore, incominciarono lietamete motteggiar Riffirio, quanto volesse starsi per anco a inamorare.

Fillirio con compagni stette gran pezzo a bersi il veleno con gli occhi, dal viso della bellissima Flavettina (che così avea nome la virginella) sempre ragionando con le nobili signore. Alcune di quelle entrate sui ragionamenti di spasso e d'amore, incominciarono lietamente motteggiar Fillirio, quanto volessi starsi per anco a innamorare.

E se voleva invecchiando, sempre rendersi schiffo al Dio d'Amore ed altre parole tali. Così lietamente scherzando la bella fanciulla senza altro pensarci si rivolse a quelle e disse:

- Deh lasciatelomi stare, percioché non ha egli da esser d'altre, che innamorato mio.

E se voleva così invecchiando, sempre rendersi schifo al dio d'amore ed altre parole tali. Così lietamente scherzando, la bella fanciulla, senza altro pensarci si rivolse a quella e disse:

- Deh lasciatelomi stare: perciocché non ha egli da esser d'altre ch'innamorato mio.

Queste parole sì adentro penetrarono, che il spregiator dei dardi e fiamme d'amore si sentì passar per mezo il cuore una mortal saetta e tutto si converse, non dico in fiame, anzi piuttosto si risolse in cenere. Amore quanto più sta tardi, tanto più greve scocca i colpi suoi mortali. L'inassueto a sì tremendo martire e passione così acerba fu per isvenire.

Queste parole sì a dentro penetrarono, che il spregiator de i dardi e fiamme d'amore, si sentì passar per mezo il cuore una mortal saetta e tutto si converse, non dico in fiamme, anzi piuttosto si risolse in cenere. Amore quanto più sta tardi, tanto più greve scocca i colpi suoi mortali. L'inassueto a sì tremendo martire e passion sì acerba, fu per isvenire.

Così dunque sentendosi trafitto e vergognandosi di se stesso, dopo poco prese licenza cortese. Non ve ne fu alcuno quale allora s'accorgesse della nuova presaglia d'amore, per esser la fanciulla troppo tenera ed inabile a ricevere ed esalare aure amorose. Ma Amore, quale a nulla legge di tempo o luogo è soggetto, trova nel ghiaccio fiamme e nell'ardore il gelo.

Così dunque sentendosi trafitto e vergognandosi di se stesso, dopo poco prese licenza cortese. Non ve ne fu alcuno quale allora s'accorgesse della nuova presaglia d'amore, per esser la fanciulla troppo tenera et inabile a ricevere et esalare aure amorose. Ma amore quale a nulla legge di tempo o loco è soggetto, trova nel giaccio fiamme e nell'ardore il gelo.

Tornò Riffirio al suo palazzo e dopo l'aver dato cortese licenza a' compagni, ritiratosi in una sua segreta stanza, lasciossi andar roverscio sopra ad un lettuccio e col cuor battente, con un freddo orrore nelle membra, con grande amaritudine nell'anima e con una confusissima imaginazione nell'anima, per dua ore così se ne stette; e conobbesi da dovero esser legato ed avinto nelle catene del dominator del mondo Cupidine:

Tornò Fillirio al suo palazzo e dopo lo aver dato cortese licenza a' compagni, ritiratosi in sua secreta stanza, lasciossi andar rovescio sopra ad uno lettuccio e col cuor battente, con uno freddo orrore nelle membra, con grande amaritudine in bocca, con una confusissima imaginazion nell'anima, per dua ora così se ne stette; e conobbesi dadovero esser legato e avinto, nelle catene del domitor del mondo Cupidine:

percioché non si poteva cacciar dal cuor l'impressa e nel novissimo dell'anima scolpita effigie della vaga Lauretina. Rivolgendo egli intorno per la camera gli occhi, vide sopra egli intorno per la camera gli occhi, vide sopra ad un ricco quadro pinta la imagine della dea Venere, duramente piangente sopr'al suo bellissimo Adone, tutto sanguigno e lacerato dal dente del feroce cignale e Cupido in aria star sospeso sull'ale mirando il duro caso; e subito (dal letto risorto) andossene innanzi alla ritratta effigie e con ogni affetto così orò:

perciocché non si poteva cacciar dal cuore la impressa (e nel vivissimo dell'anima scolpita) effigie della vaga Flavettina. Rivolgendo egli intorno per la camera gli occhi, vide sopra ad un ricco quadro pinta la imagine della dea Venere, duramente piangente sopra al suo bellissimo Adonide; tutto sanguigno e lacerato dal dente del feroce cignale; e Cupidine in aria star sopseso su l'ale mirando il duro caso; e subito (dal letto risorto) andossene inanzi alla ritratta effigie e devoto così orò:

- Tu di tutti i dei sopremo onnipotente nume, volge ver me i tuoi piccoli rai e non già per merto mio, ma sì ben ti scongiuro per la virtude vera de' tuoi eterni fuochi, co' quali eternamente n'ardi e ne' petti di noialtri miseri mortali gli accendi nel tempo, che più a te piace, secondo l'ordine immutabile delle tue alte leggi, volgi Amore Dio de' dei dolcemente verso di me le potenti faci tue, che più non le rifuggo o disprezzo; anzi terrò io per felicitade l'esserti servo, purché sieno di qualità temperate, convenienti al tuo gran nome.

- Tu de tutti i dei sopremo onnipotente nume, volgi ver me i tuoi pietosi rai; e non già per merto mio, ma sì ben ti scongiuro per la divinitade vera dei tuoi eterni fuochi, con quale eternamente n'ardi e ne' petti di noi altri miseri mortali gli accendi, al tempo che più a te piace; secondo l'ordine immutabile delle tue alte leggi. Volgi dio di dei dolcemente ver me le sante faci tue, che più non le rifuggo, o disprezzo; anzi terrò io per felicitade l'esserti servo; purché sieno di qualità temperate, convenienti al tuo santo nome.

Eccomi che sottopongo il collo al tuo soave giogo. Eccomi volontario ascritto al tuo famoso impero. Eccomi che come a signor ti servo e mi t'inchino. Te anco invoco alma dea soave e supplico acciò co' cari preghi tuoi piacevole mi rendi il tuo amoroso figlio. Raccordati dea gentile delle pure e tenere fiamme che t'ingombraro il petto, allora che il tuo caro Adone dolcemente miravi, baciavi e con le bianche e rotonde braccia ora il gentil collo cingevi ed il tenero petto sopra al cuor tuo stringevi.

Eccomi, o divinissimo, che sottopongo il collo al tuo soave giogo. Eccomi volontario ascritto al tuo famoso impero. Eccomi, che come a signar ti servo e come iddio t'adoro e mi t'inchino. Te anco invoco alma dea soave e supplico, acciò co' cari preghi tuoi, piacevole mi rendi il tuo amoroso figlio. Raccordati, dea gentile, delle pure e tenere fiamme: che t'ingombraro il petto, allora che il tuo caro Adone, dolcemente miravi e baciavi e con le divine braccia ora il gentil collo cingevi ed il tenero petto sopra al cuor tuo divino stringevi.

Venere bella fa coi dolci preghi tuoi, che 'l tuo giocondo nato, lieto verme rivolti il suo sereno ciglio; e dolce verso di me ne faccia la voglia della più bella figlia ch'oggi nel tuo bel regno sia. Et io m'offerisco pronto d'ogni giorno arder gl'incensi lucidi ed odorosi al tuo potente nome e che più vale ogni ora di radonarti il cuore. Eh Riffirio, tardi apparasti a rendere onori a sì gran nume. Già, oh te misero, l'ira di quello gli era nel cuore impressa; ed incontro di te gridava dura vendetta.

Venere santa fa' fa' coi dolci preghi tuoi che'l tuo giocondo nato, lieto ver me rivolti il suo sereno ciglio; onde dolce ver me ne faccia la voglia della più bella figlia, ch'oggi nel tuo bel regno sia. Et io m'avoto d'ogni giorno arder gli incensi lucidi ed odorosi, sopra ai tuoi sacri altari e, che più vale, ogni ora di raddonarti il cuore.

Eh Fillirio, tardi apparasti a render onori a sì gran dio. Già,o te misero, l'ira di quello gli era nel cuore impressa; ed incontro di te gridava dura vendetta.

Finito l'umil preghiera Riffirio tornossene al letto ed incominciò a discorrere sopra all'amata effigie, ripetendo sovente le parole della bella Lauretina dette in ultimo ed in quelle prendeva tanto conforto, che maggiore non n'averia saputo desiderare. Il seguente giorno salito a cavallo, solo solo se n'andò verso il palazzo, conservatore d'ogni suo dolce bene: e volse la sorte, che nel passarli innanzi vedesse la semplice fanciulla ad una finestra,

Finito il voto suo devoto Fillirio, tornossene al letto ed incominciò a discorrere sopra alla amta effigie, ripetendo sovente le parole della Flavettina dette in ultimo e in quelle prendeva tanto conforto che maggiore non n'averia saputo desiderare. Il seguente giorno, salito a cavallo, solo solo se n'andò verso il palazzo conservatore d'ogni suo dolce bene; et volse la sorte, che nel passarli inanzi vedesse la semplice fanciulla ad una finestra,

quale subito mirato lui, tutta lieta si mostrò e presto levossi, facendoli segno che aspettasse ed in un subito tornossene con la sinistra mano adorna del bel pomo d'oro e la destra ripiena di vari e vaghi fiori, in artificiosissimo mazzuolo contesti e radunati, intrecciati con fila d'oro e con inserti d'alcune preziosissime perlettine, quale, baciatolo, con gran leggiadria aventoglielo. Ben allora nel ricevere e ribaciare i fiori, te stimassi felice oh Riffirio e credesti esser i tuoi voti nel cospetto di Cupidine accetti e grati; ma si suol dire che il fin dell'opra scopre il primiero consiglio o dissegno.

quale subito mirato lui, tutta lieta si mostrò e presto levossi, facendoli segno che aspettasse ed in un subito tornossene con la sinistra mano adorna del bel pomo d'oro; e la destra ripiena di vari e vaghi fiori, in artificiosissimo mazzuolo contesti e radunati, intrecciati con fila d'oro; e con inserta d'alcune preziosissime perlettine quale, baciatolo, con gran leggiadria aventoglielo. Ben allora nel ricevere e ribaciare i fiori, te stimassi felice, o Fillirio e credesi essere i tuoi voti nel cospetto di Cupidine accetti e grati, ma si suol dire che il fin dell'opra scopre il primiero consiglio, o disegno.

Di rado accade, oh nuovo servo d'amore, ch'egli ad una breve dolcezza non accompagni orrendi dolori ed acerbissimi, anzi mortali martiri. Tornossene il felice Riffirio con tanta soavitade e gioia in seno, che poco più stimava ne possedessero i dei celesti: con quanto giubilo e con quanta sodisfazione di cuore egli mirasse quel dono delli adunati fiori, chi in tale stato si ritrova, percioché a tai soli è lecito il pensarlo ed intenderlo. Non passarono otto giorni, che non solo la madre della bella fanciulla s'avide di questo amore: ma tutta la contrada n'avea che dire.

Di rado accade, o nuovo servo d'amore, che egli ad una breve dolcezza non accompagni orrendi dolori ed acerbissimi, anzi mortal, martiri. Tornossene il felice Fillirio con tanta soavitate e gioia in seno, che poco più stimava ne possedessero i dei celesti ed immortali. Con quanto giubilo et con quanta sodisfazione di cuore egli mirasse quel dono degli adunati fiori, pensilo chi in tale stato si ritrovava: perciocché a tai soli è lecito il pensarlo ed intenderlo. Non passarono otto giorni che non solo la madre della bella fanciulla s'avide di questo amore: ma tutta la contrada n'avea che dire.

E per bene che la gentildonna dapprima stimasse questo amor da riso e giuoco, pure levò alla figlia la primiera libertade; il che tosto incominciò ad essere durissimo a Riffirio e d'incomportabil dolore: e così la fanciulla ancora malagevolmente comportava di non poter vederlo, percioché sebbene non portava fuoco in seno, pure avea già concetto una cara benevolenza verso quello, ché non era uomo al mondo con cui ella parlasse sì volentieri, come col suo Riffirio.

E per bene che la gentildonna da prima stimasse questo amor da riso e giuoco, pure levò alla figlia la primiera libertade; il che tosto cominciò ad essere durissimo a Fillirio ed incomportabil dolore; e così la fanciulla ancora malagevolmente comportava di non poter vederlo: perciocché sebbene non portava fuoco in seno, pure avea già concetto una cara benivolenza verso quello; che non era uomo al mondo con cui ella parlasse sì volentieri, come col suo Fillirio.

Passarono cinque anni, con gran passione, percioché in breve la benevolenza della Lauretina si converse in ardenti fiamme. Venne ella alla età di diciotto anni ed era stimata la più bella, meglio della persona disposta, vaga in viso, graziata in gesti e virtuosa più di qual si fusse altra donzella di Siviglia: ed era da molti nobili e gran signori da più di lei richiesta.

Passarono anni cinque, con gran passione e dire perciocché in breve la benivolenza della Flavettina si converse in ardenti fiamme. Venne ella alla età di diecisette anni ed era stimata la più bella, meglio della vita, o persona disposta, vaga in viso, graziata in gesti e virtuosa, più di qual si fusse altra donzella di Napoli: ed era da molti nobili e gran signori da più di lei richiesta.

Ma più di tutti gli altri instava Riffirio: ma i parenti di lei, mirando con occhio avaro ai partiti che comparivano di lui maggiori, davanli certe risposte che bene s'accorgeva egli dei dissegni loro; onde acceso d'amoroso sdegno, dapprima avuto il consenso della sua donna secretamente, andato a Madrid dal re suo signore, impetrò grazia di poter por fuori un cartello di sfida, qual chiamasse ognuno a combattere seco, con qual sorte d'arme volesse, chi dicesse esser più di lui amato dalla bella Lauretina e per conseguente più degno ancor dell'amor di lei.

Ma più di tutti gli altri instava Fillirio: ma i parenti di lei, mirando con occhio avaro ai partiti, che comparivano di lui maggiori, davanli certe risposte, che bene s'accorgeva egli dei disegni loro; onde acceso d'amoroso sdegno, da prima avuto il consenso della sua donna secretamente, trovato il re suo signore, impetrò grazia di por fuori un cartello di sfida, qual chiamasse ogniuno a combattere seco in steccato, con qual forte d'arme volesse, chi dicesse esser più di lui amato dalla bella Flavettina e per conseguente più degno anco dell'amor di lei.

E tanto fece (per esser cavalier valoroso, quanto qualunque altro del suo tempo, aiutato anco dalle sue vivaci fiamme) che riportò onoratissima vittoria di quanti n'apparvero e fu cagione che le fiamme si raddoppiassero nel tenero petto della sua bella dama. Quando si credeva il beffeggiato da Cupidine, che con facile e soave vento la sua nave entrasse in porto, ecco che un furibondo vento l'urtò d'improviso per fianco e la cacciò lontana tra scogli mortali ove del tutto s'infranse.

E tanto fece (per esser cavalier valoroso quanto qualunque altro del suo tempo, aiutato anco delle sue vivaci fiamme) che riportò onoratissima vittoria di quanti n'apparvero; e fu cagione, che le fiamme si raddoppiassero nel tenero petto della sua bella donna. Quando si credeva il beffeggiato da Cupidine, che con facile e suave vento la sua nave entrasse in porto ecco che un furibondo noto l'urtò d'improviso per fianco e la cacciò lontana tra scogli mortali; ove del tutto s'infranse.

Il padre della fanciulla, quale avea dissegnato di maritar la figlia in uno gran marchese, che con grande istanza gliela chiedeva, un giorno di nascosto la condusse lontano da Siviglia da trenta miglia, in una torre pendente sopra al mare, fondata su certi orridi scogli e colà la rinchiuse. Il che inteso dal misero amante, con tanto affanno sopportò tal nuova, che fu per impazzire e tutto rabbia ed impazienza divenne.

Il padre della fanciulla, quale avea disegnata di maritar la figlia in uno gran marchese, che con istanza gliela richiedeva, un giorno di nascosto la condusse lontano da Napoli da trenta miglia, in una torre pendente sopra al mare, fondata su certi orridi scogli: e colà la rinchiuse. Il che inteso dal misero amante, con tanto affanno sopportò tal nuova, che fu per impazzire e tutto rabbia ed impazienza divenne.

Ma peggio fu che dopo pochi giorni venne certa nuova, come il padre l'avea maritata nel sudetto marchese: e questa era una finta, acciò egli, disperatosene, volgesse il suo pensiero altrove, stimando in questo modo di farlo sdegnare incontro alla fanciulla ed abbandonarla; onde anch'ella (quale era fedelissima e constantissima sua amante) vedendosi abandonata si sdegnasse e così se ne prendesse il marchese, insino allora con gran cuor rifiutato.

Ma peggio fu che dopo pochi giorni venne certa nuova, come il padre l'avea maritata nel sudetto marchese: e questa era una finta, acciò egli, disperato, se ne volgesse il suo pensiero altrove; stimando in questo modo di farlo sdegnare incontro alla fanciulla ed abbandonarla, onde anch'ella (quale era fidelissima e constantissima sua amante) vedendosi abandonata si sdegnasse e così se ne prendesse il marchese, insino allora con gran cuore rifiutato.

Levolli anco il padre tutte le vie di poter scrivere al suo amante o di poterli mandare imbasciata. Venne poscia gente (mandata apposta a questo effetto dal marchese e dal padre) che narrò in Siviglia il finto ordine delle nozze, la magnificenza in quelle usata; il gran contento dei due sposi e come per allegrezza la Lauretina era divenuta al doppio bella; e che al dar dell'anello, che fece il marchese a lei, ella gli avesse donato il suo bel pomo d'oro, con dire:

Levolli anco il padre tutte le vie di poter scrivere al suo amante, o di poterli mandar imbasciata. Venne poscia gente (mandata a posta a questo effetto dal marchese e dal padre) che narrò in Napoli il finto ordine delle nozze, la magnificenza in quelle usata; il gran contento dei dua sposi e come per allegrezza la Flavettina era divenuta al doppio bella; e che al donar dell'anello, che fece il marchese a lei ella gli avesse donato il suo bel pomo d'oro, con dire:

- Così vi potessi io fare padrone di tutto il mondo, come vi faccio di questo vago pomo, quale rappresenta la figura di quelle ed altre cose assai.

Onde il martellatissimo tanta estrema doglia n'accolse in seno, stimando il tutto vero, che si deliberò di morire; e fatto porre all'ordine un bergantino tutto foderato di nero, vestito egli dell'istesso colore, con tutti i marinari, senza però comunicare ad altri il suo pensiero.

- Così vi potessi io far padrone di tutto il mondo, come vi faccio di questo vago pomo, quale rappresenta la figura di quello ed altre cose assai.

Onde il matellatissimo tanta strema gelosia furente n'accolse in seno, stimando il tutto vero, che si deliberò di morire; e fatto porre all'ordine un bergantino tutto foderato di nero, vestito et egli dell'istesso colore con tutti i marinari, senza però comunicare ad altri il suo pensiero

Disperato una sera al tardi di secreto voltò verso là ove era la torre e poco lontano essendo dal luogo, si fermò insino alla mattina e fatto l'ora grande s'aviò alla torre. Avea seco condotti alcuni musici di vari stromenti e quattro argute trombe, ai sonatori delle quali, appressandosi colà, comandò che a gran fiato dessero dentro; e così udendosi il strepitoso e acuto suono, corse tutta la famiglia al lido e la bella Lauretina venne sopra ad un poggietto, ch'era nella torre sopra il mare;

disperato; una sera al tardi di secreto voltò verso là ove era la torre e poco lontano essendo dal loco, si fermò insino alla mattina; e fatto l'ora grande s'aviò alla torre. Avea seco condotti alcuni musici di varii stromenti e quattro argute trombe, ai sonatori delle quali, appressandosi colà, comandò che a gran fiato dessero dentro; e così udendosi il strepitoso suono arguto, corse tutta la famiglia al lido e la bella Flavettina venne sopra ad un poggetto, che era nella torre, sopra il mare;

quale subito che fu vista dal disperato amante, fatto cessare il suono delle trombe, comandò agli altri musici che sonassero e cantassero alcune pietosissime parole innanzi alla stimata donna ingrata; e così mentre essi dolcemente facevano udirgli accenti armonici e lagrimevol parole, egli, qual s'era posto sulla prora della barca, dirottamente piangendo e rasciugandosi talora con un finissimo drappo le lagrime, stava mirando la sua bella donna; quale stupita della improvisa mostra di tanta gramezza ne stava ed ella mirando il suo cuore, attonita al possibile e malcontenta. Nel finir dei canti e suoni, con alto e pietoso grido, disse il misero:

quale subito che fu vista dal disperato amante, fatto cessare il suono delle trombe comandò agli altri musici che sonassero e cantassero alcune pietosissime parole innanzi alla stimata donna ingrata; e così mentre essi dolcemente facevano udir gli accenti armonici e le lagrimevol parole egli, qual s'era posto su la cima del vassello, dirottamente piangendo e rasciugandosi talora con un finissimo drappo le lagrime, stava mirando la sua bella donna; quale stupida della improvisa mostra di tanta gramezza, ne stava ed ella mirando il suo cuore, attonita, al possibile e mal contenta. Nel finir dei canti e suoni, con alto e pietoso grido disse il misero:

- Ahi fiera ingrata donna! Ecco qua l'amante che abbandonato hai e che per te cruda se ne muore.

E tutto ad un tempo, trattosi fuori della sinistra manica un acutissimo ferro, con gran colpo se lo cacciò nel petto, diritto al cuore e subito cadde rovescio in acqua. Levossi allora un alto grido da quelli del bergantino e corsero per levarlo dell'acqua fuori e levatolo lo trovarono del tutto morto.

- Ahi fiera ingrata donna; ecco quale amante abbandonato hai, che per te cruda se ne more.

E tutto ad un tempo, trattosi fuori della sinistra manica un accutissimo ferro, con gran colpo se lo cacciò nel petto diritto al cuore e subito caddè rovescio in acqua. Levossi allora un alto grido da quelli del vassello e corsero per levarlo dell'acqua fuori e levatolo lo trovarono del tutto spinto.

Il che mirato dalla addoloratissima fanciulla, dato ella un gran grido, si lanciò giù dal poggiolo e caddette col capo innanzi sopra certe punte di scogli e tutta s'infranse, saltando l'ossa del capo e le cervella spruzzando per tutto intorno. Tale fu l'impaziente gelosia che seminò nel petto amore al sfortunato Riffirio, che lui condusse ad orribil morte e la su cara donna, con impensato caso.

Il che mirato dalla adoloratissima fanciulla, dato ed ella, un gran grido, si lasciò giù dal poggiolo e cadette col capo innanzi sopra certe punte di scogli, tutta s'infranse; saltando l'ossa del capo e lecervella spruzzando per tutto intorno. Tale fu l'impaziente gelosia che seminò nel petto amore al sfortunato Fillirio, che lui condusse ad orribil morte e la sua cara donna, con impensato caso.

Oh infelici amanti invero che furono questi dua! Ma come si poté mostrar sì fiero questo Cupidine, che per ingiurie da scherzo e riso conducesse i dua sì fidi servi suoi a sì tremendo fine? E se pure si teneva offeso da Riffirio, che colpa ve ne avea la pura e semplice Lauretina? Però lasciamo di curiosare sopra ai divini segreti, percioché il giudizio nostro debole, non capendo i loro sentimenti, fa talora sentenza vana, bestemmiatrice ed empia. Ma invero, che a primo aspetto è questo caso degno di maraviglia e gran pietade. Soggiunse il signor don Alonso e disse:

- O infelici amanti invero, che fuorono questi dua. Ma come si poté mostrar sì fiero questo Cupidine, che per ingiurie da scherzo e riso conducesse i dua sì fidi servi suoi a sì tremendo fine? E se pure si teneva offeso da Fillirio, che colpa ve n'avea la pura e semplice Flavettina?

- Signora unica mia, lasciate di curiosare sopra i divini secreti: perciocché el giudizio nostro debole, non capendo i loro sentimenti, fa talora sentenza vana, bestemmiatrice ed empia.

- Ottimo raccordo: ma invero che a primo aspetto è questo caso degno di maraviglia e gran pietade.

 

Digresione mistica ed alta, sopra al significato del pomo d'oro, qual fu donato da Fillirio alla bella Flavettina.

 

 

- Deh per cortesia mi sia alquanto lecito di digredire sopra del donato pomo dal gentil Riffirio alla sua Lauretina. Volse egli dimostrarci che la donna a cui intendeva di consacrare il cuore, voleva che fusse sì di alta sapienza, onestà e costumi adorna, come di corporal bellezze e qualitadi; e che non intendeva di farsi mancipio di soggetto vile. Era il dono un pomo d'oro di eletti odori ripieno. Tra tutti i frutti il pomo porta il vanto di bellezza e non senza ragione, posciaché non vi è frutto, quale con le sue qualitadi rare a tanti sentimenti nostri sodisfaccia.

Deh per cortesia mi sia alquanto lecito de digredire sopra del donato pomo, dal gentil Fillirio alla sua Flavettina. Volse egli dimostrarci, che la donna a cui intendeva di consacrare il cuore, voleva che fusse sì di alta sapienza onesta e divina adorna: come di corporal bellezze e qualitadi; e che non intendeva di farsi mancipio di soggetto utile. Tra tutti e frutti il pomo porta il vanto di bellezza e non senza ragione; poscia che non vi è frutto quale con le sue qualitadi rare, a tanti sentimenti nostri sodisfaccia.

Sodisfa egli al gusto, percioché, quando è maturo bene, è saporito e soave. Sodisfa all'odorato, percioché una mistura di musco e d'altri misti odori in sé ritiene. Sodisfa all'occhio con quella sua bella proporzione dei sovra a sé intinti colori, del candido, del giallo, del purpureo e degli altri più illustri e nobili colori. E noi quando vogliamo dire d'una qualche ben colorita guancia, diciamo che s'assomiglia ad un pomo. Sodisfa al tatto, posciaché toccandolo, lo ritroviamo sodo e liscio come ben pulito avorio.

Sodisfa egli al gusto, perciocché quando è maturo bene, è saporito e soave. Sodisfa all'odorato. perciocché una mistura di mosco e d'altri misti odori in sé ritiene. Sodisfa all'occhio con quella sua bella proporzione dei sovra a sé intinti colori, del candido, del giallo, del purpureo e degli altri più illustri e nobili colori. E noi quando vogliamo dire d'una qualche ben colorita guancia, diciamo che s'assomiglia ad un pomo. Dodisfa al tatto: poscia che toccandolo, lo ritroviamo sodo e molle come ben polito avorio.

E più dirò; Omero parlando di molti frutti, dando a tutti gli epitetti suoi proporzionati, il dolce fico, il saporoso pero ed altri, parlando poi del pomo, disse: Lo splendido pomo. Sicché la donna bella vuol proporzionarsi al pomo di carne liscia, molle e delicata; saporosa al gusto; soave all'odorato; e con proporzionati e natural colori abbellita. Et io ciò vedendo risposi: Voi mi volete far rider oggi signor don Alonso: posciaché pure volete metter buon sapore in questa donna bella. E che volete voi forsi magnarlavi.

E più dirò. Omero parlando de molti frutti, dando a tutti gli epitetti suoi proporzionati, il dolce fico, il saporoso pero ed altri, parlando poi del pomo disse:

- Lo splendido pomo. Sicché la donna bella vuol proporzionarsi al pomo di carne molle e delicata, saporosa al gusto, soave all'odorato e con proporzionati e natural colori penta.

- Voi mi volete far ridere oggi signor Infiammato: poscia che pure ci volete metter buon sapore in questa vostra donna bella. E che volete voi forsi magnarlavi?

Non vorrei signora bella entrar su questo ragionamento fuor del primo intento nostro (disse don Alonso) pur dirovi che la bellezza donnesca, tutta dirizzar si deve alla generazione ed educazione de' figliuoli, a' quali assai giova che la mamma sia di delicato sapore. Dovendo dunque la donna madre dare il latte al generato figlio, quale quasi si mastica le materne carni, non sarà egli bene ch'ella sia di sapor buono? Felice concetto è questo (risposi io) ma non vi avrei io giamai pensato.

- Non vorrei signora bella entrar su questo ragionamento fuor del primo intneto nostro: pur dirovi che la bellezza donnesca, tutta addricciar si deve alla generazione et educazione de' figliuoli, a quali assai giova che la mamma sia di delicato sapore. Devendo dunque la donna madre dare il latte al generato figlio, quale quasi si mastica le materne carni, non sarà egli dunque bene ch'ella sia di sapor buono?

- Felice concetto è questo: ma non vi avrei io giamai pensato.

O se nel pomo fusse anco buon suono, quanto bene rapresenteria tutta l'armonia della donnesca bellezza, non è vero signor Alonso? Posciaché volete cortese sognora (diss'egli) ch'anco io dica due parole, eccomi. Anzi stimo io che quanto più s'assomiglierà la donna alla sordità del pomo, parrà via assai più bella. Sia pure ella ricca delle quattro altre sudette qualità del pomo e quella altra quasi in tutto sprezzi. Quanto più la donna tace (appo i saputi) è tenuta più bella, grata e cara ed in maggior conto: percioché non sta ad essa d'ordinare o comandare: ma sì bene ubbidire e star soggetta all'altrui leggi ed ordini. Ben dite signor mio (replicai io) ma scopritemi ora il secreto dell'esser stato il pomo d'oro. Eccomi pronto.

O se nel pomo fusse anco buon suono, quanto bene rappresenteria tutta l'armonia della donnesca bellezza, n'è vero signro Cleonio?

- Poscia che volete cortese signora ch'anco io dica dua parole eccomi. Anzi stimo io che quanto più s'assomiglierà la donna alla sordità del pomo, parrà via assai più bella. Sia pure ella ricca delle quattro altre sudette qualità del pomo e questa altra quasi in tutto sprezzi. Quanto più la donna tace (appo e saputi) è tenuta più bella, grata e cara ed in maggior conto: perciocché non sta ad essa d'ordinare, o comandare, ma sì bene ubbedire e star soggetta agli altrui leddi ed ordini.

- Ben dite signor mio. Ma scopritemi ora il sacramento dell'esser stato il pomo d'oro.

L'oro appo gli Egizi (sapientissimi tra tutti gli uomini) significava divina sapienza e per l'argento intendevano l'ordinata intelligenza delle cose create, quali come scala ci conducono alla conoscenza del primo perfettissimo auttore. Non volse dunque Riffirio che fusse il suo pomo d'argento da donare alla sua amata, denotando che sebbene la donna è priva delle speculazioni filosofiche, nulla importa pure che dalla divina sapienza ricca sia; cioè di fedeltade e conscienza di cuore, di mondezza e purità di pensieri.

- L'oro appo agli egizii (sapientissimi tra tutti gli uomini) significava divina sapienza e per l'argento intendevano l'ordinata intelligenza delle cose create; quali come scala ci conducono alla conoscenza del primo perfettissimo autore. Non volse dunque Fillirio che fusse il suo pomo d'argento, da donare alla sua amata denotando che sebbene la donna è priva delle speculazioni filosofiche, nulla importa, pure che della divina sapienza ricca sia: cioè di fedeltade e conscienza di cuore, di mondezza e purità di pensieri.

Anzi vi dico ch'egli (con gran sentimento) attese ad innamorarsi in donna senza malizia alcuna; cioè in donzellina virginella. Soggiunsi: e gli odori, signor mio, che inferir volevano? Il segreto facilmente si scupre se consideriamo alle condizionbi delli odori. Per intorno, si diffondono, allegrano i goditori, confortano la testa e purgano l'aria. Così la donna con le virtù della esterior costumatezza deve rallegrar i riguardatori, confortare gli attinenti e purgar cogli esempi di modestia l'altrui inoneste voglie.

Anzi vi dico ch'egli (con gran sentimento) attese ad innamorarsi in donna senza malizia alcuna: cioè in donzellina virginella.

- Gli odori signor mio ch'inferir volevano?

- Il sacramento facilmente si scuopre, se consideriamo alle condizione delli odori. Per intorno si diffondono e allegrano i goditori, confortano la testa e purgano l'aria. Così la donna con le virtù della esterior costumatezza deve rallegrar i miratori, confortare gli attinenti e purgar cogli esempi di modestia l'altrui inoneste voglie. Ma ritorniamo al primo nostro ragionamento.

- Anzi via assai maggior diletto prendo e godimento più soave, sentendo ragionar sopra a questo soggetto santo e caro, che a quello della fastidiosa gelosia.

- Signora bella, se bramate compite dicerie in questa materia santa, leggete i Dialoghi del vostro signor Levanzio, ove tratta diffusamente del casto e cortese amor cristiano, con il testimonio abondante delle sacre lettere e potrete sodisfare a pieno (cred'io) a questa vostra brama.

Ma ritorniamo pur noi alla primiera ordita tela nostra.

Non vi paia strano signori hidalghi e voi (disse la gentilissima e prudente matrona) signora pelegrina bella, s'io narrerò cosa che alle vostre non sono per uguagliarsi; tuttavia spero che di molto gusto e sodisfazione sia per esservi; e se alcuna imperfezione troverete in questa mia diceria, alla debolezza del mio ingegno datene la colpa. Siate attenti, perché voglio credere che non poco diletto vi debba recare(13).

 

 

Si spiega un ammirabile avvenimento, che un simile non s'ha più udito: iscoprendosi che l'amore sensuale accieca talmente l'intelletto, che conduce la creatura a mille pericoli dell'onore e della vita insieme. Esempio a ciascuno di vivere cauta ed onoratamente.

 

 

Torniamo pur noi alla primiera ordita tela nostra.

Non è ancora passata la memoria di un maraviglioso avvenimento succeduto non ha guari ed è degno d'esser raccontato, il qual successe nella bella città di Siviglia, nella quale un giovanetto chiamato Giacomo trattenendosi nel servigio di un barone e cavaliere principale di quella città, s'accese ismisuratamente in una figliuola di un gran signore suo grandissimo amico chiamata Pasqualina, la quale con molt'altre damigelle dimorava nella corte del barone.

Ella non è però così nascosta la memoria, che il succeduto sin oggidì, non sia recente e degno d'esser raccontato; il quale successe nel bel ducato di Barbante, nel quale un giovanetto, chiamato Gherardo, trattenendosi nel servigio di un barone principale di quel paese, s'accese ismisuratamente in una figliuola di un gran signore, suo grandissimo amico, chiamata Caterina, la quale con molt'altre damigelle dimorava nella corte del barone.

Onde quando egli vide il tempo opportuno gli scoperse il suo insopportabile ardore, pregandola affettuosamente che volesse rimediare a cotanta sua amorosa passione ricevendolo per suo fedelissimo servitore Ciò udito dalla bella giovane, piacendole le sue dolci maniere e piacevoli costumi, invaghitasi di lui senza molte altre preghiere le concesse l'amor suo.

Onde quando egli vide il tempo opportuno, gli scoperse il suo insopportabile ardore, pregandola affettuosamente, che volesse rimediare a cotanta sua amorosa passione; ricevendolo per suo fedelissimo servitore. Il che ciò udito dalla bella giovane, piacendole le sue dolci maniere e costumi gentili, invaghitosi di lui, senza molte altre preghiere, le concesse l'amor suo.

Onde ognuno si può benissimo imaginare che non mancarono punto godendo loro con molta tranquillità i dolci frutti d'amore, il quale per successione di tempo si augumentò in modo tale che non avevano altro che un cuore ed un istesso volere.

Il che ognuno si può benissimo imaginare che non mancarono punto a loro stessi, godendo con molta tranquillità i dolci frutti d'amore, il quale per successione di tempo si augumentò in modo tale, che non avevano altro che un core ed un istesso volere.

Cotesto così grand'amore non durò già così poco che non passassero due anni; nel qual tempo gli aveva amore, potentissimo signore, così bene velati gli occhi, che divisando sempre insieme di cose amorose, accarezzandosi ora con baci ed ora in altre diverse maniere, credendo di non esser notati d'alcuno, continuarono tanto che finalmente se n'avide quasi ognuno, non vi essendo uomo, né donna nel palagio, che non fusse consapevole de' loro amori; e così il fatto si divulgò tanto oltre, che non si favellava d'altro che dell'amore di Giacomo e Pasqualina.

Cotesto così grande amore,non durò già così poco, che non passassero due anni; nel qual tempo gli aveva amore, potentissimo signore, così bene velati gli occhi, che divisando sempre insieme di cose amorose; accarezzandosi ora con baci ed ora in altre diverse maniere; credendo di non esser notati da alcuno, continuaron tanto che finalmente se n'avide quasi ognuno: non vi essendo uomo, né donna nel palagio, che non fussero consapevoli dei loro amori. E così il fatto si divulgò tanto oltre che non si favellava d'altro che dell'amore di Gherardo e Caterina.

E benché questi ciechi amanti credessero di esser consapevoli de' loro segreti affari, non temendo punto che altrove se ne tenesse tenzone, non mancarono però dell'invidiosi che non spiassero sempre i loro andamenti, i quali ferono tanto coi loro pessimi raporti, che finalmente il fatto giunse all'orecchie del barone e della sua moglie; e d'indi passò poi in quelle del padre e madre della Pasqualina.

E benché questi ciechi amanti credessero di essere soli consapevoli de loro secreti affari, non temendo punto che altrove se ne tenesse tenzone, non mancarono però degli invidiosi, che non spiassero sempre i loro andamenti, i quali feron cotanto per i loro pessimi rapporti che finalmente il fatto giunse all'orecchie del barone e della sua moglie; ed indi passò poi in quelle del padre e madre della bella Caterina.

Perloché una damigella sua fidele compagna gli avisò come l'amore del suo Giacomo era venuto in cognizion de' suoi genitori e anco del barone e madama; onde ella udendo ciò, piangendo e sospirando, disse:

- Ahi misera la vita mia or che mi deggio mai fare, oh fedelissima amica mia, vedendomi io rovinata e destrutta, essendo il caso così manifesto a tutte le genti? Consigliatemi voi, essendo io tanto adolorata e fuori di me stessa, ch'io non so mai qual partito prendere mi deggia.

Perloché una damigella sua fedele compagna gne ne avisò, come l'amore del suo Gherardo era venuto in cognizione de suoi genitori ed anco del barone e di madama; ch'ella vedendo ciò, piangendo e sospirando, disse:

- Ahi misera la vita mia, or che mi deggio mai fare, o fedelissima amica mia; vedendomi io rovinata e destrutta; essendo il caso così manifesto a tutte le genti. Consigliatemi voi essendo io cotanto addolorata e fuori di me stessa, che io non so mai quale partito prendere mi deggia.

E detto ciò le caderono infinite lagrime dagli occhi, bagnandole tutto il seno ed il candido petto e percotendo palma a palma si distrugeva tutta. La fedele compagna vedendola in stato tale compassionavala e per confortarla le disse:

E detto ciò le cadero infinite lagrime dagli occhi, bagnandole tutto il seno ed il candido petto e percotendo palma a palma, si distruggeva tutta. La fedele compagna vedendola in stato tale, compassionatola, per confortarla, le disse:

- Egli è sorella mia una gran pazzia il far cotanto pianto e duolo, poiché non vi si può, Dio mercé, imputar cosa alcuna che tocchi il vostro onore, nemmeno quello de' vostri parenti; e benché voi abbiate trattenuto un gentiluomo negli affari amorosi, questa ella però non è gran cosa, né proibita nelle corti onorate, anzi ella è il vero sentimento di pervenirvi, però voi non avete cagione alcuna di dolervi, massimamente non essendo anima vivente che vi possa riprendere.

- Egli è, sorella mia, una gran pazzia, il fare cotanto pianto e duolo: poiché non vi si può, Dio mercé, imputare cosa alcuna, che tocchi'l vostro onore, nemmeno quello de' vostri parenti. E benché voi abbiate trattenuto un gentiluomo negli affari amorosi, questa ella però non è gran cosa, né proibita nelle corti onorate, anzi ella è il vero sentiero di pervenirvi. Però voi non avete cagione alcuna di dolervi: massimanente non vi essendo anima vivente che vi possa riprendere.

Con tutto ciò parmi che sie bene che il vostro Giacomo senza fare sembiante alcuno prenda un grazioso congedo dal barone e da madama, colorando il suo disegno di voler gire in qualche lungo viaggio od apparente guerra. E che sotto quest'ombra se ne vada a dimorare poi in qualche buon luogo attendendo quello che Dio ed amore averanno stabilito de' casi vostri; facendovi poi sapere per qualche messaggiere tutto il stato suo, che per l'istesso poi avisarete del stato vostro: e ciò facendosi spegnerà affatto ogni bisbiglio, quale corre di presente, non restando però di non vi amare l'un l'altro,

Con tutto ciò, parmi ch'egli fie bene, che il vostro Gherardo, senza fare sembiante alcuno, prenda un grazioso congedo dal barone e da madama, colorando il suo disegnodi voler gire in qualche lungo viaggio, od apparente guerra. E che sotto quest'ombra se ne vadia poi a dimorare in qualche buon luogo, attendendo quello che Dio ed amore averanno istabilito de' casi vostri:: facendovi poi sapere per qualche messaggieri tutto il stato suo, che per l'istesso poi lo avisarete del vostro. Il che ciò facendo si spegnerà affatto ogni bisbiglio, quale corre di presente, non restando però di non vi amare l'un l'altro;

attendendo che più migliore fortuna vi favorisca; e non pensate già che deggia l'amor vostro cessar giammai anzi crescere e mantenersi di bene in meglio. Imperoché non avendo avuto novelle di lungo tempo l'uno dell'altro, se non per relazione degli occhi vostri, i quali benché non si possino assicurare di farne perfettamente giudizio, massimamente in quelli che sono legati in lacci amorosi, vi sie però non poco refrigerio.

attendendo che più miglior fortuna vi favorisca. E non pensate già che deggi l'amor vostro cessare giamai, anzi crescere e mantenersi di bene in meglio. Imperoché , non avendo avuto novelle di lungo tempo l'uno dell'altro, se non per relazione degli occhi vostri; i quali benché non si possino assicurare di farne perfettamente giudizio, massimamente in quelli che sono legati nel laccio amoroso: vi fie però non poco refrigerio.

Piacque molto all'innamorata Pasqualina l'ottimo consiglio della prudente damigella e quanto prima puote ed ebbe commodo di favellare al suo Giacomo le disse come l'imboscata de' loro amori era scoperta e giunta già nella conoscenza di suo padre e madre e non meno anco del barone e madama, soggiungendo:

Piacque molto all'innamorata Caterina l'ottimo consiglio della prudente damigella. E quanto prima puote ed ebbe il commodo di favellare al suo Gherardo, le disse come l'imboscata de loro amori era scoperta e giunta già nella conoscenza di suo padre e madre e non meno anco del barone e madama, soggiungendo:

- Immaginatevi voi pure che dianzi che ciò sia giunto così avanti, egli non sia succeduto senza diversi ragionamenti de' vicini e rapportatori di casa; e non essendo egli piaciuto alla buona sorte nostra di favorirci che potessimo continuare e vivere felicemente nel stato nostro, egli è necessario di considerar molto bene e rimediarvi tantosto conforme alla necessità, la quale cotanto ci preme il cuore per il grandissimo inconveniente che ne potrebbe seguire onde io vi dirò la mia opinione.

- Imaginatevi voi pure che dianzi che ciò sia giunto così avanti egli non fie succeduto senza diversi ragionamenti di vicini e rapportatori di casa. E non essendo egli piacciuto alla buona fortuna vostra di favorirci che potessimo continuare e vivere felicemente nel stato nostro egli è necessario di considerare molto bene e rimediarvi tantosto conforme alla necessità, la quale cotanto ci preme il cuore, per il grandissimo inconveniente che ne potrebbe seguire. Ond'io vi dirò la mia opinione.

E quivi gli espose tutto il prudente avvertimento della sua fedele e cara compagna. Il mesto Giacomo, che aveva udito già questo doloroso fatto, rimase molto scontento, siccome quasi gli fusse caduto adosso tutto il mondo, dicendogli:

E quivi poi le espose di punto in punto il prudente avertimento della sua fedele e cara compagna. Il mesto Gherardo ch'aveva udito già questo doloroso fatto, ne rimase molto scontento, sì come quasi gli fusse caduto addosso tutto il mondo, dicendogli:

- Ecco qui signora mia cara ed amata più della propria vita il vostro servo umile, il quale, dopo Dio, non ama cosa alcuna nel mondo più fedelmente e più ardentemente di voi; però voi gli potete comandare tutto quello che più vi piace, che sia di vostro beneficio, che io non vi contradirei giamai; ma imaginatevi pure che non mi poteva succedere cosa alcuna nel mondo peggiore che il dovermi dipartire ed allontanare dalla vostra dolcissima presenza;

- Ecco qui, signora mia cara ed amata più della propria vita il vostro servo umile, il quale, dopo Dio, non ama cosa alcuna nel mondo più fedelmente ed ardentemente di voi; però voi gli potete comandare tutto quello che più vi piace, che sia di vostro beneficio, ch'io non vi contradirei giamai: ma imaginatevi pure che non mi poteva succedere cosa alcuna nel mondo più peggiore, che il dovermi dipartire ed allontanare dalla vostra dolcissima presenza.

imperoché il cuore ahimè, è presago che per questa allontananza le primiere novelle che voi averete da me, saranno della accerba morte mia. Ma succeda quello ch'egli si voglia, essendo voi sola nel mondo alla quale io voglio ubbidire e servire sempre, amando io meglio di sopportare mille morti che una sola, che vivere nel mondo senza di non vi compiacere. Vedete costì il corpo mio, il quale è tutto vostro, però fate di lui tutto quello che più vi piace.

Imperoché il cuore, aimè egli è presago che per questa allontanaza, le primiere novelle che voi averete da me saranno dell'acerba morte mia. Ma succeda quello ch'egli voglia; essendo voi sola nel mondo, alla quale io voglio ubidire sempre e ervire, amando io meglio di sopportare mille morti, che non una sola, che vivere nel mondo senza di non vi compiacere. Vedete costì il corpo mio, il quale è tutto vostro; però fate di lui tutto quello che più vi piace.

Se l'innamorata Pasqualina rimanesse scontenta e dolente, sentendo il suo amante, quale amava più di se stessa, rammaricarsi in così fato modo, io lo lascio considerare a quelli che hanno esperimentato simili stimoli amorosi; e s'egli non fosse stato la gran constanza che Dio aveva infusa così largamente in lei, se le sarebbe l'infelice offerita per compagna correndo seco la medesima fortuna; ma l'onestà ed il gran biasimo, ch'averebbe cagionato al suo nobilissimo sangue, la raffrenò, sperando però che tra tanto si cangiasse la fortuna, dicendole:

Se l'innamorata Caterina rimanesse scontenta e dolente, sentendo il suo amante, quale amava più di se stessa, ramaricarsi in così fatto modo, io lo lascio considerare a quelli c'hanno esperimentato simili stimoli amorosi e s'egli non fusse stato, la gran costanza che Dio aveva infusa, così largamente in lei, se le sarebbe l'infelice offeruta per compagnia, correndo seco la medesima fortuna; ma l'onestà ed il gran biasimo ch'averebbe cagionato al suo nobilissimo sangue, la raffrenò: sperando però che tra tanto si cangiasse la fortuna, dicendole:

- Egli è forza, amato mio signore, che voi ve ne andiate; però io vi prego con tutto il cuore a non vi scordar mai di colei che vi ha donato il cuore ed accioché voi abbiate ardire di sopportare l'orribil pugna, quale contra il voler nostro nell'absenza vostra vi cagionarà il senso, io vi prometto e giuro la mia pura fede, che mentre io viverò, altr'uomo non mi sia mai marito, se non voi; e per osservanza di quanto io vi dico prendete questo anello d'oro, per arra e pegno della mia pura et sincera fede; e se per sorte mi volessero maritare altrove, io mi diffenderò in modo tale che voi ne rimarrete contento di me e vi farò conoscere d'osservare inviolabilmente le mie promissioni.

- Egli è forza, amato mio signore, che voi ve ne andiate; però io vi priego, con tutto il cuore a non vi scordare mai di colei che vi ha donato il cuore. Et acciocché voi abbiate ardire di sopportar l'orribile pugna, quale contra il volere vostro, nella absenza vostra vi cagionarà il senso: io vi prometto e giuro la mia pura fede, che mentre che io viverò, altr'uomo non mi fie mai marito, se non voi. E per osservanza di quanto io vi dico, prendete questo anello d'oro, smaltato di lagrime nere per arra e pegno della mia pura e sincera fede. E se per sorte mi volessero maritare altrove, io mi difenderò in modo tale che voi ne rimarrete contento di me e vi farò conoscere d'ossservare inviolabilmente le mie promissioni: degnandovi, quanto prima, che sarete affermato in qualche buon luogo, di farmi intendere subito novelle di voi, che anch'io farò l'istesso, avisandovi d'ogni stato mio.

- Or io veggio bene, signora mia, rispose lui, che mi conviene abbandonarvi per qualche tempo; però io prego Dio, che in questo mentre doni ogni contento et avendomi voi per vostra gran bontà e cortesia accettato per vostro marito e servitore, facendomi degno di cotanta promissione e non essendo, io lo confesso, in poter mio di ringraziarvi abbastanza, per dono cotanto sublime, non restarò nondimeno d'averne la cognizione, osando anch'io di farne la medesima promissione rendendole le grazie, che per me si ponno render maggiori, supplicandola che il mio sincero volere sia riputato di così gran pregio sì come s'uscisse da maggior personaggio che non son io; soggiungendo:

- Or io veggio bene, signora mia, rispose lui, che mi conviene abbandonarvi per qualche tempo, però io prego Dio che mentre vi doni ogni contento. Ed avendomi voi per vostra gran bontà e cortesia accettato per vostro marito e servitore, facendomi degno di cotanta promissione e non essendo; io lo confesso, in poter mio, di ringraziarvi abbastanza, per dono cotanto sublime, io non restarò nondimeno di averne la cognizione, osando anch'io di farle la medesima promissiona; rendendole le grazie che per me si ponno rendere a maggiori. Supplicandola che il mio sincero volere egli sia riputato di così gran preggio sì come n'uscisse da maggior personaggio, che non son io, soggingendo:

- Io mi vi raccomando anima mia, chiedendo quando gliene sie il tempo, che i stanchi e lassi occhi miei godino della loro solita bella vista e grata accoglienza, poiché ora la lingua m'impedisce di poter più favellare.

Et detto queste parole s'abbracciarono insieme e baciaronsi, sospirando per gl'insopportabili tormenti che le cagionava la loro dura ed acerba separazione, la quale finalmente le bisognò nascondere dimostrando lieto sembiante, benché se n'affliggessero ne' loro cuori.

- Io mi vi raccomando anima mia, chiedendo, quando egli ne sie tempo, che i stanchi e lassi occhi miei, godino della loro solita bella vista e grata accoglienza: poiché ora la lingua m'impedisce di poter favellare.

E detto queste parole s'abbracciarono insieme e baciaronsi piangendo e sospirando, per gli insopportabili tormenti, che le cagionava la loro dura ed acerba separazione, la quale finalmente le bisognò nascondere, dimostrando lieto sembiante, benché se n'affliggessero ne' loro cuori.

Poscia l'adolorato Giacomo fece e disse tanto, che ottenne congedo dal barone, quale non gli fu punto difficile a ottenere, non già per alcuno errore ch'avesse commesso, ma per il rapporto e rispetto dell'amore fra lui e Pasqualina, del quale i suoi parenti ne erano malcontenti, massimamente non essendo egli di così alto sangue, né così ricco, come era lei, temendo grandemente che non la sposasse.

Poscia l'addolorato Gherardo fece e disse tanto, che ottenne congendo dal barone, quale non gli fu punto difficile a non ottenere; non già per alcuno errore, ch'avesse commesso; ma per il raporto e rispetto dell'amore fra lui e Caterina, del quale i suoi parenti ne erano mal contenti; massimamente non essendo egli di così alto sangue, né così ricco, come era lei, temendo grandemente che non la sposasse.

Partitosi l'adolorato Giacomo, egli fece cotanta diligenza, che in brevi giorni pervenne nella bellissima corte di Madrid, nella quale trovò trattenimento presso un gran signore di quel luogo. Onde subito lo fece sapere alla sua dama, quale ne rimase molto allegra. E per il medesimo messaggiere le avisò tutto il stato suo e non meno la buona volontà ch'aveva verso di lui, mentre ch'egli fusse stato fedele e leale. Non così tosto che Giacomo fu dipartito dalla città di Siviglia, incominciarono a cortegiare molti gran signori e cavalieri la bellissima Pasqualina, desiderando sopra ogn'altra cosa di conseguire la sua buona grazia.

Partitosi l'addolorato Gherardo egli fece cotanta diligenza che in brievi giorni pervenne nel bellissimo territorio di Barois, nel quale trovò trattenimento presso un gran signore di quel luogo. Onde subito lo fece sapere alla sua dama, quale ne rimase molto allegra. E per il medesimo messaggieri le avisò tutto il stato suo e non meno la buona volontà ch'aveva verso di lui, mentre ch'egli fusse stato fedele e leale. Non così tosto che Gherardo fu dipartito dal paese di Barbante, incominciarono a corteggiare molti gran signori e cavalieri la bellissima Caterina; desiderando sopra ogn'altra cosa di conseguire la sua buona grazia.

Imperoché mentre che Giacomo la serviva, non si scoprirono giamai, sapendo veramente che d'affezione egli era superiore a tutti loro onde molti l'addimandarono in moglie. E fra gli altri ve ne fu uno, quale piaceva molto al padre ed alla madre della damigella e così anco a tutti i suoi parenti ed amici, laonde un giorno il padre la chiamò a sé dicendogli come essendo oggimai vecchio e carico di molti anni il maggior contento ch'egli potesse avere nel mondo, era vederla allogata et maritata innanzi che si morisse e che un tal signore, dicendogli il nome,

Imperoché mentre che Gherardo la serviva, non si scopriron giamai, sapendo veramente, che d'affezione egli era superiore a tutti loro. Onde molti l'addimandarono in moglie. E fra gli altri ve ne fu uno, quale piaceva molto al padre ed alla madre della damigella e così anco a tutti i suoi parenti ed amici, laonde un giorno il padre la chiamò a sé, dicendogli come essendo oggimai vecchio e carico di molt'anni, il maggior contento ch'egli potesse avere nel mondo era di vederla allogata e maritata inanzi che si morisse. E che un tale signore, dicendogli il nome,

la ricercava in moglie, che parendogli il partito molto buono, s'ella se ne fusse contentata, sì come doveva fare per ogni rispetto, egli non sarebbe escluso della sua onorevole richiesta; massimamente che tutti i suoi parenti et amici lodavano e desideravano il parentato, sì per le sue belle virtù, come anco per le sue gran ricchezze. Sentendo ciò la bella Pasqualina le disse di non volere per allora prender marito, allegando molte ragioni, per le quali si credeva sciorre da questo impaccio;

la ricercava in moglie; che parendogli il partito molto buono, s'ella se ne fusse accontentata, siccome doveva fare per ogni rispetto; egli non sarebbe esclusodella sua onorevole richiesta; massimamente, che tutti i suoi parenti ed amici, lodavano e desideravano il parentato, sì per le molte sue virtù, come anco per le sue gran ricchezze. Sentendo ciò la bella Caterina le disse di non volere per allora prendere marito, allegando molte ragioni, per le quali si credeva sciorre da quello impaccio:

ma i parenti gli seppero dire e predicare tanto nella testa, massimamente non volendo cadere nella disgrazia de' suoi genitori e non meno anco del barone e di madama, che la piegarono alquanto. Dove che vedendosi posta tra Silla e Cariddi, non sapeva che si deliberare, massimamente per non rompere la già data fede al suo Giacomo. E perciò esseguire s'imaginò cotesto stratagema, sì per poter compiacere a' parenti, come anco per attendere all'amante le sue promissioni, dicendo:

ma i parenti gli seppero dire e predicare tanto nella testa: massimamente non volendo cadere nella disgrazia de suoi genitori e non meno anco del barone e di madama, che la piegarono alquanto. Dove che vedendosi posta tra Scilla e Cariddi, non sapeva che si deliberare; massimamente per non rompere la già data fede al suo Gherardo. Che perciò esequire, s'imaginò cotesta stratagema: sì per poter compiacere a parenti, come anco per attendere all'amante le sue promissioni, dicendo:

- Signor padre et voialtri amati miei parenti, io non voglio già esser quella che mai sia per disubbidirvi in modo alcuno; ed avenga che io abbia promesso a Dio mio creatore, del quale io tengo più conto che di qualunque altra cosa per grande che ella si sia, di non prender mai marito, avendo io risoluto di vivere absente e libera del vincolo matrimoniale; nondimeno non vi voglio punto ricalcitrare in tutto quello che senza offesa di Dio si potrà fare,

- Signor padre e voialtri amati miei parenti, io non voglio già essere quella che unque mai sia, per disubidirvi in modo alcuno. Et avenga che io abbia promesso a Dio mio creatore, del quale io tengo più conto che di qualunque altra cosa, per grande ch'ella si sia, di non prendere mai marito,avendo io risoluto di vivere absente e libera dal vincolo matrimoniale, nondimeno io non vi voglio punto disubidire in tutto quello che senza offesa di Dio io potrò fare;

però io mi contento di maritarmi sì come più vi piace, mentre però voi mi vogliate fare una grazia di poter peregrinare fino il Galizia a San Giacomo, avendo io di ciò fatto voto espresso di osservare inviolabilmente innanzi ch'io cangi stato e prenda marito.

però io mi contento di maritarmi, sì come più vi piace; mentre che voi mi vogliate però far una grazia di poter peregrinare sino a San Nicolao de Granelighe; avendo io fatto voto espresso d'osservare inviolabilmente innanzi, che io cangia stato e prenda marito.

Dicendo questo per riveder nel viaggio il suo amato Giacomo ed esporle l'infelice stato suo, nel quale si vedeva avvilupata, con animo di voler poi eseguire tutto quello che gli fusse comandato da lui. Rimase il padre molto contento della saggia risposta della figliuola, concedendole volentieri la sua dimanda e volendo dar ordine quanto prima per la sua dipartenza, la quale consultò alla sua presenza e della moglie dicendo:

- Noi li daremo in sua compagnia il tale e tal gentiluomo et così anco Diana, Felicita e Letizia conforme alla nobiltà nostra anderanno seco e parendovi anco i tali e tali staffieri e servitori, i quali io credo che li basteranno per il loro viaggio e peregrinaggio.

Dicendo ella ciò per rivedere nel viaggio il suo amato Gherardo ed esporle l'infelice stato suo, nel quale si vedeva aviluppata, con animo di voler poi esequire tutto quello che gli fusse comandata da lui. Rimase il padre molto contento della saggia risposta della figliuola, concedendole volentieri la sua dimanda. Et volendo dar ordine quanto prima per la sua dipartanza, la quale consultò alla sua presenza e della moglie, dicendo:

- Noi gli daremmo in sua compagnia il tale e il tale gentiluomo e così anco Isabella, Margherita e Giovanna, conforme alla nobiltà nostra anderanno seco e parendovi anco, i tali e tali staffieri e servitori, i quali, io credo, che gli basteranno per il suo viaggio, o peregrinaggio.

Udito ciò dalla bella bella Pasqualina, rispose:

- Noi faremo, piacendovi però signor padre, in un altro modo. Voi sapete che il camino da qui a Galizia non è molto sicuro, massimamente per quelli che vi conducono donne così onoratamente siccome voi volete che vi vadi io. Onde conviene aver in ciò un buonissimo riguardo. Inoltre la spesa sarebbe grandissima e quello che è peggio, con forsi perdita dell'onor mio, quale importa più che piaccia a Dio, che ciò non segna giamai;

Udito ciò dalla bella Caterina, rispose:

- Noi, faremo, piacendovi però, signor padre, in un altro modo. Voi sapete che il camino di qui a San Nicolao non è molto sicuro; massimamente per quelli che vi conducon donne così onoratamente; sì come volete che vi vadia io. Onde egli conviene avere in ciò buonissimo riguardo. Inoltre, la spesa sarebbe grandissima e quello ch'è peggio, con forse perdita dell'onor mio, quale importa più, che piaccia a Dio che ciò non segua giamai.

laonde egli parrebbe a me esser meglio e più ispediente, salvo però ogni vostro buon volere, ch'io mi facessi fare un vestimento da uomo e che mio zio bastardo ne venga meco, montati sopra duoi piccioli ronzini, che ciò facendo, oltre che si fuggirebbe cotanta spesa e pericolo, il quale potrebbe succedere con tanta gente senza anco iscomodare tante persone, io farei più commodamente e quietamente il mio peregrinaggio, che girvi nell'altro modo che voi dite.

Laonde egli parebbe a me esser meglio e più ispediente, salvo però ogni vostro buonm volere, che io mi facesse far un vestimento da uomo e che mio zio bastardo ne venga meco, montati sopra dui piccioli ronzini; che ciò facendo, oltre che si fuggirebbe cotanta spesa e pericolo, il quale potrebbe succedere con tante genti, senza anco iscommodare tante persone, io farei più commodamente e quietamente il mio peregrinaggio, che girvi nell'altro modo, che voi dite.

Considerato ch'ebbe il buon padre buona pezza l'aviso della figliuola e seco anco la moglie, l'approvarono per ottimo consiglio, laudandola per molto saggia e prudente. Onde subito fecero apparecchiare tutte le cose necessarie per la sua dipartenza. Postasi in camino la bella pelegrina col zio naturale, senza altra compagnia vestiti onoratamente all'uso di Spagna, si affrettarono tanto, che giunsero in brevi giorni in Galizia. E sodisfatto ch'ebbe il voto a Dio, sì come ella aveva promesso, ritornarono allegramente, ringraziando Dio che non le era succeduto cosa alcuna di molto momento.

Considerato ch'ebbe il buon padre buona pezza l'aviso della figliuola e seco anco la moglie, l'approvaron per ottimo consiglio, lodandola per molto saggia e prudente. Onde subito feron apparecchiare tutte le cose necessarie per la sua dipartenza. Postasi in camino la bella pellegrina con il zio naturale senza altra compagnia, vestiti onoratamente all'uso alemano, si affrettarono tanto che giunsero in brievi giorni a San Nicolao. E sodisfatto ch'ella ebbe il voto a Dio, sì come ella aveva promesso, ritornaron allegramente, ringraziando Dio che non le era succeduta cosa alcuna di molto momento.

Mentre che cavalcavano divisando di molte cose, sì come egli si usa di fare in certi lunghi viaggi, un giorno ella le disse:

- Voi sapete signor zio come egli è nel mio potere, essendo io sola et unica erede di mio padre, di potervi far del bene assai, il che io farò volontieri, mentre che voi mi vogliate con piacere in un certo mio affare che ho nell'animo di eseguire non molto quindi lontano nella corte del re, con il signor don Giacomo, qual voi conoscete benissimo, accioché quando noi ritornaremo, io possa raccontare qualche novella di lui;

Mentre che cavalcavano, divisando di molte cose, sì come egli si usa di fare in certi lunghi viaggi, un giorno ella le disse:

- Voi sapete signor zio, come egli è nel mio potere essendo io sola ed unica erede di mio padre, di potervi far del bene assai. Il che io lo farò volentieri, mentre che voi mi vogliate compiacere in un certo mio affare che ho nell'animo di esequire, non molto quindi lontano, nella corte di un gran signore, con Gherardo, quale voi conoscete benissimo; acciocché quando noi ritornaremmo, io possa raccontare qualche novelle di lui:

però piacendovi andaremo e cercaremo presso quel suo signore qualche trattenimento e potendolo ottenere, noi vi dimoraremo alcuni giorni e vederemo quella bella corte et i suoi costumi. E non temete voi già, sì come deve fare una buona figliuola, ch'io non conservi sempre l'onor mio e buona fama.

però, piacendovi, andaremmo e cercaremmo presso quel signore qualche trattenimento, che potendolo ottenere noi vi dimoreremmo alcuni giorni e vederemmo quel bel paese ed i suoi costumi. E non temete voi già, sì come deve far una buona figliuola che io non conservi sempre l'onor mio e buona fama.

Sapendo il zio quanto la nipote fusse liberale ed osservante delle sue promissioni e credendo che quello che lei ricercava fusse cosa onesta et sapendo non meno ch'ella era vigilantissima dell'onor suo, per la conservazione del quale non aveva bisogno che altri gline guardasse, si compiacque di far tutto quello ch'ella desiderava accompagnandola e servendola in ogni luogo; di che ella lo ringraziò molto, dicendole come egli non si pentirebbe mai di averle conceduto tanto servizio et indi nell'avenire conchiusero che la devesse chiamare Filippo.

Sapendo il zio quanto la nepote fosse liberlae ed osservante delle sue promissioni e credendo che quello che lei ricercava fosse cosa onesta e sapendo non meno ch'ella era vigilantissima dell'onor suo, per la conversazione del quale non aveva bisogno che altri gliene guardasse; si compiacque da far tutto quello che lei desiderava, accompagnandola e servendola in ogni luogo, di che ella lo ringraziò molto; dicendole come egli non si pentirebbe mai di non averle conceduto tanto servizio e d'indi nell'avenire conchiusero che la dovesse chiamare Corrado.

Giunti che furono non molto dopo nella desiderata corte, se n'andarono a trovare il maggiordomo di quel signore il quale era un gentiluomo attempato, molto gentile e cortese, il quale come forastieri gli accolse allegramente , al quale Filippo chiese se per aventura il suo signore avesse bisogno della sua servitù, desiderando egli molto di trattenersi per vedere e godere quella corte. Udito ciò dal maggiordomo loro dimandò di quale paese fussero.

Giunti che furono, non molto dopo, nel desiderato luogo, se n'andarono a trovar il maggiordomo del signore, il quale era un gentiluomo attempato, molto gentile e cortese, il quale come forastieri, gli raccolse allegramente, al quale Corrado chiese se per aventura il suo signore avesse bisogno della sua servitù, desiderando egli molto di trattenersi per vedere il paese. Udito ciò dal maggiordomo, loro dimandò, di qual paese fussero.

- Noi siamo, rispose Filippo, della città di Siviglia.

- In buonora, disse lui, voi verrete a desinare con esso noi e dopo pranzo io ne favellarò al signore e fattigli condurre in una bella camera, nella quale vi era un buon fuoco, ferono colazione, attendendo poi il desinare. Espose poi il maggiordomo al signore come un giovanetto gentiluomo sivigliano desiderava fargli servitù, se però si fosse compiacciuto, parendogli di esser molto gentile et accostumato e buono non meno per servirlo onoratamente.

- Noi samo, rispose Corrado, di Barbante.

- In buonora, disse lui, voi verrete a desinare con esso noi e dopo pranzo io ne favellarò al signore.

E fattigli condurre in una bella camera, nella quale vi era un buon fuoco, ferono collazione; attendendo poi il desinare. Espose poi il maggordomo al signore come un giovanetto gentiluomo barbantino desiderava fargli servitù, se però si fusse compiacciuto, parendogli essere molo gentile ed accostumato e buono non meno per servirlo onoratamente.   

- Sta bene, disse il signore e subito che l'ebbe fornito di servire, se ne tornò verso di Filippo per farle compagnia nel desinare conducendo seco Giacomo, dicendogli:

- Vedete qui un gentiluomo del vostro paese.

- Sia egli il bentrovato, rispose Filippo.

- Ista bene, disse il signore.

E subito che l'ebbe fornito di serivre, se ne ritornò verso di Corrado, per farle compagnia nel desinare, conducendo seco Gherardo, dicendogli:

- Vedete qui un gentiluomo del vostro paese.

- Sia egli il bentrovato, rispose Corrado.

- Et voi il benvenuto, disse Giacomo, il quale non conobbe punto la sua dama, ma ella ben lui; mentre che faceva le accoglienze, vennero in tavola le vivande e Filippo si assise presso al maggiordomo e Giacomo per contra di lei e così pranzarono allegramente; e dopo diversi ragionamenti, sperando il povero Filippo che il suo Giacomo la conoscesse nel favellare e così anco per le cose che trattarono di Siviglia gli successe però il contrario, poiché tra tanto che durò il desinare, quale fu lunghissimo, non gli dimandò mai, né di uomo, né di donna alcuna di quel paese.

- Et voi il benvenuto, disse Gherardo, il quale non conobbe punto la sua dama: ma ella bene lui. Mentre che facevano l'accoglienze, vennero a tavola le vivande. E Corrado si assise presso al maggordomo e Gherardo per contra di lei; e cos pranzarono allegramente. E dopo diversi ragionamenti, sperando il povero Corrado che il suo Gherardo la conoscesse nel favellare e così anco per le cose che trattarono di Barbante egli successe però il contrario: poiché tra tanto che durò il desinare, quale fu longhissimo, non gli dimandò mai né di uomo, né di donna alcuna di quel paese.

Di che il misero Filippo non sapeva che si dire, né che imaginare donde ciò procedesse. Fornito ch'ebbero di pranzare e veduto s'ebbe il signore il giovanetto Filippo lo rattenne nel suo servizio ed ordinò ch'essendo egli di un istesso paese, che era Giacomo, albergassero insieme in una camera: li quali presi che s'ebbero per mano, se n'andarono a vedere i loro cavalli. E mentre che vi dimorarono, Giacomo non gli favellò mai, né dimandò cosa alcuna di Siviglia,

Di che il misero Corrado non spaeva che si dire, né che imaginare, dove ciò procedesse. Fornito ch'ebbero di pranzare e veduto ch'ebbe il signore il giovanetto Corrado lo rattenne nel suo servizio. Il che l'accorto gentiluomo ordinò, che essendo egli di un istesso paese, che era Gherardo, albergassero insieme in una camera: li quali presi che s'ebbero per mano se n'andarono a vedere i loro cavalli. E mentre che vi dimoravano, Gherardo non gli favellò mai, né dimandò cosa alcuna di Barbante,

di che il povero Filippo rimase molto scontento, vedendo esser posto nel numero de' pensieri scordati, parendogli impossibile che per il meno non si potesse rattenere di non chiedergli del barone e di madama, nel servigio de' quali già era dimorato lungo tempo; con tutto ciò non ne fece altro sembiante, parendola esser cosa incredibili che non gline facesse qualche moto, non potendosi dar pace di esser così obliata da lui e spenta affatto la memoria sua; non restando di nuovo di non provocarlo con qualche altro modo per farsi conoscere da lui, ma ciò era un perdere il tempo.

di che il povero Corrado ne rimase molto scontento, vedendosi esser posto nel numero de peccati scordati; parendogli impossibile che per il meno non si potesse rattenere di non chiedergli del barone e di madama, nel servigio de quali già era dimorato lungo tempo. Con tutto ciò, non ne fece altro sembiante; parendoli esser cosa incredibile, che non gliene facesse qualche moto, non potendosi dar pace di essere così obliata da lui e spenta affatto la memoria sua: non restando di nuovo di non provocarlo con qualche altro modo, per farsi conoscere da lui; ma ciò egli era un perdere tempo.

Onde formalmente ella terminò di restare tuttavia così nascosta. Passò la sera nel medesimo modo, nella quale Giacomo non favellò mai, anzi discorreva di ogn'altra cosa che di quella che piacesse al mesto Filippo. Gitosi finalmente a giacere, vedendo ella che egli non parlava né faceva sembiante alcuno d'esservi stato giamai, gli dimandò di qual parentado fusse di Siviglia e come quivi fusse capitato e per qual cagione; e se dopo che s'era dipartito, n'avesse avuto mai novelle alcune di quel paese. Al che egli rispose quello che gli parve in tal proposito onde ella replicando, le chiese s'egli conosceva un tal sognore, dicendogli il nome;

Onde finalmente ella terminò di restare tuttavia così nascosta. Passò la sera nel medesimo modo, nella quale Gherardo non favellò mai, anzi discorreva d'ogni altra cosa che di quella che piacesse al mesto Corrado. Gitosi finalmente a giacere; vedendo ella ch'egli non parlava, né faceva sembiante alcuno d'esservi stato giamai, gli dimandò di qual parentato egli fusse di Barbante e come quivi fusse capitato e per qual cagione. E se dopo che s'era dipartito n'avesse avuto mai novelle alcune di quel paese, ch'egli rispose quello che gli parve più convenire in tal proposito: onde ella replicando, le chiese s'egli conosceva un tal signore, dicendogli il nome.

- Signor sì, rispose lui nominando il barone e madama, senza dirgli però che fusse stato nel loro servizio.

- Io ho udito, disse Filippo, che nella sua corte vi sono di molto belle damigelle, ne conoscereste voi a forse alcuna di loro?

- Pochissime rispose lui, non mi curando io punto di loro; sogiungendo:

- Lasciatemi, vi prego, dormire, che mi muoio di sonno.

- Signor sì, rispose lui, nominando il barone e madama, senza dirgli però che fusse stato nel loro servizio.

- Io ho udito, disse Corrado, che nella sua corte vi sono di molte belle damigelle, ne conoscereste voi a sorte alcuna di loro?

- Pochissime, rispose lui, non mi curando io punto di loro; soggiungendo, lasciatemi, io vi prego, dormire, che mi muoio di sonno.

- Or come potete voi mai dormire, disse Filippo, favellandosi di belle donne? Cotesto egli non è già segno d'esser innamorato.

Al quale egli non rispose nulla, dormendo profondamente in guisa d'un porcello. Da che l'addolorato Filippo dubitò subito di quello chera in effetto; pure si risolse di volerlo di nuovo isperimentare. La mattina per tempo ambedue si levarono divisando di quello che già più desideravano:

- Or come potete voi mai dormire, disse Corrado, favellandosi di belle donne?

Cotesto egli non è già segno d'essere innamorato al quale egli non rispose nulla, dormendo profondamente in guisa d'un porcello. Di che l'addolorato Corrado dubitò subito di quello che era in effetto: pure si risolse di volerlo di nuovo isperimentare. La mattina per tempo ambedui si levarono, divisando di quello che più desideravano;

Giacomo di cani, di caccia, d'uccelli e Filippo fece e disse tanto il dopo desinare, che lo sottrasse dalla compagnia degli altri e passeggiando seco gli disse come le era già venuto a noia Madrid e che Siviglia era ben altro paese di questo e per molti segni gli fece conoscere che il cuore lo spingeva molto a ritornare in Siviglia.

Gherardo di cani, caccie e d'uccelli; e Corrado delle belle donne di Barbante. Il povero Corrado fece e disse tanto il dopo desinareche lo sottrasse dalla compagnia degli altri e passeggiando seco, gli disse come le era già venuto a noia il paese di Barois e che quello di Barbante era ben altro paese di questo e per molti segni gli fece conoscere che il cuore lo spingeva molto a ritornare in Barbante.

- Che cosa, rispose lui, avete voi mai trovato in Siviglia ch'ella non sia ancor qui? Quivi pure vi sono tante bellissime campagne, selve e boschi amenissimi per cacciare, bellissimi fiumi, vaghe pianurette e dilettevoli e vezzosi giardini, i quali convitano altrui a rallegrarsi per il soave e dolce canto degl'infiniti augelli che sono.

- Cotesto egli a me poco cale, disse Filippo, essendo le dame di Siviglia di molto più gusto e piacere, che non sono le vostre caccie e le vostre campagne.

- Or mi aveggio, disse Giacomo, che voi sete innamorato del vostro paese di Siviglia.

- Che cosa, rispose lui, avete voi mai trovato in Barbante, ch'ella non sia ancor qui? Quivi pure vi sono tante bellissime campagne, selve e boschi amenissimi per cacciare, bellissimi fiumi, vaghe pianurette e dilettevoli e vezzosi giardini, i quali convitano altrui a rallegrarsi, per il soave e dolce canto degli infiniti augelli che vi sono.

- Cotesto egli a me poco cale, disse Corrado essendo le dame di Barbante di molto più gusto e piacere che sono le vostre caccie e le vostre campagne.

- Or io mi aveggio, disse Gherardo, che voi siete innamoratao nel vostro paese di Barbante.

- Io non lo niego già, disse Filippo, di non esser forzato di lasciare questo paese, essendo impossibile di poter star tanto senza la dolce vista della mia dama.

- Ella è stata veramente una gran pazzia la vostra, rispose Giacomo, ad esservi dipartito essendo cotanto inconstante.

- Io non lo niego già, disse Corrado, di non essere veramente innamorato: però il core mi vi spinge tanto forte che io dubito un giorno di esser sforzato di lasciar il vostro paese di Barois essendo impossibile di poter star tanto senza la dolce vista della mia dama.

- Ella è stata veramente una gran pazzia la vostra, rispose Gherardo, ad esservi dipartito essendo cotanto incostante.

- Ditemi vi priego, disse Filippo, quale è mai colui che si possa chiamare amante constante, non vi essendo uomo così prudente che possi continuare l'amore senza di non esser tiranneggiato a torto da lui?

Altri molti ragionamenti seguirono fra loro senza profitto alcuno, finché venne l'ora della cena, dopo della quale non molto si trattennero a divisare, ma n'andarono in letto a riposare.

- Ditemi, io vi priego, disse Corrado, quale è mai colui che si possi chiamare amante costante? Non vi essendo uomo così prudente che possi continuare l'amore senza di non essere tiranneggiato a torto da lui.

Altri molti ragionamenti seguirono fra loro, senza profitto alcuno, finché venne l'ora della cena, dopo della quale non molto si trattennero a divisare, ma n'andarono in letto a riposare.

Il sonnolente Giacomo, quale non averebbe mai fatto altra cosa che dormire, se l'innamorato Filippo non l'avesse tenuto risvegliato, raccontandogli il suo lungo e dolente lamento ch'egli fece nella dipartenza della sua dama, qual per esser breve io trapasso; et vedendolo egli dormire tuttavia, dissegli:

Il sonnolente Gherardo, quale non averebbe fatto mai altra cosa che dormire, s el'innamorato Corrado non l'avesse tenuto risvegliato raccontandogli il suo lungo e dolente lamento, ch'egli fece nella dipartenza dalla sua dama, quale per esser brieve, io trapasso. Et vedendolo dormire tuttavia, gli disse:

- Come è mai egli possibile che voi abbiate così gran voglia di dormire appresso di me, che sono tanto risvegliato, non avendo io spirito che non sia pieno di tormento amoroso? Onde io mi meraviglio molto di voi, che non ne siate tocco alquanto.

- Come è mai egli possibile che voi abbiate così gran voglia di dormire presso di me, che sono tanto risvegliato, non avendo io spirito che non sia ripieno di tormento amoroso. Onde io mi maraviglio molto di voi, che non ne siate tocco alquanto.

- Io non vidi mai, rispose Giacomo, il più folle amante di voi. Credete voi che non sia stato innamorato anch'io? Sì sono veramente, ma egli è ben il vero che non vi sono stato perduto e sommerso, ch'io perdessi mai il mangiare, né il bere, né tanpoco il dormire, né che mi tormentassi così dolorosamente, sì come fate voi (perdonatemi) essendo voi pazzo, non apprezzando io punto l'amor vostro. Credete voi che la vostra dama si lamenti e distrugga sì come fate voi? Se voi lo credete, sete in grandissimo errore.

- Io non vidi mai, rispose Gherardo, il più folle amante di voi. Credete voi che non sia stato innamorato anch'io? Sì sono veramente; ma gli è ben il vero che non vi sono stato perduto così dentro e sommerso, che io perdessi mai il mangiar, né il bevere, né tampoco il dormire, né che mi tormentassi così dolorosamente, sì come fate voi: ma perdonatemi essendo voi pazzo; non apprezzando io punto l'amor vostro. Credete voi che la vostra dama si lamenti e distrugga, sì come fate voi? Se voi lo credete, siete in grandissimo errore.

- No no io ne sono certissimo, rispose Filippo, conoscendola io fedele e conservatrice d'amore.

- Dite pure quello che voi volete, disse Giacomo, imperoché io non crederò mai che regni in donna fedeltà alcuna; e tutti quelli che ciò credono, sono tenuti e reputati per veri pazzi da catena. Io ho amato, sì come voi e n'amo anche una: e per dirvi intieramente tutto il stato mio, io mi dipartii di Siviglia per cagione amorosa, essendo io allora in non poca buona grazia d'una nobile e bella damigella, la quale io lasciai con molto mio cordoglio, la cui absenza veramente mi molestò molto;

- No, no, io ne sono certissimo, rispose Corrado, conoscendola io fedele e vera conservatrice d'amore.

- Dite pure quello che voi volete, disse Gherardo, imperoché io non crederò mai che regni in donna fedeltà alcuna; e tutti quelli che ciò credono, sono tenuti e riputati per veri pazzi da catena. Io ho amto, s come voi e n'amo anco una; e per dirvi intieramente tutto il stato mio, io mi dipartii di Barbante per cagione amorosa essendo io allora in non poca buona grazia d'una nobile e bella damigella, la quale io lasciai con molto cordoglio, la cui assenza veramente mi molestò molto;

ma non già ch'io facessi pazzie e volessi morire, sì come fate voi. Onde vedendomi allontanato da lei, mi risolsi di servirmi del precetto d'Ovidio et subito ch'io ebbi quivi trattenimento, io ne scielsi una delle più belle che vi sono, con la quale io ho fatto tanto, ch'ella m'ama assai più di quell'altra, amandola io altresì. Et in così fatto modo mi sono liberato da colei che amava dianzi ed ora mi curo tanto di lei, quanto di cosa che non abbia mai conosciuta, né veduta, cotanto mi piace e diletta questo mio novello amore.

ma non già che io facessi le pazzie e volessi morire, sì come fate voi. Onde vedendomi allontanato da lei, mi risolsi di servirmi del precetto di Ovidio. E subito, che io ebbi quivi trattenimento, io ne scielsi una delle più belle che vi sono, con la quale io ho fatto tanto ch'ella m'ama assai più di quell'altra, amadola io altresì. Et in così fatto modo mi sono liberato da colei ch'amava dianzi ed ora io mi curo tanto di lei quanto di cosa che non abbia mai conosciuta, né veduta, cotanto mi piace e diletta questo mio novello amore.

- Com'è egli mai possibile, disse l'addolorato Filippo, che amando voi cotanto l'altra, ve l'abbiate scordata e tuttavia non più la pensate?

- Io pure l'ho fatto, rispose Giacomo e nel rimanente intendetela pur voi come più vi piace.

- Non è egli, disse Filippo, cosa buona lo servar lealtà alle donne? Quanto a me io amerei piuttosto di morire mille volte, non che una sola, che d'aver mai commesso a donna alcuna così grande tradimento.

- Come egli è mai possibile, disse l'addolorato Corrado, che amando voi cotanto l'altra che ve l'abbiate potuta scordare e tuttavia iscordarvela?

- Io pure l'ho fatto, rispose Gherardo e nel rimanente, intendetela poi voi come più vi piace.

- Non è egli adunque, disse Corrado, cosa buona l'osservare lealtà alle donne? Quanto a me, io amarei piuttosto di morire mille volte al giorno, non che una sola, che d'aver mai commesso a donna alcuno così grande tradimento.

E prima mi tolga Dio la vita, che io n'abbia pure una minima volontà, senonché desiderare mai altra cosa che d'amarla e servirla sempre mai.

- Tanto maggiormente, rispose Giacomo, voi sarete riputato per sciocco; e perseverando in questa pazzia, voi non averete mai un'ora di riposo, né farete altro che distruggervi come l'erba secca nel prato, essendo omicida di voi stesso, per la quale sciocchezza la vostra dama non farà altro che ridere de' fatti vostri, succedendo però che voi siate così aventurato ch'ella lo sappia.

E prima mi tolga Dio la vita, che io n'abbia pure una minima volontà, se non che di non desiderare mai altra cosa, che d'amarla e servire sempremai.

- Tanto maggiormente, rispose Gherardo, voi sarete riputato per sciocco. E perseverando in questa pazzia, unque mai voi non averete un'ora di riposo, né farete altro che distruggervi, come l'erba secca nel prato; essendo omicida di voi stesso, della quale sciocchezza la vostra dama non farà altro che ridere de fatti vostri, succendendo però che voi siate così aventurato, ch'ella lo sappia.

- Veramente, disse Filippo, che voi sete molto esperto nelle cose d'amore; e per quanto io veggio, credo che voi non abbiate pari. Per il che io vi prego che voi mi prestate aiuto con il favorirmi in questa corte o altrove, che trovi anch'io qualche dama, come avete fatto voi, che mi disciolga dall'amore dell'altra, quale io amo cotanto ardentemente et quasi adoro.

- Veramente, disse Corrado, che voi siete molto esperto nelle cose d'amore. E per quanto ora io veggio, credo che voi non abbiate pari. Perilché, io vi priego che voi mi prestiate aiuto, con il favorirmi in questa corte, o altrove, che trovi anch'io qualche bella dama come avete fatto voi, che mi diciolga dall'amore dell'altra, quale io amo cotanto ardentemete e quasi adoro.

- Io il vi dirò, rispose Giacomo: domani io vi farò favellare con la mia dama e gli dirò come noi siamo compagni e d'uno istesso paese e farò seco tanto, ch'ella accetterà ancor voi nella sua grazia e così se la goderemo insieme e volendo voi averemo il miglior tempo del mondo e per tal mezzo egli vi passerà in breve il martello dell'altra. Or istà a voi ad accettare quanto io vi propongo.

- Io il vi dirò, rispose Gherardo, domane io vi farò favellare con la mia dama e gli dirò come noi siamo compagni e d'un istesso paese e farò seco tanto ch'ella accettarà ancor voi nella sua grazia e così se la goderemmo insieme. Et volendo voi, averemmo il miglior tempo del mondo e per tal mezzo egli vi passarà in brieve la pazzia ed il martello dell'altra. Or istà a voi ad accettare quanto io vi propongo.

- Certo s'egli non fusse, disse Filippo, per non violare il giuramento fatto alla mia dama, io accettarei volontieri quanto mi proponete. Con tutto ciò io mi voglio isperimentare per veder quello che ne può seguire.

Poscia il sonnolente Giacomo voltò le reni e s'addormentò. Allora la infelice rimase tanto afflitta considerando la grandissima infedeltà di colui il quale amava più che la propria vita e tutto il mondo insieme, che fu quasi per morire di dolore.

- Certo, s'egli non fusse, disse Corrado, per non rompere e violare il mio giuramento e la fatta promissione alla mia dama, io accetterei e farei volentieri quanto voi mi proponete. Con tutto ciò, io mi ci voglio isperimentare, per vedere quello che non puote seguire. Poscia il sonnolente Gherardo, rivolte le reni, s'addormentò. Allora la miserabile ed infelice giovanetta rimase cotanto oppressa ed afflitta, considerando e vedendo la grandissima islealtà ed ingratitudine di colui il quale ama più che la propria vita e tutto il mondo insieme. Il che ella fu quasi per morire di dolore e passione.

Con tutto ciò armata di cuore virile iscacciando longe da sé la tenerezza e fievolezza feminile si quietò con la promissione ch'ebbe di poter parlar a colei quale il suo Giacomo amava più d'ogn'altra cosa e violentò il cuore per farne consapevole gli occhi suoi dei molti trattenimenti fatti in suo grave e mortale pregiudizio. La mattina seguente il perfido Giacomo lo condusse davanti la sua dama, avendola prima informata della sua qualità e così anco del desiderio suo. Et mentre ch'ella favellava con il suo rivale,

Con tutto ciò, armata di cuore virile, iscacciando lunge da sé la tenerezza e fievolezza feminile, si quietò con la promissione ch'ebbe di poter parlare a colei quale il suo Gherardo amava più d'ogn'altra cosa e violentò il core per farne consapevole gli occhi suoi dei molti trattenimenti fatti in suo grave e mortale preiudizio. La mattina seguente il perfido Gherardo, lo condusse davante la sua dama, avendola prima informata della sua qualità e così anco del desiderio suo. E mentre ch'ella favellava con il suo rivale,

Filippo si avvidde dell'anello che donò al falso Giacomo nel suo dipartire, stando di presente nelle sue cocenti ed amorose punture e benché egli non curasse punto il prezzo dell'anello, le prese la mano e con destro e grazioso modo gli ne trasse fuori di dito per poterlo meglio contemplare e se lo pose in uno de' suoi, infingendo di non ricordarsene più; e quanto prima puote ne andò a ritrovare il zio quale aveva alloggiato in un'altra stanza vicino al palazzo, dicendole:

Corrado si avide dell'anello che donò al falso Gherardo nel suo dipartire, stando di presente nelle sue cocenti ed amorose punture. E benché egli non curasse punto il prezzo dell'anello, pure, le prese la mano e con destro e grazioso modo gliene trasse fuori di dito, per poterlo meglio contemplare e se lo pose in uno de suoi, infingendo di non sovenirsi più e quanto prima puote n'andò a ritrovare il zio, quale aveva alloggiato in un'altra stanza fuori del palazzo, dicendole:

- Noi abbiamo dimorato assai in questa corte, però egli è tempo che se n'andiamo e che dimani nell'alba voi apparecchiate ogni cosa necessaria per la nostra dipartenza, che l'istesso farò anch'io dal canto mio.

- Venite pure in qual ora più vi piace, rispose l'amorevole zio, che il tutto sia in ordine e non mancherà altro che i montare a cavallo.

- Noi abbiamo dimorato assai in questo paese di Barois: però egli è tempo che se n'andiammo e che dimane nell'alba voi apparecchiate ogni cosa necessaria per la nostra dipartenza, che l'istesso farò anch'io dal canto mio.

- Venite pure in qual ora più vi piace, rispose l'amorevole zio, che il tutto fie in ordine e non mancherà altro se non di montar a cavallo.

Dato ch'ebbe l'ordine per il suo dipartire egli andò a cenare con il suo Giacomo e con la novella dama e mentre ch'egli divisava seco amorosamente, egli si sottrasse in una stanza laddove aveva veduto il calamaio e carta e scrisse una lettera per la quale le narrava di punto in punto lo infinito amore suo verso di lui e le promissioni fatte vicendevolmente nel suo dipartire;

Dato ch'ebbe l'ordine per il suo dipartire egli andò a cenare con il suo Gherardo e con la novella dama. E mentre che egli divisava seco amorosamente egli si sottrasse in una stanza, là dove aveva veduto un calamaio e fogli. Ond'egli scrisse una lettera, per la quale le narrava di punto in punto lo infinito amore suo verso di lui e le promissioni fatte vicendevolmente nel suo dipartire.

e che volendola maritare, per non rompere la fede che le aveva data, aveva rifiutato il tutto; e raccontava la invenzione del suo peregrinaggio, per avisarlo del tutto, apparecchiata e pronta sempre per ubbidire in ogni suo volere. Poscia la infedeltà et islealtà non veduta mai nel mondo, confessata tanto per la bocca sua, quanto per le sue malvaggie operazioni. Onde per le sopraddette ragioni ella per l'avenire si teneva sciolta e libera in tutto e per tutto d'ogni promissione e fede, che data le avesse, terminando di ritornare i Siviglia;

E che volendola maritare, per non rompere la fede, che le aveva data, il rifiuto fattogli e la invenzione del suo peregrinaggio; per avisarlo del tutto, apparecchiata e pronta sempre per ubidire in ogni suo volere. Poscia la islealtà non veduta mai nel mondo, confessata tanto per la bocca sua, quanto per le sue malvagie operazioni. Onde per le sopraddette ragioni ella per l'avenire si teneva sciolta e libera in tutto e per tutto d'ogni promissione e fede che le avesse data; terminando di ritornare nel suo paese;

e conchiudendo in sé stessa di non volere più udire nuova di lui alcuna, né rimirarlo mai in qualunque luogo lo rincontrasse come il più pessimo e disleale uomo che mai sopra la terra fusse, rapportando seco l'anello di fedeltà infedele, quale era in suo potere, che già le aveva donato e che avendo giaciuto tre notti continue avea infinto di non la conoscere. Finito di scrivere la sottoscrisse in questo modo: Pasqualina chiamata Filippo e nella soprascritta dicea: Al disleale Giacomo, indegno di viver tra cavalieri. E ritornò poi dai novelli amanti, i quali divisavano insieme tuttavia.

e conchiudendo in se stessa di non volere udire mai più nuova alcuna di lui, né rimirarlo mai in qualche luogo che l'incontrasse, sì come per il più pessimo e disleale uomo, che mai fusse nel mondo, rapportando seco l'annello, qual era in suo potere, che le aveva donato, avendo giacciuto tre notti continue; infingendo di non la conoscere. Fornito di scrivere, la sottoscrisse in questo modo: Caterina, chiamata Corrado; e nella soprascritta: Al disleale Gherardo.

E dopo che si ebbero licenziati dalla dama, ritornarono nel loro albergo. Ma non potendo l'infelice Pasqualina dormire punto, subito ch'ella vide spuntar l'alba del giorno si levò chetamente e vestitasi, senza che mai Giacomo si risvegliasse, pose la lettera suggellata benissimo dentro d'una manica del giubbone del falso amante e lagrimando in bassa voce le disse l'ultimo addio e sospirando se n'andò a ritrovar il zio, il quale la pose a cavallo e seguirono il lor camino, non si potendo scordare il grandissimo torto fattogli dal perfido Giacomo, finché furono giunti in Siviglia,

E dopo che si ebbero licenziati dalla dama, ritornarono nel loro albergo. Il che non potendo l'infelice Caterina dormire punto, subito ch'ella vide spuntare l'alba del giorno, si levò chetamente e vestitasi, senza che mai Gherardo si risvegliasse, pose la lettera suggellata benissimo dentro d'una manica del giuppone del falso amante e lagrimando in bassa voce le disse l'ultimo addio e sospirando se n'andò a ritrovare il io, il quale la pose a cavallo e seguirono il loro camino, non sì potendo scordare il grandissimo torto fattogli dal perfido Gherardo, sinché non furon giunti in Barbante,

laddove furono raccolti caramente e ricevuti da ognuno allegramente, chiedendo loro come si fussero governati in così lungo viaggio e qual fortuna fusse stata la loro; a' quali risponderono come Dio grazia il tutto era passato felicemente; ma non dissero già di esser stati in Madrid. Quando Giacomo, dopo la partenza della sua dama, di risvegliò, vedendo che Filippo non vi era, pensò ch'egli fusse assai tardo;

là dove fuorono raccolti caramente e ricevuti da ognuno allegramente; chiedendo loro come si fussero governati in così lungo viaggio e qual fortuna fusse loro stata propizia, a quali risponderono come, Dio grazia, il tutto era passato felicemente, ma non dissero già di essere stati nel paese di Barois. Quando Gherardo, dopo la partenza della sua bella dama, si risvegliò e vedendo che Corrado non vi era, pensò ch'egli fusse asssai tardo;

onde subito si levò e vestendosi il giubbone trovò in una manica la lettera della sua dama, per la quale rimase molto maravigliato, massimamente non sapendo chi gliel'avesse posta ed aperta la lettera con tremante cuore e tutto sbigottito, si lagnò molto dopo ch'egli ebbe conosciuto ed inteso che la infedeltà sua era venuta in cognizione di colei quale amava tanto cordialmente, non sapendo ciò per rapportato altrui, ma per la sua istessa bocca e per le azioni che l'instrussero appieno.

onde subito si levò e vestendosi il giuppone, trovò in una manica la lettera della sua dama, per la quale rimase molto maravigliato; massimamente non sapenso che gliene avesse posta. Et aperta, la lesse con tremante cuore ed isbigottito e dopo ch'egli ebbe conosciuto ed inteso che la infedeltà sua era venuta in cognizione di colei quale amava cotanto cordialmente. E non sapendo ciò per rapporto altrui, ma per sua istessa bocca che l'instrusse appieno.

Ma quello che viappiù l'affliggeva e tormentava, era d'aver giaciuto seco tre notti senza averla, non solamente punto conosciuta, ma neanco potuta guiderdonare del suo così lungo travaglio, ch'aveva preso per visitarlo. E ciò considerando profondamente nel suo cuore proruppe contra se stesso in tanto grandissimo sdegno e furore, che poco vi mancò che non s'uccidesse con le proprie sue mani, non avendo ardire, per la grandissima vergogna, di levare gli occhi da terra, rammaricandosi di aver commesso così enormissimo errore,

Inoltre, quello che vieppiù l'affliggeva e tormentava era d'avere giacciuto seco tre notti, senza averla non solamente punto conosciuta, ma neanco potuta guiderdonare del suo così lungo travaglio, ch'aveva preso per visitarlo. E ciò considerando profondamente nel suo cuore, proruppe contra se stesso in cotanto grandissimo sdegno e furore, che poco vi mancò che non s'uccidesse con le sue proprie mani; non avendo ardire per la grandissima vergogna di innalzare gli occhi da terra; ramaricandosi di aver commesso così enormissimo errore.

e dopo di aver versato infinite lagrime dagli occhi e considerato buona pezza sopra quello ch'avesse a fare per rimediare a così sinistro accidente rissolse d'andargli dietro pensando con le sue umili preghiere e supplicazioni, chiedergli mille perdoni e di placarla ed intenerirla. E per effettuare il suo pensiero, chiesto ch'ebbe congedo dal suo padrone, subito si pose dietro alla sua traccia seguendola giorno e notte.

E dopo d'avere versate infinite lagrime dagli occhi e considerato buona pezza sopra quello, ch'avesse a fare, per rimediare a così sinistro accidente, risolse d'andargli dietro, pensando poi con le sue umili preghiere e supplicazioni, chiedergli mille perdoni, di placarla ed intenerirla. E per effettuare il suo pensiero, chiesto ch'ebbe congedo dal suo padrone, subito si pose dietro alla sua traccia, seguendola giorno e notte.

E per qualunque diligenza, ch'egli facesse, mai non la puote giungere, prima ch'ella non fusse giunta in Siviglia, nel giorno apunto che si facevano le sue nozze; onde egli credendo di gire a salutarla e iscusarsi seco de' suoi gravi errori, non la puote mai conseguire, non gli essendo conceduto mai di poterle gire davanti; volgendole le spalle in ogni luogo che lo vedesse di modo che egli non poté mai trovare in tutto un giorno modo, né via di potergli mai favellare.

E per qualunque diligenza ch'egli facesse, mai non la puote giugnere prima ch'ella non fusse giunta in Barbante nel giorno appunto che si facevano le sue nozze. Ond'egli credendo di gire sì come è costume del paese e salutarla e baciare ed iscusarsi seco de suoi gravi errori, non lo puote mai conseguire, non gli essendo conceduto mai di poterle gire davante, volgendole le spalle in ogni luogo che lo vedeva. Di modo ch'egli non puote mai trovare in tutto il giorno modo né via di favellargli.

Finalmente si risolse d'invitarla a danzare per poter poi con simil modo scoprire l'interna passione del suo cuore et il gravissimo tormento che sentiva nell'anima per il commesso errore; per il che fatto che gli ebbe la debita la debita riverenza, le porse la mano, imaginandosi che levatasi da sedere lo dovesse compiacere di danzare seco; ma successe tutto il contrario, poiché ella lo disprezzò alla presenza di tutti gli assistenti e non vi volle gire, di che molti si maravigliarono massimamente sapendo il grande amore ch'era passato fra loro.

Finalmente si risolse di convitarla a danzare, per poter poi con simile mezo scuoprirle l'intera passione del suo cuore ed il gravissimo tormento che sentiva nell'animo per il commesso errore. Il che fatta che li ebbe la debita riverenza, le porse la mano, imaginandosi che, levatasi da sedere, lo dovesse compiacere di danzar seco: ma gli successe tutto il contrario, poiché ella lo disprezzò alla presenza di tutti gli assistenti e non vi volle gire; di che molti si maravigliatono, massimamente sapendo il grande amore che era passato fra loro.

Poscia non molto dopo un gentiluomo fattogli l'istesso invito, si levò subito ed andò seco a danzare; vedendo il tutto l'adolorato Giacomo, quale spasimava e moriva di dolore e tormento. Ora come voi avete udito egli perdé la sua bellissima dama, il perché se si trovasse per sorte un'altra simile ventura, altresì potrà rimirare in questo specchio e bellissimo esempio, il qual avvenimento non è guari ch'egli successe.

 

Poscia, non molto dopo, un gentiluomo fattogli l'istesso convito, si levò subito ed andò a danzare, vedendo il tutto l'addolorato Gherardo, quale spasimava e moriva di dolore e tormento. Or come voi avete udito egli perdè la sua bellissima dama. Il perché, se si trovasse per sorte un'altra simile aventura, altri si potrà rimirare in questo specchio ed essempio, la quale non è guari che ella successe.

 

 

Moralità

 

Si deve prender dalle ben narrate dicerie qui sopra da cavalieri e dame, ammaestramento di fuggire gli amori sensuali, che altro non ci recano che affanni, dolori, tormenti, travagli e consumazione della vita e dell'anima insieme. E, se noi ameremo con tanta diligenza ed assiduità l'eterno Creatore, caminando per la vita de' suoi divini precetti, saremo certi di goder per mai sempre gli amorosi incendi della divina visione sua.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


DELL'ASINO PERDUTO
 
Numero II
 


Número Segundo
 
Del asno perdido
 

Romanci

 

Una notoria excellencia(14)

que vemos en los borricos

es que casi todos son

de un color y talle mismo.         

Y aun hay algunos dolores

de que sanan los heridos,

si se sietan(15) ras por ras

encima de algún pollino.

Y aun quien quisiesse emborrar

propriedades de borricos

se pudiera estar roznando

desde aquí al otro siglo.

Basta saber que las dichas

fueron único motivo

para que Justina hiciesse

a su salvo un lindo tiro.

De puro bobi de bota(16),

se le traspuso el pollino,

y ella traspuso en otro

el sillón y albardoncillo.

Que si los hurtan o truencan(17)

ni lamentan ni hacen mimos

y con el mismo semblante

sirven al pobre que al rico.

Tanto le parecía

el nuevo hallado al perdido

que a boca llena le dice:

- Vos sois burro y asno mío,

que pues tanto os parecéis

al burro que se me ha ido

y me sanáis del dolor

que mis entrañas ha herido;

y pues concurre en vos

todo burral requisito,

sin duda que vos sois él

o sois hermanos o primos.

Norabuena lo seáis

desde hoy llamados mío,

mío sois, pues mío os dice

la gata que os ha cogido.

 

Narrasi la curiosità di Giustina nel veder a ballare, la semplicità del suo Leonardiglio in perdergli la sua asina, con molti pensieri vaghi e ridicolosi.

 

 

Súmase en un romance

 

Una notoria excelencia

Que vemos en los borricos

Es que casi todos son

De un color y talle mismo;

Y aun hay algunos dolores

De que sanan los heridos,

Si se sientan ras por ras

Encima de algún pollino;

Y aun quien quisiese emborrar

Propriedades de borricos,

Se pudiera estar roznando

Desde aquí al otro siglo.

Basta saber que las dichas

Fueron único motivo

Para que Justina hiciese

A su salvo un lindo tiro.

De puro bobidevota,

Se le traspuso el pollino,

Y ella traspuso en otro

El sillón y albardoncillo;

Que si los hurtan o truecan,

Ni lamentan ni hacen mimos,

Y con el mismo semblante

Sirven al pobre que al rico.

Tanto le parecía

El nuevo hallado al perdido,

Que a boca llena le dice:

"Vos sois burro y asno mío,

Que pues tanto os parecéis

Al burro que se me ha ido,

Y me sanáis del dolor

Que mis entrañas ha herido,

Y pues que concurre en vos

Todo burral requisito,

Sin duda que vos sois él,

O sois hermanos o primos.

Norabuena lo seáis,

Desde hoy llamados mío,

Mío sois, pues mío os dice

La gata que os ha cogido."

 

 

Cominciarono le genti venute alla devozione, dopo aver preso il perdono, a far circoli diversi, chi ballava, chi giuocava alle carte e chi giuocava di scrimmia. {Loda la scrimmia.} Quivi sentei a lodare molto un moro negro, che eccellentemente scrimmiava con una e due spade ed un spadone; e specialmente dicevano che giuocava così bene e isquisitamente nel tempo, che chiamano delli scrimmitori, girando e ragirando con i piedi, presto con le mani e veloce con l'occhio; e così menava colpi e di piato e di taglio e nel girarsi cacciava stocate terribili, che niuno poteva resisterli.

Comenzaron muchos corrillos de bailes, juegos de naipes y de esgrima, Allí oí que alababan a un negro de que esgrimía bien con dos espadas y montante en especial, decían que jugaba por extremo un tiempo que llaman los esgrimidores tajo volado, con sobre rodeón y mandoble, que también los esgrimidores son como los médicos, que buscan términos exquisitos para significar cosas que, por ser tan claras, tienen vergüenza de nombrarlas en canto llano, y así les es necesario hablarlas con términos desusados, que parecen de junciana o jacarandina.

{Schermitori simili a' medici.} Sono li schermitori come li medici, i quali nel medicare usano chiamare i lor medicamenti con nomi e voci stravaganti, ma sonore e belle, che solo il sentirle a dire consolano non poco chi le ode; così faceva il schermitore, che tutti i suoi tratti e tiri li nominava con nomi graziosi e galanti, che innamoravano sino le donne a giuocar di scrimmia; {Donne sono brave nello schermire.} perché ancora noi sappiamo molto bene manegiare la spada e targa e far presa del pugnale al nimico, facendolo restare perdente e fiacco.

In verità, che noi donne doveressimo usare lo medesimo stile e porre nimi particolari a tutte le nostre cose ordinarie, nominandole con nomi illustri et eccellentissimi, accioché tanto maggiormente si nobilitassero tutte le azioni nostre.

Y en verdad que las mujeres habíamos de usar esto mismo y poner nombres particulares a nuestras ordinarias cosas, que ya, de puro usadas y nombradas, sería necesario novarles los nombres con que se ennobleciese el arte.

{Giustina loda il giuocar di scrimmia.} Ma poiché parlo di scrimmia, voglio che mi concediate una grazia di sempre onorarmi e riverirmi con nomi di cavalieri e di persone nobilissime: perché anch'io sono maestra di scrimmia et quando sento dire scrimmitori gli occhi mi si colmano di lagrime, in memoria di un gentil scrimmitore, al quale io portai grand'amore, che io mi affezionai molto a questa nobil arte onde quando li mancava scolari e che niuno vi era, mi addimandava e tanto mi ammaestrò nello scrimmiare, che un giorno mi disse:

Mas, pues hablo de esgrima, quiero ahorrar de gracias, porque siempre que nombro esgrima y esgrimidores, se me arrasan los ojos de lágrimas en memoria de un malogrado a quien quise bien, que era la prima de los esgrimidores, tan aficionado al arte, que muchas veces, faltándole con quien esgrimir, a deshora, me pedía que por su gusto tomase yo la espada negra y esgrimiésemos, lo cual yo hacía de buen rejo, porque, como dice el refrán, quien bien quiere, bien obedece.

- Pigliate quella spada e facciamo questione.

{Giustina vittoriosa in duello.} Così presi la spada, cominciamo il duello, nel quale mi portai di maniera, che me lo feci cadere sotto, poco men che mezo morto, ma però non morì, né doler si poteva di me, conforme a quel proverbio: chi ben vuole, ben ubidisce;

non passarono molti mesi che finalmente se ne morì del tutto, che a me ne spiacque, ma poco me ne curo anco, perché dove egli serà andato, con spada e cappa, in ogni luogo si saprà diffendere, {Le virtù sempre giovano.} et quando adopererà il spadone, guai a coloro che vi si troveranno; ed io similmente, se mi nascerà occasione di questionare, saprò così ben maneggiarmi, quanto un valente schermitore.

Murióse, mas no se me da nada, que donde quiera que estuviere, él sabrá defender su capa, que aunque la muerte esgrima con guadaña, él la hará con su montante tener a raya.

In quella campagna v'erano (come ho detto) molti balli da campagna, ma essendo io donna di manto ed allora a punto ammantata, non volsi mettermi nel cerchio delle ballarine et tanto più mi brillava il cuore che tal ballo vi era che aveva otto e dieci cembali.

Había buenos bailes de campesinas, mas como yo ya era mujer de manto, y en esta sazón estaba enmantada, no quise meter mi cuerpo en dibujos, porque ya me había hecho por qué quererle más que a sesenta panderos.

{Giustina godeva in vedere ballare e come.} Verità è, che i miei piedi erano come l'argento vivo, che non potevano star saldi: ma da me stessa superai la tentazione ricordandomi che Erodiade morì ballando e per non ballare m'allontanai, accostandomi vicino alla taverna e girando gli occhi vidi molte cose operate secondo le buone regole de' valenti osti e mentre che sola io stavo, miravo anco i balli ed udendo il suono con le orecchie, rispondevali con gli occhi e con la testa atteggiando seguiva il suono ed il ballo; il che veduto d'alcuni, mi domandarono s'io voleva ballare; io le risposi:

Verdad es que los pies me comían por bailar, como si en ellos tuviera sabañones, mas vencí la tentación acordándome que Herodías murió bailando. Sólo de lejos me holgué en la taberna y vi algunas vueltas, no malas, desde un repecho que sobrepujaba la gente, y como algunos me viesen hacer el son al baile con los ojos, me preguntaban si quería bailar.

Yo respondí:

- Non signori, che io sono zoppa.

{Arroganza di uomo vano.} Et non mancò di coloro chi con molta curiosità voleva vedere di qual piede zoppicava e per abbassare la loro prosontuosa vigliacheria gli diedi d'una pianella nella faccia, che non fu picciol favore ch'io li feci e questo era un voler seminare nel mese d'agosto.

-No, señores, que soy coja.

No faltó quien con curiosidad llegó a ver de qué pie cojeaba, pero dile un favor de pantuflo tal, que a asegundar el favor, no fuera mucho sembrar por agosto.

{Spagnuoli sono troppo curiosi.} Sono li spagnuoli molto curiosi in tutte le cose; e che importava loro in voler sapere s'io ero zoppa? E qual nervo m'era dilungato o ritirato? Perdieci s'io li diceva di non ballare per esser inferma di mal di milza, mi averebbono voluto toccar la panza e forsi più sotto, ma non se ne vantarono, perché io le diedi quella mercede che meritavano: io le perdono et voglio pace con li uomini, purché perdonino a me quello che gli feci e li sono per fare.

Somos muy curiosos los españoles. Diz que porque le dije que era coja, había de saber en qué nervio estaba la falta. Por diez, que si le dijera que no bailaba por estar enferma del bazo, se me chapuzara en las tripas a tomar el pulso del pulgarejo. Yo le perdono y quiero paz, porque me perdone la que le di.

{Giustina narra la perdita della sua asina e come.} Diciamo tutto come si suol dire, che la fortuna del tignoso tiene la ruota di sughero, che ho a dire che giamai la fortuna delle povere picare è tanto favorevole, che non tengan male di milza e che perciò si rattenghi di correre.

Digámoslo todo. Bien dicen que la fortuna del tiñoso tiene la rueda de corcho; y quieren decir que nunca la fortuna de las pobres pícaras es tan favorable que no tenga mal de bazo y se canse de correr.

Vogliovi contare una disgrazia che della mia buona fortuna mi successe: il mio Leonardiglio aveva cura di custodire e ben guardare l'asina et acciò egli non perdesse tempo alcuno della guardia, rodeva e masticava quel pan duro che gli diedi; ma come quello ch'era tanto secco e arido, pose in necessità il povero garzone d'andare a bere un poco d'acqua, per la gran sete, che gli era venuta dal continuo rodere di quel biscotto, {Leonardiglio favella asininamente.} onde voltatosi all'asinella gli disse con parlar asinino:

Quiero, pues, contarles una desgracia que entre mis fortunas buenas me sucedió. Mi mochillero andaba guardando la burra, y al son de la guarda, tascaba el pan que le di, mas como estaba tan seco, añusgó de sed y dejó a la burra sobre su palabra, fiando no menos de su fidelidad que de su castimonia; y tuvo bastante ocasión su confianza, porque había visto que habiendo llegado a hacerle el amor algunos de su especia y clavo, respondió a pies juntillos que no quería amores en romerías; de adonde se pudo certificar el mochacho que quien con sus amigos jugaba de pie, a los ladrones y enemigos daría de mano.

- Sorella abbiti cura fin tanto ch'io ritorno, non ti partire, né ti lasciar fare oltraggio d'alcuno.

Ed ella con un sol cenno di testa chinandola basso gli accennò ch'era contenta et che tutto osserverebbe; Leonardiglio allora sopra la sua parola si partì, fidandosi non meno della sua leal fedeltà e della sua costante castimonia che li bastava avendo visto che sebbene alcuni della specie li facevano l'innamorato intorno, professando onore, gli rispose a piedi giunti che essendo in pelegrinaggio non si conveniva amori;

{Parlar di asina come sia.} perloché il mio garzone molto bene si poteva acquetar in coscienza ch'ella averebbe servato la pudicizia sua, ma non pensò più oltre che s'ella giuocava di piedi, i ladroni ed i nemici delle virtuose operazioni giuocano di mano finalmente.

Leonardiglio avendo la bocca tutta asciutta e come paparo a bocca aperta se n'ando a un pozzo, che vicino alla chiesa si trovava, alla cui custodia vi stava una mezza samaritana gran parlatrice e molto attillata: quivi giunto li dimandò da bere e perché la giovane verso di lui fu poco cortese, perché non voleva fanciulli, ma bene era caritatevole con uomini, i quali con maniere di cavalieri danno sodisfazione alle dame, tuttavia egli faceva istanza di bere acqua, ma per lui era morta la carità; {Donna senza carità, quale.} alla fine egli ne diede un tantino tanto che si lavò i denti, accioché gli non si anegasse, conforme a quel proverbio che comunemente dicesi:

En fin el mochacho sediento, boquiabierto como un pato, se fue a un pozo que estaba junto a la ermita, donde pidió de beber a una medio samaritana, bachillera y relamida, y parece ser que la mozuela tenía poca caridad para con mochachos, y el mayor bien que le hizo fue enjaguarle los dientes con un refrán que es muy común entre las mozas de aquella tierra, que dice:

Quien no tra soga,

de sed se ahoga.

Che in nostra favella vien a dire, chi non porta corda, di sete s'affoga. Leonardiglio era garzone lesto e vivace e benché sitibondo, li rispose:

"Quien no trae soga, de sed se ahoga." El muchacho era ladino, y, aunque sediento, respondió:

- Signora bella, la prima corda ch'io trovarò, sarà per servire a vostra signoria e se le serà in piacere, con esso alla vostra forca m'appiccherò; {Leonardiglio si risente mordacemnente.} restatevi con Dio, il qual sia quello che vi dia acqua abbondantemente per trarvi la sete, quando senza velo in capo e con corda legata alle vostre mani, il boia con la frusta vi asciughi l'acqua cadente a suono di buone sferzate, perché questo et peggio meritate (crudelissima che sete) a non mi voler dare un poco di acqua per trarmi la sete, meglio mi daresti del vostro sangue.

-A ese andar, la primera soga que hallare será para ahorcarme. Quede con Dios, bendita, y Dios la depare quien la dé agua cuando tenga toca y potro y verdugo a mano, tan sediento de su sangre como yo de su agua.

Non si adolcì e meno s'intenerì la dama baronessa, con ogni spirito ella s'applicò a darli e procurarli più sete, ch'egli non aveva, dicendogli:

- Non ti voglio dar acqua frascone che tu sei, perché lasciandoti sitibondo tu possa dire ch'io ti ho dato vieppiù sete di vera sete di acqua.

No se enterneció la daifa ni se aplicó más que a darle la sed de agua que él mismo se llevaba consigo, diciéndole:

-No te quiero dar agua, rapaz, porque dejándote sediento, puedas decir que te he dado una sed de agua.

Ed egli replicò assai bene, ancorché fanciullo e disse:

- Non vi alterate signora poco bella, che di voi non mi curo punto, perché s'io ho sete di acqua, non cresco perciò in altra sorte di sete che di acqua, né altra sete io ho che d'acqua.

Él replicó, no mal:

-Aun eso no os debo, que si sed de agua llevo es la mesma que yo traía.

{Carità sottile spagnuola, a chi assomigliata.} Aspettò Leonardiglio miglior occasione et preso licenza, li disse:

- Addio bella giovane e buonanotte vi di Dio, senz'acqua, senza carne e senza vino.

Allora quella garzona lo chiamò e disseli:

- Vien qua figliuolo, dammi il tuo capello e per di sopra via della cima appozzato un poco, li diede acqua, come se ella fosse stata porzione di cibo corteggiano, in cui non si passa il limite della quantità stabilita e piuttosto meno, che più.

{A Giustina le vien rubata l'asina.} In questo mentre parve che la mia mula passasse parola con altre sue paesane, una delle quali tutta scapigliata si separò dalle altre e vene a tutta briglia correndo et inquietando et urtando chiunque s'incontrava e vedeva, fin tanto che ella giunse all'albergo nostro;

Aguardó el muchacho a mejor nubada, y allá después de buenas noches, tras mucho Dios agua, le echaron una poca en un sombrero, como si fuera ración de galera.

En este ínterin, parece ser que mi burra hubo palabras con otra algo revoltosilla. De una en otra, se desafiaron, apartáronse por no alborotar el bodegón;

sicuramente ella doveva aver incontrato alcun contestabile zingano e per via di giustizia maggiore, la mia restò presa e questa libera, quella rimase carcerata e questa mi portò novelle di lei, dicendo che la poverina era prigione forzatamente ed in luogo di cibo li davano secretissime bastonate.

debiólas de encontrar algún condestablo -que es prebenda de gitanos-, y por vía de justicia mayor, les dio su casa por cárcel, y las metió donde hasta hoy no han parecido. No dudo sino que por no escandalizar la asnería, les dio garrote secreto.

{Giustina ruba un'asina e come.} Presi ed accarezzai la mia asinella e se ben non era mia, parvemi ch'ella fusse mia, dimandai a Leonardiglio suo guardiano, perché così mal conto ne avesse tenuto; ma egli con una faccia tutta ridente mi rispose a guisa di oche e papare, volendomi dire ch'ella se n'era fuggita, ma che era anche ritornata.

Busqué mi burra; pregunté por ella a su guardián.

Mas él, con una cara de risa, respondió:

-Los gansos avoloron y la burra huse.

Io cominciai a ridermi, perché il vigliaco picaro cercava di stare sulle burle (che talvolta calza bene una ridicolosa risposta, quando è bene appoggiata al significante di che si tratta) onde io veggendo un tal suo simplicissimo riso alzando et abbassando il capo per stracchezza dissemi:

Yo comencé a reírme, porque entendí que el pícaro quería regodearse, que también calzaba buen humor.

Él, viendo que me reía, alzando y bajando su cabeza, me dijo:

- Ridete, che la vi va ben fatta, che il diavolo la rubò ed il diavolo l'ha ritornata.

Io vidi allora una cosa che giammai ho veduta, che la mia asina fece germoglio, da me non veduto e credendo d'averla affatto perduta mi posi in cercar di essa con gran diligenza e già io la teneva per perduta e smarrita e incarcerata.

-Ríete, ríete, que ofreco al diablo la burra si parece.

Ya que vi que la burla iba talluda, comencé a buscar la burra con más diligencia, y aun ya andaba perdida por la perdida.

{Giustina tiene alquanto della regina.} Posso vantarmi almeno e con verità dire ch'io tengo alcun sembiante di regina, pure per aver trovato la giumenta perduta, essendo io d'inclinazione tutta umile, di professione picara e desiderosa dell'altrui amore, mi determinai di non più pensare all'aspettativa ed a quelle cose che convengono e si richiedono alla grandezza d'una regina.

A lo menos, podré decir que tengo algo de reina, que es haber buscado asnos perdidos, mas como soy de inclinación humilde, de profesión pícara, de cuidado ajena, y como ni viven Saúles ni Samueles, determiné carecer de la expectativa y actión que podía tener por este camino a ser reina.

E perciò avendo io così legiadramente e con ingegno non comune ritrovata la mia asinella, ancorché non fosse la mia: al solo vedermi dichiarossi e consegnossi per suddita mia, siccome or ora più chiaramente con un nunzio mio particolare, dichiarerò la traccia, la quale fu la seguente:

 

 

Giustina racconta l'acquisto fatto d'una bella asinella e narra due istorie piacevoli e sentenziose, con molti detti e fatti singolari.

 

 

Qué cosi cosi, hallé mi burra sin parecer mi burra. Explícome sin declararme, porque no me lleven ante el nuncio. Para hallar mi burra, di la traza siguiente:

Io avendomi visto a mancare la mia asinella, aveva pregato un'ostessa o bettoliera grassa, che abitava di rincontro alla chiesola, che per cortesia ella mi custodisse la bastina o sella a donne e tutti li altri addobbamenti della giumenta: poscia dubitando qualche termine picaresco all'usanza del mio paese, ebbi paura e non poca, che tutto ciò fusse applicato al fisco et che con iscusa, qualche uno de' truffatori che rubbata me l'avevano, pretendessero anco la sella e la briglia e tutto lo restante;

Yo, luego que desperté, había rogado a una mesonera o ventera gorda, que vivía frontero de la ermita, que me guardase el sillón y aderezo de la burra, porque como era de codicia, temí no me le aplicasen al fisco, y porque con achaque de ver mi burra ensillada y enfrenada, muchos se desenfrenarían a tratar de ensillar la sobre burra.

{Accortezza di Giustina.} ma io usando la mia solita accortezza di vera picara addimandai all'ostessa ch'ella mi restituisse ciò che dato gli aveva in custodia et mi convenne per un quarto d'ora pagar otto quatrini, come se eglino fossero state creature et avessero sudato lenzoli et letti e goduta la camera:

En fin, pedí mi aderezo, diómelo, con que de antemano pagase tres cuartillos de posada, como si el aderezo de mi burra hubiera tomado cama y sudádole las sábanas y almohadas. ¡Vaya con Dios!, venteras son, su oficio hacen, y yo el de discreta en callar aqueste punto, pues la emprenta de estas peticiones salió de el mesón que me parió.

{Osti e bettoglieri sempre pelano.} vadasi con Dio simil sorte di gente, sono bettoglieri et albergatrici, sanno il suo officio et io il mio con usare prudenza in non rispondere a tutto, ma sodisfare a quello che vogliono. Simili dimande sono dimande da osti, che sempre pelano, né mai vi lasciano il del loro pelo, si non vi lasciano la propria vita: et io come figlia d'in oste conosco et so molto bene tutto ciò.

{Leonardiglio fa ufficio di asino e come.} Apparecchiò il mio garzone tutti li addobbamenti della giumenta ponendosi il tutto addosso di sé medesimi et il freno et briglia in bocca, contentandosi et condannandosi volontariamente a servirmi di giumenta, per esser stato egli cagione della perdita della mia bella asinella: per non aver usato la diligenza che doveva et per essersi dimostrato pigro e da poco in un tanto affare.

Ad una tanta umiltà ed una tanta mansuetudine e rendimento di grazie e con un ossequioso chieder perdono della transgressione sua.

Sacó mi mochillero el aderezo de la burra, poniéndose el freno en la boca, condenándose a servirme de asno por haber sido él causa de la perdición de mi burra por hilar tan flojo su cuidado.

{Saggia modestia ed umanità di Giustina verso il suo picariglio.} Io non feci come altri fanno, che come le cose non vanno a gusto loro, giocano di mano o di bastone; ma io con più dolcezza, con gli occhi io sferzai, saettai e quasi che non l'uscidesse, per il che egli abbe tanto timore che tremando di nuovo mi chiedeva perdono. {Servo umile come esser debba.} In questo mentre comparve una giumenta tutta simile alla mia, così negli occhi, come in ogni altra parte e per certificarmi s'ella era dessa dissi a Leonardiglio:

Muy poco atenta estaba yo a aquestas gracias por estarlo mucho en acotar con los ojos la burra que mejor me pareció y la que más se parecía a la mía.

Paré una con los ojos y, para mayor certificación, le eché las manos y dije al mozuelo:

- Non vedi tu che questa è la giumenta nostra? Non vedi tu come ella sta cheta? Non intendi tu il suo parlare? Ella chiede che tu li ponghi la sella e tutti li suoi addornamenti e sappi s'ella starà quieta, ella sarà nostra o che ella deve o doverà essere nostra; guarda per vita tua e mira bene, che ben pare ch'ella ci conosca; non temere, fa quello che far devi, perché è la nostra.

{L'accortezza molto vale negli affari del mondo.} Leonardiglio come ubbidiente e timorato di me, inchinò la testa ed il ginocchio e subito con gli occhi mirò la giumenta e dissemi:

-Mochacho ensilla aquí, que pues esta borrica está queda, o es nuestra o lo quiere ser. Mira, ¿tú no lo ves, que parece que nos conoce? No temas, haz lo parece

El mochacho era obediente y inclinado a estas levadas, mas era algo temeroso, como niño, por lo cual volvió los ojos atrás, y dijo:

- Oh là signora e padrona, guardate che per un'asinella non ci facciano mutar pensiero e che qualche uno non ci accompagni con una sferza sulle spalle.

Il garzone era fanciullo, conosceva, ma non conosceva il mio intento e a quel suo dire non li repplicai cosa alcuna; solo dissi:

- S'ella non sarà la nostra, ella non starà salda a porli la bastina addosso.

Ed egli ubbidiente, la insellò ed ella stette cheta come un'agnelletta.

-¡Hola, nuestrama, no sea que por un burro que tomamos, nos hagan subir en cada sendos!¿No hay nadie que replique? Pues yo te ensillo.

Veramente l'asinella si dimostrò pronta ed ubbidiente, che d'una tanta dimostrazione io li restai oltremodo obligata; ed in segno di tanta sua gentilezza e cortesia li promisi di farli un vestito a suo dosso tutto di nuovo.

{Anche negli asini vi è gentilezza.} La giumenta in udirne le cortesi parole mie ed in vedersi guernita ed addornata di così bello addobbo, in un istante ella divenne larga et lunga e grassa un palmo e mezo per ogni verso, godendo d'esser in mio potere et di vedersi così regalata, che perciò ne rimase molto contenta, come io pagata della sua pronta volontà.

Por cierto, la burra estuvo tan sujeta y obediente que a mí me echó en obligación, y a sí uno de los mejores sillones que jamás burra vistió. Paréceme que la burra engordó un palmo en ancho y largo de verse en mi poder y tan galana, con que quedó contenta, tanto como yo pagada de la burra.

{Virtù e qualità, ch'è nell'asino.} Molte buone et utili proprietadi ho udito dire degli asinelli et specialmente per bocca di alquanti filosofi, veramente asinacci da soma: l'una è che se alcuno che sia morso dal scorpione, sentasi sopra un asinello o asinella, imediatamente trappassa il dolore che li cagionava la morsicatura. Questo confermo io, che subito che io la cavalcai, mi levò il dolore della giumenta perduta e mi rese sana e felice col suo portante andare.

Muchas buenas propiedades he oído de los jumentos de boca de algunos philósofos burreros. La una es que, si alguno mordido del escorpión se sienta sobre una burra, traspasa en ella el dolor que le causó la mordedura. A lo menos el de mi pérdida, como por la mano me le quitó esta mi burra.

Di questa mia asinella non è il mio intento da fare un libro particolare delle sue asinerie, perché se ciò volessi fare, mi converrebbe descrivere i costumi asineschi e picarissimi di tanti e tanti miei compatriotti, che in tutta eccellenza sono asinissimi ed astutissimi picari;

No es mi intento hacer cathecismo sobre las propriedades asnales,

{L'astuzie asinesche sono iscoperte e quali.} ma non voglio entrare in questa danza, sapendo che le loro asinesche astuzie e qualitadi sono iscoperte e palesi sino a pecorari, che vivono nelle montagne, nonché a' gentiluomini delle città di Spagna, ma di tutto il mondo ancora, perché le genti non credono più che ci sia asini d'oro,

No es mi intento hacer cathecismo sobre las propriedades asnales,

come lo narra Apuleio, il quale sendo stracco di più favellarne, ancorché fusse d'oro, lo lasciò nel fango e chi lo troverà lo netti e furbiscalo ben bene, che giamai sarà povero; {Detti notabili.} ma bisogna furbi, furbi, furbirlo ben bene tutto, altrimente invece d'oro troverassi se non polvere e terra, conforme quel comun detto, che palabras en pluma e tierra, el viento las lleva.

como el otro que se cansó de tratar del asno que llamó de oro y le dejó en el lodo, mas tampoco quiero dejar de decir que la propiedad que en las burras me contenta más a mí es que, como unas se parecen a otras en el color y talle, cualquier trueco, bueno o malo, pasa por ellas y ellas por él, y cualquier burla de trasposición, si se hace con ligereza, tiene efecto.

{Asini sono tutti d'un colore.} Tra tutte le sue nobilissime proprietadi, una ne ha anche ch'è singolarissima e che a me molto piace ed emmi stata di non poca consolazione ed è che tutti sono d'un colore e d'un istesso garbe; e qualsivoglia baratto, che di loro si faccia o buono o cattivo che sia, tutto è buono, perché essi non si dolgono mai della lor sorte, né mai bramano l'altrui; e se vien tolto imprestito per non mai restituirlo al suo padrone, purché si sappia fare con gentil leggiadria, egli tace e non dice mai nulla e se ne contenta.

Altri diranno altre sue proprietadi, perché sin dalla nascita hanno succhiato e continuamente popato del lor latte e tanto gli gusta che ancorché uomini divenuti sieno, in essi talmente se gli è internato l'umore radicale asinino, che asinoni ed asinacci compiuti si son fatti: {Asini mangiano in ogni luogo e molto più l'altrui.} e siccome gli asini d'ogni cosa sua o non sua si nutriscono, così questi asinoni si sono ingrassati, ingrossati e talmente inasiniti, che col lor musone asinino et con le orecchiute orecchiazze d'asino attendono a rodere sino sul vivo le rendite maggiori, lasciando abbaiare e gracchiare chi vuole e purché rodino, d'altro non si curano, iuxta illud, a far i fatti suoi non s'isporca le mani;

Otros sabrán otras mejores propiedades de burras, que, como las maman en la leche, no se les caen de los labios; mas a mi gusto y parecer, la mejor que yo hallo en ellas es la dicha.

{Detti singolari.} ed un altro disse, farò quel che potrò ed un poco manco, per potervi durare; ma è anco vero e molto isperimentato, che chi fa quel che non deve, gl'interviene quel che non crede; ma uno di questi signori hidalghi mi risponde e dice, chi non fa quando può, non lo può fare poi quando vuole: insomma signor hermano mio, tutte le azioni di volpe e d'asino, chiunque le fa, le sa et questo perché ogni cosa gli è creduto e non guardano in faccia a niuno, purché l'acqua stia sul lor prato, non si curano di quei d'altri.

Altri hidalghi sapranno molte altre megliori proprietadi dell'asino, come quelli che del latte d'asina si sono nutriti, che però ogni azione e operazione loro è naturalmente d'asino; {Proverbi.} et dalle bocche loro non escono se non detti asinini et altre cose non basse mandano fuori dall'asinesco lor cervellaccio. Udite voi signor arciasinaccio don Rocigue ciò che cantò il licenziado degli asini, perché sono dirizzati a voi, come a dottore dell'una e l'altra asinina scienza.

Attendete senza guattarmi izquierdamente e non vi adirate; e sono in castigliano, accioché meglio gl'intendiate.

 

 

 

Sonetti in Stile Asinino, gravi e sentenziosi, del principe dell'Academia di Mansiglia(18).

 

 

 

Un gato muerto vino a preguntarme

si el gran hurgamandero estaba aun vivo;

andávase un mosquito(19) muy altivo,

y en un ojo de un sappo entró una haba.

Un arador a un ganso acuchillaba,

y el de miedo voló sobre un olivo;

estaba un gusarapo pensativo

que un asno al son de pífaros bailaba.

Una mosca habló con una ardilla

de un plato puesto sobre un gran tropheo,

y dio un gran trompezón en una silla.

Ésta no es cosa doble ni sencilla,

y no es por voluntad ni por desseo:

qué cosa sea ¿sabréis pelón decilla?

 

 

Un gato muerto vino a preguntarme

si el gran hurgamandero estaba aun vivo;

andávase un mosquito muy altivo,

y en un ojo de un sappo entró una haba.

Un arador a un ganso acuchillaba,

y el de miedo voló sobre un olivo;

estaba un gusarapo pensativo

que un asno al son de pífaros bailaba.

Una mosca habló con una ardilla

de un plato puesto sobre un gran tropheo,

y dio un gran trompezón en una silla.

Ésta no es cosa doble ni sencilla,

y no es por voluntad ni por desseo:

qué cosa sea ¿sabréis pelón decilla?

 

 

Un perro, una sartén y una caldera

hicieron liga contra el gran troyano;

salió de una pestaña un gran gusano,

puesto por gran tropheo sobre una higuera.

Un lobo iba gritando: - Ea muera muera

la abispa, y le cortó a un gato la mano;

bailaron tres mil chinches por un llano,

y cantó una gran zorra gallinera.

Estaba un perro a un atambor tocando,

y disparó una pulga a una bombarda,

bailaron a este son las telarañas.

Fue un gato muy letrado disputando,

y en la bocca se puso de una harda.

¿Qué os parece tontón destas hazañas?

 

 

Un perro, una sartén y una caldera

hicieron liga contra el gran troyano;

salió de una pestaña un gran gusano,

puesto por gran tropheo sobre una higuera.

Un lobo iba gritando: - Ea muera muera

la abispa, y le cortó a un gato la mano;

bailaron tres mil chinches por un llano,

y cantó una gran zorra gallinera.

Estaba un perro a un atambor tocando,

y disparó una pulga a una bombarda,

bailaron a este son las telarañas.

Fue un gato muy letrado disputando,

y en la bocca se puso de una harda.

¿Qué os parece tontón destas hazañas?

 

 

Un pan voló, y hiriome en el gaznate,

y deshízome toda la culata;

de oro uno asno se vio herrada una pata,

y un arador dio a un elephante mate.

Diosse el mulei maluco por rescate

de una pulga, dos chinches y una gata,

y revesó cuarenta hojas de lata,

y dijo a un mamelluco: - Haz que le mate.

Mucho espantó a la luna una hormiga,

que machucó un garbanzo muy tostado;

volaron cien mil bueyes por el aire.

Se emplumó, y al diablo dio una higa

un asno que hablaba con un prado.

¿Mirad locón que gracia y que donaire?

 

 

Un pan voló, y hiriome en el gaznate,

y deshízome toda la culata;

de oro uno asno se vio herrada una pata,

y un arador dio a un elephante mate.

Diosse el mulei maluco por rescate

de una pulga, dos chinches y una gata,

y revesó cuarenta hojas de lata,

y dijo a un mamelluco: - Haz que le mate.

Mucho espantó a la luna una hormiga,

que machucó un garbanzo muy tostado;

volaron cien mil bueyes por el aire.

Se emplumó, y al diablo dio una higa

un asno que hablaba con un prado.

¿Mirad locón que gracia y que donaire?

 

 

Un diente y una muela iban bailando

por alto mar a son de unas trompetas,

y juntáronse trece tijeretas,

y un asno una bandera iba arrastrando.

Y dio una cuchillada el conde Orlando

a un trueno que sonó por las isletas,

y aparecieron luego unas cometas,

y el sol con ellas fue castañeando.

Dio un bofetón un piojo a una rana,

y el asno rebuznó con melodía,

y apaleó una breva a una manzana.

Cayó con él más que la nieve fría

una gran bestia metropolitana.

¿Habrá quien deste caso no se ría?

 

 

 

 

Un diente y una muela iban bailando

por alto mar a son de unas trompetas,

y juntáronse trece tijeretas,

y un asno una bandera iba arrastrando.

Y dio una cuchillada el conde Orlando

a un trueno que sonó por las isletas,

y aparecieron luego unas cometas,

y el sol con ellas fue castañeando.

Dio un bofetón un piojo a una rana,

y el asno rebuznó con melodía,

y apaleó una breva a una manzana.

Cayó con él más que la nieve fria

una gran bestia metropolitana.

¿Habrá quien deste caso no se ría?

 

 

Un asno estaba en cáthedra cantando

versos de Homero a decisiete bueyes,

y una pulga amostraba a un sappo leyes,

y un grillo unas folías iba bailando.

Diole un trueno en este tiempo, cuando

comparecieron luego allí diez reyes,

y más de cien pastores con sus greyes,

que iban con gran placer moscas pescando.

Un fiero basilisco habló a una rana,

y en viendo un sappo dijo: - Hétele, hete

un abejón, y hechosse dentro a un charco.

Habló un buey, y dijo Mu, y una gitana

a un gran asno hizo un chufete calvete(20).

¿Esto o neción creéis ser cosa vana?

 

 

Un asno estaba en cáthedra cantando

versos de Homero a decisiete bueyes,

y una pulga amostraba a un sappo leyes,

y un grillo unas folías iba bailando.

Diole un trueno en este tiempo, cuando

comparecieron luego allí diez reyes,

y más de cien pastores con sus greyes,

que iban con gran placer moscas pescando.

Un fiero basilisco habló a una rana,

y en viendo un sappo dijo: - Hétele, hete

un abejón, y hechosse dentro a un charco.

Habló un buey, y dijo Mu, y una gitana

a un gran asno hizo un chufete calvete.

¿Esto o neción creéis ser cosa vana?

 

 

Un virote emplumado(21) disputaba

con el gran Traquitantos trompetero,

y en un rábano abrióse un agujero,

de donde un ponzoñoso aire exhalaba.

Con gran authoridad un asno hablaba,

y enojado saltó allí un majadero,

y entrole mal su grado en el garguero,

de lo cual se espantó mucho una haba.

- O tute, tate, tite, tibi, tantos

asnos hay, dijo un tañedor de lyra,

a quien colgaba una sartén del ojo.

Allí dos gansos con sonoros cantos

a Orlando hicieron piezas con gran yra.

¿Éste no fue o bestión un gran enojo?

 

 

Un virote emplumado disputaba

con el gran Traquitantos trompetero,

y en un rábano abrióse un agujero,

de donde un ponzoñoso aire exhalaba.

Con gran authoridad un asno hablaba,

y enojado saltó allí un majadero,

y entrole mal su grado en el garguero,

de lo cual se espantó mucho una haba.

- O tute, tate, tite, tibi, tantos

asnos hay, dijo un tañedor de lyra,

a quien colgaba una sartén del ojo.

Allí dos gansos con sonoros cantos

a Orlando hicieron piezas con gran yra.

¿Éste no fue o bestión un gran enojo?

 

 

Una liendre a un camello dio un assalto,

y caminó trecientas mil jornadas,

y en el golfo se vieron las eladas(22),

y una pulga la mar pasó de un salto.

De lo cual se quejó un gran grifalto(23),

y a una hormiga dio mil cuchilladas,

porque otro le comió sus sobreassadas,

y un sappo se emplumó, y voló muy alto.

Revesó luego el cielo mil cebollas

contó el arrope una patraña vieja;

comióse un macho diciseis(24) pescados.

Bailaron de gran gozo unas veinte ollas,

hizo dos castañetas una ceja.

Asno ¿ved que congojas y cuidados?

 

 

Una liendre a un camello dio un assalto,

y caminó trecientas mil jornadas,

y en el golfo se vieron las eladas,

y una pulga la mar passó de un salto.

De lo cual se quejó un gran girifalto,

y a una hormiga dio mil cuchilladas,

porque otro le comió sus sobreassadas,

y un sappo se emplumó, y voló muy alto.

Revesó luego el cielo mil cebollas

contó el arrope una patraña vieja;

comióse un macho deciseis pescados.

Bailaron de gran gozo unas veinte ollas,

hizo dos castañetas una ceja.

Asno ¿ved que congojas y cuidados?

 

Dijo "Zape de ahí"(25) a una serpiente

un gato puesto sobre una ballena.

Llorando estaba un grillo con gran pena

por cuanto le dolía muy mucho un diente.

Vino volando desde el ocidente

un monte atado de una gran cadena.

La mar pidió una estrella por estrena,

y un arador a zéphiro desmiente.

Tragose un piojuelo un muy gran cardo,

y bailó allí el señor Saltagilete;

calzóse unas botazas un conejo.

Un ancho balandrán de paño pardo

airado dio de palos a un mosquete.

¿Qué decis desto vos o asnazo viejo?

 

 

Dijo "Zape de ahí" a una serpiente

un gato puesto sobre una ballena.

Llorando estaba un grillo con gran pena

por cuanto le dolía muy mucho un diente.

Vino volando desde el ocidente

un monte atado de una gran cadena.

La mar pidió una estrella por estrena,

y un arador a zéphiro desmiente.

Tragose un piojuelo un muy gran cardo,

y bailó allí el señor Saltagilete;

calzóse unas botazas un conejo.

Un ancho balandrán de paño pardo

airado dio de palos a un mosquete.

¿Qué decis desto vos o asnazo viejo?

 

 

Un gallo disputó publicamente,

y sustentó quinientas conclusiones,

y una era entre ellas de que los carbones

hechos ascuas son fríos naturalmente.

Un lobo sobrevino, y dijo: - Miente,

que agora el tiempo no es de los melones.

Corrieron a esta voz diez abeiones(26)

con un alférez y un lugartiniente.

Hablaron a los grillos y a las ranas,

puestos en arma unos seis mil mosquitos,

badajearon trentaséis(27) campanas.

Se acuchillaron veinte corderitos

con mil, y ciento, y ventitrés(28) manzanas:

Asno ¿queréis seis huevos de cabritos?

 

 

Un gallo disputó publicamente,

y sustentó quinientas conclusiones,

y una era entre ellas de que los carbones

hechos ascuas son frios naturalmente.

Un lobo sobrevino, y dijo: - Miente,

que agora el tiempo no es de los melones.

Corrieron a esta voz diez abejones

con un alférez y un lugartiniente.

Hablaron a los grillos y a las ranas,

puestos en arma unos seis mil mosquitos,

badajearon trentaséis campanas.

Se acuchillaron veinte corderitos

con mil, y ciento, y ventitrés manzanas:

Asno ¿queréis seis huevos de cabritos?

 

 

Una rueca habló con gran enojo

a un ladrillo que no la saludaba,

de lo cual una berza se alteraba,

y dismintió(29) por tal causa a un piojo.

Saltó un camello por mitad del ojo

de una aguja, la cual durmiendo estaba,

y mientras que las barbas se peinaba,

el dedo se punchó con un abrojo.

Un tizón por la casa iba bailando,

y dio una cuchillada a un mondadiente,

de lo cual lloró mucho allí una perra.

Salió luego un ratón ajos mascando(30),

y un alfiler dio un salto hasta el oriente.

Decidme asno: - ¿No fue ganar gran tierra?

 

 

Una rueca habló con gran enojo

a un ladrillo que no la saludaba,

de lo cual una berza se alteraba,

y dismintió por tal causa a un piojo.

Saltó un camello por mitad del ojo

de una aguja, la cual durmiendo estaba,

y mientras que las barbas se peinaba,

el dedo se punchó con un abrojo.

Un tizón por la casa iba bailando,

y dio una cuchillada a un mondadiente,

de lo cual lloró mucho allí una perra.

Salió luego un ratón ajos mascando,

y un alfiler dio un salto hasta el oriente.

Decidme asno: - ¿No fue ganar gran tierra?

 

 

Siete pulgas estaban disputando

si el sol y luna eran pedazos de oro,

con un ladrillo un grillo mató un toro,

y por esso una liendre iba bailando.

Un trueno y un relámpago salteando

en la nariz pusiéronse de un moro,

el cual estaba con amargo lloro,

porque un perrillo le iba apaleando.

Un monte dijo a un cuervo que volaba,

que le trujese un poco de morcilla,

porque col mal de estómego se hallava(31).

Entróle por el ojo una gatilla,

de lo cual una estrella se quejava.

¿Esto pensáis ser vos mi necio hablilla?

 

 

 

 

Siete pulgas estaban disputando

si el sol y luna eran pedazos de oro,

con un ladrillo un grillo mató un toro,

y por esso una liendre iba bailando.

Un trueno y un relámpago salteando

en la nariz pusiéronse de un moro,

el cual estaba con amargo lloro,

porque un perrillo le iba apaleando.

Un monte dijo a un cuervo que volaba,

que le trujese un poco de morcilla,

porque con mal de estómago se hallava.

Entróle por el ojo una gatilla,

de lo cual una estrella se quejava.

¿Esto pensáis ser vos mi necio hablilla?

 

 

Un asno solo se comió a un judío,

y un piojo sorbió toda la mar,

y por oír a otro asno rebuznar

muy veloz hacia atrás se volvió un río.

Passeose una hurraca con gran brío,

y diez perros viniéronla a encontrar,

y cantó una canción un palomar;

dijo un conejo: - Todo el mundo es mío.

Lloró por esto un disforme gusano,

y quedó con pesar un cuerodante(32),

mas sopló por detrás hediondo viento.

Se abrió un huevo, y salió dél un gigante;

un monte topetose con un llano.

Asno, besadme en el trasero asiento.

 

 

Dell'asina ritrovata.

 

Sonetto Asinesco

 

Un asno solo se comió a un judío,

y un piojo sorbió toda la mar,

y por oír a otro asno rebuznar

muy veloz hacia atrás se volvió un río.

Passeose una hurraca con gran brío,

y diez perros viniéronla a encontrar,

y cantó una canción un palomar;

dijo un conejo: - Todo el mundo es mío.

Lloró por esto un disforme gusano,

y quedó con pesar un cuerodante,

mas sopló por detrás hediondo viento.

Se abrió un huevo, y salió dél un gigante;

un monte topetose con un llano.

Asno, besadme en el trasero asiento.

 

 

Una vez me hallé en cierta cuestión,

que mordiéndose hicieron dos perrillos,

y con una alabarda vine a herillos,

y diles por bien cerca al corazón.

Otra vez tuve insólita passión

con un gato, que ciertos menudillos

me comió, y arrojele unos morillos,

temiome y luego huyose el bravatón.

También huyeron trentayséis(33) gallinas,

con cien pollicos y un disforme gallo,

de ver mi gran furor tan de improviso.

O cuánto les valió ser adevinas,

en que de valentía yo igual no hallo,

y el no esperarme fueles buen aviso.

 

 

Giustina continua il ragionamento della sua perduta asina e narra molte piacevolezze; e dice che fidar non si deve de' guerci granatini; e finalmente ritrova la non sua asinella.

Una vez me hallé en cierta cuestión,

que mordiéndose hicieron dos perrillos,

y con una alabarda vine a herillos,

y diles por bien cerca al corazón.

Otra vez tuve insólita passión

con un gato, que ciertos menudillos

me comió, y arrojele unos morillos,

temiome, y luego huyose el bravatón.

También huyeron trentayséis gallinas,

con cien pollicos y un disforme gallo,

de ver mi gran furor tan de improviso.

O cuánto les valió ser adevinas,

en que de valentía yo igual no hallo,

y el no esperarme fueles buen aviso.

 

 

 

{Giustina ritorna a favellare della sua asina.} Mira gentilissimo lettore ove me ha condotto la mia gentil asina, che per lodarla con tutti gli arciasinissimi picari della sua asinesca mandra, tanto mi sono tratenuta con loro, che quasi, quasi di te me ero scordato. Ritorno al mio posto per servirti e per finire il mio pensiero intorno all'asina, che se la pigliai con le mani, lo feci perché assimigliava alla mia e per vantaggiarmi; che il simile veggo fare di cose molto maggiori, a persone anche molto più maggiori di me(34).

{Ciascuno è conosciuto.} Ad un cavallo non manca segni e contrasegni per riconoscerlo, ad una mula poco meno, ad un uomo giamai mancano segnali: e tanto più quando sia ladro e guercio et vizioso, di molti vizi, ma gli asini sono l'un l'altro tanto somiglianti, che paiono usciti tutti d'una stampa; et per farli disimili, si ponno raderli o tosarli in alcuna parte o isporcarli con fango, ma l'acqua lava e netta simile lordura, come avvenne in Toledo. Odimi.

A un caballo nunca le falta un remiendo en el pellejo, a una mula, unos pelos en la bragadura; a un rocín, una estrella; mas las burras todas parecen que salen por un molde, y cuando sea alguna la diferencia, que con lodo seco, que con trasquilarlas, se desconocen más que Urganda la desconocida, sin que haya Vargas que lo averigüe ni Ronquillo que lo sentencie, y así verán que el gitano, por la mayor parte, trata de burras, por ser hurto enaveriguable.

{Istoria piacevole d'un asino rubato.} Un zingano rubò un asino ad un cavaliero, il quale per esser oltre a modo bello e gran caminatore, grandemente l'amava ma il zingano, ch'era vieppiù accorto, lo intinse tutto e mutò colore e per un picaro suo amico, grandissimo hidalgo di Mansiglia e descendente della città di Ossuna, lo mandò ad una fiera, che si faceva sei leghe indi discosto, alla quale vi andò anche il cavagliero; e caminando per quel gran mercato gli venne veduto(35) il suo asino, che di berettino era divenuto tutto nero e disse:

- Per vita mia, se questo muletto fusse beretino, direi certo ch'egli fusse il mio asino.

Onde per le sue somiglianti, anzi sue vere qualitadi, talmente s'innamorò di lui, che lo comperò e pagollo doicento e cinquanta reali e con esso, di ritorno cavalcando in compagnia di molti altri, si mutò il tempo e diedesi a piovere assai bene:

ma quando furono meza lega discosto da casa, caddè dal cielo una così densa e continua pioggia, che ben bene bagnò il cavaliero; e molto meglio bagnò e lavò il muletto e di tal maniera, che il mulo divenne asino: e per meglio certificarsi giunto ch'egli fu in casa sua lo fece lavar tutto con acqua tiepida e finito il bagno, iscoperse lo inganno e di tanta sceleranza non si poteva dar pace. La signora sua moglie gli disse:

- Signor cavaliero conoscereste voi per aventura colui che ve l'ha venduto?

- Sì signora, che lo conoscerei.

- Ed a che lo riconoscereste?, gli soggiunse la moglie.

- Perché era cieco da un occhio e parlava granatino.

- Oh può far il mondo, cattivi segnali sono questi signor consorte mio.

- Come cattivi?, disse egli.

- Sono, soggiunse ella, tanto cattivi e pessimi, che peggiori non ponno essere.

{Guercio granatino e picaro di 24 carati.} A guercio granatino, non gli fidar un lupino, dicessi per proverbio. In grazia mia, signore, mai più non bacicate con simile qualità di genti, che la farebbero al diavolo stesso; sono genti da fuggire, come fuggono gl'indiani i spagnuoli, li cui fatti sono scritti da Benzone Milanese, il quale narra di un signor principale indiano, che sendo stato spogliato di tutte le sue ricchezze, fu poi condannato a morte da un capitano spagnuolo;

{Istoria d'un indiano, che odiava i spagnuoli, perché e come.} ed essendo confortato da un padre francescano a ben morire ed a purificarsi con le acque del battesimo, che se ciò facesse, lo certificava ch'egli andarebbe a godere la gloria del Paradiso; e tanto fece e disse il buon religioso, che lo indiano promise di battezzarsi; ma quando si venne all'atto di ciò fare, disse lo indiano:

- Padre, ditemi il vero: in Paradiso ci sono de' spagnuoli?

- Sì signore che ce ne sono.

Et egli soggiungendo disse:

- Come ci sono de' spagnuoli, non mi voglio battezzare, né andar in Paradiso.

E di questa guisa si morì dannato. Certo che nelle Indie doveano mandare molti guerci granatini, poiché non solo gli toglievano l'oro, l'argento e quanto avevano, ma gli uccidevano ancora. {Non si dee fidar di guercio spagnuolo e loro qualitadi quali sieno.} Sicché signor consorte mio, non v'intricate più con questi nostri, perché sono peggiori che zingani, che mai vanno o praticano in alcun luogo, che o rubano o ingannano o disonorano;

e se bene osservarete, hanno un favellare tanto saporoso ed attrativo, che isforzano le persone a lasciarsi a viva forza ingannare e rubare ancora; gran maraviglia, che un guercio buono sia.

- Signora, replicò il marito, purtroppo dite il vero ed è così che di sirene tanto lusinghevoli e malvagie niuno fidar si dee; di costoro il non fidarsi è bene, ma il tenerseli lontani è molto meglio;

{Sentenze contro i guerci granatini.} ed un italiano soleva dire: di putane, di guerci, né di can, non ti fidare, se non hai il bastone in man; sono questi di tal taglio, che delle lor promesse non si può l'uomo fidare, perché se gli fidi l'onore, lo macchiano, se la vita, ti assassinano, se la robba, te la consumano: sono come il tizzone di fuoco o che abbrucia o che intinge o che scota.

Onde per ritornare a me, sappiasi e chiaramente si pratica, che in Spagna la maggior parte de' furti e degl'inganni che fanno i zingani ed i guerci granantini, sono della specie asinina, perché il lor furto non si può verificare: {Asina trovata da Giustina.} così ancora a me povera Giustina fu rubata la mia asina ed io trovai questa, alla quale dissi s'ella era mia: si fermò e si tacque e chi tace conferma; sicch'ella fu mia e come mia, presso di me venne e si rimase;

{Detti.} né giamai ci fu gatta che più di me miegolasse, che meglio di loro seppi dir mia, mia, mia. Voglioti confessar una mia ignoranza crassa, che fui da buone persone consegliata a farne restituzione; ma io come licenziata dello Studio picaresco, mi parve che io poteva componermi con me medesima, in ragione di applicazione asinesca e tanto più essendo persona graduata e come tale non mi conveniva andar a piedi, che perciò gattescamente dissi:

- Mia, mia, mia!

En fin, yo le dije mío y por mío quedó; nunca fui mejor gata, ni jamás mejor mié. Quiérote confesar una ignorancia crasa que entonces tuve, y fue que como yo oí decir a vulto a algunos teólogos de bodega no sé qué casos de las cosas mostrencas y de que la necesidad gradúa a las gentes de licenciadas, me pareció que -siendo la mía extrema y siendo yo de la Santa Trinidad, pues soy su criatura y profeso su fe y alabo su nombre, y en especial, que entonces traía un hábito de la Trinidad que compré a un padre sin licencia de mí madre- me podía componer conmigo misma en razón del aplicamiento burriqueño.

{A pochi piace il restituire.} Verità è, che dopo mi è stato comandato che io ne faccia la restituzione: ma non devono sapere che ci sono altri modi, che mai trovano la via di restituire, se non forzatamente; tuttavia non mi scordo di farla e nel punto della mia morte, se averò libera la lingua e l'intelletto,

Verdad es que después acá me han mandado hacer restitución dello, y no lo tengo olvidado, que si muero con mi lengua y mi juicio, que, bendito sea Dios, hay tanta falta dello como sobra della,

nel mio testamento ordinerò di tal maniera, che io certo non voglio peso e carica tale sopra di me, che troppo mi graverebbe e tanto più avendo a far un camino così lungo. Io non sono sola, che abbia un tal pensiero, io lo so, tu lo sai e quello lo sa; chi rimarrà ingannato sarà suo danno.

 

en mi testamento he de mandar al escribano que me lo diga de misas por no ir cargada de una borrica desta vida a la otra, que pesa mucho y el camino es largo.

Moralità

 

Chi non si misura, vien misurato, perché chiunque opera male, altri fan loro adosso i conti e per sottile vengono misurati. Ogni malvagio opera sempre malvagiamente; il che si vede in Giustina, che narrando li suoi furti e le sue vigliaccherie, le pare di raccontare fatti eroici e che siano tutte virtudi eccellentissime; però il far bene, trova bene ed il bene ed il bello non fui mai troppo; e per l'opposito il male è male ed ogni male vuol giunta, né mai viene il male, che il malanno non gli sia vicino. Adunque appigliati all'operare virtuosamente sempre, che sempre ed in ogni luogo sarai onorato: ed abbiasi questo per massima speciale, che le virtù ed i vizi sono trombettieri che publicano le onorate e disonorateazioni di ciascuno; come dalle seguenti Dicerie molto bene vedrai.

 

 

D'alcuni studenti spagnuoli della Università di salamanca che involarono un porco al medico Zappata. Diceria graziosa e piacevole(36).

 

 

Aprovechamiento

 

El malvado, como por burla, obra la maldad. Ansí se ve en Justina, que celebra sus hurtos como si fueran virtudes heroicas y excelentes hazañas.

 

 

Nello Studio famosissimo di Salamanca già anni sono, tra li molti scolari che ivi erano, quattro ce ne furono di bello e vivacissimo ingegno dotati, che poscia riuscirono non solo eccellentissimi, ma famosissimi dottori universalmente in ogni scienza in tutto il cristianesimo; l'uno si chiamava il Cordovese, l'altro il Sivigliano, il terzo il Segoviese et il quarto il Toletano e questi dimoravano in una picciola casa accanto al palaggio del medico Zappata, che per il suo valore fu medico dell'imperatore Carlo V.

Clarissimo conte, gentilomini graziosi e vui altre bellissime e savie donne, le vostre Magnifìcenzie debbono sapere che nel Studio nostro di Siena furono poco tempo fa quatro nobili e piacevoli scolari, nominati l'uno miser Antonio da Cita de Castello, clerico canonista, l'altro miser Giovanni da Sancto Gimignano, iurista el terzo maestro Antonio di Paulo de Valdarno da Arezo, studente in l'arte el quarto e ultimo maestro Michele di Cosimo Arretino de li conti di Palazolo, artista, giovene in quel tempo molto piacevole cognominato el Bacica;

il quale, ancora che al presente sia doctore egregio nel Studio de Bologna e de più anni, gravità e virtù, nondimeno, non essendo degenerante de la sua nobile fantasia, non se dimentica, cum sua laude e cum gran benivolenzia de tutto el populo de quella citade, li dulcissimi effetti della sua gentil natura. Ma per brevità lassando al presente da canto la virtù sua, per si stessa come sapeti laudatissima, sequitaremo el piacevole effetto del nostro tema.

Epsi scolari, adunque, dimorando per stanzia in casa de miser Francesco da Urbino, alora rettore del Studio de li artisti de Siena, presso la qual casa stava uno medico tanto docto che a gloria sua, credendo superare Avicenna e Galieno era ignorantissimo, il cui nome fu maestro Nicolò da Massa, ma per altro dicto el Portantino perché andava portante,

Il signor Zappata essendo nel principio di febraro comperò un bello, grosso e grasso porco, il quale fatto ammazare e pelare, se lo fece portar a casa e lo fece attaccare ad un legno, per tenerlo quattro o cinque giorni a quel modo, prima che lo facesse salare, com'è il costume di Spagna;

costui essendo di febraro presso carnesale, comprò uno porco: il quale facto amazare, s'el fece portare a casa e apicarlo a uno legno per tenerlo quatro o cinque di avanti lo facesse salare, come se costuma da nui.

il qual animale essendo stato mirato e rimirato dagli graziosi studenti, s'imaginarono di fare al signor medico una burla, col prendere il bel porco e goderselo tra loro; ed avvertiscasi che il prendere non è rubare, ma un fare di quel d'altri suo proprio, per amplificare le proprie rendite, senza aver riguardo alcuno a chi si sia, né considerando che il pigliar quel del prossimo è contra il comandamento di Dio,

La qual cosa sapendo quisti scolari, deliberarono furarli el porco, avendo alora ozio perché se era lassato il Studio per rispecto de un scolaro, chiamato maestro Piero di Neri Martini, compagno del dicto maestro Michele di conti di Palazolo, morto de pestilenzia.

e dell'onor proprio et così d'ogni altra cosa avendo colui che piglia potere e forze vantaggiate per conservarsele, non è rubare, ma bensì un pigliar quel di altri e farlo suo particolare et soprastare agli altri e questo pigliare si fa sempre sotto palliato colore, perché a chi ha ingegno non gli manca invenzioni per rendere colorito il lor pigliare. Cotesto avvertimento odora di furto, è cugino germano del robare e del rapire; ed è azione che se il caso fusse in panno basso, subito saria posto in mille pezzi, ma se cade in panno alto e soprafino, ciascuno citisce, non si apre bocca, né si trova chi voglia attaccar la sonagliera al gattone.

Chi l'intende, non può o non vuole intendere: ch'è un dire chi s'abbruccia s'aiuti da se stesso, non avendo vicini, che lo aiuti e non potendo aiutarsi da sé, forza è lasciarsi cadere nel fuoco; e quel vicino che non si cura di porgere aiuto per estinguere il vicin fuoco, anch'egli caderà nella calamitosa angoscia, che cadde quell'altro.

Però chi non corre al fuoco e non s'infuoca ad estinguerlo, costoro patiranno soffuocati, maggior infortunio, perché così permetterà il cielo, per gastigo della loro perfida trascuratezza. Bisogna non dormire e ben bene aprire gli occhi e prevedere e provedere alla conservazione propria, altrimenti le avvenirà quello che avvenne al medico, il quale lasciò il porco senza la debita custodia: non bisogna negli affari suoi, starsi con le mani alla cintola.

Gli studenti, fatto consiglio tra loro, si determinarono di pigliar il signor porco e di salvarlo in tal maniera, che giamai fusse da chi si sia ritrovato. Pativa in quel tempo la città di Salamanca una non conosciuta infirmitade, che come pestelenziale nel conversare s'appiccicava l'un all'altro e molti di cotal male morivano e per tal cagione s'era tralasciato gli studi e le scuole.

E facta la deliberazione,

Finalmente una notte con accorta maniera s'introdussero nella casa del signor medico e con loro molto piacere e segreto modo pigliarono il grasso porco e nella loro casa lo portarono.

una nocte poi cum loro grandissimo piacere essendo introducti in casa del medico cum secreto modo, li furono el porco:

La vegnente mattina, essendosi levato per tempo per visitare gl'infermi, prima d'uscire di casa, come geloso di così bello animale, andò nella corte ove sotto un portico dimorava per lo innanzi, né lo veggendo, in un subito divenne mutolo e tutto pieno di stupore, disse:

- Son io o non sono? O che son cieco o che il porco m'è stato rubato; io so che a questo legno lo feci appendere e ora non ci lo veggo, se gli occhi non m'ingannano (e tutto ad un tempo si pose gli occhiali), eppure non m'ingannano, che nulla non ci veggo.

il che la matina, levandose a bona ora, il medico subitamente, come quello che n'era pur geloso, vide e cognobbe; donde divenendo tutto affannoso existimò che quisti scolari, per alcune altre zardarelle li aveano facte, glielo avessono furato.

Ed in un istante datosi in preda al furore se n'andò dal signor governatore e con lamentevole querimonia gli espose il grave caso ed esser tale che meritava un risentito gastigo, a fine che altri non si facessero lecito di commettere cose tanto illecite contra il precetto di Dio, che comanda non solo il non furare, ma neanche il desiderare la roba d'altri; e similmente contra le leggi: laonde con efficacia grande supplicò sua eccellenza a fare che gli fusse restituito il suo porco e gastigasse i malfattori. Il governatore ciò udito, disseggli:

Per la qual cosa subito andò a farne querela a miser Amadio da Cità de Castello, in quel tempo dignissimo pretore de Siena; il quale, inteso questo, mandò presto a comandare a quilli scolari circa tre volte li volessono restituire el porco, perché altramente li sarebbe necessario a procedere contra loro criminalmente. E loro negando non averlo avuto né sapere dove fusse, il podestà deliberò, per la continua noglia del medico, sapere la verità de la cosa e mandare a cercare la casa di scolari se li fusse: e, trovandolo, farli pigliare e menarli in presone.

- Sapete voi, signor Zappata, quali siano stati quelli che involato l'hanno?

- Sappia vostra eccellenza, che accanto al mio palaggio ci abitano alcuni studenti, i quali, com'è solito loro, sempre danneggiano i vicini loro o nell'onore o nella robba e questi sicuramente me l'averanno tolto e tanto più l'ho per cosa certa, perché gli giorni passati tra loro e me, passarono alcuni disgusti ch'eglino per vendicarsi l'averanno dalla mia alla loro casa trasportato; però la supplico restar servita di far fare loro comandamento che mi debbano restituire il mio porco; e quanto al gastigo faccia lei quello che più gli piace.

A cui rispondendogli il governatore, disse:

- Voi avete l'animo perturbato e mal affetto contro quei studenti, che gli tassate così sinistramente; da dovero vi comprendo contro di loro molto addirato, né posso isfoderare la spada della giustizia contra d'alcuno se prima con testimoni fedeli non è giustificata la querela, sicché a voi tocca provare quanto dite, altrimenti non posso ingerirmi in cosa alcuna. Ma ditemi sognor medico, non sete voi stato studente, come ora sono questi?

- Sì signore, rispose il Zappata.

- Dunque a' vostri giorni dovevate fare di molti miglior colpi di questo, però non vi rincresca il tolerare questa bagatella, sapendo per proverbio, chi la fa, l'aspetta.

A questo dire si riscaldò non poco il Zappata e gli rispose:

- Vostra eccellenza è ella stata a Studio?

- Sì sono stato; e per questo, che volete dire?

- Io voglio dire che a ciascuno piace il pane del compagno e che neanche voi averete mondato nespole; e se a me la giustizia mi fugge, a voi vi correrà dietro, perché ogni bene aspetta mercede et ogni male aspetta gastigo: io so d'avere sempre operato bene e chi ha operato ed opera male, merita il dovuto e corrispondente guiderdone. Io vi addimando giustizia del porco, che mi è stato tolto e me la dovete fare e non cercar de vita e moribus, che pochi sono quelli che abbiano la camicia netta e di quei pochi io ne sono uno.

- Vantatovi signore Zappata (soggiunse il governatore) e non sapete che non è vantatore, che parli senza errore; e per rendervi pago, vi dico, affé, che noi siamo mariuoli, quanti che sete e vi so dire che l'avete attaccata bene, ad attaccarla con studenti; e molto meglio co' padri loro. Ma per farvi vedere che io professo giustizia, fattegli far comandamento che nel termine di due ore vi abbiano a restituire il vostro porco: e se non ubbidiranno, tornate da me.

Il medico mandò un birro a fare il comandamento a' studenti, i quali non ubbidirono. Ritornò il medico dal governatore, il quale gli concesse, che gli fusse replicato il secondo comandamento; e dopo anche il terzo con dirli che se non lo restituivano, che contra di loro averebbe proceduto criminalmente.

Avuto il terzo comandamento comparvero gli studenti, negando di averlo avuto, né saperne cosa alcuna. Ma il medico solecitando il governatore ed egli per la di lui molesta noia, deliberò per venire in cognizione della verità di mandare a cercarli la casa e trovandolo, che fussero menati prigioni;

e ciò avendo inteso gli studenti ebbero timore, dubitando che il loro piacere non si convertisse in dispiacere.

Onde il Segoviese, ridotto gli compagni a consiglio e veggendoli oltre a modo perturbati, come quello ch'era ingengoso, accorto, faceto ed abbondante di partiti in ogni azione, disse:

Questo pervenendo a le orechie de li scolari, non furono senza timore dubitando che 'l suo solazzo non se convertisse alfine in dispiacere. Onde meser Antonio da Cità de Castello clerico, chiamato fra loro compagni “il prete”, come uomo facetissimo, ingenioso e molto activo a ogni impresa, vedendo li compagni alquanto smariti perché non aveano obedito il podestà, dixe:

- Non abbiate paura, fratelli mei, né temete un nonnulla, perché se a modo mio farete, con gran vostro piacere ci diffenderemo; e la maniera ch'abbiamo a tenere, è questa. Acconciamo nella camera che riferisce in sala, una tavola e questa apparecchiamo con tovaglia bianchissima e di sopravia concertatamente vi porremo ampolle, ampollette, bicchieri, inghistarre, ogli, impiastri, fiori ed odori, come si costumano nelle camere degl'infermi, per le opportune medicine et varie qualità di cose, attinenti ad un infermo, per recuperarli la sua salute.

- Non abiate paura, compagni mei, perché, se fareti come ve dirò, cum nostro grande piacere ce difenderemo. El quale è questo: aconciamo in la camera che riesce in sala una tavola e quella aparechiamo cum ampollette e bussoli, a modo se costuma in le camere de l'infermi per le opportune medecine a la loro salute; e se alcuno venisse in sala per entrare in camera a cercarla, vui stareti in sala mostrandovi dolorati e afflicti; e se adimandati fusti de la cagione della vostra tristezza, diceti che l'è uno di vostri malato di pestilenzia.

Et se la corte della giustizia od altri chi si sia venisse per cercare il porco e giungendo in sala, volessero entrare in camera, voialtri allora mostratevi afflitti, mesti, addolorati e quasi che colmi di lagrime, accompagnando tutti questi atti con singhiozzi veementi e con sospiri spiccati allora allora dal cuore; e se alcuno vi addimandasse della cagione di una cotanta tristezza, rispondeteli con ogni sorte di maniera mesta ed accorata e ditegli che collà nel letto si giace uno de' nostri compagni moribondo del male contagioso che è nella città e ch'egli è ispedito, che non può camparla; ma quel ch'è peggio, che dubitate d'essere infetti buona parte di voi di quel male.

Et a questo effetto noi porremmo il porco in letto, invece dell'infermo e nel resto lasciate poi la cura a me, che mi rendo certo che chiunque ci venirà, non ci vorrebbe esser venuto; che, come sapete, tutta questa città è in gran timore e spavento, per la morte di quel nostro scolare, che poco fa morì.

Gli studenti per lo udito consiglio del compagno, già tutti rinfrancati, ridendo, dissero:

E nui poneremo in camera nel lecto el porco in luoco de l'infermo. E lassate poi fare a me, ché me rendo certo che chi ce venirà non ce vorebbe essere venuto, perché sapete già tutta questa cita essere in gran timore e spavento per la morte de quel nostro scolaro che a quisti di moritte.

Li scolari per lo audito consiglio del compagno già tutti rinfrancati, ridendo disseno:

- Su pure, alle mani, esequimo il nostro saggio parere: e tanto più che non è cosa che ci vada la vita.

E detto e fatto, in un istante acconciarono la tavola, meglio che non s'ha detto e posero il porco in letto con un cappello in capo ed un facciolo da mano involto intorno il viso ed il collo e gli piedi dinanzi acconciarono fuori della coperta, posti in due maniche di camiscia, che parevano due braccia d'uomo attratte,

- Su pure a le mane: faciamolo! E magiormente che in questa cosa non ne va la vita.

E cum queste parole aconciata subito la tavola nel modo antedecto, poseno el porco a lecto cum una beretta in capo e uno panicello involto a quella e aconzarono li piedi denanti fuora della coperta, investiti in due maniche de camicia che pareano due brazze de uomo atratte.

et non così tosto ebbero accomodato ogni cosa, che quivi giunsero li capitani e birri del governatore, li quali col loro insolente ed ardito costume picchiarono alla porta e quella subito gli fu aperta, conforme il modo concertato e non così tosto entrarono in casa, che salirono le scale e giunsero in sala ove trovarono gli studenti:

E facto questo di poco ecco venire il cavalieri del podestà cum tutti li birri della corte. El quale pichiato l'usso e quello apertoli, come era ordinato entrò in casa; e salita la scala, giunse in sala: dove trovato li scolari

chi col faccioletto agli occhi, chi sedendo e dolendosi si stava con l'una mano sotto la guancia, chi gemeva e fortemente sospirava, chi diritto in piedi con le mani avviticchiate piangeva di doglia e tutti alternativamente gridando, dicevano:

chi cum la mano sotto la guanza, chi suspirando, chi dritto cum le mane avinchiate per doglia e chi gridando e dicendo:

- Ahi sfortunato compagno nostro, così sconsolati ci lasci? Così addolorati ne abbandoni? Ah morte, morte di questa maniera ci affliggi e ci tormenti?

Ed a gara l'un l'altro in varie maniere e detti si dimostravano oltre a modo travagliati e mesti. Maravigliandosi di ciò tutta quella sbirraglia, l'uno de' capitani gli disse:

- Signori, qual sinistro accidente v'ingombra il cuore, per il quale tanto vi affliggete? Per vostra gentilezza di ciò diteci la cagione?

A cui rispondendo lo studente Cordovese, dissegli:

- Oimè! fratello mio!, maravigliandose grandemente de ciò e temendo de qualche sinistro accidente, dimandò che avesseno.

A cui respondendo maestro Micaele:

- Ahimè, ahimè, che collà nella camera vi un mio fratello ammalato a morte del morbo contagioso e questo è il nostro dolore, ma di peggio dubitiamo di morir ancor noi; entrate, entrate nella camera, amici e con esso noi lagrimate lo infortunio nostro.

- Oimè! ch'el c'è uno mio fratello amalato de pestilenzia in quella camera!

Il che udendo il capitano s'inviò verso la stanza e vi pose dentro il capo per chiarirsi della verità ed ivi giunto vide lo infermo in letto nel modo narratovi ed accanto al letto vi era il Segoviese, che confortava l'ammalato a tollerare pazientemente quei dolori et lo esortava a ben morire et con parole e gesti tali, che incitava altrui a piangere.

Quando il capitano ciò vide et udì, tutto ispaventato se ne partì subito con tutta quella crudel canaglia, senza pur dire addio; et immediatamente se n'andò tutto affannato dal governatore, appena potendo parlare e gli disse:

Il che audendo el cavaliero, subito pose il capo dentro a l'uscio de la camera per chiarirsene; e vedendo a mano sinistra il prete miser Antonio cum uno libro in mano e una candela accesa, che signava il porco, spaventato, incontinenti dette volta indrieto e uscitte senza comiato de la casa. E tornato al podestà tutto affannato e a pena potendo parlare, disse:

- Deh signore ove m'avete voi mandato?

- Che cosa c'è?, rispose egli.

- Vostra signoria m'ha mandato in una casa nella quale ho trovato uno infermo, ridotto a' morte dal male contagioso, che ora è per la città e tutti quei studenti piangono et si ramaricano per la di lui vicina morte; e dubito di poca salute di tutti noialtri.

- O misere, dove me aveti vui mandato?

Come?, respose el podestà.

- Sì, dixe el cavaliero, vui me aveti mandato in luoco dove ho trovato uno che segna uno amalato de pestilenzia, fratello de uno de quilli scolari; li quali tutti piangono e se ramaricano.

Ciò udendo il governatore, gridando fortemente, disse:

- Via, via, andate con Dio, via partitevi amorbati che sete, né vi approssimate alle mie stanze per quanto cara vi è la vita.

E ritiratosi in camera andava pensando al rimedio di un tanto male. Il Segoviese avendo sentito la subita partenza de' capitani e birri tutti impauriti, si vestì e poscia se n'andò al governatore, lasciando i studenti a smisuratamente ridere, i quali avevano fatto molto meglio di quello gli era stato imposto.

Il podestà, sentendo cossi e già tutto spaventato divenuto, furiosamente cacio via el cavaliero e li birri e comandolli, per quanto tenevano cara la vita loro, non dovesseno venire dove lui fusse.

In questo mezo, il prete miser Antonio, avendo sentito il cavalieri fugire pieno di paura cum li birri, se vestitte, lassando li scolari smisuratamente ridere, perché aveano facto molto meglio non li era stato imposto e andò presto al podestà per contarli questa piacevolezza, acciò non facesse a loro damno qualche provisione per relazione de lo impaurito cavaliero.

Giunto a palazzo, ebbe audienza dal governatore, al quale ordinatamente narrò dal principio fin al fine come la cosa era passata, del che gran piacere ne ebbe il governatore e tanto più quando intese non vi esser male alcuno; ed allora, disse:

E trovato el podestà, il quale era già mosso per andare da la Signoria a narrarli el caso per farli providimento per salute de la cità, li dixe intieramente la cosa dal principio a la fine. Di che avendone sua Magnificenzia singular piacere e tanto più quanto intese non essere morbo, dixe queste parole:

- Oh studenti, voi sete gente che la fareste al diavolo; credo certo che non vi sia malizia alcuna, che voi non sappiate ed è grandissimamente sfortunato colui che capita nelle vostre mani.

Poscia persuase a restituire il porco, ma ciò non piacque a' studenti, i quali non pigliano cosa che sia per poi restituirla, dicendo eglino che il rendere il porco, farebbe un farsi tenere non dotti ed accorti ma bensì ignoranti e senza cervello in utroque iure, perché il pigliare e poi restituire è azione da poco saggio e di meno intelletto; onde eglino tenendosi prudenti ed avveduti non vollero fare de' restituzione, ma si composero con la giustizia e per l'assoluzione mandarono un bel pezzo di longia al governatore con parte dell'intragne,

- O scolari, gente del diavolo, credo non sia malizia che non sapiate: e sciagurato colui che in le vostre rete incapa!

Ed essendo già presso al palazo de li Signori, deliberò, pieno di festa, trovarli e acontare alle loro Signorie questa dolce facezia. Li quali audendola cum suo grandissimo piacere e riso, vòlseno che quisti scolari gliela contasseno e cussi feceno. Li quali doppo le molte risa confortando li scolari a restituire il porco e a loro non piacendo el verso, resposeno che le sue Signorie non li strengessono a la restituzione, cum ciò fusse sarebbe segno non cognoscessono li omini docti: ché se costui non fusse ignorante, senza estimare la virtù degli omini dabene, non averebbono per questa piacevole via ardito de giuntarlo. E li Signori, non parendoli sforzare per el loro recevuto piacere li scolari, de novo, come justi e degni rectori, recapitularono che per ogni modo il porco se restituisse: il che recusando li scolari cum loro piacevole rasone de non voler fare, alfine la cosa fu avuta in tanto solazzo che 'l porco non fu restituito.

ed il rimanente si godettero gli studenti con molto piacere e buon vino, a costo del medico Zappata, che ancorché saggio in altro, in questo fu poco accorto in lasciare il suo in arbitrio de' studenti, che non restituiscono mai, come molti altri fanno. Et chiunque non restituisce, stentatamente rende sodisfatto altrui in ogni affare e ne abbiano gli esempi; e questo solo vi basta ed è successo al suddetto signor medico Zappata, il quale,

Il quale in compagnia d'alcuni altri scolari cum buono sapore e vino dolce, a laude del medico Portantino, piacevolmente mangiarono.

 

 

come domestico servitore dell'imperatore Carlo V soleva sovente burlar seco: or essendo un giorno sua maestà in conversazione con molti gran signori, v'era anco il Zappata, col quale scherzava e motteggiava non poco et venne spesso co' suoi detti lo stuzzicava; ed una volta avendolo punto nella riputazione, diede occasione da ridere a tutta quella nobile brigata, verso la quale voltatosi l'imperatore disse:

- Non dubitate, signori, ch'egli ben presto me la pagherà.

Allora il Zappata gli rispose:

- Non piaccia a Dio che io paghi così tosto uno che sta tanto a sodisfare e pagar gli altri.

Et un altro diceva che i peccati ed i debiti sono sempre più di quello che si crede e che meno si sodisfano. Se tutti pagassero i suoi debiti, molti rimarrebbero ignudi. Ho conosciuto un grande uomo che toleva a interesse quanti danari poteva avere e tanti ne prese, che votò i scrigni a tutti i mercatanti e per molti anni girò le partite e finalmente si ritirò in sicuro et non pagò niuno; questi mi paiono veramente ladri:

oh quanti ce ne sono, che sono marcati di simil marca! E non vi è legno che gli accoglia, conforme a' loro demeriti. affé, affé, che adesso è una certa stagione di non si fidare, perché ci sono uomini così malvagi, che sempre stanno su l'ingannare e rapire quel d'altri e par loro, che facciano operazioni degne d'ogni lode, né giamai si saziano di commettere infinità d'inganni, vestendoli con guernimenti tali, che a chi non capisce i lor picareschi tiri, paiono termini onorati e zelanti, ma sono atti diavoleschi,

e perciò fare hanno più trappole allle mani e più uncini e più arcigogoli, che non sono giorni nell'anno e sono così destri negl'ingannevoli affari, che paiono uomini dabbene e sono peggiori del diavolo e come disse un lombardo, si assomigliano alla ramiola di boar, a cazzuola di murar ed a penna di notar, che fanno che alcuno difetto non appar. Apri ben l'occhio, amico mio e non dormire, altrimenti la volpe cercherà d'ingannarti, come ingannare voleva il gallo suo caro amico e parente. Odi come(37).

 

 

Degl'inganni della volpe e dell'accortezza del gallo. Diceria soda, pesante e considerabile.

 

 

Nella mia patria di Mansiglia, ritrovandomi in tenera etade sotto il governo della prudente mia madre, essendo da lei teneramente amata e con lusinghe nutrita, come fanno le discrete ed amorevoli genetrici, sovente mi prendeva in braccio et con frequenti baci mi vezzeggiava e ben spesso per acchetarmi mi narrava di molte belle e sentenziose novellette(24), le quali ho talmente impresse nella memoria, che ancor io talvolta le ridico nelle occorrenze; così ora racconterotti questa, che ti sarà di non picciolo diletto nell'animo tuo et di molta utilità.

Quando era sotto il governo de la mia nutrice a Crespellano, oppido della nostra iurisdictione, prestantissimo e observandissimo patre e voi generosa compagnia essendo da lei teneramente amato e cum lusinghe nutrito, come fanno le discrete e bone nutrice, spesso me prendeva in collo cum amorevoli basi e

Dicevami come una volpe, ch'aveva alquanti volpecini, si deliberò di venire ad abitare con essi nel nostro vicinato per far preda di galline; e perché ella desiderava di poter sicuramente far il fatto suo, convenendogli passare presso la casa d'una nostra vicina, non poteva fare di meno di non esser veduta e sentita a caminare, perch'ella aveva un gallo molto prudente, vigilante e gagliardo, il quale come vedea comparire alcuna volpe gridava, stridava e in tal maniera rumoreggiava con un strepitoso batter d'ali, che tutta la contrada lo sentiva; e perciò dalle genti era perseguitata molto malamente,

narravame in canto come una volpe, che avea li figliuoli, deliberò venire in una villa presso Crespellano a fare preda de galline. Di che, volendo securamente andare al facto suo, li era neccessario passare da casa de una comatre de questa mia nutrice; e passandoli non poteva fare non fusse sentita, perché avea uno vigilante e gagliardo gallo, il quale, come la vedea, gridava in tal modo cum uno battere de ale, che tutto el vicinato sentiva.

per il che la volpe non potendo conseguire il suo intento venivano per consequenza i suoi volpastrini a patire grandissima fame ed accioché eglino non morissero,

Per il che la volpe, non potendo guadagnare niente, come callidissimo animale, acciò li suoi vulpastrini di fame non morissono,

venne in deliberazione di trattare patti e convenzioni col vigilante gallo: e così un giorno incontratolo gli fece nobilissime accoglienze e poscia lo pregò che quando di casa sua passava non volesse temere, anzi ch'ei facesse sembianza di dormire, che in ricompensa di ciò le prometteva di mai offendere, né lui, nemmeno le sue galline e di perpetuare in questa buona pace e leal amicizia seco.

doppo una lunga deliberazione se acordò cum questo gallo, pregandolo che facesse sembiante de dormire quando passasse da casa sua, ché lei li salvarebbe le sue galline.

Del che prestandogli fede il gallo si contentò si contentò dell'offerte fattegli, come quello che solo bramava la pace e sicurezza sua e delle sue galline; onde ogni volta che la volpe passava, chiudeva mezo gli occhi e chinava il capo, che pareva propriamente che egli dormisse e com'ella era passata, subito gli apriva, perché di lei tutto non si fidava; e così la volpe andava pel vicinato e portava di buone galline alli suoi volpastrini, accioché cibare si potessero e mantenersi in vita.

De che remanendo el gallo per suo manco pensiero contento, ogni volta che la volpe passava, chiudeva megio gli occhii e uno poco scossava il capo, acciò paresse dormire: e come era passata uno poco, incontinenti gli apriva, perché di lei in tutto non se fidava. Onde la volpe, da casa de li vicini andando, portava de buone galline a li figliuoli.

Ora avvenne che non essendo più galline nella villa, li volpastrini addimandavano da mangiare alla madre, la quale gli disse che nel vicinato non vi erano più galline, eccetto che nella casa del gallo, al quale avea promesso di non torre delle sue e perché sotto promessa di volpina cavalleria l'aveva fidato e non era devere mancargli della parola, né pigliargli le di lui galline e tanto più che per cagione sua si era ella impossessata di tutte le galline altrui. Li figli volpastrini dissero alla madre:

Ora advenne che, non essendo più galline in lo vicinato, li volpastrini domandavano mangiare alla matre; e la volpe dicendo non essere più galline se non da casa del gallo, al quale avea promesso non torre de le sue, perché gli avea lassato torre quelle de li suoi vicini, re-spondevano loro:

- Signora madre dovete meglio di noi sapere che la necessità non ha legge e che per conseguire l'intento nostro bisogna far della necessità virtù; ed a questo fiasco bisogna o bere o affogare; e sappiate madre e signora nostra, che chi vuole e può fare, di necessità fa; e chi vi porge il dito e voi pigliate il dito e la mano; e s'egli è stato troppo credente, suo danno; che colpa ha la gatta, se la massara è matta;

- Mamma, prendete il gallo, ché poi averete ancora le galline.

et però, poiché egli vi ha creduto e crede quello che creder non deve, né doveva; e voi in questa occasione adoperate la virtù vostra e con quel che è del gallo e del vicino soccorrete noialtri e se non bastano le galline, prendete anche lo stesso gallo.

- Voi dite bene, ma il tutto sta nel poter fare; e chi fa quello che non deve e che non può, non fa mai cosa buona.

Allora soggiunse un volpastrino guercio e disse:

- Signora madre, chi fece sei, può far sette.

Quasi che dire gli volesse:

- Voi diceti il vero - respose la volpe, ma el facto è a potere.

Pur alfine, consigliatasi seco, andò una marina, ch'era giorno chiaro, perché la fame delli figliuoli e di lei la caciava, verso la casa del gallo;

- Madre mia, voi avete fatto il più, potete voi anche far il manco.

Perché chi ha bevuto al mare, può bere alla pozza; ed a far fatti, non bisognano ciancie; che far insegna il fare e molto più ov'è il bisogno. La volpe gli rispose:

- Orsù figliuoli, voi dite bene, ma altra cosa è il fare: e bisogna unghiarsi, chi vuole arrivare a quel segno; farò quel che potrò e un poco manco, per potervi durare.

Soggiunse il terzo figlio e disse:

- Madre e signora mia, vi dico anch'io che chi ha tempo non aspetti tempo; e chi non fa quando può, non può fare quando vuole: però non perdete più tempo, datevi attorno e recateci da mangiare e per prima prendete il gallo, che poi senza difficoltà, averete le galline.

La volpe da loro si partì con più pensieri, che mani da effettuare; pur alla fine seco stessa consigliatasi e postasi in aguato, aspettò che il gallo uscisse del pollaio,

e mostrando passare per di là, com'era suo costume, come fu presso al gallo, che fingeva di dormire, ella in un istante lo prese nel collo appresso la schena e ciò fatto subito si diede a fuggire; ma la sorte volle che da certe donne del villaggio fu veduta, le quali a più potere cominciarono a gridare e l'una chiamava l'altra ed a garra gridavano:

e mostrando passare oltra, come era usata, come fu presso il gallo, che uno poco serrava gli occhii per far sembiante de dormire, dextramente li voltò la testa e preselo nel collo presso la sche-na: e questo facto, fugitte. Il che vedendo alcune donne de la villa, cominciarono a gridare e l'una invitando l'altra uscivano fuori de le case gridando ad alta voce:

- Alla volpe, alla volpe! Lascia il gallo ribalda, chè il mio!

La qual cosa udendo il gallo, disse pian piano alla volpe:

- lasciami un poco per tua fé e di' a coteste villanuzze che cosa hanno a fare di me, che tuo sono, perché guadagnato mi hai; ed io glielo confermarò: ed allora poi senza sospetto d'alcuna persona mi goderai con tua quiete e diletto.

La volpe senza pensare a cosa veruna, lasciato il gallo, disse guardando verso le gridanti contadine:

- A la volpe! alla volpe! lassa il gallo, lassa il gallo, ribalda, che l'è 'l mio!

La qual cosa udendo el gallo, dixe pian piano alla volpe:

- Lassarne un poco, per la toa fede e di' a queste villanuzze che hano a fare di me, che tuo sono perché guadagnato me hai: e io tei confirmarò e poi senza suspecto de persona me goderai.

Alora la volpe senza pensare altramente, lassato el gallo, dixe guardando verso le gridante contadine:

- Che gridate villanaccie e ladre che sete, che il gallo è mio e me l'ho guadagnato, com'egli sa, con gran fatica, patimento e sudore.

Subito che il gallo si vide libero, incontanente volò sopra un arbore ivi vicino. Et la volpe come ebbe risposto, voltosi per ripigliare il gallo in bocca, ma non vedendoselo accanto guardò in alto e lo vide volato in alto e ch'egli si puliva le penne; del che veggendosi schernita ed anche beffeggiata, che a creppacuore si smascellava dalle risa, guardandolo, disse:

- L'è pur mio, ladre che sete: ché io me l'ho guadagnato, come lui sa, cum gran fatica e sudore.

E il gallo, come se vide lassato, volò incontinenti sopra uno arbore li propinquo; e la volpe, come ebbe risposto, voltatose per retorre el gallo in boca, vide lui essere volato, che se poliva le penne. Di che schernita, guardando in suso ad alto dixe:

- Non è bene a parlare, quando non vi è il bisogno.

Et il gallo gli rispose:

- L'è male a parlare quando altri non ha bisogno.

E il gallo rispose:

- È ben peggio dormire, quando non s'ha sonno. Et a pari tuoi non si deve credere, ancorché col pegno in mano: perché non è ingannato, se non chi si fida; altri imparino a mie spese a non si fidare d'alcuno, che non saranno gabbati.

- L'è ben pegio a dormire quando altri non ha somno.

Ciò udito dalla volpe si diede a fuggire per tema di peggio.

 

Moralità

 

Chiaro si vede e molto meglio si pratica, che l'uomo cattivo inganna chiunque si fida di lui: ed ancorché sia malvaggio, si dimostra d'essere, sotto finte sembianze, un semplice agneletto e delle di lui pelle si veste, ma finalmente nelle sue mentite azioni si fa conoscere nell'ingannare peggio che non sono le volpi; e nel divorare e rapire l'altrui, ancora peggio di uno affamato ed arrabbiato lupo. Di maniera che chi non dorme come gli elefanti e le lepri, rimane uccellato; sta dunque diritto in piedi e non chiuder gli occhi, altrimente sarai ingannato. Chi si diletta di far frode altrui, non si de' lamentar s'altri l'inganna; come appieno nella seguente diceria udirai.

 

E decto questo, la volpe fugi via per tema di pegio; e il gallo liberato se ne tornò a casa.

 

Piacevole diceria di quattro cavalieri spagnuoli, che tra loro si fecero tutti ridicolosi, nella corte di Madrid(39).

 

 

Avenne nella bellissima e gran corte di Madrid, che tre gentiluomini, l'uno de' quali si chiamava don Lopez cavaliere di san Giacomo, il secondo don Antonio et il terzo don Inico, ritrovandosi un giorno a cenare in casa del conte Alvaro, fra molti ragionamenti, che dopo cena ebbero insieme, dissero poi in proposito di rubare, che ciascuno di loro non voleva di accortezza cedere al compagno.

Avvenne nella bellissima città di Fiorenza, come tre gentiluomini, l'uno de'quali si chiamava Carlo Pallantieri, cavaglier di San Lazaro, il secondo Girolamo Fregoso ed il terzo Scipione Malespini; i quali ritrovandosi un giorno a cenare in casa del conte Alessandro Pagano, fra molti ragionamenti che dopo cena ebbero insieme discesero poi in proposito del rubare e chiunque di loro non voleva di accortezza cedere al compagno.

E dopo ch'ebbero buona pezza insieme contrastato, salvo che il conte, che se ne cavò fuori, convennero fra loro che colui che facesse furto minore del compagno, dovesse pagare una cena per dieci compagni: ed in absenza loro statuirono di ciò giudice il Duegna dottore, loro comune amico, che a quel tempo per affari importanti era venuto alla corte. Or andando questi tre gentiluomini una sera fra l'altre per udire le comedie che si fanno a prezzo, venne a don Inico alquanto veduto del cordone della borsa dalla saccoccia di don Lopez ed apressatoglisi, essendo molto buio, con destro modo ne la ciuffò e se la pose nella scarsella.

E dopo ch'ebbero buona pezza insieme contrariato; salvo che il conte Pagano che se ne cavò fuori; convennero fra loro che colui che facesse furto minore del compagno, dovesse pagare una cena per dieci compagni. Et in absenza loro statuirono di ciò giudice Desiderio Guidoni Protonotario, loro commune amico, che a quel tempo per il contagio acerbissimo di Vinegia, si era ritirato a Fiorenza. ora andando questi tre gentiluomini, una sera fra l'altre, per udire le Comedie che si fanno a prezzo ne'regattieri, venne al Malespina alquanto veduto del cordone della borsa pendente dalla sacoccia del Pallantieri. Et appressatoglisi essendo molto buio, con destro modo gli ne ciuffò; e se la pose nella scarsella.

Giunti all'uscio della comedia, dovendosi pagare a chi vi voleva entrare, don Inico disse a' compagni:

- Io non ho meco danari, però paghi uno di voi per me, che un'altra volta io pagherò per lui.

- Nemmeno io ne ho, disse don Antonio, che se io ne avessi, io pagarei per tutti.

- Non mancaranno danari, disse allora don Lopez.

Giunti all'uscio della Comedia, dovendosi pagare a chi vi voleva entrare, il Malespini disse a'compagni:

- Io non ho meco danari, però paghi uno di voi per me, che un'altra volta io pagarò lui.

- Nemmeno io ne ho, disse il Fregoso, che se io n'avessi, io pagarei per tutti.

- Non mancheranno danari, allora disse il Pallantieri.

E posto mano alla scarsella pensando di trovarvi la borsa e non ve la trovando rimase molto confuso e ismarito e sorridendo disse:

- Bisogna ch'io paghi di coppe, perché i danari con la borsa mi sono stati lecati via.

- Deh paga in buon ora se tu voi, disse don Inico e tanto non ci stentare.

- Voi mi volete far rinegare la pazienza, rispose lui alquanto adirato; come volete ch'io paghi, s'ella m'è stata rubata?

E posto mano alla scarsella, pensando di trovarvi la borsa e non ve la trovando, rimase molto confuso ed ismarrito e sorridendo disse:

- Io so ch'io pagarò di cope, poiché i danari con la borsa, mi sono stati leccati via.

- Deh, paga in buon'ora, se tu vuoi, disse il Malespini e tanto non ci straziare.

- Voi mi volete far rinegare la pazienza, rispose lui, alquanto adirato, come volete voi che io paghi, s'ella m'è stata grappita?

- Rubata eh?, disse don Inico, coteste sono finzioni per non pagare; ma tu lasciami un poco vedere (ch'io voglio fare o sfacciato) se ve la trovo.

- Di grazia, rispose lui, guatavi pure, ch'io me ne contento.

- Allora, disse don Inico, cercagli tu don Antonio da un lato, ch'io lo cercarò dall'altro.

E non ritrovando nulla, dissero:

- Grappita eh? disse il Malespini, coteste sono finzioni per non pagare, ma tu a me lasciami un poco vedere; che io voglio fare lo sfacciato se ve la trovo.

- Di grazia, rispose lui, guatavi pure, che io me ne contento.

- Allora, disse il Malespini, Fregoso cercagli tu da un lato, che io lo cercarò dall'altro,

e non trovando nulla, dissero:

- Tu hai fratello ragione da vendere.

Chiedendogli poi che danari vi fossero dentro, infingendo il furatore di esser scontento:

- Io credo, rispose lui, che vi fossero dentro diciotto o venti scudi; e credo anco che nell'arrivare in questa calca ella mi sia stata leccata via.

- Ladro sottile veramente deve esser questo, disse don Antonio, avendo egli così tosto e netto saputo giuocare così presto di mano.

- Or state voi cheti, disse don Inico, ch'io credo d'aver danari, né rimaremo però di non goder la comedia.

- Tu hai fratello ragione da vendere,

chiedendogli poi che danari vi fussero dentro, infingendo il furatore di essere scontento.

- Io credo, rispose lui, che vi fussero dentro diciotto o venti scudi; e credo anco che nello arrivare in questa calca ella mi sia stata leccata via.

- Ladro sottile veramente deve essere questi, disse il Fregoso, avendo egli così tosto e netto, saputo giuocare così presto di mano.

- Or istate voi cheti, disse il Malespini, che io credo di avere danari, né rimarremo però di non godere la Comedia.

E posto mano alla saccoccia cavò la borsa di don Lopez e pagò per tutti tre. Il che veduto da don Lopez, disse:

- Deh, che ti venga il canchero, tu me l'hai fatta eh?

- Tu vedi, stringendosi nelle spalle, rispose lui. E poiché impensatamente ciò mi è adivenuto, io voglio che cotesta burla o siasi latrocinio, ella sia posta a conto della parte mia.

E posto mano mano alla saccoccia egli cavò la borsa del Pallantieri e pagò per tutti tre. il che ciò veduto dal Pallantieri, disse:

- Deh, che ti venga il canchero, tu me l'hai fatta eh?

- Tu vedi, stringendosi nelle spalle, rispose lui. e poi che impensatamente ciò mi è adivenuto, io voglio che cotesta burla, o siasi latrocinio ella sia posta a conto della parte mia.

E resale poi la borsa non se ne potendo l'altro dar pace, come gli ne avesse rubbata, se n'andarono a trattenere alla comedia. Era allora il contaggio nella città di Valenza con progresso molto miserabile e doloroso, morendone ogni giorno un numero infinito. Onde avendovi don Inico un fratello che gli scriveva per ogni ordinario quello che succedeva di giorno in giorno in quella abbandonata quasi bellissima città ed essendo in corte di sua maestà in compagnia di don Lopez e don Antonio e diversi altri gentiluomini, i quali sapendo esser lui benissimo avvisato, gli chiesero s'egli vi fusse cosa alcuna di momento.

E resale poi la borsa, non se ne potendo l'altro dar pace, come gli ne avesse rubata, se n'andarono a trattenere alla Comedia. Era, come si è detto, il contaggio nella città di Vinegia con progresso molto miserabile e doloroso, muorendone ogni giorno un numero infinito. Onde avendovi il Malespini un fratello che gli scriveva per ogni ordinario quello che succedeva di giorno in giorno, in quella abbandonata quasi bellissima città ed essendo in piazza del Gran Duca in compagnia del Pallantieri, Fregoso e diversi altri gentiluomini, i quali sapendo essere lui benissimo avisato, gli chiesero s'egli vi fusse cosa alcuna di momento.

- Io non ho, rispose lui, anco avute lettere mie.

Onde subito egli impose al suo servitore che andasse per esse; quale poco dopo gli arrecò un pacchettino onde tutti udir le novelle lo intorniarono. Aperto ch'ebbe il plico e trovatavi una cartuccia con alcuni danari, la ripose nella saccoccia; poi egli incominciò a leggere le novelle dolorose e lagrimabili di molti uomini che morivano, insieme con altre molte particolarità orrende e spaventevoli.

- Io non ho, rispose lui, avuto anco le lettere mie.

Onde subito egli impose al suo servitore che andasse per esse, quale poco dopo gli arrecò un pacchettino, onde tutti per udire le novelle lo intorniarono. Aperto ch'ebbe il pacchettini e trovatavi una cartuccia con alcuni danari, la ripose nella sacoccia, poi egli incominciò a leggere le novelle dolorose e lagrimabili di molti uomini che morivano, isieme con molte altre particolarità orrende e spaventevoli.

E mentre che egli leggeva tuttavia e che tutti li altri attenti lo ascoltavano, don Lopez, ch'avea veduto riporre la cartuccia nella scarsella, sovenendoli della sua borsa, non sapendo però che vi fossero dentro danari, dipartitosi dal luogo suo laddove era lungi da lui, gli si avicinò e con modo destrissimo, senza ch'alcuno se n'avedesse gliela cavò fuori della saccoccia e ritornò poi nel primo suo luogo.

E mentre ch'egli leggeva tuttavia e che tutti gli altri attenti lo ascoltavano. Il Pallantieri, ch'aveva veduto riporre la cartuccia nella scarsella, sovenendosi della sua borsa, non sapendo però che vi fussero dentro danari, dipartitosi dal luogo suo là dove era lunge da lui, gli si avicinò,e con modo destrissimo, senza che alcuno se n'avedesse, gli ne cavò fuori della saccoccia e ritornò poi nel primo suo luogo.

Fornito che don Inico ebbe di leggere i rapporti dolorosi di quella mesta città e miserabile intesa anco che il fratello gli mandava sedeci scudi d'oro per lo ammontare d'alcune merci, che gli aveva mandate; postasi la mano nella scarsella, non trovandovi la cartuccia, nella quale erano involti, essendogli presso don Alonso Vives, del quale come cavaliere d'onore egli non poteva sospettare, di nuovo guatò nella saccoccia, cavandone fuori il mocichino,

Fornito che il Malespini ebbe di leggere i rapporti dolorosi di quella mesta città e miserabile, intese anco che il fratello gli mandava sedici scudi d'oro per lo ammontare di alcuni marzolini, che gli aveva mandati: e postasi la mano nella scarsella non trovandovi la cartuccia nella quale erano involti essendogli presso il Signor Bellisario Simoncelli, del quale come fratello del cardinale e cavagliere di onore egli non poteva sospettare, di nuovo grattò nella sacoccia, cavandone fuori il mocichino,

e ogni altra cosa che vi era dentro, sino a riversarla tutta e non vi trovando nulla rimase stupefattissimo. Vedendolo quei gentiluomini così cercare e istar sospeso, gli chiesero quello che gli fusse succeduto e ciò che cercasse.

- Io cerco, rispose lui, una certa cartuccia, quale sottratta dal pacchettino, io la posi nella saccoccia per leggere le nove di Valenza, ch'ora non ce la trovo: ed io so pure che ve la posi, né mi so mai imaginare, dove ella sia ita.

Allora don Alonso e seco duoi altri gentiluomini, dissero:

e ogni altra cosa che vi era dentro sino a riversciarla tutta e non vi trovando nulla, rimase stupefattissimo. Di che vedendolo que gentiluomini così cercare et istare sospeso, gli chiesero quello che gli fusse succeduto e ciò che cercasse.

- Io cerco, rispose lui, una certa cartuccia quale sottratta dal pacchettino io la posi nella sacoccia, per leggere le nuove di Vinegia, ch'ora io non ve la trovo; e io so pure che ve la posi, né io mi so mai imaginare dove ella sia ita.

Allora il Simoncelli e seco duo altri gentiluomini, dissero:

- Ella sia facil cosa, che credendo voi di porla nella saccoccia, poiché non ve la trovate, ella sia caduta per terra e mentre che tutti eravamo intenti ad udir le cose di Valenza, passando alcuno l'abbia raccolta e portatasela via.

Tutti gli altri caderono nell'istessa opinione et seco anch'egli, massimamente non avendo alcuna opinione di sospettare dei compagni vedendoli lontani da lui, né tampoco niuno pose cura, quando don Lopez gli si accostò,

- Ella sia facile cosa che credendo voi di porla nella sacoccia, poiché non ve la trovate ella sia caduta per terra e mentre che tutti eravamo intenti ad udire le cose di Vinegia, passando alcuno, l'abbia raccolta e portatasela via.

Tutti gli altri caderone nella istessa opinione e seco anch'egli: massimamente, non avendo alcuna occasione di sospettare de Compagni, vedendogli lontani da lui, né tampoco niuno posse cura quando il Pallantieri gli si accostò,

nemmeno quando se n'andò; così anche don Antonio, ch'era il più lungi di tutti, essendo il circolo formato di più di dodici gentiluomini, i quali avenga ch'avessero veduto don Lopez appressarglisi non potevano però mai pensare ch'egli fusse stato il rubatore, conoscendolo tutti per onorato cavaliere e di somma bontà. Per la qual cosa volendo uno di quei gentiluomini romper quel silenzio o ch'egli avesse sete, disse:

nemmeno quando se n'andò; così anco il Fregoso che era più lunge di tutti essendo il circolo fermato di più di dodici gentiluomini, i quali avenga ch'avessero veduto il Pallantieri appressarglisi, non potevano però mai pensare ch'egli fusse stato il rubatore, conoscendo tutti per onorati cavaglieri e di somma bontà. Per la qual cosa, volendo uno di quei gentiluomini rompere quel silenzio, o ch'egli avesse sete, disse:

- Vogliam noi tutti gire a bere un bichiero di vino.

- Andiamo, risposero gli altri.

Et avviatosi in una stradella non guari discosto ad uno che ne vendeva, se ne ferono arrecare e beverono allegramente e rinfrescaronsi salvo che don Inico, al quale rincresceva di aver così miseramente perduto quei danari. Fornito ch'ebbero di bere e chiamato il taverniere per pagarlo, ognuno pose mano alla borsa; il che veduto da don Lopez, disse:

- Vogliam noi tutti gire a bere un bicchieri di greco.

- Andianne, risposero gli altri.

Et aviatisi in un chiassolino, non guari discosto da uno che ne vendeva, se ne ferono arrecare,e beverono allegramente e rinfrescaronsi, salvo che il Malespini, al quale incresceva di avere così miseramente perduti que'danari. Fornito ch'ebbero di bevere e chiamato il tavernieri per pagarlo, ogn'uno pose mano alla borsa. Il che ciò veduto dal Pallantieri, disse:

- Fermatevi signori, ch'ora voglio pagar io e poi cadauno di voi a vicenda farà l'istesso.

- Volontieri, risposero tutti.

Ond'egli sottrattone fuori dalla cartuccia uno scudo d'oro lo diede all'oste, quale resoli lo avanzo, in essa lo ripose, senza che alcuno se ne avedesse. E poi tutti se ne andarono per le loro facende, restando solamente i tre gentiluomini discorrendo tuttavia sopra li perduti danari, dicendo chi una cosa e chi l'altra.

- Fermatevi Signori, ch'ora voglio pagar'io e poi cadauno di voi a vicenda farà lo istesso.

- Volentieri, risposero tutti.

Ond'egli sottrattone fuori dalla cartuccia uno scudo d'oro lo diede all'oste, quale resogli lo avanzo, in essa lo ripose, senza che alcuno se ne avedesse. E poi tutti se n'andarono per le loro faccende, restando solamente i tre gentiluomini discorrendo tuttavia sopra de perduti danari, dicendo chi una cosa e chi l'altra.

Or parendo a don Lopez esser già tempo opportuno di scoprire il furto, avendo la cartuccia in mano, la rese a don Inico, poi gli raccontò come aveva fatto a leccargliene via fuori della saccoccia. Il che udito da don Inico, si strinse nelle spalle, dicendo:

- Se dal giudice nostro egli mi sie sentenziato contra, io me la arrecarò in pazienza.

Or parendo al Pallantieri essere già tempo opportuno di scuoprire il furto, avendo la cartuccia in mano, la rese al Malespini, poi egli raccontò come aveva fatto a leccargline via fuori dalla sacoccia. Il che ciò udito dal Malespini si strinse nelle spalle, dicendo:

- Se dal giudice nostro egli mi sie sentenziato contra, io me la arrecherò in pazienza.

Ma vanne pur tu, che tu sei un sufficiente picaro napolitano.

Vedendo don Antonio accortezze simili e sottigliezze tali, mancandoli l'ardire di giunger giamai loro, disse:

Ma vanne pur tu, che tu sei un sufficiente romagnuolo ladrone.

Udendo il Fregoso accortezze simili e sottigliezze, mancandogli lo ardire di giungervi giamai, loro disse:

- Io mi risolvo di non voler competere con voialtri, che sete troppo fini ed astuti ladri napolitani: dite pure finissimi picari castigliani, che scorticarono gl'indiani per averne ogni lor sangue. Sono spini che pungono tanto e che non sono buoni che per bruciare. No, no, io cedo alla lite e mi rimetto nel giudice, ch'egli mi faccia pagare la pena che le parrà esser conveniente.

Soggiungendo:

- Io mi risolvo di non volere competere con voi altri, che siete troppo fini et astuti ladri. Romagnuoli eh? Quali scorticarono San Bartolomeo per averne la pelle em? Malespini che pungono tanto e che non sono buoni, che per bruciare am? No, no, io cedo alla lite e mi rimetto nel giudice che egli mi faccia pagare la pena che le parrà essere conveniente.

Soggiungendo:

- E che caccia eh? Chi vi potrebbe mai resistere e riuscire con ladroni simili? Io no, che ora me ne lavo le mani.

- Fa' pur tu, risposero loro, che quanto a noi non intendiamo che tu possa rompere i capitoli conchiusi fra noi, se non con la perdita intiera della cena; e se tu non sai rubare, impiccati, perché non sei de' buoni picari di castiglia.

- Cacica, chi vi potrebbe mai resistere e riuscire con ladroni simili. Io no, che testè me ne lavo le mani.

- Fa pur tu, risposero loro, che quanto a noi, non intendiamo che tu possa rompere i capitoli conchiusi fra noi, se non con la perdita intiera della cena. E se tu non sai rubbare, impiccati.

- Il giudice, rispose don Antonio, terminerà le querelle nostre.

Pareva a don Lopez di averne nel furto un palmo d'avantaggio sopra la brocca, di che egli ne menava un contegno, un ridere ed un istropiciarsi le mani, che era una signoria a vederlo. Or la mattina seguente tutti tre d'accordo andarono a trovare il loro giudice competente, al quale esposero quanto a loro era avvenuto et della elezione che avevano fatta della persona sua, come iurisconsulto peritissimo; il quale con la conveniente gravità al grado loro rispose:

- Lo giudice, rispose il Fregoso, terminerà le querele nostre.

Pareva al Pallantieri di averne nel furto un palmo d'avvantaggio sopra la brocca. Di che egli ne menava un contegno, uno ridere et uno istroppiciarsi le mani, che era una signoria a vederlo. Or la mattina seguente, tutti tre d'accordo andarono a trovare il lor giudice competente, al quale esposero quanto era loro adivenuto e della elezione ch'avevano fatta della persona sua, come iuriconsulto peritissimo, il quale con la conveniente gravità al grado suo, loro rispose:

- Egli è sempre stato e sie il consueto mio di reddere unicuique suum, tenendo pari le bilancie della giustizia. E poiché voi mi avete eletto per giudice vostro, consideratis considerandis, io sentenziarò il giusto e l'onesto ed avendo io udito le vostre controversie, io studiarò il caso e fra tre giorni pronunciarò poi la sentenza mia diffinitiva.

- Egli è sempre stato e sie il consueto mio di reddere cuique suum: tenendo pari le bilancie della giustizia. E poiché voi mi avete eletto per giudice vostro, consideratis considerandis, io sentenziarò il giusto e l'onesto. Et avendo io udito le vostre controversie, io studierò il caso e fra tre giorni, io pronunciarò poi la sentenza mia diffinitiva.

E se voi avete da produrre in giudizio altre ragioni, io vi concedo di poterlo fare in questo ultimo perentorio.

Contentaronsi le parti e volendosene gire, vedendo il Duegna esser l'ora assai tarda volle ad ogni modo, che restassero seco a pranzo; di che don Lopez e don Inico, lo conpiacquero,

E se tra tanto voi avete da produrre altre ragioni in giudizio, io vi concedo di poterlo fare in questo ultimo perentorio.

Contentarosi le parti e volendosene gire, vedendo il Guidoni essere l'ora assai tarda, volle ad ogni modo che restassero seco a pranzo. Di che il Pallantieri et il Malespini compiacquero,

salvo che don Antonio, che per avere in casa forastieri gli fu conceduto che se ne gisse, con patto però ch'egli dovesse subito ritornare. Fornito di desinare i duoi controvertenti ritornarono di nuovo ad informare il giudice con nuove ragioni.

- Io sono informatissimo, disse lui: volete voi altro se non udir sentenza tale, che vi contentarete?

salvo che il Fregoso, che per avere in casa forestieri, gli fu conceduto che se ne gisse, con patto però ch'egli dovesse subito ritornare. Fornito di pranzare, i duo controvertenti ritornarono di nuovo ad informare il giudice con nuove ragioni.

- Io sono informatissimo, disse lui, volete voi altro, se non udite sentenza tale, che vi contentarete.

Et così detto si levarono da mensa. Or dovendosi fare non so che festa o tripudio in una gran piazza et avendo il Duegna nella camera sua una fenestra che vi guatava et vedendo che a don Lopez il buon Sileno già le gratacchiava l'orecchie, abbassando il capo sopra la tavola e poco dopo sentendo il popolo a tumultuare, affacciati alla finestra alquanto vi dimorarono; onde parendo a don Inico che l'azione furtiva di don Lopez fusse di gran lunga superiore alla sua, egli temeva della sentenza.

E così detto si levarono da mensa. Or dovendosi fare io non so che festa, o tripudio nella piazza del Gran Duca et avendo il Guidoni nella camera sua una finestra, che vi guatava. Et vedendo che al Pallantieri il buono Sileno già le grattaggiava l'orecchie abbassando il capo sopra la tavola e sentendo il popolo a tumultuare, affacciati alla finestra, alquanto vi dimorarono, onde parendo al Malespini che l'azione furtiva del pallantieri fusse di gran lunga superiore alla sua egli temeva della sentenza.

Or il Duegna per certo sangue, che per inveterato uso gli usciva dal naso, fu astretto a levarsi dalla finestra e sottrarsi in un camerino. Per la qual cosa vedendo don Inico dormire profondamente don Lopez egli deliberò di rubarle la croce dal collo, che egli portava della sua religione, perché egli l'aveva intortigliata intorno lo gombito(40), dormendo supino sopra ambedua le braccia, ella era cosa impossibile il toglierla, senza ch'egli non se ne avedesse.

Or il Guidoni per certo sangue che per inveterato uso gli uscia dal naso fu astretto a levarsi dalla finestra e sottarsi in un camerino. Per la qual cosa, vedendo il Malespini dormire profondamente il Pallantieri egli deliberò di rubargli la croce d'oro dal collo, ch'egli portava della sua religione. E perché egli l'aveva sopra le gombita, dormendo supino sopra ambedue le braccia ella era cosa impossibile il torgliene, senza ch'egli non se n'avedesse.

Onde egli li sovenne di un nuovo modo, cioè di sciogliere il nodo strettissimo del nastro, al quale la croce era appesa; e così fece egli lasciandoli la croce et appresso il nastro con gentile e destra maniera sciolto. Poscia ritornato alla finestra sentendo sonare diverse trombette, si valse di occasione così buona, dicendo fortemente

Onde egli si sovenne di un nuovo modo, cioè di sciogliere il nodo strettissimo del nastro, al quale la croce era appesa, che così fece egli, allargando poi i capi del nastro, facendogli cadere sopra le braccia. Poscia ritornato alla finestra, sentendo suonare diverse trombette, si valse di occasione così buona, dicendo fortemente:

- Corri corri cavaliere, che la festa s'incomincia!

Onde egli subito si risvegliò e corse alla finestra, lasciando la croce nel nastro sopra la tavola, né guari dopo sopragiunse per terzo il Duegna. Era la finestra assai angusta però stavano disaggiati. Or vedendo don Inico riuscire, come aveva pensato, il suo pensiero, loro disse:

- Corri, corri cavagliere, che la festa si incomincia,

onde egli subito si risvegliò e corse alla finestra, lasciando la croce nel nastro sopra la tavola, né guari dopo sopraggiunse per terzo il Guidoni. Era la finestra assai angusta, però vi stavano disaggiadati. Or vedendo il Malespini riuscire come aveva pensato il suo pensiere, loro disse:

- Cancaro vi mangi, voi mi storpiate.

Ed uscitone di mezo egli andò alla tavola e si prese la croce e se la pose nella scarsella e poi si tornò addosso ai compagni, volendo anch'egli vedere la festa. I due sentendoselo sopra giuocarono a gombetate, sospingendolo da loro.

- Se voi, allora disse lui, non lasciate veder anco a me, io vi montarò sopra le spalle.

Soggiungendo:

- Cancaro vi mangia voi mi istorpiate,

e uscitone di mezzo egli andò alla tavola e si prese la croce e la pose nella scarsella e poi si torno addosso a'compagni, volendo anch'egli vedere la festa. I duo sentendolo sopra giuocarono a gombetate, sospingendolo da loro:

- Se voi, allora disse lui, no mi lasciate vedere anch'io, io vi montarò sopra le spalle.

Soggiungendo:

- Adunque pensate di vedere voi il tripudio?

Il Duegna, che pure troppo lo conosceva uomo per farlo, disse:

- Facciamo noi una cosa: andiamo in piazza, che vederemo meglio e non staremo tanto stretti e lasciaremo questa finestra per la padrona di casa.

- Giamoci, dissero gli altri.

- Adunque pensate voi di vedere voi soli lo tripudio?

Il Guidoni, che pure troppo lo conosceva uomo per farlo, disse:

- Facciamo noi una cosa. Andianne in piazza, che vederemo meglio e non staremo tanto istretti e lasceremo questa finestra per la padrona di casa.

- Giamoci, dissero gli altri.

E presero frettolosamente le lor cappe e spade ed il Duegna la veste da dottore, non si avedendo mai don Lopez, né di croce, né di altro. E giunti che vi furono viddero commodamente tutto il rimanente della festa, la quale fornita incominciando già il popolo a dipartire tumultuosamente, vedendo don Inico don Lopez chiamollo, che subito vi andò. Onde poi tutti insieme accompagnarono il Duegna all'albergo suo.

E presero frettolosamente le loro cappe e spade e il Guidoni la veste da dottore, non si avedendo mai il Pallantieri, né di croce, né di altro. E giunti che vi furono, viddero comodamente tutto il rimanente della festa, la quale fornita, incominciando già il popolo a dipartire tumultuosamente. Vedendo il Malespini il Fregoso, chiamollo, che subito vi andò; onde poi tutti insieme accompagnarono il Guidoni all'albergo suo.

E mentre che caminavano don Inico, che si aveva già posto al collo la croce di don Lopez, si allargò la cappa, perché egli la potesse vedere. Et vedutola subito abbassò gli occhi al petto per vedere s'ella fusse la sua e non la vedendo egli disse:

E mentre che camminavano, il Malespini, che si aveva già posto al collo la croce del Pallantieri, si allargò la cappa, perch'egli la potesse vedere. Et vedutala, subito abbassò gli occhi al petto, per vedere s'ella fusse la sua e non ve la vedendo egli disse:

- Ahi ladro, dammi la mia croce, che tu mi hai rubbata!

- Volontieri, rispose lui, accioché il giudice nostro veda questa nuova aggiunta, perché la registri nel nostro processo.

Quando il Duegna et don antonio viddero il succeduto di questo novello furto, se non se ne risero, nulla non vaglia.

- Or questo non è di patto, disse don Lopez, essendo il furto divenuto fuori di tempo et in casa del giudice proprio; io non la intendo così.

Soggiungendo:

- Ahi ladro, dammi la mia croce, che tu mi hai rubato.

- Volentieri, rispose lui, acciò il giudice nostro veda questa nuova aggiunta, perché ne la registri nel nostro processo.

Quando il guidoni et il Fregoso viddero il succeduto di questo novello furto, se non se ne ridessero, nulla non voglia.

- Or questo egli non è di patto, disse il Pallantieri essendo il furto adivenuto fuori di tempo ed in casa del giudice proprio, io non la intendo così. Soggiungendo:

- Signori, io vi chieggio giustizia.

- La giustizia, disse allora don Antonio o quanto ella sia giusta, se voi signore li farete ambidue appiccare per le canne della gola, che io quanto a me rinuncio la pratica loro, oh che ladroni sottili! Or sì, che questi rubbarebbono l'ovo sotto la gallina.

E detto queste parole se n'andò a casa sua. Il Duegna, che non si poteva rattenere dalle risa, disse a don Lopez:

- Signore, io vi chieggo giustizia.

- La giustizia, disse allora il Fregoso, o quanto ella sie giusta, se voi signore gli farete ambidue appiccare per le canne della gola; soggingendo e quanto a me, io rinoncio la bacica loro, o che ladroni sottili. Or sì che questi rubbarebbero l'uovo di sotto la gallina,

e dette queste parole se n'andò a casa sua. Il Guidoni che non si poteva rattenere dalle risa, disse al Pallantieri:

- Mentre che pende la lite e la controversia, ognuno può produrre in giudizio successi nuovi e nuove ragioni. Però ognuno s'aiuti co' ferri suoi, prima ch'io pronunci la sentenza, quale succederà fornito che sia il tempo prescrittovi.

- Mentre che pende tuttavia la lite e la controversia, ogn'uno può produrre in giudizio successi nuovi e nuove ragioni. Però ognuno si aiti co' ferri suoi, prima che io pronunzii la sentenza, quale succederà fornito che sia il tempo prescrittovi.

E con aresto tale tutti si divisero e se n'andarono. Il Duegna, che era di spirito sottilissimo, co' l'intelletto considerando queste così dolci azioni e ridicolosi scherzi, determinò con un trovato bellissimo di schernirli tutti, come appresso intenderai or ora.

E con arresto tale tutti si divisero e se n'andarono. Il Guidoni, che era di spirito sottilissimo e d'intelletto, considerando egli queste così dolci azioni e scherzi, determinò con un trovato bellissimo, di schermirgli tutti.

La mattina per tempo il signor dottor Duegna mandò a chiamare un Giovanni, astutissimo uomo e fidato suo e lo instrusse di quanto egli dovesse fare: poi egli mandò a chiamare i gentiluomini, i quali subito vennero; or dovendo egli trattare con il duca dell'Erma alcuni affari gravi, dal quale aveva avuto lo assignamento per la mattina, gli pregò che lo dovessero accompagnare sino alle sue stanze, non già per ambizione,

Perloché la mattina per tempo egli mandò a chiamare uno astutissimo zanaiuolo e fidato suo e lo instrusse di quanto egli dovesse fare. Poi egli mandò a chiamare i gentiluomini, i quali subito vennero. Or dovendo egli trattare con il gran duca alcuni affari del cardinale di Altaemps, dal quale aveva avuto lo assignamento per la mattina, gli pregò che lo volessero accompagnare sino al Casino, non già per ambizione

ch'egli desiderasse, ma per essequire lo effetto che voi udirete, quali volontieri lo compiacquero e tutti insieme vi girono. Or essendo il duca ritirato in un giardino con un principe furono astretti ad attendere quasi sino all'ora del desinare. Tra tanto lo astuto uomo se n'andò a casa di don Antonio e trovatavi la serva gli disse:

ch'egli desiderasse, ma per essequire lo effetto che voi udirete, quali volentieri lo compiacquero e tutti insieme vi giunsero. Or essendosi il gran duca ritirato in un giardino con il duca di Bracciano suo cognato, furono astretti ad attendere quasi sino l'ora del desinare. Tra tanto lo astuto zanaiuolo se n'andò a casa del Fregoso e trovatavi la serva, gli disse:

- Il vostro padrone desina con alcuni gentiluomini fuori in un giardino, però egli mi ha imposto che si faccia un piatto buono di vivande e che gli ne arrecchi con duoi fiaschi di vino. Et per contrasegno di questo mi ha detto che voi abbiate cura che la levriera non esca fuori di camera e che ella non si perda, essendole stata consignata da lui.

- Il vostro padrone desina con alcuni gentiluomini fuori la porta Pitti, però egli mi ha imposto che si faccia un piatto buono di vivande e che gli ne arrechi con due fiaschi di vino. E per contrasegno di questo, mi ha detto, che voi abbiate cura che la levriera non esca fuori di camera, perché ella non si perda essendole stata consignata da lui,

Non sapendo altri che loro due, che ella vi fosse, ma per mezo segreto era pervenuto all'orecchie del Duegna. Sentendo la serva il desiderio del padrone, rispose:

- Io ho nella pignata un buon cappone et un pezzo di vitella ad arostire in un schidone; ma come faremo noi poi nel rimanente?

- Benissimo, rispose Giovanni, lasciate pure la cura ed il pensiero a me, ch'io accomoderò un piatto, che istarà benissimo.

non sapendo altri che loro due ch'ella vi fosse, ma per mezo secreto era ciò pervenuto alle orecchie del Guidoni.

Sentendo la serva il desiderio del suo padrone, rispose:

- Io ho nella pentola un buon cappone e un pezzo di vitella ad arrostire nello schidione; ma come faremo noi poi nel rimanente?

- Benissimo, rispose il zanaiuolo, lasciate pure voi la cura a me e il pensiere che io accomodarò un piatto che istarà benissimo.

- Avvertite, disse ella, che il mio padrone, in cose simili egli è molto splendido e che ne vuole avere ogni onore; però fate voi di modo che poi egli non si dolga di me: onde caso che poi egli si lamentasse, io mi iscuserò sopra di voi.

- Non temete di nulla, rispose egli, sapendo io benissimo l'animo suo, avendomelo detto.

- Avertite, disse ella, che il mio padrone in cose simili è molto splendido e che ne vuole avere ogni onore; però fate voi di modo che poi egli non si dolga di me; onde caso che poi se ne lamentasse, io mi iscusarò sopra di voi.

- Non temete di nulla, rispose lui, sapendo io benissimo l'animo suo, avendomelo detto.

Or fattosi areccare due piatti grandi di stagno, in uno di essi vi accomodò il capone e lo arosto, nell'altro vi pose un buon salame et una buona fetta di prosciutto, de' capperini da Genova, delle ulive, un pezzo di formaggio d'Italia ed altre diverse buone vivande e copertogli con due salviette bianchissime; si fece poi dare due fiaschi di vino buonissimo e due coppie di pane perfettissimo e se n'andò et il tutto consignò alla padrona di casa del Duegna.

Or fattosi arrecare duo piatti grandi di stagno, in uno de quali egli vi accomodò il cappone e lo arrosto e nell'altro vi pose un buon salame e una buona fetta di prosciutto, di capperini da Genova, delle ulive, mezo buono marzolino ed altre diverse buone vivande. E copertogli con due salviette bianchissime, si fece poi dare duo fiaschi di vino buonissimo e due coppie di pane perfettissimo e se n'andò ed il tutto egli consegnò alla padrona di casa del Guidoni.

Poscia subito egli volò a casa di don Inico e con un altro apparente contrasegno, che gli diede il Duegna, sottrasse un altro piatto, non meno del primo di ottime vivande e vino mirabilissimo, consignando il tutto laddove avea consignato tutte l'altre robbe. E lo istesso egli essequì in casa di don Lopez, non vi lasciando nulla nelle pentole, se non il semplice brodo e ben poco rastellato e scoppato ch'ebbe lo scaltrito Giovanni queste tre case e riposta la robba in casa del Duegna, se n'andò poi per i fatti suoi.

Poscia subito egli volò a casa del Malespini e con un altro apparente contrasegno che gli diede il Guidoni sottrasse un altro piatto non meno del primo di ottime vivande e vino mirabilissimo, consignando il tutto là dove egli aveva consignate tutte l'altre robbe. E lo istesso egli essequì in casa del Pallantieri, non vi lasciando nulla nelle pentole, se non il semplice brodo e ben poco. Rastellato e scoppato ch'ebbe lo scaltrito zanaiuolo queste tre cose e deposta la robba in casa del Guidoni, se n'andò poi per i fatti sua.

Ritornato il Duegna con li gentiluomini al suo albergo, dopo averli ringraziati gli licenziò; onde don Antonio, come più presso degli altri giunse in un baleno a casa ed essendo assai tardi egli impose a' servitori, che arrecassero in tavola le vivande, quali subito corsero in cucina e trovatavi la serva con la conocchia a cintola a filare:

Ritornato il Guidoni con i gentiluomini al suo albergo, dopo di avergli molto ringraziati, gli licenziò. Onde il Fregooso come più presso de gli altri, giunse in un baleno a casa: et essendo assai tardo egli impose a servitori che arrecassero in tavola le vivande, quali subito corsero in cucina e trovatavi la serva con la connocchia a cintola a filare:

- Ora non è tempo, dissero, di filare, il padrone vuole desinare.

- Che desinare, rispose ella, voi mi parete pazzi.

- Pazza sete ben voi, risposero loro; su su dateci le vivande.

- Io vi darò, disse ella, una fune che vi appichi. Ma sapete voi quello che io farò? Lo dirò al padrone che voi mi stracciate sempre ed ischernite.

- Io vi dico, disse l'uno, che il padrone vuole desinare, uditemi or voi? Ispeditemi.

- Testè egli non è tempo, dissero, di filare: il padrone vuole desinare.

- Che desinare, rispose ella, voi mi parete pazzi.

- Pazza siete ben voi, risposero loro, su, su, dateci le vivande.

- Io vi darò, diss'ella, una funeche vi appicchi. Ma sapete voi quello che io farò, lo dirò al padrone che voi mi straziate sempre ed ischernite.

- Io vi dico, disse l'uno, che il padrone vuole desinare, uditemi or voi, ispeditemi.

- Levatimi davanti, disse ella, senonché con una pianella io ti spezzarò il capo.

- Io credo per me, rispose lui, che voi siate ubriaca. Deh, in malora vostra, bevete meno o almeno adacquatelo.

Ciò udito da lei diede di piglio alla conocchia per dargliela in testa, di che l'altro sdegnatosi gli la ruppe, onde ella gridando a più non posso corse subito dal padrone, dicendo:

- Lievamiti davanti, disse ella, se non che con una pianella io ti spezzarò il capo.

- Io credo, per me, rispose lui, che voi siate ubriaca. Dhe, in malora vostra bevete meno, o almeno annacquatelo.

Il che ciò udito da lei diede di piglio alla connocchia per dargline in testa. Di che l'altro sdegnatosi, gne ne ruppe. Onde ella gridando a più non posso corse subito dal padrone dicendo:

- Questi sciagurati, signore, mi stracciano sempre ed ingiuriano onde se voi non li rimediate, provedetevi d'un altra serva, ch'io non vi voglio più servire.

Don Antonio, che l'amava molto, corse per dar le sue a' servitori; ma eglino, che se n'avidero, comperarono il porco e gli fuggirono dalle mani. Onde egli confortandola promise di rimediarvi; poscia gli disse:

- Arrecatemi da desinare, che io mi muoio di fame.

- Oh, disse ella, voi non avete adunque pranzato?

- Questi sciagurati, signore, mi straziano sempre ed ingiuriano, onde se voi non gli rimediate provedetevi di un'altra serva, che io non vi voglio più servire.

Il Fregoso che l'amava molto, corse per dare le sue a servitori, ma eglino che se n'avidero, comperarono il porco e gli fuggirono dalle mani. Onde egli confortandola, promisse di rimediarvi. Poscia gli disse:

- Arrecatemi da desinare, che io mi muoro di fame.

- O, diss'ella, voi non avete adunque pranzato?

- Quando o dove, rispose lui, volete ch'io abbia pranzato? Io credo che voi vi sognate: arrecatemi, vi dico di nuovo, da mangiare e finianla oggimai!

- Che cosa volete voi ch'io vi arrechi, non vi essendo nulla di cotto, avendosi Giovanni il tutto seco portato.

- Qual Giovanni?, disse lui, che tresche mai e che ciancie sono coteste che voi dite?

- Quando, o dove, rispose lui, volete che io abbia pranzato? Io credo che voi vi sognate, arrecatemi io vi dico di nuovo da mangiare e finianla oggimai.

- Che cosa volete voi che io vi arrechi, non vi essendo nulla di cotto, avendo il zanaiuolo il tutto seco portato.

- Qual zanaiuolo, disse lui, che tresche mai e che bagliate sono coteste che voi dite?

Ella allora oltremodo smarita disse:

- Egli è signore venuto un uomo in nome vostro, dicendomi che voi desinate fuori di casa e ch'io vi dovesse mandare un piatto buono di vivande e del vino. Onde io gli ho lasciato fare il piatto a modo suo: dicendole tutte le robbe che vi aveva posto dentro e così anco mi diede il contrasegno della levriera.

Ella allora oltremodo smarrita disse:

- Egli è, signore, venuto un zanaiuolo in nome vostro, dicendomi che voi desinavate fuori di casa e che io vi dovessi mandare un piatto buono di vivande e del vino. Onde io gli ho lasciato fare il piatto a modo suo, dicendole tutte le robbe che vi aveva posto dentro e così anche il contrasegno della levriera.

Onde egli sentendo questo si imaginò subito che don Inico o don Lopez le avesse fatto la burla. Onde incontanente egli prese la spada e la cappa e più che di buon passo si aviò verso la casa di don Inico, quale trovatolo a rampognare per lo medesimo effetto con la sua serva, gli disse:

- Addio buon compagno, sai tu fare mai meglio di questo? Ma dammi tu almeno la parte mia e poi in malora tua godine il rimanente, poich'io mi muoio di fame.

Onde egli sentendo questo s'imaginò subito che il Malespini, o il Pallantieri, le avesse fatta la burla. Onde incontamente egli prese la spada e la cappa e più che di buon passosi aviò verso la casa del Malespini, quale trovatolo a rampognare per lo medesimo effetto con la sua serva, gli disse:

- Addio buon compagno, sai tu fare mai meglio di questo? Ma dammi tu almeno la parte mia e poi malora tua godine il rimanente, poiché io mi muoio di fame.

Il che udito da don Inico gli caddè subito nell'animo, che egli le avesse fato trasfugare le vivande sue, dicendogli:

- Tu fingesti bene di sottrarti indietro e fuori del giuoco, per poter poi fare salto maggiore? Guardimi Iddio da mori bianchi; ma non ti curare, che al dispetto tuo, se io non ne potrò aver altro, roderò almeno l'ossa che vi siano rimaste.

Il che ciò udito dal Malespini, gli caddè subito nell'animo ch'egli le avesse fatte trasfugare le vivande sue, dicendogli:

- Tu fingesti bene di sottrarti indietro e fuori del giuoco, per potere poi fare salto maggiore? Guardimi Dio da Mori bianchi, ma non ti curare che al dispetto tuo, se io non ne potrò aver'altro, io roderò almeno l'ossa che vi sieno rimaste.

- Deh di grazia, disse don Antonio, più non mi deleggiare: ma dammi tu da mangiare, perché io mi cado di fame.

Presa don Inico anch'egli la spada e la cappa, disse:

- Andianne, andianne, che noi mangiaremo bene in casa tua.

Soggiungendo:

- Dhe, di grazia, disse il Fregoso, più non mi dileggiare; ma dammi tu da mangiare, perché io mi cado dalla fame.

Presa il Malespini anch'egli la spada e la cappa, disse:

- Andianne, andianne, che noi mangiaremo bene in casa tua, soggiungente.

- Or vanne, che io ti perdono, facciamo la pace, contentandomi io che tu mi sia stato tanto cortese, con il venirmi a chiamare e participare del mio potendolo tu solo godere.

- Tu mi farai, rispose don Antonio, quasi che bello rinegare il cielo.

Or vanne pure tu, che io ti perdono. Facciamo la pace, contentandomi io che tu mi sia stato tanto cortese, con il venirmi a chiamare e participarmi del mio, potendolo tu solo godere.

- Tu mi farai, rispose il Fregoso, quasi che bello rinegare il Cielo.

E detto ciò, egli si avviò verso la cucina pensando di trovare le vivande; ma don Inico trattolo per un braccio, dissegli:

- Di qua si va a chi vuol mangiare; ma ahimè che io temo che tu abbia già alzato il fianco ed ora tu mi voglia con queste cianze tue trattenere a corpo voto.

- Veramente che questo io potrei dire a te, ma non ti curare, che io quando meno tu vi pensarai, te ne pagherò bene.

E detto ciò egli si aviò verso la cucina, pensando di trovare le vivande, ma il Malespini trattolo per un braccio, gli disse:

- Di qua si va a chi vuole mangiare, ma aimè che io temo che tu già abbia alzato il fianco ed ora tu mi voglia con queste ciancie tue rattenere a corpo vuoto. Veramente che questo io potrei dire a te, ma non ti curare, che io quando meno tu ti pensarai te ne pagarò bene.

Invero sarebbe troppo lungo il raccontare il rimanente dell'alterazioni occorse fra loro, le quali si ponno benissimo considerare che furono ridicolosissime. Et se don Antonio chiamandolo don Inico ed egli seguendo tuttavia il suo camino e giunto in cucina non avesse dalla sua serva udito lo istesso che la sua aveva detto a don Antonio, che vi sopragiunse e si fossero chiariti della innocenza loro, non averebbe la festa avuto mai fine.

Egli invero sarebbe troppo lungo il raccontare il rimanente delle altercazioni occorse fra loro, le quali si possono benissimo considerare che furono ridicolosissime. E se il Fregoso, chiamando il Malespini ed egli seguendo tuttavia il suo camino e giunto in cucina non avesse dalla sua serva udito lo istesso, che la sua aveva detto al Fregoso, che vi sopragiunse; onde chiariti della innocenza loro, non averebbe la festa avuto mai fine.

Per la qual cosa se n'andarono incontanente verso la casa di don Lopez, rendendosi sicuri ch'egli le avesse fatto quella burla. E non ve lo trovando ed inteso dalla sua serva il medesimo che era succeduto a loro e che perciò egli era uscito per ritrovargli, credendo anch'egli che gli avessero rapite le sue vivande, i poverelli morendosi di fame, se ne girono ora da uno ed ora da un altro con tanta sfortunata sorte, che giamai in alcun caso cosa tale s'ha veduto, né udito dire; tuttavia con grandissima pazienza sopportarono la disaventura loro.

Per la qual cosa se n'andarono incontanente verso la casa del Pallantieri; rendendosi sicuri ch'egli le avesse fatta quella burla. E non ve lo trovando ed inteso dalla sua serva il medesimo che era succeduto a loro e che perciò egli era uscito per ritrovargli, credendo anch'egli che gli avessero rapite le sue vivande. Onde i poverelli morendosi di fame, se ne girono ora da Erode ed ora da Caifasse.

Finalmente incontratosi buona pezza insieme rampognarono, non si potendo levare dal capo, che uno di loro fusse stato l'auttore delle beffe; increscendogli fuori di modo che oltre la perdita delle vivande loro, aveano anco digiunato tutto il giorno, non se ne potendo dar pace, parendogli che cotesto tiro dovesse di gran lunga superare tutti li altri e che per sentenza del giudice fussero anco astretti a pagare la cena patuita.

Finalmente incontratisi buona pezza insieme rampognarono e non si potendo levare dal capo che uno di loro non fusse stato l'autore delle beffe, increscendogli fuori di modo che oltre la perdita delle vivande loro, avevano anco digiunato tutto il giorno, non se ne potendo dar pace, parendogli che cotesto tiro dovesse di gran lunga superare tutti gli altri e che per sentenza del giudicefussero anco astretti a pagare la cena patuita.

Et perché don Antonio fin da principio si era sottratto dalla impresa e sinora egli non aveva esseguita azione alcuna rubatoria, come avevano fatto loro, i due compagni tennero per fermo ch'egli non volesse scoprire il fatto se non alla presenza del giudice.

E perché il Fregoso sin da principio si era sottratto dalla impresa e sin ora egli non aveva essequita azione alcuna rubatoria, come avevano fatto loro, i duo compagni tennero per fermo ch'egli non volesse scuoprire il fatto, se non alla presenza del giudice.

Laonde affannati e stanchi e con il ventre voto se n'andarono concordi insieme dal Duegna e postosi a sedere per contra di lui gli esposero quanto era avenuto, attendendo i due che don Antonio il palio seco ne rapportasse. Or il Duegna infingendo di meravigliarsene molto, loro disse:

Laonde affamati e stanchi e con il ventre vuoto, se n'andarono concordi insieme dal Guidoni e postisi a sedere per contra di lui, gli esposero quanto era loro adivenuto: attondendo i duo che il Fregoso il palio seco ne rapportasse. Or il Guidoni, infingendo di maravigliarsene molto, loro disse:

- Evvi alcuni di voi che voglia in questo caso dire più nulla? S'egli v'è, facciasi innanzi e lo si dica.

Allora i due guatando don Antonio dissero:

- Esci, esci tu pur fuori oh astuta volpe, essendo ora il tempo.

Soggiungendo:

- Ti pare ch'egli abbia indugiato sino all'ultimo crollo.

- Evvi alcuno di voi che voglia in questo caso dire più nulla. S'egli vi è facciasi innanzi e lo dica.

Allora i duo guatando il Fregoso, dissero:

- Esci esci tu pur fuori o astuta Gollie essendo ora il tempo. Soggiungendo: pare egli mai ch'egli abbia indugiato fino all'ultimo crollo?

E vedendo poi che non rispondeva, se ne maravigliarono. Onde di nuovo il Duegna protestò loro, se volevano dire altro:

- Non già noi, risposero i due.

- E voi don Antonio, soggiunse il giudice, che ne dite?

- Io non dico nulla, rispose lui.

Et vedendo poi ch'egli non rispondeva, se ne maravigliarono. Onde di nuovo il Guidoni protestò loro se volevano dire altro.

- Non già noi, risposero i dui.

- Et voi Fregoso, soggiunse il giudice, che ne dite?

- Io non dico nulla, rispose lui.

Sentendo allora i compagni la disposizione sua, rimasero ingannati dalla falsa loro opinione di credere ch'egli fusse stato il rubatore. E perché come si è detto egli non aveva fatta azione alcuna conforme alle loro si rendevano sicuri ch'egli sarebbe condannato a pagare fra loro la patuita cena.

- Or, disse il Duegna, se voi proporrete ogni giorno nuove cautelle e furti in giudizio, noi non giungeremo mai a capo della sentenza, sicché se voi vi contentate che io sentenzi, secundum allegata et probata, io il mi farò.

Sentendo allora i compagni la disposizione sua, rimasero ingannati della falsa loro opinione di credere ch'egli fusse stato il rubatore. E perché, come si è detto egli non aveva fatta azione alcuna conforme alle loro, si rendevano sicuri ch'egli sarebbe condennato a pagare tra loro la pattuita cena.

- Or, disse il Guidoni, se voi proporrete ogni giorno nuove cautele e furti in giudizio, noi non ne giungeremo mai a capo della sentenza. Sì che se voi vi contentate che io testè sentenzii, secundum allegata et probata, io il mi farò.

- Allora, disse don Antonio, via pure in malora, poiché so di esserne il paga.

- Deh finianla noi pure, finianla!, risposero li altri due.

Allora il Duegna rivoltosi al suo servitore, gli disse:

- Fa' porre in ordine la cena, volendo io che questi gentiluomini cenino meco, ma provedi tu che vi sia di buono e copiosamente da mangiare, poiché per quanto io odo, i poverelli sono ancor digiuni.

- Allora, disse il Fregoso, via pure egli in malora, poiché so di esserne l'oca ed il paga, ma finianla noi pure.

- Finianla, risposero gli altri duo.

Allora il Guidoni rivoltosi al suo servitore, gli disse:

- Fa' porre in ordine la cena, volendo io che questi gentiluomini cenino meco, ma provedi tu che vi sia di buono e copiosamente da pettinare; poiché per quanto io odo i poverelli sono ancor digiuni.

- Oh che gentile e cortese giudice, dissero loro; siate pur voi benedetto mille volte da Dio, poiché conosciuto appieno il bisogno nostro gli avete prontamente rimediato; certo che voi meritate che noi vi diamo doppie sportole e che vi piovi adosso un miglione di casi, trattando voi così ben coloro che vi capitano per le mani.

- Oh che gentile e cortese mai giudice, dissero loro. Siate pure voi benedetto per mille volte da Dio, poiché conosciutone appieno il bisogno nostro gli avete prontamente rimediato. Certo che voi meritate che noi vi diamo doppie sportule e che non vi piovono addosso un milione de casi; trattando voi così bene coloro che vi capitano per le mani.

Soggiungendo:

- Ma s'egli vi piacesse anco la sentenza dopo cena, ciò ne sarebbe molto grato, accioché colui che l'averà contra avendo il ventre pieno la possa pazientemente tollerare, ch'avendolo voto egli portarebbe pericolo a non venir meno.

- Facciasi pure come meglio vi piace, disse il giudice, desiderando io di compiacervi e tutti ricrearvi.

Soggiungendo:

- Ma s'egli vi piacesse a differire anco la sentenza dopo cena, ciò ne sarebbe molto grato; accioché colui che l'averà contra, avendo il ventre pieno, la possa pazientemente tollerare; ch'avendolo vuoto egli portarebbe pericolo a non venire meno.

- Facciasi pure come meglio vi piace, disse il giudice, desiderando io di compiacervi e tutti ricrearvi.

- Non già, risposero, delle nostre vivande, che ci sono state furate.

Or mentre che la tavola si apprestava, vi discorsero molto sopra, non si potendo mai imaginare che gli avesse fatto burla sì solenne, giurando tutti di esserne innocenti.

- Veramente, disse il Duegna, il reo scopritore di furto sì solenne per levarvi ogni dubbio dal capo egli meritarebbe di esser assolto e liberato.

- Non già, risposero, delle nostre vivande che ci sono state grappite.

Or, mentre che la tavola si apprestava, vi discorsero molto sopra, non si potendo mai imaginare chi le avesse fatto burla così solenne, giurando tutti di esserne innocenti.

- Veramente, disse il Guidoni, il re scuopritore di furto così solenne, per levarvi ogni dubbio dal capo egli meritarebbe di essere assolto e liberato.

- Sì certo, risposero tutti, con avergline anco non poco d'obligo; e s'egli fusse compreso ne' latrocini nostri, non vi è dubbio alcuno che il palio ne rapportasse e l'onore, che di pieno consenso noi gli concederessimo.

Soggiungendo:

- Ma di grazia, che si mangi!

- Lavatevi le mani, disse il Duegna, poiché le vivande sono in tavola.

- Sì, certo, risposero tutti, con avergline anco non poco obligo. E s'egli fusse compreso ne latrocinii nostri, non vi è dubbio alcuno che il palio non ne rapportasse e l'onore che di pieno consenso non gli concederessimo. Soggiungendo: ma, di grazia, che si mangi.

- Lavatevi le mani, disse il Guidoni, poiché le vivande sono in tavola.

Onde postisi a sedere come affamati lupi, gli diedero dentro che un boccone non aspettava l'altro.

Ciò veduto dal Duegna, disse:

Onde postisi a sedere come affamati lupi gli diedero dentro che un boccone non aspettava l'altro. Il che ciò veduto dal Guidoni, disse:

- Buon pro vi faccia, voi benissimo pettinate, ma mangiate pure allegramente, poiché mangiate cose vostre. Voi ve ne avederete.

Risposero:

- Dateci pure voi sempre di queste vivande nostre, che più che volontieri noi le mangiaremo.

- Buon pro vi faccia. Voi benissimo pettinate: ma mangiate voi pure allegramente, poiché mangiate cose vostre.

- Voi ve ne avederete, risposero, ma dateci voi pure sempre di queste vivande nostre, che più che volentieri noi ne mangiaremo.

Allora il Duegna si rise e loro attendo al fatto loro alzavano il fianco e vedendosi oggi mai quasi satolli, con più mediocrità si tratenevano. Or venne veduto da don Antonio l'arme sue intagliate in un piatto di stagno che gli era davanti, quale disse:

- Cotesto piatto è robba mia.

Allora il Guidoni si rise ed eglino attendendo al fatto loro alzavano il fianco. Et vedendosi oggimai quasi satolli, con più mediocrità si trattenevano. Or venne veduto al Fregoso l'armi sue intagliate in un piatto di stagno, che gli era davanti, quale disse:

- Cotesto piatto è robba mia.

- Ella è veramente vostra, disse il Duegna, non ne fate dubbio alcuno.

Gli altri due convitati da quelle parole guatarono ancor loro piatti, ch'avevano innanzi ed iscorgendovi altresì l'arme loro, dissero:

- E questi sono pure nostri.

- Sì sono invero vostri, rispose il Duegna, voi invero vi apponete.

Soggiungendo:

- Ella è veramente vostra, disse il Guidoni, non ve ne fate dubbio alcuno.

Gli altri duo convitati da quelle parole guatarono ancor loro i piatti ch'avevano inanti ed iscorgendovi altresì l'armi loro, dissero:

- E questi sono pure nostri.

- Sì, sono in vero vostri, rispose il Guidoni, voi al vero vi apponete. Soggiungendo:

- Or eccovi qui il reo confitente che voi desideravate tanto di sapere, però come gentiluomini, che voi siete, io mi dò a credere che non mancherete della parola vostra di non gli perdonare, siccome promettesti di fare.

Poscia loro disse di punto in punto tutto quello che Giovanni aveva di ordine suo esseguito e de' contrasegni datigli. Allora i gentiluomini rimirandosi l'un l'altro nel viso, ridendo a più non posso, dissero:

- Or ecco qui il reo confitente che voi desideravate tanto di sapere, però come gentiluomini che voi siete, io mi do a credere che voi non mancarete della parola vostra, di non gli perdonare, sì come promettesti di fare.

Poscia loro disse di punto in punto tutto quello che il zanaiuolo aveva di ordine suo essequito e de'contrasegni datigli. Allora i gentiluomini rimirandosi l'uno l'altro nel viso, ridendo a più non posso, dissero:

- Valenziano e dottore eh? Guarda la gamba, guarda la gamba or sì che voi ce l'avete fatta di doppio invito e tiratane la posta.

Soggiungendo:

- E chi non darebbe mai altrui da cenare con la robba sua?

- Voi avete torto, rispose il Duegna, a così condolervi, poiché io, con lo star cheto, me la potevo solo godere; ma lo usare oggidì cortesia ad ingrati, ella è certo una mala cosa.

Soggiungendo:

- Ascolani e dottore eh? Guarda la gamba, guarda la gamba. Or sì che voi ce l'avete fatta di doppio invito e tiratane la posta,soggiungendo: e chi non darebbe mai altrui da cenare con la robba sua?

- Voi avete il torto, rispose il Guidoni, a così condolervi, poiché io con lo istar cheto me la potevo da me solo godere. Ma lo usare oggidì cortesia ad ingrati ella è certo una mala cosa.

Soggiungendo:

- Ma di che grazia ditemi vi dolete voi, essendo stata la parte mia così poca. Che noia da mai ella a voi di mangiar le vostre cose più in un luogo che in un altro? Il poco che io ho goduto, vadasi per il pranzo che io vi diedi l'altro giorno, quale egli è pur forza ch'io ve lo rinfaccia. Quanto al furto praticando io con voi, che vi siete da me querelati per ladri, voi mi avete attaccato il vizio naturale vostro, dicendo il proverbio: chi pratica co' ladri, impara a rubare; ma sapete quello ch'io vi voglio dire? Fate a modo mio, state cheti, accioché non si spandi per Madrid,

- Ma di che, per grazia ditemi, vi dolete voi essendo stata la parte mia così poca. Che noia dà mai ella a voi, di mangiare le vostre cose più in uno luogo che in un altro. Il poco che io ho goduto vadiasi per il pranzo che io vi diedi l'altro giorno, quale egli è pure forza, che io ve lo rinfaccia. Quanto al furto, pratticando io con voi che vi siete da me querelati per ladri, voi mi avete attaccato il vitio vostro, dicendo il proverbio: pares cum paribus. Ma sapete voi quello che io vi voglio dire, fate a modo mio, istate cheti, acciocché egli non si spandi per tutta la città

che certo saressimo tutti tenuti per ladri, poiché alla fine, a me egli si darà poco, massimamente che fra ore brevi io me ne anderò per i fatti miei; ma che sarà di voi che restarete dopo di me, io mi vi raccomando, poiché voi udirete da tutte l'ore in tutti i canti certi piti, piti, che punto non vi piaceranno.

di essere tenuti tutti per ladri, poiché alla fine a me egli si dirà poco; massimamente che fra ore brievi io me n'andarò per i fatti mia, ma voi che restarete dopo di me, io mi vi raccomando, poiché voi udirete da tutte l'ore in tutti i canti certi pissi pissi che punto non vi piaceranno.

- Signor ladrone, anzi arciladrone, risposero loro, voi favellate benissimo e discorrete da praticone molto saviamente, però noialtri satelliti vi vogliamo ubbidire sempre in ogni impresa vostra e sempre concedervi il luogo primiero di maggioranza.

- Voi non farete se non bene, disse il Duegna, lasciandovi da me regere e governare; e per segno di questa ubbidienza vostra, a tutti io vi faccio un brindici.

- Signor ladrone, anzi, arciladrone, risposero loro, voi favellate benissimo e discorrete da pratticone molto saviamente, però noi altri satelliti vi vogliamo ubidire sempre in ogni impresa nostra e sempre concedervi il luogo primiero di maggioranza.

- Voi non farete se non bene, disse il Guidoni, lasciandovi da me reggere e governare. E per segno di questa ubidienza vostra, a tutti io vi faccio un brindisi,

I quali ridendo li resero lo invito. Poscia egli soggiunse:

- A me altro non resta compagnia mia bella ed amata da me al pari della mia vita, se non di ringraziarvi con tutto il cuore dei molti favori e cortesie, che mentre io son stato in Madrid voi mi avete fatte; e perché dimattina io dissegno di partire per Cartagene ed ivi attendere la liberazione di Valenza, che per quanto io odo ella non può guari ritardare, però io chieggio licenza da voi, offerendomi laddove io sarò pronto e preparato per farvi sempre ogni servigio, che per me si potrà mai fare.

i quali ridendo gli resero lo invito. Poscia egli soggiunse:

- A me altro non resta, compagnia mia bella ed amata da me al pari della vita mia, se non di ringraziarvi con tutto il cuore, de i molti favori e cortesie, che mentre io sono stato in Firenze voi mi avete fatte. E perché domattina io dissegno di partire per Padova ed ivi attendere la liberazione di Vinegia, che per quanto io odo ella non può guari ritardare, però io chieggo licenza da voi, offerendomi là dove io sarò pronto e preparato per farvi sempre ogni servizio, che si potrà mai per me fare.

Allora i gentiluomini lo ringraziarono infinitamente, increscendole molto la dipartenza sua. Onde la mattina, per tempo lo vollero accompagnare lungi cinque miglia da Madrid e dopo d'aversi vicendevolmente molto abbracciati, seguendo il Duegna il suo camino, gli altri se ne tornarono a Madrid nelle case loro.

 

Moralità

 

Allora i gentiluomini lo ringraziarono infinitamente, increscendole molto la dipartenza sua. Onde la mattina per tempo lo vollero accompagnare fino all'uccellatoio, lunge cinque miglia da Firenze. E dopo aversi vicendevolmente molto abbracciati, seguendo il Protonotario Guidoni il suo camino, gli altri se ne ritornarono a Fiorenza nelle case loro.

 

Chiunque segue il suo piacere, convien ch'abbia gambe da levriere; e chi di gallina nasce, convien che raspi; e chi di gatta nasce, sorci piglia e se non piglia, non è sua figlia; il lupo cangiai il pelo, non il vezzo. Disse un picaro eccellentissimo: - io sono un'oca ed oca convien ch'io muoia, perché dove posso arrivar con le mani, non vi bisognano uncini, né scale: bisogna guardarsi da chi ha le mani fatte a rampino o da chi con esse bestemmia. Simili uomini buon consiglio è il fuggirli, perché chi pratica col lupo, impara a urlare; ed una mela marcia, ne guasta cento, però pratica co' buoni e sta bene co' cattivi, percioché un tristo ne fa cento; e de' cattivi uomini, appigliati al men reo, che così coglierai la rosa, senza pungerti ed apprenda ciascuno a ben vegliare, che se chiudono gli occhi, non vedranno la serpe che sta sotto l'erba nascosta, perché anche gl'inganni dimorano ne' petti ed animi eminenti, come dalla qui appresso Diceria iscorgerai, che a te sarà di non picciolo ammaestramento.

 

 

 

 

 

Che in persona grande non conviene che frode vi dimori e quando ciò segua, ottimo parere è fortificarsi con virtudi corrispondenti, per sottrarsi dagl'inganni. Diceria essemplare e di grandissimo documento.

 

 

Non è maggior invitamento di amore, che prevenirsi l'uno l'altro amando l'amicizia, ch'è il condimento ed il sale di nostra vita; e per molti anni s'affina ed a guisa di congelato cristallo si mantiene tanto lucida e chiara, quanto l'invidia invecchiata ed in odio conversa, diventa schifa e abbominevole. Se le amistà devono essere durevoli, è di mistiero che l'amico sia leale, mansueto e piacevole verso l'altro.

Et quegli è veramente leale, mansueto e piacevole, che dal giusto e dall'onesto giamai s'allontana. Non lodo in niuna maniera la piacevolezza de' ruffiani, de' barri, de' parasiti, de' buffoni, delle meretrici, degli adulatori e de' picari vegliacchi e specialmente s'alcun di questi è guercio, perché tanto più in questi tali non vi è se non inganni, truffarie, maledicenze, tradiggioni, ladronezzi e mille azioni infami; onde da essi è sbandita ogni leale, piacevole e mansueta operazione;

e questa qualità de' picari ti consiglio, amico mio, a fuggirla come merce fetente ed appestata e massime in questa stagione, che non è quel tempo che le civette cacavano mantelli: anzi, se tu l'averai buono, con un farti stravedere te lo levaranno dalle spalle e dalli effetti te ne accorgerai; e tanto più, quando non sanno parlare se non a migliaia e far il seicento, invece di sessanta o fare il Rodomonte ed il Gradasso, narrando bugie e falsità manifeste e variando i registri, per non far sempre un medesimo verso. Oh come sono vigliacchi!

Non sanno fare i latini, se non per le regole raspanti e truffanti: ma le concordanze bene spesso riescono discordanti, perché tante teste, tanti cervelli e mentre che la va secondo l'intento loro, dicono:

- Suona, ch'io ballo!

E quando ciò dicono, bisogna aver l'occhio alla padella ed alle mani loro: guardati, guardati che viene il lupo e seco la volpe, non ti fidare, fa' che da te stiano lontani e come disse un saggio pazzo che consegliò star lontano da costoro quanto lungi sarebbono cento casse di gomitoli di filo aggroppati insieme e questo perché non è in loro vera e leal piacevolezza. Non è girlanda o corona di maggior pregio che cinga le tempie de' gran personaggi di quella della piacevolezza, dell'umanità, della mansuetudine e dell'affabilità. Di simile corona si cinsero il crine Antigono, Filippo, Giulio Cesare, Pompeo, Dario, Tito ne' loro regni ed imperi.

Vinse più popoli Ottavio Augusto con la mansuetudine che con gli esserciti. Per insignorirsi degli animi degli uomini et farsi degli amici, non v'è il megiore ed il più ispedito e sicuro mezo, che l'essere carezzevole, mansueto ed ufficioso in giovare ad altri, ove si può in ogni affare giusto ed onesto. Quanto di lode s'acquistarono sempre i mansueti ed i piacevoli, tanto più di vituperio meritarono i Busiridi, gli Erodi, i Felaridi, i Faraoni, i Mezenzi, i Caliguli, i Diocleziani e tutti i superbi, misleali e cipollosi uomini. Se l'amico è in buona fortuna, non lo perturbi l'altro.

Se ha moglie o figlia bella, non gliela rubbi l'altro. Intendimi chi può, che m'intend'io. Cotesta non è la buona via. Se Iddio, per gran pietà, non vi ponesse le sue misericordiose mani, quanti assassinamenti, tradimenti, distruggimenti et vituperi seguirebbono ogni giorno? Rimedia tu Signore a tanti eccessi: e per esempio di ciò ti voglio narrare un'ammirabile avvenimento, che successe già già nella nostra Spagna; e perché è seguito in persona eminente, tacerò per modestia il nome e raccontarò ordinatamente il caso, che seguì in questa maniera(41).

 

 

 

 

Ladislao re di Spagna, fu principe di grandissimi stati e ricco quanto altro a' giorni suoi si trovasse; ma perché oltre a modo alle volte si lasciava vincere dall'ozio, inimico d'ogni virtù, lasciavasi trasportare dai suoi pensieri alle voluttà, nutrimento di disonesta lascivia, non guardando d'esser congiunto in matrimonio con una principessa non meno grande di lui ed adornata dal cielo di beltade e di costumi incomparabili, che degna la rendevano d'essere amata e con ossequiosa maniera riverita:

Ladislao re de Ispagna, caro figliuolo e voi generosa compagnia, fu principe de magno stato e rico quanto altro forsi che a' di suoi se trovasse. Epso vincto da l'ozio, nimico de virtute e da voluptuosi pensieri, nutrimento de lascivia, non guardando essere copulato de bella e savia donna, figliuola del re di Scocia, se inamorò de la figlia de uno suo nobile citadino e al suo stato molto fidele, nominata Placida, savia, onesta, costumata e bella più che altra giovene che nel suo regno in quel tempo se trovasse e alevata mediante il suo preclaro ingegno in degni effecti de doctrina e forsi più che a donna non conveniva.

nondimeno a molti il pan bianco di casa gli fa nausea e per trarsi la ingorda fame si cibano con pan negro e muffo. Il re Ladislao, non mirando più oltre, s'innamorò in una giovane, figlia d'un suo nobile gentiluomo e fedelissimo suddito nominata Placita, savia onesta, costumata e bella più che altra giovane che nel suo regno in quel tempo si trovasse ed allevata (mediante il suo vivace ingegno) in varie scienze e dottrina e forsi più che a donna non conveniva,

del cui amore il re s'accese per si fatto modo che non potendo per altra via, che molte ne tentò per venire all'effetto de' suoi pensieri, fece che la moglie d'un suo caro gentiluomo e stretta parente della madre della giovane, che di pochi mesi prima era morta, l'invitò un giorno seco a disenare: nel qual giorno e nella cui cas il re prevenendovi secretamente la mattina per tempo, in un gabinetto o guardacamera si nascose.

Del cui amore epso re se accese per si facto modo che, non potendo per altra via, che molto ne tentò, venire a l'effetto del suo pensiero, fece che la moglie de uno suo amico, stretta parente della matre de la giovene che de pochi mesi prima era morta, la invitò uno giorno seco a disenare: nel qual di el re, prevenendo secretamente in casa de questo suo amico la matina per tempo, in una guardacamera de la casa se nascose.

Or venuta la giovane ed il padre di lei a disenare con questa sua parente, poiché ebbero desinato ed alquanto dimorato in vari ragionamenti, sì come è costume, di commun parere il padre della giovane et il marito della parente uscirono di casa et andarono a passeggiare per la città. Allora la nimica e traditrice parente, che altro non bramava, disse:

Or, venuto la giovene e il padre de lei a disenare cum questa sua parente, poi che ebbeno desenato e stato alquanto in rasonamenti, come interviene, da inde a poca ora col marito de questa sua parente usci de casa; onde la indiscreta donna, che pur altro non desiderava, dixe:

- Placita figliuola mia andiamo alla mia camera, ch'io ti voglio mostrare alcune belle cose, che sono certa che molto ti piaceranno.

E così dicendo si diedero mano e la condusse nella camera, dov'era il re e di essa chiuso l'uscio ed aperto un ricco coffano mostrolli or questa or quell'altra gioia, tutte di gran prezzo e valore. La parente, come ordinato aveva fu chiamata et a Placita voltatasi le disse che quivi l'aspettasse, che tosto tornarebbe et uscendo di camera chiuse l'uscio. Ciò molto ben conosciuto dal re, subito uscì dal gabinetto e venne dove Placita dimorava e con riverenze la riverì e salutolla, dicendo:

- Placida, figliuola mia, vien meco in la mia camera, ché io te voglio monstrare alcune belle cose che son certa te piacerano molto.

E cum queste parole menatola in la camera dove era el re e chiuso Lusso de quella, aperse uno rico coffano e, mostrandoli or questa or quella altra zoglia, tutte de gran prezio e valore, la dolosa donna, come ordinato avea, fu chiamata; la quale, dicendo a Placida che l'aspectasse un poco ché testé tornarebbe, usci de la camera e l'usso chiuse. Il che cognosciuto per il nascosto re, subito uscitte della guardacamera e venne dove era Placida e a lei cum lieta faza dixe:

- Dio ti salvi graziosa giovane.

Vedendosi Placita alla di lei presenza il re, ebbe grandissimo spavento e quasi fu per gridare ad alta voce; ma confortandola il re a non aver paura ed a non dire cosa alcuna, s'ingegnava con ogni spirito e dolce parole d'indurla al suo volere: laonde veggendosi l'afflitta giovane in gran timore e sollecitudine, subito ella si lasciò cadere genocchioni a' piedi del re, umilmente raccomandandosi a sua maestà e supplicando quella con riverenti et divoti prieghi, che non la volesse offendere nel suo onore. A' cui detti, ardendo d'amore il re, disse:

- Dio te salvi, graziosa giovene!

La quale, come vide il re ebbe grandissimo spavento e quasi non fu per gridare ad alta voce; ma confortandola el re a non avere paura e a non dire cosa alcuna, se ingegnava cum tutte le forze del core ligarla nel suo volere. Del che essendo in gran timore e sollicitudine, l'afflitta giovene se gettò subito in terra genochioni a' piedi del re, recommandandose umilmente a la sua Maiestà e supplicando quella cum devoti preghi che nel suo onore non la volesse offendere. A cui el re, ardendo d'amore, dixe:

- Placita sappi che molto tempo è che da me sei amata e sarai finch'io vivo, perché tu sei il cuore del mio cuore né mai il mio sarà senza il tuo cuore, per la tua nobile gentilezza, più chiaro et più singolare di qualsiasi cosa da me veduta in questo mondo; et però dico che se sarai savia, io ti farò la più contenta e consolata donna, che sia sopra la terra, con questo però che tu della tua grazia degno mi faccia et pregoti, se pregar ti posso, a consolarmi col farmene degno, accioché presso di te et supra ogn'altro lieto et contento vivere possa.

Et detto che ciò ebbe, le fece notabile instanza ch'ella si levasse in piedi: alle cui instanze ella rispose:

- Placida, l'è molto tempo che da me sei stata amata e serai finché io viva essendome paruta la toa belleza, la tua virtù e la tua gentilezza più chiara e singulare che altra cosa da me mai veduto nel mondo. Per questo te dico, se savia sarai, te farò la più contenta donna che sia in terra : e questo è che me faci de la tua dolce grazia degno, la quale caramente te priego concedere me vogli, acciò presso te sopra ogni altro lieto e contento vivere possa.

E decto questo, la vòlse far levare in piedi; ma lei, per niente volendo, rispose:

- Serenissimo mio signore, sono certa che m'avete amata et amate come suddita e serva vostra fedelissima et come quella che sempre ho osservato e riverito la real persona vostra, essendo voi mio signore e re. In quanto all'addimandarmi la mia grazia, le rispondo ch'io sono povera feminella et di poco affare appresso voi: ma seppure alcuna grazia vi è in me, intendo che sia questa di servare a vostra gloria sempre pudica et intatta l'onestà della vita mia, ad onor dell'altissimo Iddio, di mio padre, del vostro sangue e del vostro regno: né so che maggior grazia possiate voi da me ricevere, che siete signore adorno d'ogni virtute et d'ogni valore, certificando la eminenza vostra ch'il mio cuore pudico et casto è tutto dedito e divoto alla sublime altezza vostra.

- Signor mio altissimo, sono certa me aveti amata e amate come vostra fidele subdita, perché io ho sempre observata la vostra Serenità come mio re, signor e duce. Adimandandome la mia grazia, ve rispondo che io sono povera feminella e di poco afare presso vui; ma se alcuna grazia pur è in me, intendo che sia questa de servare a vostra gloria sempre pudica e onesta vita, a onore del mio patre, del nostro sangue e del vostro regno. Né so che magior grazia possiate da me recevere vui, che seti signor de virtute e de valore, che 'l mio core casto, integro e devoto della vostra Altezza.

- Non bisogna, soggiunse il re, con queste tue umane et benigne parole, oh bellissima Placita, che tu ti ingegni et isforzi sodisfare alla intenzione mia, che per altro tempo m'è nota la tua dotta facondia, la cui virtù presso la tua vaga beltà, m'hanno acceso il cuore del tuo amore per così fatto modo, che senza conclusione del mio pensiero di qui non mai intendo partirmi; il quale ad altro non è inclinato, che con esso teco prendere amoroso diletto e però ti prego ad esserne contenta, che felice e contenta ti chiamarai e vogli avere, oh cara, bella e da me amata giovane, della mia stanca vita compassione, che la tua bella immagine iscolpita porto nel mezo del cuore:

- Non bisogna, rispose el re, cum queste tue umane parole, o bella giovene, che tu forzi satisfare al mio bisogno, ché per altro tempo m'è nota la toa doctrina e facundia; le quale virtù presso la dolce tua bellezza me hanno acceso del tuo amore per si facto modo che, senza conclusione del mio pensiero, de qui non intendo partir giamai: il quale non è d'altra natura se non de prendere teco amoroso piacere. Onde te priego sii contenta, ché ancora te chiamerai felice, vogli avere, o cara giovene, della mia stanca vita compassione: perché nel pecto cusi bella come tu sei effigiata te porto,

né conforto o consolazione veruna può entrare in me, senza il tuo special favore, né alcuno ragionamento grato m'è stato giamai, dopo ch'io ti vidi e conobbi, senza esservi tu stata mentovata; ed ora in ricompensa di tanto amore tu mi vuoi alla tua presenza et della tua dolce speranza privare? Ma dimmi, oh vita mia, vuoi tu alcuna cosa da me? Non star malinconica, mirami e chiedi e domanda, che sebben m'addimandasti tutto 'l mio reame, volentieri io te 'l concederò o altra cosa, che più cara mi sia, se ben fusse la propria vita, non desiderando se non di compiacerti, accioché lieta e lungamente vivi sopra la terra.

Alle cui troppo infuocate parole, Placita così rispose:

né conforto veruno puote entrare in me senza il tuo nome, né veruno rasonamento mai m'è stato caro, dapoi ch'io te cognobbi, senza esservi tu stata recordata. E ora per merito de tanto amore me vói della tua dolce speranza spogliare? Ma dimme: vói cosa alcuna da me? Chiedi, comanda: ché se ben adimandasti tutto il mio reame, io tei concederò voluntieri, o altra cosa che più cara me sia, se ben fosse la propria vita, non desiderando se non de viver tuo perpetuamente.

A queste parole Placida rispose:

- Re e signor mio, il vostro dire, ancorché efficace molto, mi ha oltre a modo turbato il cuore, lo spirito e l'anima, che se il vero debbo dire, mi sento grandemente trafitta et tanto maggiormente vedendovi a sensuale e vano amore inchinato: tuttavia spero nel Creator del cielo e con speranza certa che essendo voi vero principe e re prudente, non fareste se non cose oneste e di laude degne et vorrete che la ragione in questo punto vinca un tanto sfrenato appetito, che in un par vostro non si conviene e se altrimente faceste, verreste ad usare un tristo e villano effetto.

- Signor mio caro, le vostre parole (benché efficace) me turbano il core e 'l spirto cum l'anima me affligono, vedendovi a vano amore inclinato; quantunque son certa essendo vui vero re e prudente, non farete se non le cose oneste e de laude degne e voreti che la rasone vinca a questo punto l'appetito, come se conviene a li vostri pari. Ché altrimenti facendo, usaresti effecto villano e tristo:

Perché, siccome il re nell'abito è differente dall'altra gente, così ne' costumi, nella magnanimità, nella clemenza, nella retta rettitudine et in ogni altra virtù morale, accompagnata da timorosa vergogna, da onorata fama et da splendidissimo splendore dee apparere senza alcun neo di macchia negli occhi di ciascuno;

perché come il re ne l'abito è differente da l'altra gente, cussi debbe essere ne' costumi, nella magnanimità, nella clemenzia e in ogni altra morale virtù, temendo vergogna e fama e virtù splendida menando.

et perciò signor mio, raffrenate questa vostra indiscreta voglia, temperate questo vostro ingordo desiderio, disarmatevi di questa iniqua cupidigia, con la quale in un medesimo punto macchiereste et in tal modo offendereste Iddio et gli uomini, che oltre l'infamia del mondo e la ruina, forsi, del vostro regno, provaresti infine l'eterna morte, facendovi certo che né preghi, né promesse, né doni mi potrebbero mai indurre a commettere un tanto fallo; perché non è cosa da me più abborrita, quanto la libidine et l'avarizia, le quali per continua esperienza et per sentenza degli uomini sapientissimi sono fondamento et radicata radice d'ogni male, come al presente veder potete,

Unde, signor mio, rafrenati questa vostra indiscreta voglia, temperati questo vostro ingordo desiderio, disarmative de questa iniqua cupidità, la quale a uno medesimo tempo Dio e gli omini in tal modo offenderebbe che, oltra la infamia del mondo e la ruina forsi del vostro regno, provaresti alfine eterna morte: facendove certo che prieghi, doni né promesse mai me potrebbono condure a tanto fallo, perché non è cosa da me più aliena quanto la libidine e l'avarizia, le quale, per continua experienzia e per sentencia degli omini divi e sapientissimi, sono fondamento de tutti i mali, come al presente vedere poteti.

che per tali venenosi frutti sono stata quivi alla presenza vostra con frode condotta, sperando questi pessimi sensali per questo vituperevole servigio, conseguire da voi qualche dono, alcun beneficio. Credete voi, oh sacra maestà, ch'io sia stata qui condotta per benevolenza? Veramente v'ingannate se tal cosa credete; con ciò sia se fusse vero amore, a quest'atto così nefando non si sariano mai indotti, nemmeno la maestà vostra, se lealmente mi amasse, certo non si sarebbe lasciata indurre a commettere un così lascivo effetto; ma l'avarizia loro e la libidine vostra n'è stata sola cagione, la quale nasce dall'ozio, dal quale vi siete lasciato vincere e da falso sentimento trasportare in tanta lussuria e tanta felicità di stato opprimervi;

Ché per tali venenosi fructi sono stata quivi alla vostra Sublimità dolosamente conducta, sperando quisti pessimi sensali per questo spurco effetto consequire de vui qualche dono o benifìcio. Credeti voi, sacro sire, ch'io sia stata qui conducta per benivolenzia ve sia portata? Ingannato siete s'el credete veramente: cum ciò sia, se fusse vero amore, a questo acto si nefando per voi se seriano mai inducti, né la vostra Maiestà, se amasse me e loro e la soa fama, se sarebbe mai potuta indure a si lascivo effetto. Ma l'avarizia loro e la libidine vostra, causata solamente da l'ozio, dal quale in tanta luxuria e felicità de fortuna ve avete lassato vincere e opprimere, ne è sola casone.

ma quel ch'è peggio, che la vostra corona non ha il dovuto adornamento, cosa che voi dovereste avere, perché non avete pure un amico, che il vero vi dica, ma solo avete uomini lusinghieri e falsi e questo a mio giudizio è il maggior errore, che commettano i gran principi e personaggi, credendo d'esser amati da simili sorte d'uomini, li quali, come scoglio in mare, voi e gli altri fuggire deveresti:

E pegio è che, a compimento della vostra corona, non aveti uno solo amico che'l vero ve dica, ma solamente omini blandi e lusingheri: e questo, a mio judicio, me pare el magiore errore che com- metteno li principi e magnati, credendo essere amati da simile generazione de omini, li quali come scoglio in mare voi e gli altri fugire dovresti.

sicché avendo vostra maestà prestato fede ad uomini tali, vi siete lasciato qui racchiudere, con determinazione di violarmi e rapirmi la mia onestade, che quando ciò fareste, io vi certifico che da me stessa e con le proprie mani darò fine a' giorni miei, il che sarà con notabile vergogna della vostra corona ed infelicità di tutto il vostro regno.

E qui si tacque. A così prudente ragionare il re restò tutto confuso e non molto dopo le rispose in questa maniera:

Si che, inclito re, la mia onestate ve recomando: la quale quando sia pur vostro pensiero violare e rapire, ve rendo certo che cum le proprie mano metterò fine subito a li mei giorni: che non fia senza extrema vergogna della vostra corona e infelicità del vostro regno.

A le quale parole el re in tal modo rispose:

- Placita mia, ora conosco e chiaramente comprendo esser vero quello che mi fu già detto, cioè che tu ed il tuo amore ad altro uomo avevi donato, che molto me ne duole; però sappi che quando al mio ardentissimo amore non ti vogli benignamente umiliare, sarò forzato d'incrudelire in te e nel tuo amore: ti prego dunque che non mi vogli più contradire, che cagione saresti di procurarmi ad ira, la quale non potrebbe essere se non con esterminio della tua fama;

- Ora comprehendo e cognosco chiaramente essere vero quello che me era stato detto, Placida mia, cioè che tu el tuo amore ad altro uomo avevi donato: che molto me ne dole. Però te notifico che, pur quando al mio ardentissimo amore non te vogli benignamente inclinare, me serà necessario incrudelire in te e nel tuo onore; però te priego che non me vogli più far predicare invano né condiscendere a ira, la quale non potrebbe essere se non cum exterminio della tua fama.

ma se pietosamente sodisfarai alla mia volontà, subito ed immediatamente conoscerai non esser donna al mondo più felice di te, né mai ti dolerà d'avermi compiacciuto, perché tu terrai perpetuamente la chiave nelle mani dell'animo mio e di tutti i miei pensieri.

A cui Placita così disse:

Ma pietosamente satisfacendo al mio bisogno, cognoscerai incontinenti non essere donna al mondo quanto te felice; né mai poi te dolerà d'avere el mio desiderio adempiuto, perché tu porterai eternamente le chiave in mano de l'anima mia e de tutti li mei pensieri.

A cui Placida:

- Sire, mio signore, affermare, né negare voglio, che non sia stato detto alla maestà vostra, che il mio onesto amore sia ad altro uomo dedicato, conoscendo quanto è pronta in questo mondo la natura umana a dire e pensar male del prossimo ed anche a far peggio e specialmente quando veggono alcuna persona a vivere costumata e cristianamente.

- Sacratissimo signor mio, affìrmar né negar voglio che non sia stato detto alla vostra Maiestà che 'l mio amore sia ad altro uomo dedicato, cognoscendo quanta è prona a questo tempo la natura umana al dire male de altrui e a pensare e far pegio e maximamente quando vedeno alcuna persona moralmente vivere:

Ma a me pare che bastar vi debba la mia innocenza e so che sapete che Iddio ottimo massimo è scrutatore de' nostri infermi animi, il quale conosce la mia casta mente e la costanza dell'animo mio in voler servare e conservare perpetua onestade e virtuosa vita e però credete fermamente che a quell'ora m'indurrò a compiacervi, quando che Plutone salirà ad abitare i superni chiostri;

ma a me pare che debba assai bastare la mia innocenzia. E sapete che Dio optimo el quale solo è scruptatore de' nostri infermi animi, cognosca la mia casta mente e la magnitudine de l'animo mio in servare perpetua onestate e virtuosa vita; e per questo persuadetive fermamente che a quel'ora me inducerò a satisfare alla vostra lasciva voglia che Plutone abitarà i superni chiostri.

ma grande benignità sarà la vostra e della vostra regia mente, se ponendo la coscienza al debito suo luogo laudarete il mio ottimo proposito ed il cuor vostro dissolverete da questa rabbida voglia e me come fedelissima vostra suddita confermarete nella mia deliberata castitade, consacrata al mio futuro marito, che la divina providenza e mio padre dare mi vorranno.

Attendi il rimanente.

 

 

Ma grande benignità serà la vostra e della vostra regia mente se, ponendo la conscienzia al debito suo luoco, laudareti el mio optimo proposito e il core vostro desolvereti da questa rabida voglia e me ultimamente come fidelissima vostra subdita amplificareti nella mia castitate dedicata al futuro marito, che la divina providenza e il mio patre dare me vorano.

Prudenza grande usata dal re Ladislao di Spagna, nel rafrenare le proprie voglia e la nobile costanza di una principal donzella; esempio a' personaggi ed ad ogni altro, che virtuosamente brama di vivere.

 

 

Il re conoscendo per queste ultime parole l'animo di Placita esser lontano dal suo corrotto appetito ed il tempo assai più breve, vinto da fragile cupidità e da impudicizia tutto acceso, rispose:

El re, cognoscendo per queste parole l'animo de Placida farse più alieno dal suo corropto appetito e tuttavia el tempo (che era breve assai) volare, vincto da cupida fragilità e de impudicicia tutto acceso, respose:

- Io non ho, Placita mia, bisogno di questi tuoi documenti, né m'è necessario il predicar tanto tua castitade e la tua forte continenza, perché voglia, o non voglia tu, io voglio seguire il mio fermo proponimento, il quale è di solazzarmi teco, ancorché ne dovesse ruinare il regno e la mia persona insieme; e però ti conforto a non dir più parole, ma prontamente a seguire il mio intento e non lo facendo volontariamente a tuo dispetto voglio trarmi questa sete e per mai sempre farotti esser la più vituperosa femina del mondo:

- Placida mia, io non ho al presente bisogno de questi toi documenti, né me è necessario el predicare tanto tua castitate e continenzia, perché, quando ancora avesti facto voto servare quella perpetuamente, io vorei sequire el mio fermo proponimento el quale è de prendere teco a ogni modo amoroso piacere, se ben ne dovesse la mia corona minare. E per questo te conforto a non dire più parole, ma a seguire cum bono effecto el mio pensiero; e nol facendo, te rendo certa che da me non te partirai senza tuo villano dispiacere e farote la più vituperosa femina del mondo:

sicché piglia l'uno de' due partiti, che a te più piace, perché ad ogni via uscire voglio di questa pratica.

Et col finire queste parole la pigliò gagliardamente con animo deliberato di sforzare la costante Placida, fuori del cui petto uscirono, come folgori, sospiri ardentissimi et dagli occhi rivoli abbondanti di lagrime cadendogli, frettolosamente si lasciò cader ginocchioni a terra et abbracciando i piedi al re et gli occhi dirizzando verso il cielo con tutti gli atti di pietosa pietade, disse:

si che piglia quello partito te pare, ch'io voglio a ogni modo de pratica uscire.

E cum queste parole prendendola per volerla sforzare, Placida, fuori del pecto un vento de suspiri mandando e degli occhii uno fonte de lacrime, abrazzando li piedi del re e alciando gli occhii al cielo, pietosamente dixe:

- Oh sommo et benigno Iddio pregoti per la tua gran misericordia a porgermi soccorso, né volere che a questo modo la mia vita, la mia onestade et la mia onorevolezza in un sol colpo perisca. Et voi serenissimo signor mio, perché volete con tanto furore incrudelire nella mia pudicizia? Perché mi volete far specchio di ogni miseria a tutto 'l mondo? È dunque questo il premio della lunga fede e divota servitù di mio padre fatta a voi et alla vostra corona?

- O summo e benigno Dio, se alcuna pietà vive in te, soccorrime a questa volta, né volere che 'n questo modo mia vita pera. E voi, serenissimo signor mio, perché voleti cum tanto flagizio incrudelire nella mia virginità? Perché me volete voi fare spechio de miseria a tutto el mondo? È questo el premio della longa fede e devota servitù del mio patre verso la vostra corona?

Questo è l'esempio che volete lasciare alla posterità del tempo del vostro nome? Ahimè signor mio, disarmate il cuor vostro d'appetito così profano, vinca a questa volta quella vera virtù ch'è vostra propria e riducetevi a memoria la continenza di Scipione Africano il Grande, al quale essendo donata quella bella e nobile sposa di Luceio, duce de' Celtiberi, che allora dominava parte del vostro ampio regno, egli non solamente diede e donotti la libertà, ma anzi con grandissimi doni et intatta la restituì e donò al suo sposo e signore.

È questo lo exemplo che volete lassare alla posterità del tempo del vostro nome? Ahimè signor mio, disarmate el vostro core de appetito sì profano; vinca a questa volta vera virtù tanta vostra folia e reducetive1 a memoria la continenzia de Scipione Africam magiore, al quale essendo donata quella bella e nobile sposa de Luceio, duce di Celtiberi el quale alora dominava parte del vostro ampio regno epsa non solamente fece libera, ma illibata ancora e intacta e cum amplissima dote restituì e donò al suo signore e sposo.

Oh cuore illustrissimo che fu il suo et veramente degno delle somme lodi dategli dal scrittore di tanta nobile istoria. Siavi chiarissimo specchio ancora quel generosissimo effetto che di se stesso dimostrò Alessandro il Magno, re di Macedonia, quando gli furono appresentate le bellissime figliuole e la vaga moglie del re Dario, le quali nonostante che nate fussero d'un suo nimico et ribelle delle sue glorie, volle che fussero pudiche ed illese conservate. Oh che magnanimo re fu costui et veramente degno di quel nome et di quelle glorie che per mai sempre viveranno nei secoli de' secoli.

O cor illustre che fu el suo e veramente degno de preconii, li quali celebra de lui tutta la nostra istoria! Fative spechio ancora de quello generoso effecto che di sé mostrò Alexandro macedonico, quando li fu presentate le bellissime figlie e la moglie de Dario, le quale, nonobstante fossono nate d'uno suo nimico e rebelle alle sue glorie, vòlse che fusseno illese conservate e pudiche. O magnanimo re che fu costui e degno de quel nome e gloria, quale mai in alcuno seculo o etate mancarrano!

Dirizzate similmente gli occhi della mente vostra in Pompeo il Magno, il quale ritrovandosi vittorioso in Armenia ed avendo fatto preda della bella Stratonice e di molte degne e belle e vaghe concubine di Mitridate re di Ponto suo capital nimico, giamai con alcune di esse congingere si volse, anzi tutte intatte rimandò alli loro genitori o parenti o mariti, essendo tutte loro di progenie illustri di duchi e gran personaggi di quelle provincie.

Drizzati ancora gli occhii della vostra mente a Pompeio magno el quale essendo in Armenia e avendo preso la bella Stratonice e molte degne e belle concubine de Mitridate, re de Ponto, suo capitai nimico, mai cum alcune de quelle giungere se vòlse, and tutte intacte restituì alli soi essendo tutte loro sorelle o moglie de nobili omini core la justizia,

Questi sono, oh sacra maestà, veri effetti di principe giusto e saggio, le cui rare virtudi gli rendono immortali eternamente e di uomini, per cotante virtù, si fanno simili a' dei. Uno di questi gloriosi effetti fate che esca dal magnanimo petto vostro, che non meno di tutti costoro sete grandissimo re; usate verso di me la vostra clemenza e vieppiù la vostra pietà, le quali splendidissime virtudi vi renderanno perpetuamente glorioso e molto più di quanti sudori e sangue spargereste mai, sotto il peso delle dure ed aspre battaglie, che tanti anni, con somma vostra gloria travagliato avete.

Se il figliuolo di Priamo re nobilissimo di Troia avesse considerato il fine della rapita moglie di Menelao, la ruina del paterno regno e di se stesso, accompagnato gli ultimi stridi veduto, né udito non averebbe. Et similmente se il superbo romano avesse con prudenza temperato il suo sfrenato desiderio verso Lugrezia, non avrebbe visto lo esterminio proprio e di tutta la sua cas a insieme. Et ancorché non sia da pormi in paragone con le figliuole de' Greci e de' romani principi, pure questo con gli altri vostri peccati, non dubito che sariano cagione della ruina del vostro stato: laonde se al fine delle nostre operazioni dirittamente pensassimo, ottimo frutto ne seguirebbe.

Et però siano impiegate le vostre armi, cavalli, edifici, pace, battaglie ed i vostri esserciti, con atti di liberalità, con animo augusto e con azioni virtuose, che al sicuro se ciò farete, il nome glorioso de' più alti principi e famosissimi uomini trapasserete ed invincibile ed immortale sarete dai più vivaci ingegni con le penne loro celebrato, che non meno per le parole e scritti loro, che per bellissime statue di marmo o di bronzo per mai sempre le glorie vostre manifesteranno.Abbracciate dunque con tutte le forze del cuore la giustizia,

regina ed imperatrice di tutte le altre virtudi. Stringete con ogni studio la fortezza, dalla quale piove nella vita umana tante meraviglie. Amplificate la modestia, ingagliardite la temperanza e fortificate la continenza, le cui regie virtudi vi ponno far, per così dire, beato in terra. Et perciò fuggite ogni tirannico vapore, scacciate da voi ogni atto lascivo e sbandite con animo gentile questa vostra libidinosa voglia, la quale adesso con tanto impeto vi ha posto assedio.

regina e duce de tutte l'altre virtute; strengeti cum ogni studio la forteza, dalla quale piove nella vita umana tante maraviglie; amplificate la modestia, la temperanzia, la continenzia, le quale ve pono far beato in terra; fugiti ogni vapore tirannico, fugati da vui ogni acto lascivo, calcati cum animo grande questa libidinosa voglia, la quale adesso cum tanto impito v'ha posto assedio.

Et all'incontro magnificate la mia costanza, esaltate la mia continenza et con occhio di pietoso e saggio re donatemi la vostra pace e il vostro sincero e casto amore; che certo vi piacerà infinitamente d'aver vinto voi stesso in questa fragile ed inetta voglia e questo facendo, verrete a fare cosa gratissima a Iddio et altramente operando meritatamente indegno re saresti chiamato, il cui titolo non senza gran misterio di prudenza vi è attribuito.

Magnificati, ch'è tempo, la mia constanzia exaltati la mia continenzia e, cum occhio de pietoso e savio re, donatime la vostra pace e 'l vostro sincero amore: ché ve piacerà infinitamente avere vincto voi istesso in questa fragile e inepta voglia. E questo facendo, simile a Dio sareti; e altrimenti operando, indegno re meritamente appellato saresti: il quale titolo, non senza gran mistero de prudenzia, v'è tribuito.

Et detto che ella ebbe queste parole, avendo il dolente petto di lagrime bagnato gli baciò umilmente i piedi e qui si tacque. Il re ancora che fusse disposto di proseguire il scelerato stupro, pure avendo gustato le sentenziose parole della nobile giovane e quelle più celesti, che umane avendo riputate, con potente freno strinse e costrinse dentro di sé la libidinosa fiamma; et quella con il valore grazioso della giovane e del timore divino estinse. Onde prendendola per la mano la fece di ginocchioni levar in piedi e disse:

E detto queste parole, avendo el dolente pecto de lacrime bagnato, li baciò umilmente li piedi; e qui se taque.

Il re, ancora che fusse disposto al scelerato stupro, pur, avendo gustato le sentenciose e luculente parole della giovene e quelle più presto celeste che umane avendo reputate, cum potente freno strenxe dentro la libidinosa fiamma e quella, cum grazia della giovene e timore divino, subito estinxe. Onde prendendola per la mano, la fece de genochio levare in piedi e dixe:

- Placita le tue efficaci parole di dolcezza e d'auttoritade piene m'hanno ridotto a fare tutto quello che più a te piace e che grato e giocondo a te sia; onde vivi sicura e senza alcun timore, ch'io abbia più mai a macchiare la tua virtuosa onestade, la quale a me è stata tanto cara, quanto qual si sia tesoro del mondo; e col tempo sforzerommi di farti conoscere che sei da me non più di lascivo amore, ma di sincero e casto amata: onde con la mia benedizione a tuo piacere di qui partir ti puoi, pregandoti però che ciò che abbiamo qui dentro fatto, a niuna persona giamai vogli ridire.

- Placida, le tue efficace parole, de dolceza e aucto- rità piene, me hano inducto a far tutto quello che grato e iocundo te fia: di che vive secura senza alcuna tema che abia mai più a maculare la tua virtuosa onestate, la quale m'è tanto cara quanto tesoro del mondo. E sforzarome col tempo de farte cognoscere che sei da me non più d'amore lascivo, ma de sincero e casto amata. Onde cum la mia benedictione a tuo piacere de qui te parte, pregandote imperò che ciò, che abbiamo qui dentro facto e decto, a persona giamai vogli redire.

A cui la discreta e saggia giovane disse:

- Io ho udito più fiate dire che assai sa, chi non sa, se tacer sa; e ch'è meglio mangiare quanto si ha, che dire quanto si sa; e mio avo soleva dire di molte sentenze e tra l'altre dicea questa: non far ciò che puoi, non ispender ciò che hai, non creder ciò che tu odi e non dire ciò che tu fai.

A cui la giovene reverentemente de ben fare dicendo, usci della camera; e il re, partita la luce del giorno, secretamente retornò alle sue reale case.

Et so anche che il tacere non fu mai scritto: e tacendo s'adorna l'uomo, perché il parlar poco rende istimazione; sicché ubbidirò a' cenni della maestà vostra.

Ed in un istesso tempo riverentemente inchinandosi uscì dalla camera. Et il re sparita che fu la luce del giorno, secretamente ritornò alle sue regie abitazioni,

ove rivolgendo dentro di sé la grandezza dell'animo di Placita e la immensa sua prudenza, di lei non si poteva né saziare, né scordarsela. Avvenne dopo due anni che la regina, consorte del re, sterile si morì:

Dove revolgendo in sé la grandeza de l'animo de Placida e l'alta sua prudenzia, né de quella se potendo saciare, accade che tra spacio de dui anni la regina, consorte del re, sterile moritte.

laonde trovandosi il re senza moglie e senza figliuoli, era cotidianamente invitato ad accompagnarsi con figlie di gran principi e regi, ma egli avendo fisso nella mente la sua prudente ed amata Placita e tra se stesso essaminato con gran giudizio le bellezze, i costumi, l'aspetto grave e grazioso, la nobile costanza d'animo, la invita prudenza e le infinite altre sue virtudi, si dispose (lasciando da parte l'esser semplice cittadina) di torla per moglie:

Onde trovandose el re senza mogliere e figliuoli era invitato a prendere figliuole de gran principi e ri; ma lui, recordatose della sua amata Placida ed examinato cum gran judicio le bellezze, li costumi, l'aspecto grazioso, la virtù, la constanzia e la invicta pudicizia e l'altre sue incredibile virtute, se dispose, postergata la exile e bassa sua condizione, torla per moglie, considerando pur nui da la umana carne del primo patre creati. E facta questa ultima deliberazione,

et così la face addimandare al padre suo per moglie, il che consentì con somma gloria, trionfo singolare e special sua consolazione e molto più con giubilo di tutti gli suoi sudditi. Amendui vissero lunghi anni insieme e di così felice matrimonio ebbero bellissimi e saggi figliuoli e dopo la morte del re rimanendo Placita al governo del regno per testamento del marito,

la fece domandare al patre suo per moglie; e quella prese cum summa gloria e triunfo. A singular consolazione sua e de tutti li suoi subditi vixe uno buono tempo ed ebbene bellissimi figliuoli e doppo la morte sua remanendo ella al governo del regno per testamento del marito,

come sapientissima regina, li suoi popoli con pace, unione, abbondanza, pietà e giustizia governò, sicché lo stato e le forze regie non poco moltiplicarono e con somma sodisfazione de' sudditi.

come sapientissima regina li suoi populi cum tal pace, unione, abondanzia, pietate e iustizia governò, che le force del regno cum grazia de li populi fece molto magiore e ampie che prima non erano.

 

 

S'io conoscerò che grata ti sia stata questa seconda parte della mia vita, ben presto ti darò la terza e quarta parte molto più vaga, più ricca e più curiosa di questa, con bellissimi avvenimenti ed al mio solito con sentenze, detti e fatti gravissimi dall'esempio e speculazione de' quali apprenderai documenti importanti e di molta tua sodisfazione e diletto.

Moralità

 

Da questa nobile diceria molto bene si comprende quanto mala cosa sia all'uomo qualificato il lasciarsi trasportare e vincere dagli appetiti sensuali; e molto più gran prudenza e sapere dimostra la donna onorata a non assentire a queste vane pazzie; anzi gloria immortale ella s'acquista: perloché permette Iddio che da basso stato a sublimi grandezze si giunga onde non vi è cosa che uguagliar si possa alla costante continenza d'una gentildonna, che per cotanta virtù ella si rende vittoriosa e celebre nel mondo, come all'incontro di macchia indelebile rimane macchiato ogni cavaliere che dal vizio dell'immodestia e dalla pazza sensualità si lascia vincere ed offuscare l'intelletto; e sappiasi che colui che una volta ha perduto la vergogna, mai più non la racquista e chi vuol salvar onore, abbia sdegno in fronte e fuoco in cuore.

 

IL FINE