Libro Primo, Capitolo Primo


VITA DELLA
PICARA DI MONTAGNA
Libro Primo

DELLA SCRITTORA BEFFEGGIATA

 

Octavas de esdrugulos

 

Al comenzar Justina entró Perlícaro

llamado el matraquista, semi astrólogo(1).

Miró a medio mogate, al uso pícaro.

Y viendo un libro sin título, ni prólogo,

hizo el columbrón y pino de Ícaro.

Tosió. Sentose, y dijo: — Yo el theólogo

condeno por nefando este capítulo,

pues va sin nombre, prólogo, ni título.

A sora chronicona, ya es deífica.

¿No responde? Pues oya es un mal pésimo.

Que porque ha visto ya que nos es prolífica,

dé en coronista el año quincuagésimo.

Métase a bruja(2), que es arte más pacífica.

¿Qué aguarda? Ello ha de ser, no, al centésimo.

Corriose(3) Justina bravea como un Hércules,

aquel que dio famoso nombre al miércoles.

 

 

 

Un beffeggiatore dà la burla a Giustina, perch'ella si fa cronista della sua vita.

Capitolo Primo.

 

{Nascita di Giustina.} Nacque Giustina Diez la picara l'anno dall'enfiagioni(4), che fu bisesto, a' sei d'agosto, nel segno della vergine ed alle sei della semplice goffaggine. Sono ormai nata? Affé che fa freddo. Copritemi di grazia, perché mi vedranno nata ignuda. Voglio tornar nel ventre della mia signora madre, perché non voglio che il mio nascimento sia così a rompicollo. Voglio marchiar di ritorno nella pancia della mia genitrice, sebben dovessi starmene ivi a muso secco, che starò almeno in sicuro e ne ho ben dibisogno per poter senza timore rispondere alle querele d'un beffeggiatore, che (essendo ieri tutto stracciato e quasi nudo) oggi è comparso con una latuca di lino tanto nera quanto ingommata, così duro e tosto, come s'avesse mangiato a tutto pasto schidoni o pertiche; e perché molti vi sono che non lo devono conoscere, io ho determinato dipinger quivi il di lui disegno, la positura e la statura.

{Perlicaro e sua etimologia.} Chiamasi costui Perlicaro a contemplazione d'una sua dama doña Almirez, la quale per il gran concetto che concepì delle di lui buone parti, lo chiamò Perlicaro, imponendole il nome di Perla per la sua bellezza e quello d'Icaro per l'altezza del sagace suo sapere. {Avertiscasi per intelligenza di questo concetto, che il cane in Ispagna si chiama perro.} Meglio a me pare, che sarebbe stato denominarlo Perpicaro, perché era nel parlare mormoratore segnalato e per consequenza veramente cane latratore (il quale fu sempre simbolo così della mormorazione per il latrare, come dell'adulazione per il leccare) e nella conversazione riusciva un perfetto picaro; e così dell'uno e dell'altro si poteva formare la chimera del Perpicaro. Ma passiamo avanti: essendoché questa invenzione d'impor nomi in gergo posticci è un dipinger a propria discrezione ed a volontà.

Entrò l'eccellente sig. Picaro usmando come cane da pernici, andando così tacito e leggiero come se camminasse sopra le ova, disfacendosi per veder ciò che facevo, dando spesse occhiate sopra occhio, con la mano sopra la fronte, alzandosi ad ogni momento in punta di piedi in quella guisa appunto che fanno gli picari quando alzandosi avanti ed all'indietro dicono che fanno l'esaltazione ed il volar d'Icaro.

Questi dopo che vidde quanto desiderava e ch'ebbe riempito il taschino di ciò che pensava dire all'improviso, cominciò ad intortigliarsi alla bizzarra un mostacchio più corpulente assai che una corda di quelle che s'attaccano alle campane, mirando in banda e sopra spalla, come suole un giudice di commissione rimirare gli famigli de' vetturini, con l'occhio biecco, come chi tira d'archibugio, abbassando a volte il capo qual pecora ad ora sesta, volteggiando la lingua sopra l'arco de' suoi denti con la fretta del can del cieco, quando salta per amor d'una bella giovane, con un torcere e ringhignare le narici, ragionando nel naso come chi canta pieno di tedio o di vino, mi parlò in questa guisa.

{Invettiva contro la picara: perché ella stessa scriva la sua vita.} Fuori Giustinetta, fuori picara(5); da quanto in qua s'è posta V. S. ad esser cronista della sua vita e delle proprie operazioni? Scrive ella la istoria di Penelope, di Circe, di Porcia e d'altre di tal taglia? Fa bene; perché potrebbe essere che non ritrovasse altro istorico che vogli narrare la vita d'una persona tanto necessaria, quanto secreta. Pochi vi sarebbono che dopo aver scritto in tal proposito quatro facciate, non gettassero il tutto in un cantone. Per coronista non sarebbe gran cosa che passasse essendoché qualche giorno averà avuto in casa sua più di quatro corone.

{Uomini famosi che scrissero le proprie istorie.} Non vi vergognate cronista di Belzebub? Volete forse fare come Enea, che raccontò a Didone in qual guisa uscisse libero e senza danno dalle ruine e dagl'incendi di Troia e dalle spaventose fortune e borasche del mare? Come Cesare, che comentò e con eloquenza mirabile espose le proprie prodezze, indegne che altri che lui o le predicasse o le scrivesse, potendosi dubitare che da altra mano uscissero o ristrette per invidia o amplificate per adulazione? Come Esdra, che narrò quella reparazione del suo popolo ch'egli operò con una mano e descrisse con l'altra(6)? Maledetta sia la forma che vi stampò. Orsù io perdono a me stesso acciò voi mi perdoniate e mi concediate che possi venir un altro poco avanti.

{Occorrenze che accadono alle parturienti e loro rimedi detti per burla.} In buon tempo son arrivato qui (signora bambina) poiché son gionto ad ora che (per mia gran disgrazia) l'ho veduta nascere involta nella cartilagine de' due più communi offici della repubblica. Dimandate alla vostra mama, se vuole ch'io le facci una tasta con miele ed ova stenticcie e che per lei m'impieghi negli altri offici da comadre? Ma come non gridò vostra madre nel partorire una figliuola così grande? Deve ciò per certo procedere, perché essendo vostra Signoria la terza figliuola e sua madre quasi sdrucita, vi deve aver partorito fuori di tante strettezze ed assente da' dolori, in quella guisa appunto che suole accadere a quelli che si purgano col cetriuolo. Dica a sua madre se vuole un poco di latte da mollificare gli capezzuoli delle mammelle. Vadi di grazia a dirglielo. Orsù spediscasi. Vogli o non vogli, le affermo bene questa verità, ch'io sarò prontissimo a compire quanto mi sono offerto, ogni volta ch'ella abbi la metà sola degli anni che Vostra Signoria al presente ha. {Motteggia la picara di vecchia.} Non le paia strano signora e non le annoi sentirmi così discorrere, perché sentomi infermo di vomito e pur adesso comincio.

Ditemi un poco (così vi levi il cielo queste rugose crespe che la mano vi fa nella fronte) in che legge d'istoria tragica trovaste mai voi che si possi cominciare un libro senza prologo, né capitolo senza titolo? Questo capitolo come può esser capitolo senza capo? Questo libro come può esser libro senza titolo, prologo, né soprascritto? È forse questo l'originale del libro delle carte da giuocare? E voi sete la umanista? Per certo se non sapeste più d'altre umanità che di queste, che sono qui scritte, pochi conti avereste da saldare col'estimazione dell'universo nel giudizio della fama.

Qui tacque il gran mormoratore, perché gli si suscitò una così eccessiva tosse, che lo sforzò a sedersi, la qual cessata (come se fosse stato un senatore ovvero un consigliero) così parlò. {Un superbo facilmente espone gli suoi titoli, anco senza causa.} Io il licenziato Perlicaro ortografo, musico, perspettivo, matematico, aritmetico, geometra, astrologo, grammatico, poeta, retorico, dialetico, fisico, medico, flebotomo, anotomista, metafisico e teologo, dico e dichiaro, che questo primo capitolo e tutto il presente libro è il secondo peccato nefando, non avendo egli né nome, né prologo, né titolo.

Signora supputante, che siete nata l'anno adesso il cerco nel mese gnaun(7) a quanti capitoli pensare di trattare di quel mio concamerante, l'alfiere Santo Lasca, chiamato per altro nome il Moscon continente, che fu vostro marito? {S'offerisce Perlicaro di ampliar maledicamente questa istoria.} Non ci avete voi da dire distesamente come la barcheggiaste nel maritarvi seco ed il successo ancora di quella purga surretizia, con la quale lo faceste tanto enfiare, che fu necessitato ad allargarsi la cintura più d'un cubito? Aiutatemi, quando arrivarete a' confini di questo capitolo, perché io vi voglio porre di mia mano una o due annotazioni nel margine prese dal fiume Lete.

Le farò poscia una tavola segnando in essa gli luoghi communi della vostra vita, i cui notabili avvenimenti sono tutti accaduti dopo che la vostra età s'incontrò co'l zero; ed oltre la tavola le farò un paio di cornucopie non inutili ed insieme, se mi parerà, le aggiungerò un sotano (volli dire un sonetto) {Sotano vuol dire in Spagnuolo cantina; ma non s'è qui mutato il nome spagnuolo per non guastare il bischiccio.} per il principio del vostro libro, acciò paia pure una matassa col suo capo, la quale (se arriverete a poterla stricare) non sarà la prima che abbiate disfatta. Se non volete poi che il vostro libro abbia né piedi, né capo, appiccatevi un giorno chiaro, ma né questo avrà luogo, posciaché se non avete né capelli, né piedi, né capo per lasciarvi vedere, non sarete neanco buona da impiccare. Ma aspettatemi un poco, ch'io darò l'ultimo morso ed abbiatemi un poco di pazienza, perché non voglio far le mie cose tanto in fretta.

Ditemi, madre Berrecinzia se per fortuna la vostra intenzione è di raccontarci la vostra vita a rondone de' capitoli, {La burla con la commemorazione del linaggio.} ed inghiottimento de' numeri, come se fossero l'opere di qualche segnalatissimo dottore (Dio ce la mandi buona) perché vi scordavate de' migliori due terzi della vostra istoria? Il primo è la discendenza della cristianità di vostro padre, gli cui avi sono così ben conosciuti, che niuno può dir di non saperlo; e chi è che non sappi che quei solo son cristiani, i quali non fintamente ricevono il santo battesimo, specialmente quando sono gente che possino saper quel che fanno. Secondo perché solenneggiaste la vostra nascita con la serie degli avi da parte di madre? I quali se da voi fossero stati posti in fila, non avrebbono fatto co' loro sonagli minor strepito di quello che sia solito fare una mandra di muli. Ma oltre questi due capi vi siete anco scordata un altro importante particolare spettante alla vostra vita.

Dichiaratemi un poco, perché passaste sotto silenzio la vostra concezione riferendoci per stupendissimo portento che sapeste tacer que' nuove mesi ne' quali steste nel ventre di quella vostra gran madre, che nel corpo fu balena e nell'anima Celestina? Di più: vi pare di far gran cosa comprendendo con l'imaginazione quel che faceste in quei nove mesi della vostra incredibile taciturnità? Io tengo per certo che in tutti quei nove mesi non siete stata quieta, ma che avete fatto qualche iontrico o imbroglio nelle viscere della vostra madre, come si scrive nell'istoria di quel gran tessitore di tristizie Falenzio, {Falenzio essendo nel ventre di sua madre le vendé le trippe fuori del corpo.} il quale (tutti siam istorici) ne' nuove mesi ch'egli stete nel ventre di sua madre, mentre ella dormiva, le tagliava qualche parte delle trippe e le andava a vendere ai tripari. Che dite signora? Perché non rispondete cosa alcuna? Vi siete forse fatta del numero degli eroi dopo che avete formata di voi tanta istoria che si potrebbe digerire con due scropoli di pilole? Non udite? No ch'è morta: ed ho io da parlar con fumo morto? Anima peccatrice volendo voi fingere veritadi e tender le reti della burla parmi cattivissimo segno che adesso vi venghi questa fiachezza e che vi sovragionga questo svenimento.

Perché adesso, che dovevate profittarvi della vostra esperienzia ed esser maestra di giovanette principianti ed esser quasi un mezo mondo vi date a scrivere? Avete voi consumato tutta la vostra vita in far temprar penne, in fabricar calamai ed in far lustrar carta senza aver scritto cosa che sia di profitto ed ora volete nel più breve terzo della vostra vita spegazzar istorie? Finalmente dopo che la esperienzia vi insegna che non siete più prolifica, né al proposito per far offici in utile della nostra vita, volete tanto attendere a voi, che pretendete di sublimare fino a' corni della Luna una vita, che tanti anni sono che sta soggetta a quei del Toro? E perciò mettete nel principio della vostra produzione che nasceste nel segno della Vergine scordandovi che in quell'ora si fece ecclissi tra la Vergine ed il Capricorno e restò la Vergine superata? {La chiama vecchia e la ingiuria in altri modi con stile satirico.} Fate ciò forse per lasciare gli offici contenziosi ed adattarvi ad operazione pacifica? Mettetevi a far la strega, che averete fatto metà del camino. {La chiama strega.} Perché mi guardate? Ciò ha da essere al sicuro, posciaché è cosa certa che voi siete tanto diligente, che non vi ha da essere balza, né scoglio per cui non navighiate, né passo pericoloso per cui voi non andiate.

Pensate per fortuna di voler esser strega di qui a cinquecento anni? Non lo credete già, perché sarebbe un gran durare tela così logora e se ben fate la sempliciotta, non siete però fagiuolo di quest'anno. Concedo ben (signora cara) che dopo esser d'anni quinquagesima diate nel carnovale, ma non nell'esser istoriografa. E di ciò pensate il quando? Mi direte, ch'è bambina la nuovamente nata. Non possi mai aver bene don Perlicaro, se chi annovera con diligenza gli anni cominciando dal bisesto, nel quale nacque, sino al tempo presente, non ha quarantotto anni tanto giusti, come un mazzo di carte, se per sorte un cinque ed un altro cinque non le costituissero quel numero che nel giuoco di Primiera si suole esprimere con un sette, un sei ed un asso.

Qui pose la mia pazienza il non plus ultra nell'udire l'ultimo noioso motteggiamento. Hai di già udito (benigno lettore) ciò che m'ha detto questo sacco di ciancie. Che dovrebbe in tal caso fare una matrona mia pari? Adirarsi del certo a scoppiacuore. {Il burlarsi degli altri è cosa antica} E se mi dimandi di che, te lo dirò, se mi lascierai respirare un poco. Non m'è stato cosa nuova che vi siano nel mondo de' beffeggiatori e de' momi, né che vi nascano uomini tali, che abbino per natura il burlar tutti, posciaché il Dio d'Amore anch'egli burlò la morte, {Dio d'Amore si burlò della morte.} avendo ei preso per propria impresa quegli amanti che dalla morte erano stati segnalati per trionfo della sua vittoria. Non m'ha dato pena che la pentola desse la burla alla padella essendoché nell'istorie si legge che vi sono stati de' servitori che si sono posti a dar la baia a' principi lor signori. Non mi parve tampoco cosa indegna di petto nobile il sofferire gli scherni e le beffe di abietto motteggiatore e d'un stracciato, {Aquila dove mostri la sua nobiltà.} poiché anco l'aquila (come si vede) mostra la regia sua natura e la spettabile sua nobiltà e paziente al possibile, quando la cornacchia si vuol addomesticar seco ed alle volte anco burlarla col farle visaggi e gesti irrisori, posciach'ella mai perde pure un tantino della sua sofferenza, {È gieroglifico della pazienza.} tanto che alcuni filosofi greci la costituirono per gieroglifico della pazienza de' monarchi ed altri signori, i quali dalla loro eccellenza regia sono quasi che obligati all'esercizio di questa virtù. Ma direte voi, perché s'è adirata Giustina? Lo debbo dire? Sentomi mangiar il cuore dalla rabbia. Aspettate un poco. Io lo dirò a poco a poco, poiché noialtri che siamo infermi di colora(8), non possiamo star tanto a stecco come gli altri.

{Prima cagione della colora della picara.} Or sentite la prima causa. Pigliate questo primo sorsetto. Mi sono adirata che in così cattivo tempo ed in tanto mala stagione, come era il punto nel quale prendendo la penna in mano per mandar alla luce gli miei parti, mi sia stato parlato su la mano. Non sarà già da voi stimata aliena questa ragione della mia ira, né poco verisimile questo motivo della mia colera? E se bene vi sarà chi penserà che la ragione c'ho portato sia veridica, io nondimeno la voglio confermare con una favoletta che non vi spiacerà.

{Favola della volpe e della gatta.} Vi ricordate voi della favola della volpe, che per causa somigliante a questa s'adirò come ho fatto io e diede la maledizione ad una gatta gravida essendo d'agosto, onde da quell'ora in qua nacquero gli gatti d'agosto piccioli e di poche forze? Se non la sapete, uditela, che con la favola della volpe mi lavò il latte mia madre. Stava la volpe un giorno alle foci d'un fiume, sfacendata sì, ma però con la considerazione fissa nel procurare la propria utilità; e come quella che sempre va cercando da mangiare, a sorte le venne una volta pensiero di voler ingannare le sardelle, sentendosi ella una gran voglia di mangiar pesce, cibo che le pareva che fosse corrispondente alla stagione calda della state, come che fosse del mese d'agosto e per tal effetto si pose a scrivere una lettera alle sardelle del mare, il cui tenore era questo.

{Lettera della volpe alle sardelle per ingannarle.} Signore sardelle carissime, il salmon mio signore bacia le mani a Vossignorie e dice che costì 'l mese d'agosto si patisce gran freddo, onde le consiglia a ritirarsi alle foci del fiume ed appresso a' lidi come sogliono essendo ora tempo molto a proposito tra la raccolta de' formenti e la vendemia, nelle quali operazioni stando gli uomini a lavorar ne' campi, aprono larga e sicura strada al vostro passaggio. Per carità le avvertisco che non aspettino a venire secondo il loro costume (perché come vi è successo nel canaletto) non lascieranno pesce alcuno al quale non tendano la rete e non l'uccidino (così si vegano ammazzati essi che tanto ingiustamente perseguitano la vostra bontà). Io non vi pongo niente del mio, servendo solo per espositore del volere del signor salmon. Egli è ben vero che mi pesarebbe molto ogni loro danno, come quello che le porto signolare affetto e che sarei sempre prontissimo a farle ogni servizio, come mi giova credere ch'elle altrettanto farebbono per me, co'l qual fine prego il cielo che le guardi da falsi e da ingannatori. Data in alba a' due d'agosto.

Scritta ch'ebbe e sigillata la lettera la sorella volpe avendo falsificata la sottoscrizione con l'imitar quella del salmone, una gatta pregna, che ivi in quel punto si ritrovava (parendole che la burla fosse ben stradata e che se le sardelle anticipavano la loro venuta essa e la volpe s'impirebbono il ventre a sazietà) per il soverchio contento cominciò a ridere e saltare con grandissimo giubilo e la sua festa fu di tal sorte che nel volere accarezzar la volpe la graffiò ben bene, le guastò la penna, le sbregò la carta e quel che fu peggio, scancellò talmente la lettera, che la rese impossibile ad esser letta. La volpe (scorgendo che il messo da lei ritrovato, ch'era una lampreda, si voleva partire ed avendo poco tempo e meno carta) vedendo che la sua astuzia era risolta in vento ed il suo disegno tanto disfatto quanto il suo ventre era privo della conceputa speranza, maledì con tutto 'l cuore la gatta e quanto portava nel ventre dicendole: {Perché gli gatti d'agosto siano freddolenti.} facci 'l cielo che tu vegga gli tuoi figliuoli arrostiti come sardelle. Questa maledizione data con tanta veemenzia ebbe il maligno effetto suo sopra la povera gatta e da quella ora in poi nacquero sempre gli gatti d'agosto tanto piccioli e freddolenti, che col desiderio c'hanno di scaldarsi, si pongono nel fuoco ad arrostire come sardelle. {Querela della gatta contro la volpe.} Querelossi la gatta criminalemente della volpe avanti 'l tribunale del leone prorompendo in simili parole. Molto poderoso signore, io donna gatta presentando questo memoriale al vostro tremendo cospetto le faccio sapere come tengo ad affitto tutti gli scherzi e burle di terra e di mare per un tanto ch'io pago di censo ordinario, oltreché il lignaggio gattesco e tutti gli miei antepassati hanno avuto un possesso ti tal giurisdizione e d'un privilegio immemoriale. Et essendomi accorto un giorno (usando del suddetto mio privilegio ed essecutoria) di scherzare con la madre volpe in cosa però di poco rilievo essa ingiustamente mi ha imprecato alcune maledizioni, le quali hanno pregiudicato sommamente a me ed ai miei figliuoli; del quale aggravio supplichevole ed umile prego vostra altezza A. che mi sgravi e mi amministri giustizia regia. Udita la querela il leone fece citare in termine d'otto giorni la volpe, la quale sentita l'accusa datale così fuor di ragione dalla gatta accopiando l'affronto presente con l'ingiuria passata s'infiammò sommamente d'ira e non volendo esser spedita contumace comparve avanti la giustizia e per scolpa dell'errore impostoli fece scrivere negli atti del notaro questa risposta. {Discolpa della volpe in materia della querela datale.} Molto poderoso signore, io donna volpe indegna serva e suddita di vostra altezza rispondendo all'opposizioni ed alle accuse fatemi dalla nostra sorella gatta, affermo che (supposto che io abbi maledetta lei e la sua generazione) non l'ho fatto in modo alcuno per impedirle il ius, che dice di tenere, del scherzare e burlare essendoché in ciò io non me ne impaccio né in bene, né in male; scherzi pure tanto che scoppi, quantunque si converrebbe che una gatta da bene e di già matura ed al presente gravida considerasse quanto mal le stia attendere a' chiassi continuamente; ma poiché dice d'aversi acquistato o comprato tale privilegio, se ne serva quanto vuole, ch'io non pretendo di pregiudicarle; ben mi pare (signor leone) che ogni cosa si debba fare al suo tempo. Ma dicami di grazia l'altezza vostra, le pare che stia bene che mentre io scrivo una mia lettera e tratto il mio bene ed anco il suo, abbi da venire la gatta con le sue mani ingiuste e mandare tutto in malora? Questo è quanto in mio disgravio voglio dire avanti questo tribunale, onde spero non solo di essere dall'incorrotto suo giudicio assoluta, ma di vedere anco castigata con la pena del taglione l'iniqua accusatrice nel che le dimando giustizia. Ascoltate con pazienza le parti il leone e conoscendo che questa era contesa di poco rilievo, volle con la solita sua prudenza quietar la cosa; {Chi governa ha da aver l'occhio alla pace.} onde chiamata l'una e l'altra avanti di sé, doppo avere fatto vedere con evidenti ragioni e con fortissimi argomenti quanto s'abbi con ogni spirito da procurare la pace, {Sentenza del leone nella lite sudetta.} pronunciò (sentenza conveniente alla stretta amicizia de' litiganti) che la gatta dovesse dimandar perdono alla volpe e che per l'avvenire si guardassero dalle contese tanto maggiormente, quanto ch'esse erano della medesima professione, la quale doveva spronarle a quell'unione che fa inespugnabil le città ed insuperabili gli popoli. Errore oggidì nel mondo non avvertito con sommo danno universale. {Applicazione della favola al proposito della picara.} A proposito. Io non dico che chi ha per officio il dar la burla e che non vive d'altro che di beffeggiare, non seguiti la sua naturale inclinazione, quale è il salteggiar nella gatta; ma mi lamento ch'ei sia venuto a parlar su la mano a persona pregna di concetti in tempo che cominciava a partorire: il che è stato come un follar i germogli delle viti e ventar il formento ancora in fiore. {Seconda causa perché s'adirò fu perché fu chiamata vecchia.} Questa è stata la causa del mio disgusto per chi lo vuole credere, ma s'ella va a non porre la verità tra bagattelle, sapete che cosa mi stomacò? Perché (lo debbo io dire? Un'altra volta, gratomi 'l capo, lo voglio dire) perché mi chiamò vecchia di quaranta otto anni almeno ed anco (se avvertiste bene) mi disse quinquagesima, ch'è l'età nella quale noialtre donne non siamo buone per altro che per far la panata. Voglio dire: che noi non potiamo comportare tale aggravio, onde perciò neghiamo sempre gli nostri anni, né ci asterremmo da tal bugia, quantunque ci mettessero la nota della nascita nelle pupille degli occhi; anziché le nostre pupille (come pupille e picciole che sono) abboriscono quella memoria, la quale per esse non è memoria della vita, ma della morte. {Donna niuna non può sopportare che le sia detto vecchia e perché.} Queste sono burle tanto acerbe, che non vi è donna (per antica che sia) che possi sopportarle pure un tantino. Il volere che una donna gusti di simili burle, è appunto un darle un asino invece d'un cagnolino gentile e volere che le gusti il suo raghiare non altrimenti che se fossero vezzi di delicata bestiuola. Chi gode di dire simili facezie, può dire che le piace il mirar a squartar gente, {Perico di Soria e sua crudeltà.} come gustava Perico di Soria nel aprire di sua mano il ventre agli uomini vivi e nel cavrli fuori le trippe: è un toccar sul vivo, è un voler far le parche. Per questo all'udir nominar gli anni m'arrossii, mi commossi ed in simil risoluzione d'animo con un'oncia di colora ed un scropolo di turbazione mi volsi al maligno detrattore ed in tal guisa le parlai.

 

Moralità

 

Concesse agli uomini il benignissimo autore della natura la politica comunicazione delle parole e l'uso di esse non per altro, se non acciò s'aiutassero l'un l'altro nelle miserie di questa travagliosa peregrinazione, acciò si potessero nelle comuni necessità dimandar soccorso e nutrire e fomentare con tal mezo l'amore del prossimo e dinsieme l'amor di Dio ultimo nostro fine. Ma gli uomini ignoranti e viziosi adulterano la lingua e le parole servendosi di esse per comunicar fra di loro cose buffonesche e vane, più degne d'esser taciute, che d'uscire alla luce del mondo. Tali sono quelle che nelle burle e ne' scherzi ordinariamente usano gli giovani studenti, le dame cortigiane e la gente della fazione di Giustina(9) e Perlicaro, come s'è visto nel passato capitolo e si vedrà ancora nel seguente.

 

 

 

 


DELLA CONTRABEFFEGGIATA COLERICA
 
 
 

Terceto de esdrugulos

 

Justina está de cólera frenética,

por ver que la llamaron quinquagésima,

como si aquesto fuera ser somética.

 

Giustina fortemente s'adira per essere stata chiamata vecchia e mostra quanto sia odiosa in una donna la vecchiezza.

Num. II.

 

Mente, sì che mente l'iniquo picaro (dissi) mercé che non ho tanti anni quanti descrive qui l'annoveratore del diavolo, né perch'egli sia un asino di razza non ha da burlar con gli anni essendo tal scherzo asinesco, {Età della donna di che natura sia.} e sappi che l'età d'una donna poich'è arrivata al zero, par che diventi di cera e come cera va sempre liquefacendosi. Non senza causa comandano li superiori che gli anni d'una persona si registrino in particolare protocolo e che il libro sia custodito da quello stesso, nella mente del quale ogni secreto si sempre ascoso, volendo con così fatta diligenza provedere che niuno né s'impedisca, né tocchi, né si burli degli anni del compagno. E poiché si preggia questo scelerato d'aver mangiato della salsiccia della selva di varie lezioni, pensa egli che sarebbe stato stimato affrono cotanto grave e maledizione sì temuta, {Sterilità perché già si stimasse affronto dalle donne} il dire sterile ad una donna (come dalle istorie si cava) se non fosse stato che la sterilità è un patrimonio speciale delle vecchie? {Nibbi muoiono di fame, perché.} Non sa egli che anco gli nibbi sentendosi vecchi (vergognandosi d'esser tali) non si lasciano veder dalle genti e volendo stare nascosti si muoiono di fame?

{Il serpe ciò che facci per ringiovenire.} Il serpe per non parer vecchio si pone fra la strettezza di due pietre e per ringiovenire non ricusa di scorticarsi, ancorché con sommo suo dolore.

{Aquila procura di farsi giovine e come.} L'aquila non senza pena si frange con violenza il becco, per non parer vecchia e si riduce ancora a cuocersi nell'acqua bollente per rinovar le maestose invecchiate sue piume, d'onde poi ne venne quel detto, che chi vuol bella parere, conviene che le doglia la pele. Lo stesso potrebbe egli apprendere dall'uso commune di parlare, poiché volendo alcuno dire che il fare alcuna cosa gli è di gran tedio e di dolore, dice: argomento infallibile dell'odio, che seco porta la vecchiezza.

{Vecchiezza odiata da tutti e sua favola.} Ma poiché voi avete consumato malamente tutta la vostra vita, perché quel poco di tempo che avete speso nella lezione di frottole insulse e di niun profitto, non l'avete voi impiegato in leggere quel luogo delle antiche istorie, nel quale appare che gli Greci per esprimere quanto fosse odiosa la vecchiezza, anco agli medesimi Dei, dissero che'essendo ella entrata un giorno a vedere il cielo, dopo che fu partita comandò Giove che di due raggi solari si formassero due scoppe, con le quali fusse scoppato il sito dove la vecchiezza aveva impresse le vestigia de' piedi: come che il suo cattivo e pestifero odore potesse corrompere anco lo incorruttibile.

{Due veritadi perseguitate dalle donne e come ciò seguisse.} Riferiscono anco le favole, che nella repubblica di Gausia(10), una donna vi fu,che avendo un giorno gridato e bravato con due veritadi, l'una delle quali era io son vecchia e l'altra io sono brutta, non contenta d'averle villaneggiate con parole, si pose a perseguitarle con gli effetti, né cessò mai dall'impresa, infinché non le accusò falsamente del peccato nefando, inducendo molte femine a testimoniare in tal causa e la cosa passò in maniera ch'essendo state convinte a forza di testimoni furono le due veritadi abbruciate come peccatrici: pensi mò questo maldicente, s'io fossi stata delle donne di quel tempo, con che fantina quelle misere condannate averebbono avuto da fare. Sempre queste veritadi toccano delle noci fresche, le quali malamente imbrattano chi solo le punge.

{Uomini non hanno a male l'esser chiamati vecchi.} Mi dirà egli forse che poiché gli uomini non hanno a male d'esser chiamati vecchi, anziché hanno per affronto l'esser nominati putti, non è il dovere che Giustina s'adiri, se lo stesso nome gli viene imposto. O gentil coperta per melensi e sciocchi. {L'ignoranza de' principi fa che non si sappino gli fini.} Ben pare ch'ei non sia un uomo, non sapendo in che consista l'esser uomo, né penetrando dove abbi la midolla l'uomo e dove la donna, onde dall'essergli occulti questi principi, ne procede l'error ch'ei fa nei fini: ed è appunto quello stesso che solea dire quel scorticatore principiante, il quale, quando vedeva un animale senza orecchie, diceva che non si poteva indovinare dove fosse posta la coda, posciaché l'ignoranza de' principi fa che non si sappino il fine.

{Causa perché gli uomini hanno caro d'esser detti vecchi convertita in lode delle donne.} Se vuole sapere che ciò che ha detto colà tra carne e pelle, non ha fra di sé convenienza più che un ovo con una meza calcia, sappi che gli uomini solo per aver occasione di sottrarsi a tutte le fatiche hanno gusto d'essere chiamati vecchi, ma le donne, come quelle che bramano d'esser pacifiche, profittevoli, salsa gustevole, gallina giovane, raffanetti di maggio, cagnolette gentili, perciò hanno gusto di parer giovanette e le spiace d'esser dette veterane. Così va a ragionar di grosso con quelli che governano il mondo, sino alla mensa de' signori: {Officio dell'uomo e della donna.} sapete che l'uomo fu creato per insegnare e per governare, nel che noialtre donne non c'impacciamo in conto alcuno; dove la donna fu fatta principalmente per aiutarlo (non in questo officio, ma in altri, quando fa di mistiero) alla propagazione dell'umano linaggio ed aver cura della famiglia.

Di qui nasce (attenzione per carità) di qui nasce, dico, ch'essendo l'uomo nella vecchiezza più a proposito per il governo, mercé ch'è instrutto ed isperimentato ne' maneggi, il dirle vecchio è lo stesso che lodarlo ed esaltarlo e le pesa d'incontrarsi con persone tali che lo voglino far giovanetto (di giorno però, che di notte è un altro conto). Per il contrario la donna (come che fu fatta per aiuto di camera) vedendo che gli anni se ne volano e che non però sono dagli uomini abbandonate, pensano sempre d'essere di poca età e per apparir e farsi tali non isparmiano né lingua, né mano; e quindi ne viene che il chiamarle giovanette o fanciulle, è un farle il maggior favore che imaginar si possi. E perciò ben disse quel gran poeta, glosatore inargentato.                              

 

Si quiere gozar lo que goza,

Y lo que el sabio aconseja,

Llamaras moza a la vieja,

Carilla, y niña la moza.

 

Dicami (malnato ch'egli è) hammi forse veduto lasciare di mangiar noci per mancamento di denti? {Modi co' quali gli vecchi pazzi cercano di coprir la canizie.} Son io forsi come lui che per abbellire e far nera la canuta barba, si pettina con un pettine di piombo e non vede il poverino ch'è come il porro, che ha le foglie verdi e le radici bianche? Non consumo io il mio patrimonio (come fa lui) in galle, noci, melagranate, pignuoli, mirra, salvia e liscia, con le quali cose compone unguento ed una mescolanza, acciò il re nero restauri la candida sua barba. E già che stima che non si convenga, ch'io sia istoriografa della mia vita, non vogli egli prendersi cura degli miei anni, oltreché non istà bene che vogli porsi a far conti giusti un publica peccatore, com'egli è.

{Scusa gentilmente le rughe del volto.} Sappiate che se pare ch'io abbi crespo il volto, ciò procede perché quando m'adiro con vigliacchi suoi pari, faccio delle sacchette nella faccia per porvi dentro la colora.

{Risponde agli argomenti del detrattore ordinatamente.} Faccia conto ch'io non sia nata e che me ne sto tuttavia nel ventre di mia madre; e che saprò nascere ed esser nata, senza che mi maturi e raccolga così sufficiente comadre, com'ei si vanta. Quello che potrà fare è che procuri che la signora sua spada virginale esca in luce e la cavi del ventre della guaina, che affé da quella ch'io sono, penso che il fodero della detta Durindana sia pregno da molti anni in qua tenendo dentro si sé intatto e non mai veduto dall'aria il Ioannes me fecit. Insomma, o nata o da nascere così mi vogliono in casa nostra.

Il capitolo poi del mio consorte io lo porrò in modo che poco le piacerà e farò che tutti sappino come mio marito Santo Lasca(11), se fu moscon lo punse nella beccaria e conquassò al solennissimo poltrone la pancia a suon di pugni: onde s'egli avesse sangue in viso (se ben pare che non sia bene dirlo) non dovrebbe aver avuto ardire di mirar questa faccia che Dio mi diede, né questi occhi miei peccatori, co' quali lo vidi distendere come corpo destinato all'anotomia e darle più sferzate che non si danno agli asini. Il tutto vedrà descritto purtroppo distesamente.

Che importa poi a lui s'io narro o no la mia concezione? Non sa egli che noi cristiani non abbiamo né nome, né età, né istoria, infinché non siamo battezati almeno privatamente in caso di necessità? Potrebbe anco essere un giorno ch'io le facessi provare una prigione, che sola le manca da visitare.

Ola, ola. Con me tu non farai niente iniquo. E fa ancora gesti l'audace? Per il secolo de' miei mariti, ch'io le caccierò questa penna negli occhi e con essa scriverò una lettera alla pia madre, acciò s'apparecchi di riceverlo e lo ruvinerò talmente, che avanti che s'imbrunisca la sera potrà andar a cenar con quei sessanta cavalieri che già furono dalla terra inghiottiti.

Queste parole dissi e furono da me proferite con così irata faccia e con maniera cotanto furibonda, che il valent'uomo si spaventò, mostrandosi tanto pieno di paura, quanto io di veneno. Pure sforzando la pusillanimità naturale (più seguendo il vecchio suo furfantesco costume, che spinto da novella onesta audacia) torcendo la cappa e gettandosela sotto il braccio ed alzandosi l'ala del capello, mi mirò con un occhio vergognoso e con l'altro colmo di paura e mi disse il seguente timoroso scherzo, intonando la voce in ut(12).

{Perlicaro chiede perdono a Giustina.} Perdonatemi vi supplico, sorella Giustississima, se troppo sono scorso col parlare a voi (per quanto vedo) noioso, perché n'è stato causa il non credere che l'animo vostro fosse tanto ben fornito di così varia istoria; ed il non aver mai inteso che voi aveste accusato la verità per peccatrice.

Allora più che mai alterata per la puntura novellamente datami dal sfacciato detrattore m'abbassai in un subito per sfoderare una pianella, ch'era di quelle da Valenza, ma egli cominciò a fuggire e perticar la terra a furia ed ad ogni terzo passo si rivoltava indietro, qual saettato cervo, attendendo se per fortuna la mia pianella le volasse dietro: {Poltroni hanno la faccia fatta a torno e gli piedi con l'ali.} che alla fine gli poltroni sogliono avere la faccia fatta a torno per potersi facilmente rivoltare all'indietro e gli piedi con l'ale per correre più speditamente. Ahi che mi sento stanca dal travagliarmi con un pazzo, ch'è tanto appunto, come combattere con una fantasma, la quale per ferire è furia infernale, ma per esser colpita, è aria liquida: onde per tal cagione riservomi per un altro giorno e per un altro capitolo il dar principio al mio libro, poiché adesso trovomi la testa tutta intronata dall'aver udito le ciancie, anzi il rudito di questo asinesco giovane, il quale (acciò tu sappi chi egli si sia) pretendendo una volta di formar processo sopra la sua nobiltà per potersi addottorare nel gran Colleggio di Campo di Fiore, intentò di provare ch'ei descendeva da Balano(13) e trovò chiarissimo, che per linea retta derivava dall'asino di Balano.

 

Moralità

 

Alcune donne vi sono di tanto poco peso, che l'è grave essere chiamate vecchie, non già perché le spiaccia il mancamento delle forze per non poter, come si converrebbe, servir con esse a Dio (ch'è la causa per la quale doverebbono dolersi) ma perché, anco quando il mondo e la carne le hanno rese incapaci delle loro vanitadi, non vogliono lasciarsi intendere d'esser tali; e però non provano maggior ingiuria di quella che se le fa nel dirle la più certa verità di quante se ne ritrovino.